La nomina del liquidatore giudiziale, ai sensi dell'art. 182 l. fall., è necessaria ogni volta che il piano di concordato preveda un autonomo momento realizzativo/traslativo di diritti del debitore, al fine di soddisfare col ricavato i creditori concorsuali oppure di alimentare la continuazione dell'attività d'impresa.
L'art. 182 l. fall., praticamente intoccato dopo le varie riforme degli ultimi anni, prevede la nomina del liquidatore giudiziale (nonché del comitato dei creditori) nell'ambito dei concordati “in caso di cessione di beni”.
E' abbastanza diffusa l'idea che ancora oggi ciò possa dirsi soltanto là dove il piano concordatario preveda la cessione dell'intero attivo ai creditori, sulla scorta degli artt. 1977 ss. c.c., con conversione del credito concorsuale nella percentuale che sarà ricavata all'esito della liquidazione degli stessi.
La mera attuazione di obblighi di trasferimento perfezionati prima della procedura, o comunque prima dell'omologa, ad es. il perfezionamento di contratti preliminari, viene dunque secondo questa prospettazione eccettuato dall'applicazione dell'art. 182 l. fall.
Dunque anche nel caso dell'art. 186 - bis l. fall., la mera alienazione di beni non strumentali alla continuazione dell'attività di impresa non richiederebbe la nomina del liquidatore. Ciò anche alla luce di una diffusa impostazione per cui dovrebbe farsi applicazione della disciplina corrispondente alla natura “prevalente” del concordato, che ove fosse quella “in continuità”, sterilizzerebbe le disposizioni relative agli aspetti “liquidativi”.
In realtà a me pare che l'elemento della c.d. “prevalenza” non costituisca altro che una categoria spuria, che poco ha a che vedere col diritto positivo, e che ciò assecondi solo la naturale vocazione del giurista ad “incasellare” la realtà in una categoria specifica, semplificando la fattispecie.
Quando tuttavia la doppia qualificazione di un fenomeno non è di ostacolo all'applicazione congiunta di discipline diverse, ciascuna dotata di un campo applicativo e di esigenze specifiche, non si vede per quale motivo debba procedersi a tale “semplificazione”, che in realtà diviene un fattore di complicazione normativa, forzando l'applicazione di discipline pensate per determinati fini a fattispecie concrete eterogenee.
Analoga vicenda ha interessato come è noto il fenomeno dei contratti “misti”, dapprima ingiustificatamente sottoposti alla disciplina congrua rispetto alla sola causa tipica ritenuta “prevalente”, in forza della dottrina dell'”assorbimento”, e poi finalmente regolati dalle norme congrue rispetto ai singoli aspetti richiamanti la fattispecie di contratti individuati e “tipici”.
Un'interpretazione evolutiva dell'art. 182 l. fall., conforme alla dicotomia fra concordati con vocazione liquidativa e “ristrutturativa”, deve a mio avviso condurre all'applicazione dell'art. 182 l. fall., e di tutte le norme ivi richiamate, ad ogni concordato che veda nella sua fase attuativa un momento alienativo, o comunque di realizzo, di assets facenti parte dell'attivo concordatario e della garanzia dei creditori.
Ciò corrisponde alla lettera della legge (che discorre di cessione “di beni”, non “dei beni”) ed alla funzione di consentire un maggior controllo giurisdizionale sul momento esecutivo del concordato, consentendo di enfatizzare quegli aspetti di “giurisdizione esecutiva”, a tutela dei creditori e dello stesso debitore, che le Sezioni Unite del 2008 hanno giustamente collocato al cuore dell'esecuzione concordataria.
Ciò consente inoltre di predicare l'efficacia “purgativa” della cessione concordataria (tanto con riferimento ai debiti dell'azienda ceduta, art. 105 l. fall., quanto ai vincoli pregiudizievoli, art. 108), che la Legge ricollega all'applicazione dell'art. 182 l. fall., senza dover ricorrere a perigliose ricostruzioni sistematiche che potrebbero apparire in alcuni casi (ad es. l'attuazione di impegni negoziali preliminari) estemporanee.
Dunque, il liquidatore giudiziale andrà nominato ogni volta che vi sia l'esigenza di alienare dei beni del debitore, non nell'esercizio ordinario dell'impresa ma per ricavarne un realizzo, che potrà poi essere destinato alla soddisfazione dei creditori concordatari od anche solo reinvestito nella continuità, a seconda del piano; tale soggetto godrà di una sua sfera legittimativa definita, che non troverà sovrapposizioni rispetto a quella degli organi di gestione della società, i quali rimarranno responsabili delle scelte relative alla continuazione e conduzione dell'impresa nei concordati “misti” con continuità aziendale.
Persino ove non vi sia attivo da trasferire, ma soltanto diritti da realizzare, ad es. attraverso la riscossione di crediti, si renderà a mio avviso necessaria la nomina del liquidatore, in forza di interpretazione evolutiva ed estensiva del significato di “liquidazione”.
Ciò anche a maggior tutela dei creditori, le cui aspettative saranno enfatizzate dalla legittimazione conferita ad un professionista di fiducia nel Tribunale, là dove fosse necessario riscuotere crediti “critici” (ad es. verso parti correlate, o verso organi sociali quanto alle eventuali azioni di responsabilità).
La nomina del comitato dei creditori si renderà pure sempre necessaria, potendosi riferire l'inciso “salvo che sia previsto diversamente” come riferita alle sole “modalità” del concordato, e dovendo l'organo autorizzare il trasferimento di rami di azienda anche in caso di impegni negoziali preliminari già assunti; autorizzazione che dovrà essere negata là dove la stipula del definitivo si manifesti a posteriori contraria all'interesse della Massa, e persino ove ciò collochi il debitore in situazione di inadempienza rispetto alla controparte (c.d. inadempimento strategico), se corrisponda al miglior interesse dei creditori.