Codice di Procedura Penale art. 83 - Citazione del responsabile civile 1 2 .

Irma Conti

Citazione del responsabile civile12.

1. Il responsabile civile per il fatto dell'imputato può essere citato nel processo penale a richiesta della parte civile e, nel caso previsto dall'articolo 77, comma 4, a richiesta del pubblico ministero. L'imputato [60] può essere citato come responsabile civile per il fatto dei coimputati per il caso in cui venga prosciolto [529-531] o sia pronunciata nei suoi confronti sentenza di non luogo a procedere [425].

2. La richiesta deve essere proposta al più tardi per il dibattimento.

3. La citazione è ordinata con decreto dal giudice che procede. Il decreto contiene:

a) le generalità o la denominazione della parte civile, con l'indicazione del difensore e le generalità del responsabile civile, se è una persona fisica, ovvero la denominazione dell'associazione o dell'ente chiamato a rispondere e le generalità del suo legale rappresentante;

b) l'indicazione delle domande che si fanno valere contro il responsabile civile;

c) l'invito a costituirsi nei modi previsti dall'articolo 84;

d) la data e le sottoscrizioni [110] del giudice e dell'ausiliario [126] che lo assiste.

4. Copia del decreto è notificata [152], a cura della parte civile, al responsabile civile, al pubblico ministero e all'imputato. Nel caso previsto dall'articolo 77, comma 4, la copia del decreto è notificata al responsabile civile e all'imputato a cura del pubblico ministero. L'originale dell'atto con la relazione di notificazione è depositato nella cancelleria del giudice che procede.

5. La citazione del responsabile civile è nulla [1781c] se per omissione o per erronea indicazione di qualche elemento essenziale il responsabile civile non è stato posto in condizione di esercitare i suoi diritti nell'udienza preliminare [416 s.] o nel giudizio [465 s.]. La nullità della notificazione rende nulla la citazione3.

6. La citazione del responsabile civile perde efficacia se la costituzione di parte civile è revocata [82] o se è ordinata l'esclusione [80, 81] della parte civile.

 

[1] La Corte cost., con sentenza 16 aprile 1998, n. 112 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo «nella parte in cui non prevede che, nel caso di responsabilità civile derivante dalla assicurazione obbligatoria prevista dalla legge 24 dicembre 1989, n. 990, l'assicuratore possa essere citato nel processo penale a richiesta dell'imputato».

[2] La corte cost., con sentenza 24 giugno 2022, n. 159 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non prevede che, nel caso di responsabilità civile derivante dall'assicurazione obbligatoria prevista dall'art. 12, comma 8, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), l'assicuratore possa essere citato nel processo penale a richiesta dell'imputato

[3] La Corte cost., con sentenza 17 novembre 1992, n. 453 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma «nella parte in cui non prevede per la citazione del responsabile civile nel procedimento davanti al pretore il medesimo termine assegnato all'imputato dall'art. 555, terzo comma, dello stesso codice». La medesima Corte, in precedenza, con sentenza 10 novembre 1992, n. 430, nel dichiarare non fondata una questione di costituzionalità del medesimo art. 83, aveva affermato che, nel procedimento davanti al tribunale, il disposto dell'art. 4293 e 4 c.p.p. deve ritenersi applicabile anche al responsabile civile che non sia stato citato o non sia intervenuto all'udienza preliminare: ne deriva che, in tale procedimento, il decreto che dispone il giudizio deve essere notificato anche al predetto soggetto almeno venti giorni prima della data fissata per il giudizio.

Inquadramento

L'articolo in esame costituisce il primo di cinque articoli in cui il legislatore descrive la figura del responsabile civile ed il suo ruolo nel processo penale, cominciando dalle modalità di citazione, oggetto di specifica disciplina dell'art. 83.

