Credito assistito da privilegio speciale nel concordato preventivo
Fabrizio Di Marzio
02 Aprile 2014
Con la sentenza n. 24970 del 6 novembre 2013 la Cassazione ha affermato il principio per cui la mancanza nel compendio patrimoniale del debitore concordatario del bene gravato da un privilegio speciale non impedisce, a differenza che nel fallimento, l'esercizio del privilegio stesso, con la conseguenza che il credito va soddisfatto integralmente a meno che il debitore non si avvalga della facoltà, da esercitare nella proposta concordataria, di limitare la soddisfazione dei creditori privilegiati alla sola parte del loro credito che troverebbe capienza nell'ipotesi di liquidazione del bene gravato, secondo quanto dispone l'art. 160, 3 comma, l. fall.
Con la sentenza n. 24970 del 6 novembre 2013 la Cassazione ha affermato il principio per cui la mancanza nel compendio patrimoniale del debitore concordatario del bene gravato da un privilegio speciale non impedisce, a differenza che nel fallimento, l'esercizio del privilegio stesso, con la conseguenza che il credito va soddisfatto integralmente a meno che il debitore non si avvalga della facoltà, da esercitare nella proposta concordataria, di limitare la soddisfazione dei creditori privilegiati alla sola parte del loro credito che troverebbe capienza nell'ipotesi di liquidazione del bene gravato, secondo quanto dispone l'art. 160, 3 comma, l. fall. Precisa la Corte che, in mancanza di un patto concordatario su tale limitazione (ossia di una proposta concordataria che contenga la limitazione e che sia approvata dalla assemblea dei creditori chirografari), il pagamento integrale sarebbe obbligato; ciò in ragione della particolarità, del privilegio, di essere una qualità del credito riconosciuta all'ordinamento in ragione della sua causa. Sollevo un dubbio sulla conclusione, giacché non mi sembra difendibile il ragionamento seguito per raggiungerla. Noto che sicuramente il privilegio costituisce una qualità del credito riconosciuta dall'ordinamento in ragione della causa dello stesso; tale qualità, tuttavia, non è intrinseca, ma vale in relazione al patrimonio del debitore. Il credito da risarcimento del danno extracontrattuale, il credito da inadempimento, il credito da indebito e così via, si differenziano per natura e qualità intrinseche giacché sono classificabili secondo queste attribuzioni di qualità in esclusiva considerazione della fonte costitutiva. Diversamente, il credito è o meno garantito, ed è o meno privilegiato, non in quanto tale, ma in relazione al patrimonio del debitore. Può precisarsi: a tutto il patrimonio o anche a taluni soltanto degli specifici beni che lo compongono, come per il pegno, l' ipoteca e i privilegi speciali. Il nesso che corre tra qualità del credito e patrimonio del debitore si realizza sul piano del generale principio sancito dall'art. 2741 c.c. della parità di trattamento di tutti i creditori del comune debitore, fatte salve le cause legittime di prelazione. Questo principio è espresso da norme di natura imperativa: inderogabili, giacché suscettibili soltanto di rispetto o violazione. Tali norme disciplinano il concorso dei creditori sul patrimonio del comune debitore. Il concorso è escluso soltanto dall'accordo di tutti i creditori sul riparto o comunque sul soddisfacimento dei crediti da parte del comune debitore. Per questa ragione l'aggettivo “concorsuale” è riferito sempre e soltanto a procedure (fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa ecc.) e mai a contratti (concordato stragiudiziale, piani attestati, accordi di ristrutturazione dei debiti). Ciò che la sentenza denota come “patto concordatario” costituisce il risultato dell'approvazione, per deliberazione maggioritaria, da parte dei creditori concorsuali, della proposta del debitore. Nulla a che vedere con un contratto. Dovremmo allora chiederci: è o non è nel potere dei creditori chirografari votanti decidere a maggioranza una parziale rinuncia al soddisfacimento a cui avrebbero diritto in virtù di un surplus di soddisfacimento da riservare a determinati creditori garantiti i quali non avrebbero diritto a tale migliore trattamento nell'ambito di una procedura fallimentare? Non dovrebbe essere difficile convenire sulla risposta negativa: non è nei poteri della maggioranza di stabilire un trattamento per definizione deteriore rispetto a quello alternativamente possibile, assoggettando la minoranza a tale comune destino. Ciò non soltanto perché non è nei poteri della maggioranza di disporre dei diritti individuali dei creditori (come accade ogni qualvolta si impone un sacrificio per definizione non giustificato), ma anche perché il trattamento di maggior favore riservato a taluno dei creditori concorsuali e a discapito degli altri creditori concorsuali, qualora non possa giustificarsi secondo la regola della parità di trattamento (ossia del trattamento preferenziale dei creditori garantiti nei limiti della capienza della garanzia medesima), si risolverebbe in un'attribuzione capricciosa delle risorse, con buona pace della razionalità della procedura concorsuale. E perciò: come dovrebbe comportarsi il debitore nel caso di credito assistito da privilegio speciale su bene non esecutabile (perché inesistente, non identificabile, consumato, eccetera), o su un servizio, nella domanda di concordato? Potrebbe costui decidere, come meglio ritiene, di pagare comunque integralmente tali creditori oppure no? Nessuno potrebbe dubitare che, nell'ipotesi in cui sia stabilito il pagamento integrale di tutti i creditori, certamente il debitore sarebbe libero di offrire tale pagamento anche al credito assistito da privilegio speciale incapiente. Se però ad essere incapiente è il patrimonio? Evidentemente, assicurare anche in questo caso un trattamento preferenziale al credito assistito da privilegio speciale determinerebbe l'ingiustificato sacrificio dei crediti assistiti da privilegio generale. Infatti, questi ultimi sarebbero soddisfatti solo dopo l'intervenuta soddisfazione del credito assistito da un privilegio speciale su una porzione di patrimonio in effetti non isolabile per tale funzione. Potremmo sostenere una più accentuata meritevolezza di tutela del privilegio speciale rispetto al privilegio generale in quanto tale, prescindendo dall'ordine imperativo stabilito negli artt. 2777 e ss. cc.? Ed aggiungere che tale favore giustificherebbe il superamento dell'oggettiva limitazione della ragione attributiva (il privilegio è speciale, e non generale, in quanto limitato ad una specifica entità del patrimonio del debitore). A cascata, si porrebbe il problema del trattamento preferenziale del credito assistito da privilegio speciale incapiente rispetto al trattamento dei crediti chirografari. Sarebbe giustificato soddisfare con preferenza il credito assistito da privilegio su una specifica utilità del patrimonio debitore quand'anche quest'ultima non fosse in concreto rinvenibile? Oppure potremmo ipotizzare che, in questo caso, il trattamento preferenziale supererebbe la ragione attributiva della preferenza? L'art. 160 l. fall. può sembrare scritto come se il debitore potesse decidere autonomamente se pagare o meno i crediti garantiti su assi incapienti a discapito degli altri creditori garantiti e dei creditori non garantiti. Ma, forse, tale facoltà potrebbe essere intesa nel senso che condizione del suo esercizio è la salvaguardia dei diritti degli altri creditori; cosicché, in concreto, l'integrale pagamento del credito garantito su asse incapiente sarebbe nella facoltà del proponente solo se costui assicurasse, al contempo, parità di trattamento a tutti gli altri creditori.
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