Revoca delle agevolazioni ministeriali all’impresa: il diritto alla ripetizione con riferimento al rango degli interessi

15 Aprile 2014

L'art. 24, comma 32, della legge n. 449 del 1997 dispone che “il provvedimento di revoca delle agevolazioni disposte dal Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato” (oggi Ministero dello Sviluppo economico) “in materia di incentivi all'impresa costituisce titolo per l'iscrizione a ruolo…degli importi corrispondenti degli interessi e delle sanzioni (…)”. Il successivo comma 33 prescrive che “il diritto alla ripetizione costituisce credito privilegiato e prevale su ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall'articolo 2751-bis del codice civile, fatti salvi i precedenti diritti di prelazione spettanti a terzi. La costituzione e l'efficacia del privilegio non sono subordinate né al consenso delle parti né a forme di pubblicità”.

I termini della questione
L'art. 24, comma 32, della legge n. 449 del 1997 dispone che “il provvedimento di revoca delle agevolazioni disposte dal Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato” (oggi Ministero dello Sviluppo economico) “in materia di incentivi all'impresa costituisce titolo per l'iscrizione a ruolo…degli importi corrispondenti degli interessi e delle sanzioni (…)”. Il successivo comma 33 prescrive che “il diritto alla ripetizione costituisce credito privilegiato e prevale su ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall'articolo 2751-bis del codice civile, fatti salvi i precedenti diritti di prelazione spettanti a terzi. La costituzione e l'efficacia del privilegio non sono subordinate né al consenso delle parti né a forme di pubblicità”.
Quale relazione esiste fra i due commi? E come si conciliano le disposizioni con la disciplina fallimentare?
La tesi specialistica
Si potrebbe sostenere che le disposizioni dettate dai due commi debbano essere interpretate congiuntamente costituendo una norma derogatoria ai principi generali. Dunque, dal combinato disposto dei commi 32 e 33, deriverebbe il diritto alla ripetizione che, in assenza di diversa previsione, comprenderebbe agevolazioni, interessi, sanzioni, tutti costituenti credito privilegiato, senza quei limiti temporali che, per i casi ordinari, sono fissati dall'art. 2749 c.c., richiamato dall'art. 54 l. fall.
Ne conseguirebbe, a dispetto della disciplina generale, la natura privilegiata degli interessi, senza alcun limite temporale, e sanzioni.
L'adozione dei principi generali
Una diversa opzione, però, porta a propendere per l'assenza di una corrispondenza fra i due commi, non in grado di formulare una norma unitaria. In altri termini, premesso che il privilegio deve essere accordato dalla legge, il co. 33, limitandosi a enunciare il diritto alla “ripetizione”, non include espressamente fra i crediti privilegiati gli interessi. Pertanto, in assenza di una esplicita previsione, troverebbe applicazione la normativa di carattere generale. Diversamente opinando, si potrebbe sostenere che assumono rango privilegiato anche le sanzioni che, analogamente al capitale e agli interessi, sono iscritte a ruolo a seguito del provvedimento di revoca, ma che non possono includersi nel concetto di “ripetizione”.
Una terza opzione
Si potrebbe profilare, però, un'ulteriore, suggestiva, soluzione. Se la ratio della limitazione temporale posta dall'art. 2749 c.c. è non premiare l'eccessiva inerzia del creditore nel procedere al recupero, allora quella limitazione dovrebbe riguardare solo gli interessi di mora, ossia quelli che maturano successivamente alla esigibilità del credito. Nel caso di revoca della sovvenzione, il limite biennale, di cui al codice civile, riguarderebbe solo una parte degli interessi, ossia quelli successivi al provvedimento di revoca, che rende esigibile il credito al recupero. Invece, gli interessi di natura compensativa, maturati dalla erogazione del finanziamento sino alla sua revoca, verrebbero a costituire una componente del diritto di ripetizione cui fa riferimento la legge n. 449/97 e, come tali, fruirebbero senza limite temporale del privilegio ivi accordato.
La soluzione proposta
