Cancellazione dal Registro delle Imprese e fallimento

05 Marzo 2013

Decorso l'anno dalla cancellazione dal Registro delle Imprese è possibile fallire?

Decorso l'anno dalla cancellazione dal Registro delle Imprese è possibile fallire?

DISCIPLINA - Per espressa disposizione dell'art. 10 l. fall. - la cui ratio è rinvenibile nell'osservanza del principio generale di certezza delle situazioni giuridiche - gli imprenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti (anche) nel termine di un anno dalla intervenuta cancellazione dal registro delle imprese, a condizione che lo stato d'insolvenza si sia manifestato antecedentemente alla stessa o entro l'anno successivo. Soltanto da questo momento, infatti, a parere dei giudici di legittimità, la cessazione dell'attività viene formalmente portata a conoscenza dei terzi, salva la dimostrazione di una continuazione di fatto dell'impresa anche successivamente (Cass. 21 maggio 2012, n. 8033; Cass. 20 dicembre 2012, n. 23668). Al riguardo, è opportuno tenere presente che, ai sensi dell'art. 1, lett. g), d.p.r. 23 luglio 2004, n. 247, la cancellazione è definita come data dell'effettiva “annotazione nel registro delle imprese della cessazione dell'impresa o del fatto estintivo della società”, senza che alcun rilievo possa essere attribuito alla data dell'istanza di cancellazione (sul tema, v. Trib. Milano 12 marzo 2004, in Dir. Fall., 2004, 941).
Il riferimento temporale all'anno è richiamato anche per il fallimento dell'imprenditore defunto (in virtù del rinvio al citato art. 10 operato dall'art. 11, comma 1, l. fall.) e per quello degli ex soci o dei soci illimitatamente responsabili di società fallite. Nel caso di fallimento dell'imprenditore defunto, l'evento dal quale far decorrere l'anno entro cui può essere dichiarato il fallimento è rappresentato tuttavia dal decesso e non dalla cancellazione dal registro imprese. A tale principio, fa eccezione l'ipotesi in cui la cancellazione da tale registro è stata effettuata, o comunque l'imprenditore è cessato prima della morte, nel qual caso l'anno decorre dalla cancellazione o dalla cessazione e non dal decesso. In presenza di ex soci o di soci illimitatamente responsabili, invece, ai sensi di quanto previsto dall'art. 147, comma 2, l. fall., l'anno decorre - nel caso cessazione dalla compagine sociale - dallo scioglimento del rapporto sociale causato dalla morte, esclusione, recesso o cessione della partecipazione; nell'ipotesi di socio illimitatamente responsabile, divenuto limitatamente responsabile per effetto della trasformazione, della fusione o scissione della società (sempre che siano state osservate le formalità per rendere noti ai terzi i fatti indicati), dalla cessazione della responsabilità illimitata ed a condizione che l'insolvenza della società attenga, in tutto o in parte, a obbligazioni sociali sorte in epoca precedente la data della cessazione della responsabilità illimitata.
In assenza di una specifica disposizione, si discute sul computo del termine anzidetto relativamente agli imprenditori non iscritti al registro imprese (società di fatto, società irregolari e società occulte). Sulla questione, all'opinione espressa nella Relazione governativa alla legge di riforma del diritto fallimentare all'art. 10, secondo cui gli stessi continuano ad essere assoggettati al fallimento senza alcun limite temporale, si contrappone quella dei giudici di legittimità secondo cui il termine di un anno dalla cessazione dell'attività di cui al citato art. 10 ha portata generale, applicabile, quindi, anche agli imprenditori - individuali e collettivi - non iscritti al registro imprese, nei confronti dei quali il bilanciamento tra le opposte esigenze di tutela dei creditori e di certezza delle situazioni giuridiche impone di individuare il dies a quo nel momento in cui la cessazione dell'attività sia stata portata a conoscenza dei terzi con mezzi idonei, o comunque sia stata dai medesimi conosciuta, anche in relazione ai segni esteriori attraverso i quali si è manifestata (così Cass. 28 agosto 2006, n. 18618, in Fall., 2007, 294, con commento di Zanichelli, Società irregolari: cessazione dell'attività e dichiarazione di fallimento; Cass. 13 marzo 2009, n. 6199).

ECCEZIONI - Unica eccezione alla disciplina di cui all'art. 10 l. fall. è prevista dall'art. 22, comma 5, l. fall., per l'ipotesi in cui la corte d'appello accolga il reclamo contro il decreto del tribunale che abbia respinto il ricorso per la dichiarazione di fallimento e rimetta, quindi, gli atti al tribunale affinché il medesimo - unico organo competente - dichiari il fallimento. In tale circostanza, il termine annuale deve computarsi (a ritroso) a partire dal decreto della corte d'appello e non, invece, dalla sentenza del tribunale; in questo modo, il tribunale potrà dichiarare il fallimento anche se il termine annuale sia scaduto, alla sola condizione che non lo fosse al momento dell'emanazione del decreto da parte della corte d'appello.

CONCLUSIONI - Le sintetiche osservazioni sopra illustrate portano quindi a concludere che, decorso l'anno dalla cancellazione dal registro delle imprese - da intendersi come data dell'effettiva annotazione in tale registro della cessazione dell'impresa o del fatto estintivo della società -, sempre che lo stato d'insolvenza si sia manifestato anteriormente alla cancellazione medesima o entro l'anno successivo, l'imprenditore, sia individuale, che collettivo, non può più essere dichiarato fallito, salva - come osservato dalla Corte di Cassazione - la dimostrazione di una continuazione di fatto dell'impresa anche successivamente.

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