Responsabile Civile

Il responsabile civile è un soggetto che, pur non essendo corresponsabile del reato, è tenuto per legge a risarcire i danni ed a sostenere le spese da esso derivanti. Egli, quindi, non risponde — né potrebbe — del reato, ma dei danni che ne sono derivati. La sua responsabilità, pertanto, non potrà mai essere estesa ai profili penalistici e non potrà mai essere sottoposto a pena. Il responsabile civile, quindi, può essere convenuto in giudizio a titolo di responsabilità indiretta per il fatto proprio dell'imputato in quanto le norme civili, in rapporto alle quali va individuata la figura del responsabile civile, consentono che a rispondere dei danni possano essere soggetti diversi da coloro che li hanno cagionati. La responsabilità civile, quindi, può gravare anche su soggetti diversi dall'imputato ed in particolare sulle “persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere del fatto di lui” (art. 185, comma 2). Si tratta di persone fisiche o enti, anche privi di personalità giuridica, i quali, pur non avendo concorso alla commissione del fatto illecito, sono tuttavia tenuti a rispondere in solido, a norma delle leggi civili, per il fatto dell'imputato.

Le norme che identificano i soggetti tenuti a rispondere solidalmente per un fatto commesso da un altro soggetto, qualificabile come reato hanno un contenuto tassativo e, pertanto, non sono suscettibili di estensione analogica (Ruggieri, in Amodio-Dominioni, I, 492). La  presenza del responsabile civile nel processo penale, anche se meramente eventuale, a seguito della citazione, fa assumere allo stesso la qualità di parte nel processo. La sua presenza, in ogni caso, è subordinata in primo luogo a quella dell’imputato in seguito preventivo esercizio dell’azione penale nei confronti del presunto responsabile del fatto-reato e, quindi, a quella della parte civile. 

Ulteriore conseguenza di quanto fino ad ora esposto è che non può essere citato come responsabile civile nel processo penale chi abbia un titolo diretto di responsabilità per i danni lamentati dalla parte civile, diverso da quello addebitato all'imputato (Cass. V, n. 6700/2006).

Responsabilità civile e prova liberatoria

Le leggi civili che impongono la responsabilità per fatto altrui, possono distinguersi in quelle che consentono l’esonero della responsabilità attraverso la c.d. “prova liberatoria” dalla presunzione di colpa stabilita dalla legge, ove l’agente ha l’onere di dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, da quelle di responsabilità oggettiva, ove il responsabile civile sarà sempre tenuto, quale responsabile dei danni cagionati dall'autore del fatto, al risarcimento del danno.

Imputato quale responsabile civile

L’imputato,  essendo autore del fatto, è il soggetto  sul quale grava una responsabilità diretta e pertanto non può essere oggetto di citazione quale responsabile civile. Il responsabile civile, come detto, è chiamato a rispondere del fatto illecito commesso da altri e la sua citazione presuppone logicamente che egli non sia civilmente responsabile per fatto proprio. È per questa ragione che l'imputato può assumere la veste di responsabile civile per il fatto dei coimputati, come stabilito dall'art. 83, comma 1, solo se non è affermata la sua responsabilità penale, ossia «per il caso in cui venga prosciolto (art. 429) o sia pronunciata nei suoi confronti sentenza di non luogo a procedere (art. 425)». In caso contrario, infatti, all'affermazione della responsabilità penale deriverebbe la responsabilità civile per lo stesso fatto, e quindi l'impossibilità di assumere per questo la posizione processuale di responsabile civile. La citazione dell'imputato come responsabile civile per il fatto dei coimputati, tuttavia, non presuppone una preventiva pronuncia nei confronti del coimputato nei cui confronti viene avanzata la richiesta di citazione quale responsabile civile, ma è ammessa sotto condizione, ossia produce effetto solamente nel caso in cui l’imputato venga prosciolto ovvero ottenga una sentenza di non luogo a procedere. Questo è il significato delle parole «può essere citato come responsabile civile [...] per il caso in cui». Che il significato sia questo è confermato dalla Relazione al Progetto preliminare del codice di procedura penale, la quale, dopo aver precisato che «Per quel che attiene alla legittimazione passiva dell'imputato, si è ritenuto di reintrodurre la stessa formula dell'art. 107, comma 1 ultima parte del codice vigente», chiarisce che in tal modo si è consentita «all'imputato l'acquisizione di una posizione processuale che, sebbene condizionata al suo proscioglimento, è operante sin dal momento in cui è possibile la citazione del responsabile civile».

È da aggiungere che l'art. 107, comma 1, del codice di procedura penale del 1930, da cui deriva la disposizione in esame, era formulato in modo ancora più chiaro, stabilendo che: «Anche l'imputato può essere citato come responsabile civile per il fatto dei coimputati, per il caso in cui venga prosciolto dalla responsabilità penale» (Corte cost. n. 218/2014).

