Fallimento e leasing: credito per i canoni in scadenza e valore di ricollocamento del bene

Mauro Vitiello
21 Maggio 2014

Se il contratto di leasing si è risolto in epoca antecedente a quella della dichiarazione di fallimento non si può fare applicazione dell'art. 72-quater l. fall.

Se il contratto di leasing si è risolto in epoca antecedente a quella della dichiarazione di fallimento non si può fare applicazione dell'art. 72-quater l. fall.
Le norme contenute nel predetto articolo di legge, infatti, presuppongono che alla data dell'apertura del concorso dei creditori il contratto di leasing sia pendente.
Ne consegue che in ogni caso in cui sia riscontrabile l'avvenuta risoluzione anticipata del contratto di leasing in un momento antecedente a quello della pubblicazione della sentenza di fallimento, il concedente avrà diritto alla restituzione del bene, se inventariato, e all'ammissione al passivo per l'intero credito maturato in conseguenza dell'intervenuta risoluzione.
Qualora sia invece applicabile la disciplina di cui all'art. 72-quater l. fall. e nel caso, più frequente, in cui il curatore opti per lo scioglimento dal contratto e non per il subentro nello stesso, non v'è dubbio che il concedente abbia diritto ad essere ammesso allo stato passivo, in via chirografaria, per l'importo dei canoni e degli interessi, maturati prima della dichiarazione di fallimento, che non siano stati pagati dall'utilizzatore alle scadenze negoziali.
Non pare discutibile che tale importo debba essere comprensivo della quota imputabile agli interessi, restando forse un dubbio sul potere del giudice delegato di ridurli, quando la quota relativa sia eccedente rispetto ad un godimento in misura ridotta.
E' altrettanto indiscutibile che, nel caso in cui il bene concesso in utilizzo sia stato rinvenuto e quindi inventariato dal curatore, esso vada restituito alla società concedente.
Il problema interpretativo ed operativo inerisce pertanto solo alla quota imputabile ai canoni in scadenza nella fase successiva alla dichiarazione di fallimento.
In proposito la norma chiarisce che dal credito residuo in linea capitale (non comprensivo, quindi, degli interessi) va dedotto quanto ricavato dalla nuova allocazione del bene e che, nell'ipotesi in cui dalla vendita o da altra collocazione si ricavi una somma superiore al credito residuo in linea capitale, il curatore ha diritto di ricevere la relativa differenza.
Il principio, ispirato all'esigenza di realizzare l'equo contemperamento degli interessi in gioco, non fa tuttavia i conti con il fatto che al momento in cui si svolge la verifica dei crediti, e in cui quindi vengono prese in esame, contestualmente, la domanda di ammissione al passivo del credito maturato e quella di restituzione del bene, quest'ultimo non è quasi mai già stato ricollocato dalla società concedente.
Ne consegue che le possibili soluzioni sono almeno quattro.
1) Il provvedimento del giudice delegato potrebbe essere di ammissione con riserva del credito in linea capitale, quanto ai canoni a scadere; la riserva riguarderebbe la valutazione del prezzo di riallocazione del bene restituito (per ridurre l'importo al momento del riparto o chiedere alla società di leasing di restituire la differenza tra valore di collocamento e credito ammesso). Tale opzione potrebbe considerarsi non praticabile se la riserva fosse qualificabile come atipica, poiché la Cassazione ha in diverse occasioni precisato che le riserve atipiche, cioè diverse da quelle espressamente contemplate dall'art. 96 l. fall., non sono ammissibili, tant'è che, se apposte, vanno considerate tamquam non essent.
2) Il provvedimento del giudice delegato potrebbe essere di ammissione del credito in linea capitale quanto ai canoni a scadere senza riserva alcuna, salvo tener conto del prezzo di riallocazione del bene restituito al momento del riparto o chiedere alla società di leasing di restituire la differenza tra valore di collocamento e credito ammesso. Vi sono peraltro altri casi in cui il creditore è esonerato dal concorso sostanziale (potendosi soddisfare mediante vendita diretta e al di fuori del riparto attivo), ma non da quello formale: quello del credito assistito da pegno o da altro privilegio speciale (art. 53 l. fall.) e quello del credito fondiario ipotecario; in tali casi il credito viene ammesso per l'intero, salvo tener conto, al momento del riparto, del realizzo del bene da parte del creditore stesso. Tale provvedimento va considerato certamente giuridicamente corretto, ma ha l'inconveniente di obbligare il curatore a verificare, nella fase successiva all'accertamento del passivo, quale sia stato l'impiego del bene che la società di leasing ha fatto, il che non sempre sarà semplice, specie ove non ci sia la fattiva collaborazione del concedente.
3) Il provvedimento del giudice delegato potrebbe essere di ammissione del credito in linea capitale quanto ai canoni a scadere senza riserva alcuna, e tenere conto sin da subito del valore (presumibile) di riallocazione del bene restituito, eventualmente previo accordo tre le parti. Tale soluzione presta il fianco a due obiezioni: è certamente approssimativa, inoltre non è rispettosa del dettato della norma, che pare non consentire una determinazione del valore di ricollocamento del bene che prescinda da quanto nella realtà sia accaduto.
4) L'ultima soluzione prevede che la domanda di ammissione sia considerata inammissibile sino a che non sia provata la ricollocazione sul mercato del bene; di qui la necessità che il creditore insinuato, in tutti i casi in cui detto presupposto non si sia ancora realizzato, faccia una successiva domanda, che sarà inevitabilmente tardiva o ultratardiva, e il cui presupposto sarà costituito proprio dall'evento “ricollocamento sul mercato” del bene restituito. Tale scelta, verosimilmente meno corretta, sotto il profilo strettamente giuridico, di quella sub 2), ha il pregio di agevolare sotto il profilo strettamente operativo il curatore, che avrà la certezza dell'avvenuto ricollocamento sul mercato del bene, e del relativo valore, nel momento di cui dovrà esaminare la domanda e concludere nel relativo progetto di stato passivo, senza quindi che a stato passivo reso esecutivo conseguano “strascichi” comportanti ulteriori accertamenti del curatore e comunicazioni tra quest'ultimo e società concedente.

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