Codice di Procedura Penale art. 43 - Sostituzione del giudice astenuto o ricusato.

Aldo Aceto

Sostituzione del giudice astenuto o ricusato.

1. Il giudice astenuto o ricusato è sostituito con altro magistrato dello stesso ufficio designato secondo le leggi di ordinamento giudiziario.

2. Qualora non sia possibile la sostituzione prevista dal comma 1, la corte o il tribunale rimette il procedimento al giudice ugualmente competente per materia determinato a norma dell'articolo 11 (1) (2).

(1) Per quanto riguarda il processo penale militare, v. l'art. 5-bis d.l. 23 ottobre 1996, n. 553, conv., con modif., in l. 23 dicembre 1996, n. 652.

(2) Per il procedimento davanti al giudice di pace, v. art. 10, d.lg. 28 agosto 2000, n. 274.

Inquadramento

La norma disciplina le conseguenze dell'accoglimento della dichiarazione di astensione o di ricusazione sulla individuazione del nuovo giudice e sull'impossibilità di procedere alla sostituzione di quello precedente.

L'ambito di applicazione della norma. La rimessione come extrema ratio

Il giudice astenuto o ricusato è sostituito con altro magistrato dello stesso ufficio (o di altro ufficio del medesimo distretto a seguito di applicazione, o dal magistrato cd. distrettuale) designato secondo le leggi dell'ordinamento giudiziario. Il giudice di pace è sostituito con altro giudice dello stesso ufficio designato anch'egli secondo le leggi dell'ordinamento giudiziario.

Solo quando ciò non sia possibile, è consentita, come extrema ratio, la rimessione del processo al giudice ugualmente competente per materia determinato ai sensi dell'art. 11.

Ed infatti, la rimessione, essendo un istituto di carattere eccezionale in quanto determina uno spostamento di competenza e, quindi, la sottrazione dell'imputato al giudice naturale, è ammessa solo in presenza dell'oggettiva impossibilità di procedere al giudizio nella sede naturale. Pertanto, solo dopo la verificata impossibilità di applicazione, secondo le norme dell'ordinamento giudiziario, di altro magistrato appartenente allo stesso ufficio, può farsi luogo alla rimessione del procedimento al giudice determinata a norma dell'art. 11 (Cass. I, n. 2086/1993; Cass. I, n. 1276/1997). Esula, dunque, dall'ambito applicativo della norma la rimessione dettata da valutazioni di opportunità (Cass. I, n. 4226/1993) o dalla temporanea impossibilità di composizione e di funzionamento dell'organo collegiale giudicante (Cass. I, n. 2015/1998; Cass. I, n. 698/1999, secondo cui la temporanea impossibilità di formare un collegio giudicante per l'astensione o la ricusazione di tutti i magistrati appartenenti al tribunale, non può costituire causa dello spostamento della competenza territoriale ad altro giudice, ex art. 43, comma 2, senza far prima ricorso agli istituti, che sono tra loro cumulabili, della supplenza e dell'applicazione in conformità alla disciplina contenuta negli artt. 97 — c.d. supplenza interna —, 105 — c.d. supplenza esterna — e 110 - applicazione dei magistrati — dell'ordinamento giudiziario, come precisata ed integrata dalla circolare del C.S.M. 21 maggio 1997; cfr. nello stesso senso anche Cass. I, n. 6064/1999).

La rimessione è di competenza esclusiva dell'organo collegiale (corte di appello o tribunale), a differenza di quanto stabiliva l'omologo art. 70, comma 4, c.p.p. del 1930, che attribuiva un simile potere al presidente della corte o del tribunale. Ne consegue che il provvedimento di rimessione adottato dal presidente del tribunale costituisce atto abnorme, in quanto proveniente da un organo nemmeno astrattamente idoneo a determinare l'effetto traslativo previsto dalla norma (Cass. VI, n. 4403/1998).

L'inosservanza delle norme riguardanti la procedura per la sostituzione del giudice astenuto, non dà luogo alla nullità prevista dall'art. 178, lett. a), atteso che l'art. 33 comma 2, stabilisce che non si considerano attinenti alla capacità del giudice le disposizioni sull'assegnazione dei processi a sezioni, collegi e giudici (Cass. IV, n. 1589/2001 che ha affermato il principio in un caso di designazione del nuovo giudice adottata dal presidente di sezione anziché dal presidente del tribunale).

L'accoglimento della dichiarazione di astensione del giudice dibattimentale originariamente assegnatario del processo non comporta la regressione del procedimento alla fase delle indagini preliminari con restituzione degli atti al Pubblico Ministero, in quanto l'art. 43, si limita a prevedere che il giudice astenuto o ricusato deve essere sostituito con altro magistrato dello stesso ufficio, così presupponendo che il processo non debba regredire, bensì continuare, seppure innanzi ad altro giudice (Cass. III, n. 2859/2015).