Casistica

La decisione che affermi la condanna dell'ente che rivesta il ruolo di responsabile civile, per culpa in vigilando o in eligendo è illegittima, in quanto il responsabile civile il quale è obbligato a rispondere solo per il fatto altrui ai sensi degli artt. 185 c.p. e 83 (Cass. IV, n. 10701/2012);

ai fini di cui all'art. 2049 c.c., per configurare la responsabilità dell'ente di appartenenza è sufficiente che vi sia un rapporto di subordinazione tra l'autore dell'illecito e il soggetto che viene chiamato a rispondere del fatto di quest'ultimo e che l'illecito sia stato commesso nell'ambito dell'incarico affidatogli (Cass. VI, n. 17049/2011);

non viene meno la responsabilità civile per fatto illecito commesso dal dipendente se il fatto dannoso rientri nelle mansioni esercitate dal dipendente, e ricorre quando l'illecito sia stato compiuto, sfruttando comunque i compiti da quest'ultimo svolti, anche se il dipendente abbia agito oltre i limiti delle sue incombenze e persino se ha violato gli obblighi a lui imposti (Cass. VI, n. 17049/2011);

l’inserimento, anche temporaneo ed occasionale, rapporto di subordinazione tra società e soci o amministratori e l'assenza principio di immedesimazione, che presuppone un comportamento che sia esplicazione dell'attività dell'ente, esclude la responsabilità civile della società per i danni da reato commessi dai soci o dagli amministratori nell'interesse proprio, non potendo essa trovare alcun fondamento nell'art. 2049 c.c. (Cass. VI, n. 24548/2013);

l'Azienda Ospedaliera non risulta responsabile «per fatto del terzo», ma è responsabile direttamente in base al contratto d'opera professionale concluso con il paziente che ha chiesto di essere curato nella struttura sanitaria pubblica; altresì, la responsabilità dell'ente gestore del servizio sanitario si palesa autonoma rispetto a quella posta a carico del medico ospedaliere da qualificarsi questa ultima a sua volta come discendente da un distinto rapporto contrattuale di fatto originato dal «contatto» intervenuto tra medico ed ammalato, di talché, in ragione altresì della distinzione tra gli obblighi del sanitario e quelli dell'ospedale nei confronti del malato, si versa in un'ipotesi di non operatività dell'art. 185 c.p., con riferimento alla responsabilità per fatto del terzo (Cass. IV, n. 23724/2005);

il medico convenzionato va considerato alla stregua di un professionista del tutto autonomo, scelto dal paziente in piena libertà. Egli è libero sia nella predisposizione dell'organizzazione che mette a disposizione del paziente sia nella scelta delle cure da praticare. Non può, di conseguenza, affermarsi che il medico convenzionato sia un ausiliario dell'azienda sanitaria, né che quest'ultima assuma in qualche modo il rischio (connaturato all'utilizzo di terzi) della libera attività del sanitario. Va, pertanto, escluso che possano trovare applicazione nella fattispecie in esame gli artt. 1228 e 2049 c.c., norme che pongono a carico del datore di lavoro la responsabilità per i danni arrecati dai suoi dipendenti con dolo o colpa, non potendosi sostenere che il fatto del sanitario convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale sia in qualche modo riferibile all'Asl o che, in ogni caso, venga in essere un contatto sociale fra quest'ultima ed il paziente, con conseguente insorgenza di un rapporto obbligatorio (come ritiene, invece, la giurisprudenza fra il paziente e l'ente ospedaliero, pubblico o privato: cfr. Cass. S.U., n. 8826/2007).

Ai sensi dell'art. 2054 c.c., comma 3, il proprietario del veicolo è responsabile in solido con il conducente dei danni da costui cagionati se non prova che la circolazione del veicolo è avvenuta contro la sua volontà. Ne consegue che, perché operi la presunzione di responsabilità del proprietario, è necessario che ricorra il presupposto della circolazione, intesa come uso del veicolo come mezzo di locomozione e non come strumento di offesa utilizzato per schiacciare la vittima contro altra autovettura al fine di ucciderla. Ne consegue che  il fatto illecito non può essere attribuito a titolo di corresponsabilità al proprietario del veicolo (Cass. I, n. 22890/2006).

