La chiusura del fallimento con prosecuzione dei giudizi in corso: strumento da incentivare o da osteggiare?

01 Dicembre 2015

Il nuovo art. 118, ultimo capoverso, l. fall., costituisce un rilevante strumento per la migliore tutela dei creditori, e si applica ad ogni contenzioso che abbia ad oggetto qualsiasi entità immediatamente distribuibile ai creditori, anche se relativo ad azioni “di massa”.

Il nuovo art. 118, ultimo capoverso, l. fall., costituisce un rilevante strumento per la migliore tutela dei creditori, e si applica ad ogni contenzioso che abbia ad oggetto qualsiasi entità immediatamente distribuibile ai creditori, anche se relativo ad azioni “di massa”.

L'ultimo capoverso dell'art. 118 l. fall., introdotto dal D.L. n. 83/2015, incontra spesso accoglienze tiepide, ed interpretazioni restrittive.
In realtà, a me pare che si tratti di uno strumento assai efficiente, che può coniugare chiusura tempestiva della procedura e migliore tutela dell'interesse dei creditori.
Troppi erano infatti i fallimenti che non potevano procedere alla chiusura a causa della pendenza di giudizi contenziosi, ove il potere di impugnazione delle controparti, esercitabile in modo ostruzionistico, costringeva le curatele a stipulare transazioni indecenti, o peggio cessioni del credito per prezzi irrisori.
Non di rado poi la scoperta da parte della curatela non immediata, ma nemmeno oggettivamente intempestiva (stante la ordinaria carenza di documentazione riscontrabile in danno delle curatele), dei presupposti per procedere in giudizio contro terzi, non consentiva di fatto alla procedura di far valere le proprie ragioni con serenità e in modo da massimizzare il tasso di recupero dei creditori, a causa della consapevolezza della eccessiva durata dei giudizi, costringendo ad accettare proposte transattive insoddisfacenti, formulate da controparti perfettamente consapevoli della situazione, e pronte ad approfittarne.
Da un lato l'art. 117 l. fall. consentiva già di chiudere il fallimento nonostante gli accantonamenti effettuati per creditori condizionali, oggetto di riparto supplementare.
Dall'altro la prassi aveva elaborato forme di tutela alternative, a volte assai creative, ma anche rischiose, in assenza di agganci normativi, come il conferimento in un trust “di scopo”, nell'interesse dei creditori, dei rapporti litigiosi in essere, stratagemma tuttavia più acconcio alla liquidazione coatta amministrativa che al fallimento.
L'art. 118 l. fall. fornisce ora quel fondamento normativo esplicito che si cercava, assicurando anche la segregazione patrimoniale tramite la novellazione esplicita dell'art. 120.
Viene così abbandonato il principio sistematico per cui il fallimento non potrebbe chiudersi fino a che c'è un attivo da liquidare o da ripartire. In particolare l'esigenza di liquidare resta un limite alla chiusura, quella di ripartire non più.
La chiusura di una procedura concorsuale prima che si sia realizzato l'obiettivo di soddisfare i creditori non deve del resto sorprendere: anche il concordato preventivo si chiude con l'omologazione, l'esecuzione del piano è successiva a tale momento, e si colloca fuori dalla procedura. Ed alcune proposte di riforma immaginano una procedura di liquidazione, “erede” del fallimento, che si chiude già con l'approvazione del programma di liquidazione.
Così pure la scomparsa del soggetto la cui responsabilità viene attuata dal fallimento non è un'anomalia sistematica, già conoscendo l'ordinamento fenomeni non troppo dissimili (art. 11 l. fall.).
Le problematiche di ordine fiscale, che nascono da difetti di coordinamento con la disciplina tributaria, e che potrebbero essere risolte in sede legislativa e/o amministrativa, potrebbero trovare soluzioni “pragmatiche”.
Non mi sento di condividere invece le interpretazioni a priori riduttive o restrittive.
Il riferimento all'art. 43 l. fall., in particolare, non implica a mio avviso che siano esclusi dall'applicazione della norma i giudizi che abbiano ad oggetto azioni “di massa”, nati dal fallimento, e non semplicemente diritti “trovati” dal curatore nel patrimonio del fallito.
L'art. 120 l. fall., poi, pur novellato dallo stesso Legislatore, continua è vero nel sanzionare come improseguibili le azioni derivanti dal fallimento dopo la chiusura. Ma sulla lettera delle disposizioni devono a mio avviso prevalere considerazioni di ordine sistematico e funzionale.
Ratio dell'art. 120 l. fall. è semplicemente quella di impedire che il fallito, una volta tornato in bonis, possa appropriarsi ingiustamente del risultato di azioni che mirano a ripartire le perdite della sua insolvenza su più soggetti, come per le revocatorie, laddove gli atti impugnati sono validi ed anche efficaci nei confronti del loro autore.
Tale esigenza all'evidenza non si pone nel caso della prosecuzione delle azioni da parte del curatore post chiusura, e dunque per specialità il disposto non si applicherà a tali situazioni.
Ed anche il rinvio all'art. 43 l. fall. non ha un significato precettivo autonomo, ma implica solo l'affermazione della prosecuzione della legitimatio ad processum della curatela, non comprendendosi altrimenti quale funzione tale supposto limite normativo avrebbe.
D'altro canto deve ritenersi implicito nel sistema che il curatore possa altresì esercitare, dopo la definizione dei giudizi, le opportune azioni esecutive e/o strumentali al recupero delle somme per cui sia stata emessa condanna (non però ad es. la revocatoria di atti dispositivi compiuti dal debitore di diritti non parimenti suscettibili di immediato riparto).
L'unico limite sarà dato dalla circostanza per cui l'oggetto dell'azione proseguenda abbia ad oggetto una somma di denaro, rectius un attivo suscettibile di essere ripartito subito fra i creditori.
Non sono proseguibili invece giudizi che mirino a recuperare beni o diritti che debbano essere ulteriormente liquidati, perché la legge consente di effettuare un riparto supplementare, non una liquidazione supplementare.
Non è da escludersi nemmeno, a mio giudizio, che il curatore possa acquisire dai creditori, prima di chiudere il fallimento, il consenso alla futura eventuale distribuzione di diritti diversi dal denaro, come crediti fiscali, od anche altri diritti preventivamente accettati.
Il Giudice Delegato potrà poi vincolare il curatore, in sede di chiusura ex art. 119 l. fall., a rendicontare l'andamento dei giudizi proseguiti con modalità e cadenze non dissimili da quelle dell'art. 33 l. fall.

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