L’irrilevanza della collocazione sussidiaria dei privilegi generali (salva l’ipotesi di classamento ad hoc)

23 Febbraio 2016

Ricordato in premessa che, secondo la S. Corte (cfr. Cass. n. 24970/2013), nel concordato preventivo il debitore è obbligato a pagare integralmente i crediti prelazionari salvo che, mancando nel suo patrimonio i beni sui quali sussiste la causa di prelazione, egli si avvalga della facoltà (che come tale potrebbe però anche non esercitare) di limitare il pagamento alla sola parte che troverebbe capienza in un'alternativa liquidazione (fallimentare o esecutiva) del bene gravato, secondo quanto previsto dall'art. 160, comma 2, l. fall.; ed inoltre che, in forza di un altro orientamento giurisprudenziale ad oggi prevalente, non solo ai crediti muniti di pegno, ipoteca o privilegio speciale, ma anche ai crediti privilegiati generali sarebbe applicabile l'art. 160, comma 2, l. fall. nella parte in cui consente il pagamento parziale dei crediti prelazionari in caso di incapienza; è conseguente chiedersi, tenuto conto che tra i privilegi generali ve ne sono alcuni che godono di un beneficio ulteriore, quello della collocazione sussidiaria sul ricavato immobiliare, se tale peculiare beneficio abbia una concreta possibilità di operare, ed in che limiti, nel concordato preventivo.

Ricordato in premessa che, secondo la S. Corte (cfr. Cass. n. 24970/2013), nel concordato preventivo il debitore è obbligato a pagare integralmente i crediti prelazionari salvo che, mancando nel suo patrimonio i beni sui quali sussiste la causa di prelazione, egli si avvalga della facoltà (che come tale potrebbe però anche non esercitare) di limitare il pagamento alla sola parte che troverebbe capienza in un'alternativa liquidazione (fallimentare o esecutiva) del bene gravato, secondo quanto previsto dall'art. 160, comma 2, l. fall.; ed inoltre che, in forza di un altro orientamento giurisprudenziale ad oggi prevalente, non solo ai crediti muniti di pegno, ipoteca o privilegio speciale, ma anche ai crediti privilegiati generali sarebbe applicabile l'art. 160, comma 2, l. fall. nella parte in cui consente il pagamento parziale dei crediti prelazionari in caso di incapienza; è conseguente chiedersi, tenuto conto che tra i privilegi generali ve ne sono alcuni che godono di un beneficio ulteriore, quello della collocazione sussidiaria sul ricavato immobiliare, se tale peculiare beneficio abbia una concreta possibilità di operare, ed in che limiti, nel concordato preventivo.

Per rispondere al quesito occorre partire dalla considerazione che se i beni o diritti “sui quali sussiste la causa di prelazione” sono insufficienti a soddisfare nella sua interezza il credito prelazionario, si verifica la ben nota degradazione dal rango privilegiato a quello chirografario, la quale non può che operare allo stesso modo per tutti i creditori privilegiati, e dunque anche per i privilegiati generali, siano o meno essi muniti del beneficio della sussidiarietà. Quest'ultima, infatti, non trasforma la parte del credito (anteriormente privilegiato) degradata al chirografo in qualcosa di diverso da un credito chirografario.

La degradazione al chirografo opera insomma per la semplice insufficienza dei beni o diritti “sui quali sussiste la causa di prelazione”, e la causa di prelazione, in quanto tale, sussiste per i privilegi generali (oltre che per i privilegi speciali mobiliari) solo sulla parte mobiliare del patrimonio responsabile, mentre la parte della liquidazione immobiliare residua (al netto di privilegi immobiliari e ipoteche), su cui potrebbe esercitarsi eventualmente la collocazione sussidiaria, non costituisce bene o diritto su cui “sussiste la causa di prelazione”, potendo il credito con collocazione sussidiaria soddisfarsi su di essa solo in quanto ormai chirografario, e benchè solo chirografario (si potrebbe dire figurativamente: quale chirografario di prima classe).

Sennonché, mentre in un fallimento (o in una ordinaria procedura esecutiva) questa collocazione sussidiaria conseguente all'avvenuta degradazione al chirografo può operare alla sola condizione che sussista un residuo immobiliare disponibile, tale condizione sembra non bastare affatto nel concordato preventivo, giacchè l'art. 177, comma 3, l. fall. equipara in tutto e per tutto, quoad effectum, ai crediti chirografari, la parte di privilegio degradata al chirografo (“I creditori muniti di diritto di prelazione di cui la proposta di concordato prevede, ai sensi dell'articolo 160, la soddisfazione non integrale, sono equiparati ai chirografari per la parte residua del credito”), senza lasciar residuare alcuno spazio per la sussidiarietà, che, del resto, sintomaticamente non viene mai menzionata nelle norme disciplinanti il concordato.

Tale equiparazione, dunque, opera sia rispetto al voto, sia rispetto al trattamento satisfattivo: ai creditori chirografari ad origine ed ai creditori privilegiati per la parte degradata al chirografo viene riservato – sic et simpliciter - un trattamento identico ed indifferenziato.