Richiesta di citazione del responsabile civile

La costituzione del responsabile civile può essere richiesta dai soggetti interessati alla sua presenza, ai sensi l del comma 1 dell'articolo in esame sono legittimati a richiederne la citazione la parte civile ed il P.M., quest'ultimo nell'ipotesi di cui all'art. 77 comma 4, in mancanza di un soggetto legittimato e sussistendo ragioni di assoluta urgenza. Soggetto legittimato alla richiesta di citazione del responsabile civile è certamente il danneggiato del reato e parte civile in quanto titolare del diritto al risarcimento del danno. Se il riconoscimento della facoltà alla sola parte civile trova fondamento nella natura strettamente civilistica del rapporto sottostante, qualche perplessità ha fatto sorgere l'esclusione dell'imputato. Non v'è dubbio, infatti, che si tratti di un soggetto il quale può vantare un interesse diretto alla presenza del responsabile civile anche nel processo penale in rapporto alle richieste risarcitorie che possono essergli rivolte dalla costituita parte civile. La problematica dell'esclusione dell'imputato quale soggetto legittimato a richiedere la citazione del responsabile civile non a caso, quindi, è stata più volte oggetto anche di eccezione di illegittimità costituzionale.

La Consulta, valutando la questione sollevata in un processo per omicidio colposo a seguito di circolazione di autoveicoli, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 83 c.p.p., nella parte in cui non prevede che, nel caso di responsabilità civile derivante dalla assicurazione obbligatoria prevista dalla l. n. 990/1969, l'assicuratore possa essere citato nel processo penale a richiesta dell'imputato (Corte cost. n. 112/1998). La Corte è pervenuta a dette conclusioni avendo ritenuto irrazionale la disciplina legislativa di cui all'art. 83 soltanto nella particolare ipotesi di responsabilità civile ex l. n. 990/1969, istitutiva dell'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante della circolazione dei veicoli a motore e dei natanti. Se, ha sostenuto la Consulta, è ammessa la chiamata in garanzia dell'assicuratore da parte dell'assicurato in un giudizio civile per il risarcimento del danno provocato con la circolazione di autoveicoli sottoposti alle norme della legge per l'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile, analogo potere deve essere attribuito all'imputato nel processo penale in quanto la posizione del convenuto chiamato a rispondere del proprio fatto illecito in autonomo giudizio civile e quella dell'imputato per il quale, in relazione allo stesso tipo di illecito, vi sia stata costituzione, di parte civile del danneggiato nel processo penale, sono assolutamente identiche. Diversamente si configura la disciplina con riferimento alle assicurazioni che hanno la loro fonte esclusiva nel contratto in quanto in questi casi l'assicuratore è tenuto soltanto verso l'assicurato (nei limiti del capitale assicurato) onde l'azione civile diretta del danneggiato contro l'assicuratore in sede civile è esclusa e del pari è esclusa la citazione dell'assicuratore medesimo come responsabile civile nel processo penale (Cass. IV, n. 15591/2001). Il principio affermato dalla Corte e ribadito dalla Giurisprudenza di legittimità non può avere una portata generale ma, viceversa, deve essergli attribuita una valenza circoscritta alla fattispecie esaminata. La stessa Consulta, invero, ha rigettato, ritenendole infondate, due eccezioni di illegittimità costituzionale dell'art. 83 in quanto escludenti la possibilità dell'imputato di poter richiedere la citazione del responsabile civile. Si tratta, in particolare, dell'ipotesi dei «responsabili civili ex lege derivanti dalla normativa in tema di infortuni sul lavoro ed in tema di previdenza sociale» (Corte cost. n. 300/2004) e della citazione dei responsabili civili individuati nella società esercente l'aeromobile coinvolto nel sinistro, a norma dell'art.878 c.nav., e nella impresa assicuratrice la quale, ai sensi dell'art. 935 c.nav., aveva assunto l'obbligo del risarcimento dei danni cagionati al personale di volo durante l'espletamento del servizio al quale era addetto il velivolo precipitato (Corte cost. n. 75/2001). Ebbene, in entrambi i casi, il giudice delle leggi ha finito con l'evidenziare l'accentuata tendenza, imposta dal legislatore del 1988, a limitare l'ingresso, in sede penale, di parti diverse da quelle necessarie — soprattutto quando, come nel caso di quelle civili, siano estranee alle finalità tipiche del processo penale e possano concretamente comportare una perdita di snellezza e celerità nelle cadenze e nei tempi di definizione. In tale prospettiva, le enunciazioni di principio racchiuse nella sentenza Cass. n. 112/1998 si presentano intimamente saldate alle «specifiche caratteristiche che rendono del tutto peculiare la posizione dell'assicuratore chiamato a rispondere, ai sensi della l. n. 990/1969, dei danni derivanti dalla circolazione dei veicoli e dei natanti», implicando «una correlazione tra le posizioni coinvolte di spessore tale da rendere necessariamente omologabile il [...] regime ad esse riservato, tanto in sede civile che nella ipotesi di esercizio della domanda risarcitoria in sede penale» (Corte cost. n. 300/2004). 