Casistica

La disciplina dettata dall'art. 68, comma 3, l. n. 354/1975 (ord. pen.), secondo cui «Con decreto del presidente della corte d'appello può essere temporaneamente destinato ad esercitare le funzioni del magistrato di sorveglianza mancante o impedito un giudice avente la qualifica di magistrato di cassazione, di appello o di tribunale”, ha carattere di specialità rispetto alle disposizioni generali in materia di supplenze e di applicazioni contenute nell'ordinamento giudiziario, ivi compresa quella di cui all'art.110, comma 7, di detto ordinamento, la quale prescrive che “Non può far parte di un collegio giudicante più di un magistrato applicato”. Ne consegue che, non operando tale limitazione, qualora in un tribunale di sorveglianza che debba decidere su un reclamo in materia di permessi e che già comprenda un magistrato applicato si verifichi, con riguardo all'altro magistrato togato, la causa di incompatibilità prevista dall'art. 30-bis, comma 5, l. n. 354/1975 (ord. pen.), per avere egli pronunciato il provvedimento impugnato, deve darsi luogo alla sostituzione, per quella decisione, anche del detto secondo magistrato, ai sensi del combinato disposto del successivo comma sesto dello stesso art. 30-bis e del citato art. 68, comma 3, del medesimo ordinamento, rimanendo, per converso, escluso il ricorso alla rimessione ad altro tribunale di sorveglianza, in applicazione analogica dell'art. 43, comma 2» (Cass. I, n. 2346/1998).

L'istituto derogatorio ed eccezionale dello spostamento territoriale del procedimento, in caso di impossibilità di sostituzione del giudice astenuto con altro magistrato dello stesso ufficio, designato secondo le leggi dell'ordinamento giudiziario, presuppone, anche nell'ambito della giurisdizione militare, la necessaria e preliminare verifica, mediante i meccanismi della supplenza e dell'applicazione o della variazione tabellare in via d'urgenza, dell'assoluta e non meramente temporanea impossibilità di composizione e di funzionamento dell'organo collegiale giudicante. (In motivazione, la S.C. ha ritenuto che la disposizione dell'art. 5-bis d.l. n. 553/1996 deve essere interpretata nel senso che, nell'ipotesi di assoluta e persistente impossibilità di composizione e di funzionamento dell'organo collegiale pure attraverso gli istituti della supplenza o dell'applicazione operanti nell'ordinamento giudiziario militare, la constatazione del fenomeno e il conseguente provvedimento di rimessione del procedimento saranno di necessità riservati — atteso il divieto per il giudice militare astenuto di concorrere alla pronunzia collegiale del provvedimento declinatorio della competenza — al presidente o al giudice con funzioni di presidente «pro-tempore» del tribunale militare remittente) (Cass. I, n. 3500/1998; Cass. I, n. 3872/2000).

È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata con riferimento agli artt. 43, 97 e 110 l. n. 354/1975 (ord. pen.), per contrasto con gli artt. 3, 25, 31 Cost., nella parte in cui prevedono che, in caso di incompatibilità, impedimento, ricusazione o astensione di un magistrato appartenente al Tribunale per i minorenni, possa essere applicato o designato in supplenza altro magistrato del distretto, ancorché non specializzato in materia minorile. Invero, poiché ciò che rileva non è la persona fisica del giudice togato, ma la composizione ed i poteri dell'organo giudicante, nonché la procedura che innanzi ad esso deve essere seguita, l'ordinamento realizza la esigenza di specializzazione mediante la composizione del collegio giudicante anche con l'inserimento di esperti non togati, e la specifica finalità di recupero sociale dei minorenni mediante la adozione di particolari regole procedurali e di un diverso regime sanzionatorio. (In motivazione, la Corte ha evidenziato, tra l'altro, la unicità della disciplina sul reclutamento e la formazione dei magistrati, senza alcuna distinzione per quelli destinati alla composizione degli organi giudiziari minorili) (Cass. V, n. 12222/2000).

L'istituto della rimessione del processo, che ha natura eccezionale, può trovare applicazione solo in presenza di gravi e non altrimenti eliminabili situazioni locali, in grado di turbare lo svolgimento del processo e di pregiudicare la libera determinazione delle persone che vi partecipano; ne deriva che i profili di condizionamento derivanti dallo stretto legame di parentela esistente tra l'imputato ed il magistrato con funzioni apicali dell'ufficio procedente (nella specie: il presidente reggente della Corte d'appello) devono essere superati attraverso i diversi istituti della ricusazione o dell'astensione, salva la possibilità — qualora vengano accolte le dichiarazioni di astensione o ricusazione di tutti i giudici appartenenti all'ufficio, con conseguente impossibilità di procedere alla sostituzione, ai sensi dell'art. 43 - di rimettere il processo al giudice ugualmente competente determinato a norma dell'art. 11 dello stesso codice (Cass. VI, n. 22077/2015).

Bibliografia

Caputo, Sub art. 43, in Codice di procedura penale, a cura di Canzio e Tranchina, t. I, Milano, 2012, 562 ss.

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