La sussidiarietà, in definitiva, non concorre ad individuare la quota di credito privilegiato che possa eventualmente restare insoddisfatta, e pertanto non ha mai modo di operare in tale ipotesi, proprio perché l'equiparazione integrale al trattamento dei creditori chirografari la impedisce. Non avrebbe senso, infatti, sottomettere il creditore privilegiato, per la parte degradata al chirografo, all'identico trattamento riservato ai creditori chirografari, tanto da poter votare appunto esattamente come i chirografari, se poi egli potesse ottenere una soddisfazione maggiore di quella riservata a questi ultimi avvalendosi del beneficio della collocazione sussidiaria. E del resto, se un residuo immobiliare non vi fosse, la parte degradata al chirografo comunque non potrebbe che restare soggetta, come tale, in modo definitivo, allo stesso trattamento riservato agli altri creditori chirografari, il che dimostra come il beneficio della sussidiarietà non collida con la natura chirografaria sopravvenuta del credito originariamente privilegiato, ma la presupponga.

Coerentemente, benchè in senso opposto, ove il debitore proponesse il pagamento integrale dei creditori privilegiati, ugualmente resterebbe priva di rilievo la sussidiarietà, poiché, se vi fosse capienza, non si porrebbe evidentemente già a monte il problema di una collocazione sussidiaria, potendo e dovendo i suddetti creditori essere pagati per intero; e se invece capienza non ci fosse, ma sussistesse comunque l'impegno del debitore a pagarli per intero, basterebbe parimenti questa promessa a rendere irrilevante un pagamento fondato sul beneficio della sussidiarietà, che avrebbe modo di operare solo in ipotesi di pagamento possibile solo in via parziale.

Resta a questo punto una sola questione sul tappeto, connessa all'apparente contraddizione tra una sussidiarietà che comunque andrebbe considerata dall'esperto ai fini del giudizio comparativo da svolgere ex art. 160, comma 2, l. fall. con un'alternativa liquidazione fallimentare o esecutiva, e la sua irrilevanza nel concordato preventivo. Occorre chiedersi, cioè, se il debitore concordatario possa proporre un pagamento parziale avvalendosi della situazione di incapienza mobiliare (producendo la relazione del professionista ex art. 160, comma 2, l. fall.), anche quando, per la presenza di un presumibile residuo attivo immobiliare ancora disponibile dopo che siano stati pagati i privilegi speciali immobiliari e le ipoteche, ai privilegiati generali verrebbe riservato nel concordato preventivo un trattamento apparentemente deteriore rispetto a quello ottenibile in un'alternativa procedura esecutiva o fallimentare (esito, però, non ineluttabile, si badi, influendo svariati fattori sulla valutazione comparativa che deve compiere l'esperto) in cui la sussidiarietà potrebbe invece applicarsi normalmente.

Ma qui la questione non si pone a monte, bensì a valle, riguardando l'efficacia e correttezza da attribuire alla relazione estimativa ex art. 160, comma 2, l. fall.

Giacchè, se tale relazione fosse, ancorchè erronea, atto non sindacabile dal Tribunale, nessuno spazio comunque vi sarebbe in concreto per la sussidiarietà laddove il perito attestasse l'incapienza dei privilegi nel ricorrere della condizione di legge (essere il trattamento nel concordato non deteriore rispetto a quello alternativamente praticabile), realizzandosi la degradazione al chirografo per la parte incapiente necessariamente nei termini indicati dall'esperto, con la conseguente integrale equiparazione di tale parte ai creditori chirografari.

Nel caso contrario, invece, se cioè il Tribunale potesse sindacare – come io credo -, anche sulla base dei rilievi del commissario giudiziale, le conclusioni del perito, ritenendo (fondatamente) che l'incapienza non sussista anche quando l'esperto affermasse il contrario, o comunque non nei termini da costui indicati (e reputando quindi che il privilegio munito di sussidiarietà potrebbe trovare maggior soddisfazione in un fallimento alternativo), ancora una volta resterebbe priva di autonomo rilievo la sussidiarietà o potrebbe avere rilievo solo a mezzo classamento.

Infatti o il debitore dovrebbe a quel punto obbligarsi al pagamento integrale dei crediti privilegiati, poiché l'unica alternativa che la S. Corte, come abbiamo visto, sembra lasciare alla possibilità di pagamento parziale (a sua volta possibile solo quando ricorrano le condizioni di cui all'art. 160, comma 2, l. fall.) è quella dell'obbligo di pagamento integrale dei crediti privilegiati; o dovrebbe, se intenzionato a pagare di più di quanto indicato prima (ma comunque non oltre quanto ritenuto dal Tribunale, ossia non oltre i limiti del trattamento che potrebbe riservarsi ai privilegiati muniti di sussidiarietà in una liquidazione alternativa), dovrebbe allora, dicevo, formare necessariamente un'apposita classe, includendovi appunto la parte di credito degradata al chirografo che potrebbe fruire di sussidiarietà nella procedura liquidativa alternativa, e ciò in quanto per tale parte (che è, e resta, chirografaria) il trattamento sarebbe maggiore di quello riservato agli altri creditori chirografari, derivandone per ciò stesso, appunto, la necessità di tenere distinto mediante classamento tale diverso trattamento. L'unica ipotesi, dunque, quest'ultima, in cui emergerebbe e sarebbe rilevante – sia pure solo indirettamente - l'applicazione della collocazione sussidiaria.

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