È da tempo oggetto di ampia discussione la falcidiabilità dei debiti relativi all'IVA e alle ritenute fiscali (operate e non versate) nel concordato preventivo non assistito da transazione fiscale, ma non è revocato in dubbio che tali debiti debbano essere pagati per intero in presenza di una proposta di transazione fiscale formulata ai sensi dell'art. 182-ter l. fall., nell'ambito tanto di un concordato preventivo quanto di un accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all'art. 182-bis l. fall.
Ciononostante è tutt'altro che pacifico se in quest'ultimo caso, cioè quando in tali contesti l'impresa debitrice presenta una domanda di transazione fiscale, questa debba prevedere l'integrale soddisfacimento anche dell' IVA (non derivante da omessi versamenti, ma) semplicemente contestata, o suscettibile di essere contestata, dall' Amministrazione finanziaria in dipendenza di un processo verbale di constatazione emesso all'esito di una verifica fiscale o di un avviso di accertamento, nonostante la mancata adesione del contribuente a tali atti e, nel caso ne siano insorti i presupposti, nonostante la pendenza del relativo giudizio dinanzi agli organi della Giustizia tributaria.
È nostra opinione, pur non sottovalutando i motivi delle incertezze emerse al riguardo nella prassi, che il principio di intangibilità espressamente previsto per il debito relativo all'IVA dal comma 1 del citato art. 182-ter l. fall. non può trovare applicazione relativamente alle somme predette, per (almeno) due motivi. Il primo trae origine dal fatto che sia il concordato preventivo sia l'accordo di ristrutturazione dei debiti, cioè i soli istituti nell'ambito dei quali la transazione fiscale può essere proposta, hanno ad oggetto il soddisfacimento dei debiti ed è da escludere che quelli discendenti da un processo verbale cui non sia stata espressa adesione, ovvero da un avviso di accertamento impugnato, possano essere considerati tali; si tratta infatti di semplici pretese o aspettative di crediti (per l'Amministrazione finanziaria) e, tutt'al più, di rischi (per l'impresa contribuente), cioè di elementi per loro natura incerti nell' an e nel quantum.
Inoltre sarebbe assai irragionevole che, per poter formulare una proposta di transazione fiscale al fine di definire il pagamento di vari debiti fiscali pacificamente riconosciuti dal debitore, quest'ultimo dovesse inderogabilmente provvedere anche all'integrale soddisfacimento di pretese unilaterali del Fisco relative all'IVA, persino quando esse non fossero conformi alla legge. Ne deriverebbero, da un lato, una disciplina contraria al più elementare principio di giustizia e al diritto di difesa tutelato dalla Costituzione e, dall'altro, l'attribuzione all'Amministrazione finanziaria di un potere coercitivo tanto privo di giustificazione quanto iniquo e quindi inopportuno.
Da ciò non discende tuttavia che la proposta di transazione fiscale possa disinteressarsi delle (seppur mere) pretese fiscali discendenti da processi verbali di constatazione e/o da avvisi di accertamento già opposti o ancora opponibili, poiché il comma 5 dell'art. 182-ter l. fall. stabilisce che la chiusura della procedura di concordato preventivo determina la cessazione della materia del contendere nelle liti aventi ad oggetto i tributi di cui al primo comma del medesimo articolo, nei quali è compresa l'IVA. Per effetto di tale previsione, quindi, qualora la proposta di transazione non disciplinasse la definizione delle suddette pretese, a seguito della chiusura della procedura queste ultime verrebbero ciononostante annullate; è evidente che la loro estinzione senza alcun onere per l'impresa contribuente – e senza alcun vantaggio per il Fisco - non può essere accettata da quest'ultimo, il quale è dunque indotto in tale ipotesi a non approvare la proposta formulatagli, sebbene questa possa per il resto essere pienamente accoglibile . Per tale motivo, pur non sussistendo l'obbligo di soddisfare integralmente le mere pretese inerenti l'IVA discendenti da processi verbali di constatazione e da avvisi di accertamento, l'impresa ricorrente ha l'onere di offrire all'Amministrazione finanziaria una definizione delle controversie pendenti (già radicate o meno), che quest'ultima deve valutare, facendo applicazione del principio di buon andamento di cui all'art. 97 della Costituzione, secondo i criteri abitualmente utilizzati per l'esame delle proposte di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale.
Per altro verso, all'utilizzo della transazione fiscale per ottenere una determinazione della pretesa impositiva riguardante l'IVA non paiono ostare le disposizioni comunitarie, posto che non ne deriva una rinuncia generale, indiscriminata e preventiva all'accertamento dell'imposta armonizzata (dichiarata illegittima dalla Corte di Giustizia UE con la sentenza 17 luglio 2008, causa C-132/06, riguardante i “condoni fiscali IVA” di cui agli artt. 8 e 9 della L. 27.12.2002 n. 289), ma una determinazione del tributo effettivamente dovuto, da parte dell'Amministrazione finanziaria, concordata e ragionata, la quale è da considerare certamente compatibile con i principi comunitari alla luce delle sentenze della stessa Corte di Giustizia UE 29/3/2012, cause C-417/10 e C-500/2010.
Non sussistono peraltro ragioni per ritenere che la suddetta definizione delle controversie debba avere luogo attraverso il ricorso, in senso proprio, ai menzionati istituti dell'accertamento con adesione o della conciliazione giudiziale; anzi, il collegamento della transazione fiscale con la procedura di concordato preventivo e con l'accordo di ristrutturazione dei debiti fa propendere per la soluzione opposta, cosicché essa (la definizione) operi solo per effetto dell'omologazione del concordato o dell'accordo di ristrutturazione dei debiti cui la transazione fiscale è connessa, a differenza di quelle discendenti dai menzionati istituti deflattivi del contenzioso tributario, che invece opererebbero comunque, indipendentemente da tali omologazioni. Nulla vieta tuttavia che detti istituti vengano impiegati, per definire le controversie esistenti, preliminarmente o contestualmente alla formulazione della proposta di transazione fiscale, la quale, in questo caso, può peraltro "assorbire" i debiti derivanti dall'accertamento con adesione e/o dalla conciliazione preliminarmente e/o parallelamente conclusi, consentendone conseguentemente il pagamento mediante dilazioni più ampie di quelle ordinariamente consentite per il pagamento di tali debiti.