Non sembrano però sussistere specifici riferimenti normativi diretti a distinguere gli interessi in base alla loro natura, conferendo così una diversa portata disciplinare a seconda del tipo di interessi. E' inoltre significativo che l'art. 2033 c.c., in tema di indebito oggettivo, adotti il verbo “ripetere” solo con riferimento a “ciò che (è stato) pagato”, aggiungendo e specificando poi il “diritto ai frutti e agli interessi (…)”. Inoltre, sul rango degli interessi, l'ordinamento sembra tendere ad un'applicazione generale della disciplina del codice civile.
La giurisprudenza costituzionale è costantemente orientata a uniformare le procedure concorsuali alle regole codicistiche sul trattamento dei privilegi (cfr. le sentenze della Corte cost. 31 dicembre 1986, n. 300; 18 luglio 1989, n. 408; 22 dicembre 1989, n. 567; 28 maggio 2001, n. 162).
E' significativa la disciplina sul concordato preventivo. L'art. 169 l.fall. stabilisce che alla procedura si applichi, con riferimento alla data di presentazione della domanda di concordato, l'art. 55 l.fall. La norma fa salve le disposizioni del terzo comma dell'art. 54 che dispone “l'estensione del diritto di prelazione agli interessi” secondo le regole degli “articoli 2749, 2788 e 2855, commi secondo e terzo, del codice civile, intendendosi equiparata la dichiarazione di fallimento all'atto di pignoramento”. L'art. 2749 c.c. prescrive che il privilegio accordato al credito si estende anche agli interessi dovuti per l'anno in corso alla data del pignoramento e per quelli dell'anno precedente.
Con la pronuncia n. 162 del 2001, il giudice delle leggi, nel riparare alla “mera svista del legislatore” (sic) che, all'art. 54 l. fall., non richiamava, ai fini dell'estensione del diritto di prelazione agli interessi, l'art. 2749 c.c., precisa che “la disciplina sostanziale delle cause legittime di prelazione nel fallimento è modellata su quella dettata in materia dal codice civile, la quale è dunque unitariamente riferibile ai diritti dei creditori indipendentemente dalla concorsualità o meno della esecuzione in cui tali diritti si realizzano”.
La regola generale, dunque, è quella del codice civile che, con riferimento all'esecuzione individuale indica un limite temporale, previsto dall'art. 2749 c.c., che non vi è motivo per non applicare anche alla esecuzione concorsuale. E fra le procedure concorsuali i giudici costituzionali evitano disparità di trattamento individuando la “norma risultante dal coordinamento degli artt. 54, III comma, e 55, I comma, del r.d. n. 267/1942, operante, in forza del rinvio contenuto nel successivo art. 169, anche nel concordato preventivo” che viene dichiarata costituzionalmente illegittima “nella parte in cui , nelle procedure di fallimento del debitore e di concordato preventivo, non estende – in quanto non richiama gli artt. 2749 e 2751 bis c.c. - la prelazione agli interessi sui crediti delle società o enti cooperativi di produzione e lavoro di cui all'art. 2751-bis, n. 5, c.c.”.
Conclusioni
Rilevato che l'art. 2749 c.c. disciplina specificamente l'estensione del privilegio agli interessi, atteso che il co. 33 dell'art. 24 della legge n. 449/97 non deroga al principio generale sancito dal codice civile e richiamato dalla legge fallimentare, considerato che, in carenza di una inequivoca previsione, debba essere rispettata la par condicio creditorum, sembra più corretta la soluzione codicistica, cui si ispira la disciplina concorsuale non soltanto per il fallimento.
Si conferisce il privilegio al “diritto alla ripetizione”. Si ripete ciò che si è dato, e ciò che si è dato è nella specie solo la somma erogata a titolo di sovvenzione. L'art. 2749 c.c. mostra che per il legislatore l'accessorietà degli interessi al credito non è sufficiente per un'estensione illimitata ai medesimi del privilegio di cui gode il credito cui essi accedono, assumendo anche rilievo la tempestività del creditore nell'adoperarsi per il recupero del dovuto. L'eventuale deroga ai principi generali avrebbe perciò avuto bisogno, in sede di approvazione della legge n. 449/97, di essere più esplicitamente formulata.

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