Codice di Procedura Penale art. 40 - Competenza a decidere sulla ricusazione.Competenza a decidere sulla ricusazione. 1. Sulla ricusazione di un giudice del tribunale o della corte di assise o della corte di assise di appello decide la corte di appello; su quella di un giudice della corte di appello decide una sezione della corte stessa, diversa da quella a cui appartiene il giudice ricusato (1). 2. Sulla ricusazione di un giudice della corte di cassazione decide una sezione della corte, diversa da quella a cui appartiene il giudice ricusato. 3. Non è ammessa la ricusazione dei giudici chiamati a decidere sulla ricusazione (2). (1) Comma così sostituito dall'art. 173 d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. Il testo previgente recitava: «Sulla ricusazione del pretore decide il tribunale; su quella di un giudice del tribunale o della corte di assise o della corte di assise di appello decide la corte di appello; su quella di un giudice della corte di appello decide una sezione della corte stessa, diversa da quella a cui appartiene il giudice ricusato». (2) Per il procedimento davanti al giudice di pace, v. art. 10, d.lg. 28 agosto 2000, n. 274. InquadramentoLa dichiarazione di ricusazione apre un sub-procedimento incidentale di natura giurisdizionale per la cui definizione la norma individua il giudice funzionalmente competente a decidere. La natura giurisdizionale del procedimento di ricusazioneMentre la dichiarazione di astensione apre un sub-procedimento incidentale di natura amministrativa/ordinatoria definito con decreto presidenziale non impugnabile nemmeno dal giudice astenuto (Cass. I, n. 40159/2009; Cass. VI, n. 23355/2002; si veda però Cass. III, n. 3438/1996, citata nel commento dell'art. 39), la dichiarazione di ricusazione deve essere decisa con provvedimento giurisdizionale (art. 41) reso da giudice “terzo” all'esito di un procedimento che garantisca il contraddittorio tra la parte ricusante e le altri parti, pubblica ed eventualmente privata, del procedimento (non è parte il giudice ricusato). È perciò abnorme la declaratoria d'inammissibilità dell'istanza di ricusazione pronunciata dallo stesso giudice ricusato in violazione del principio generale “nemo iudex in causa propria”, sì che la situazione di stasi processuale può essere rimossa soltanto mediante il ricorso per cassazione (Cass. II, n. 40521/2005). Si ritiene, però, che la ritualità formale dell'istanza di ricusazione può essere verificata dal giudice cui è presentata, prima di dar corso al relativo procedimento incidentale, analogamente a quanto avviene per le doglianze contro i provvedimenti giurisdizionali le quali, per essere ammissibili, debbono esprimersi con i mezzi di impugnazione tassativamente indicati, nelle forme e nei termini prescritti dalla legge (Cass. II, 1380/1991). Il procedimento giurisdizionale costituisce l'unico strumento processuale deputato (e messo a disposizione delle parti) per accertare la sussistenza di cause di incompatibilità che non possono essere autonomamente rilevate nemmeno dal (o eccepite al) giudice dell'impugnazione. Sicché qualora non si avvalga di tale strumento, la partecipazione al giudizio del giudice nei confronti del quale tale causa sussista diviene pienamente legittima e la sua mancata rilevazione non si riflette sulla validità degli atti compiuti, in quanto tale effetto non è previsto da alcuna disposizione di legge; né rileva l'eventuale richiesta, formulata dalla parte e non accolta, di astensione del giudice incompatibile, giacché essa non esclude l'onere della ricusazione (Cass. VI, n. 11984/1997). La competenza a decidere e le forme del procedimentoÈ dunque necessario individuare competenze (funzionali) e forme del procedimento. La Corte di appello è giudice competente a decidere sulla ricusazione di un qualsiasi giudice del proprio distretto (giudice di pace, art. 10, comma 2, d.lgs. n. 274/2000; tribunale; corte di assise; magistrato componente del tribunale di sorveglianza, Cass. I, n. 37523/2010), anche della corte di assise di appello e della corte di appello stessa, ma in quest'ultimo caso decide una sezione diversa da quella di appartenenza del giudice ricusato. Negli altri casi, invece, la Corte di appello può decidere con qualsiasi sezione, anche civile, non operando la norma alcuna distinzione al riguardo e perché l'assegnazione di un affare ad una sezione piuttosto che ad un'altra attiene non alla giurisdizione ma alla competenza interna (Cass. VI, n. 43786/2014; Cass. VI, n. 44713/2013). Ne consegue che: a) le modalità di ripartizione degli affari per la trattazione dei procedimenti di ricusazione in materia penale all'interno degli uffici giudiziari non possono dar luogo a rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia previsto dall'art. 234 del Trattato Cee, poiché la materia riguarda l'ordinamento giudiziario, che è una disciplina non riferibile al diritto dell'Unione europea (Cass. III, n. 40584/2012); b) l'assegnazione dei processi in violazione delle tabelle di organizzazione dell'ufficio può incidere sulla costituzione e sulle condizioni di capacità del giudice, determinando la nullità di cui all'art. 33, comma 1, non in caso di semplice inosservanza delle disposizioni amministrative, ma solo quando si determini uno stravolgimento dei principi e dei canoni essenziali dell'ordinamento giudiziario, per la violazione di norme quali quelle riguardanti la titolarità del potere di assegnazione degli affari in capo ai dirigenti degli uffici e l'obbligo di motivazione dei provvedimenti (Cass. VI, n. 13833/2015). Sulla ricusazione di un giudice della Corte di cassazione decide una sezione diversa da quella alla quale appartiene il consigliere ricusato (cfr. Cass. VI, n. 19532/2018, secondo cui in caso di ricusazione nei confronti dei componenti di una sezione della Corte di Cassazione, non lede il principio di imparzialità del giudice il fatto che il collegio chiamato a decidere sia composto da colleghi dei giudici ricusati, pur se appartenenti ad altra sezione. Ciò perché la disposizione contenuta all'art. 40, comma 2, attua un corretto bilanciamento tra la garanzia di imparzialità e l'esigenza di evitare una situazione di stallo processuale). La ricusazione dei giudici chiamati a decidere della ricusazioneLa ricusazione dei giudici chiamati a decidere della ricusazione non è mai ammessa. Sicché, per esempio, è inammissibile la ricusazione di componenti di una sezione della Corte di cassazione chiamati a decidere sulla ricusazione di giudici di altra sezione, e su tale dichiarazione la S.C. decide in camera di consiglio con procedimento «de plano», che comporta la fissazione dell'udienza e la deliberazione senza avvisi alle parti (Cass. V, n. 30383/2006). CasisticaIl decreto presidenziale che decide senza formalità sulla dichiarazione di astensione è sottratto ad ogni mezzo di impugnazione sia in virtù del principio di tassatività delle impugnazioni sia perché si tratta di provvedimento meramente ordinatorio di natura amministrativa e non giurisdizionale, i cui effetti restano limitati all'ambito dell'ufficio e assolvono alla funzione di conservare il prestigio dell'amministrazione della giustizia e la fiducia dell'opinione pubblica nella imparzialità dei giudizi. Tale regime non menoma i diritti della difesa, potendo la parte proporre tempestivamente dichiarazione di ricusazione, la cui decisione è emessa all'esito di una procedura in contraddittorio ed è impugnabile mediante ricorso per cassazione ex art. 127 (Cass. VI, n. 776/1998). BibliografiaCaputo, Sub art. 40, in Codice di procedura penale, a cura di Canzio e Tranchina, t. I, Milano, 2012, 545 ss. |