Le azioni di responsabilità esercitate nel corso di procedure di concordato preventivo

31 Marzo 2015

In tutte le fattispecie di concordato preventivo, con continuità come liquidatorio, sono esercitabili le azioni di responsabilità, tanto “sociali”, quanto “creditorie”, secondo le ordinarie regole in tema di legittimazione.

In tutte le fattispecie di concordato preventivo, con continuità come liquidatorio, sono esercitabili le azioni di responsabilità, tanto “sociali”, quanto “creditorie”, secondo le ordinarie regole in tema di legittimazione.

La situazione di crisi economica generalizzata, e la frequenza del ricorso alla procedura di concordato preventivo, hanno fatto divenire di estrema attualità il tema dell'esercizio delle azioni di responsabilità, anche di singoli creditori, nel corso di tali procedure.
L'azione c.d. dei creditori (art. 2394 c.c., formalmente difettante nel dominio delle s.r.l., salvo il ricorso all'art. 2043 c.c.) dovrebbe poter essere esercitata dagli stessi nei medesimi termini in cui ciò avverrebbe rispetto alla società in bonis, non rinvenendosi alcuna norma che consenta di predicare una legittimazione del Commissario giudiziale (non l'art. 146 l. fall., non l'art. 240 l. fall., norma extravagante, da interpretare restrittivamente con esclusivo riferimento alla costituzione di parte civile nel processo penale). Né appare agevole ricostruire un'azione “di massa” atipica.
Il danno risarcibile dovrebbe essere depurato dalla percentuale cui il creditore può legittimamente e ragionevolmente aspirare in sede di esecuzione del concordato, da accertarsi nello stesso giudizio in concreto, e con piena facoltà dell'attore di dimostrare la inattuabilità del piano, anche al di fuori dei rimedi tipici del diritto concorsuale (es. art. 186 l. fall.).
Nessuna preclusione deriva dall'art. 184 l. fall., nemmeno ove il creditore voti positivamente, posto che la disciplina del concordato si misura sul differente piano dell'obbligazione del debitore, e non già dei responsabili per lesione del credito; nemmeno può ritenersi che gli organi sociali siano garanti della società debitrice, od obbligati in solido.
Il creditore d'altro canto può decidere di transigere la pretesa col debitore principale, per considerazioni legate alla capienza dello stesso, senza perciò perdere l'azione contro il terzo che sia responsabile di tale incapienza.
Quanto invece all'azione c.d. sociale (artt. 2393 – 2476 c.c.), essa costituisce un diritto di credito del debitore, che appartiene al suo patrimonio, benché illiquido.
Se tutti i beni del debitore vengono ceduti ai creditori (cessio bonorum) la legittimazione ad esercitarla spetta dunque tanto al Liquidatore giudiziale, quanto al legale rappresentante della società (senza litisconsorzio necessario col primo), secondo l'orientamento dominante della Suprema Corte in tema di riscossione dei crediti del debitore concordatario.
Nel concordato “con continuità” pura, difettando la nomina del Liquidatore giudiziale, unico legittimato sarà il legale rappresentante della società.
Non pare possibile tuttavia immaginare che tale diritto non sia stato ceduto, nei concordati con cessio bonorum, atteso che il concordato con cessione solo parziale violerebbe l'art. 2740 c.c., laddove se il piano concordatario occulta o comunque omette di considerare tale pretesa, si configura un atto di frode ai sensi dell'art. 173 l. fall.
Non parrebbe necessaria neppure l'autorizzazione assembleare (ordinariamente necessaria nelle s.p.a. ai sensi dell'art. 2393 c.c., la cui applicabilità alla s.r.l. è molto discussa), posto che la ratio storica della norma si fonda sulla necessità di sottrarre l'amministratore all'eventuale abuso o strumentalizzazione dei colleghi amministratori, nonché di tutelare l'efficienza dell'azione societaria attraverso l'elisione del rischio che si realizzi una “guerra fra bande”, intese come gruppi di amministratori accomunati da intenti bellicosi ed opportunistici gli uni contro gli altri.
Ma nel caso del concordato il controllo giudiziario, ed il voto dei creditori, elidono tale rischio, e così privano di ogni funzione la norma, che dunque deve essere ritenuta inapplicabile in forza di un processo di riduzione teleologica della fattispecie.
D'altro canto nel sistema vi sono altre disposizioni ove è parimenti esclusa la necessità dell'autorizzazione assembleare, per analoghi motivi (art. 2409 c.c.).

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