Nonostante resti fermo il divieto di applicazione analogica dei principi dettati in tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, la Consulta ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 83 c.p.p. con riferimento all'art. 3 Cost. nella parte in cui non prevede che, nel caso di responsabilità civile derivante dall'assicurazione obbligatoria prevista dall'art. 12, comma 8, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), l'assicuratore possa essere citato nel processo penale a richiesta dell'imputato (Corte Cost. n. 159/2022). Secondo la Corte Costituzionale, infatti, nel caso di specie, come in quello dell'assicurazione dei veicoli e dei natanti, è normativamente previsto l'obbligo, per chi eserciti l'attività venatoria (quale definita dai commi 2 e 3 dello stesso art. 12), di essere coperto da assicurazione della responsabilità civile verso i terzi (oltre che da assicurazione contro gli infortuni): obbligo la cui inosservanza è punita con sanzione amministrativa pecuniaria dall'art. 31, comma 1, lettera b), della legge n. 157 del 1992. Nel caso dell'attività venatoria, l'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile assolve una «funzione plurima» di garanzia alla stregua di quella a cui ha fatto riferimento la sentenza n. 112 del 1998 della Consulta in quanto tutela l'assicurato, che ha diritto di vedersi manlevato dalle pretese risarcitorie del danneggiato, con correlato diritto di regresso verso l'assicuratore qualora le abbia soddisfatte, ma tutela anche le vittime degli incidenti di caccia, garantendo loro, entro i limiti del massimale assicurativo, il ristoro dei danni subiti. Inoltre, in tema di litisconsorzio necessario, nel caso della chiamata in causa dell'assicuratore degli autoveicoli e dei natanti crea un litisconsorzio “unilaterale” che sussiste nell'ipotesi in cui il danneggiato agisca direttamente contro l'assicuratore, ma non quando il danneggiato agisca esclusivamente nei confronti del responsabile del danno ai sensi dell'art. 2054 cod. civ. In questo secondo caso, l'assicuratore può divenire parte del giudizio solo a seguito di chiamata da parte del convenuto ai sensi degli artt. 1917, ultimo comma, cod. civ. e 106 cod. proc. civ. Tale seconda ipotesi, secondo la Consulta, è applicabile al caso dell'assicurazione per lo svolgimento di attività venatoria. Secondo la Corte sSi discute, infatti, del caso in cui il danneggiato si costituisca parte civile nel processo penale nei confronti dell'imputato-danneggiante senza chiedere la citazione dell'assicuratore, e l'incidente di costituzionalità mira proprio a consentire all'imputato di esercitare, anche in sede penale, il potere di chiamata dell'assicuratore che gli sarebbe stato riconosciuto ove fosse stato convenuto in sede civile con la medesima azione. L'esistenza o non del litisconsorzio necessario di assicuratore e responsabile del danno nel diverso caso in cui il danneggiato agisca contro l'assicuratore resta, in quest'ottica, una variabile indifferente ai fini della risoluzione dell'odierno scrutinio». Proprio sulla scorta di tali principi, la Consulta ha rinvenuto un'illegittima disparità di trattamento tra imputato assoggettato ad azione risarcitoria nel processo penale e convenuto con la stessa azione in sede civile, già riscontrata dalla sentenza n. 112 del 1998.

 

Parimenti deve ritenersi che, in caso di esercizio dell'azione civile in sede penale, non è consentita la chiamata in causa da parte del responsabile civile di altro responsabile civile per la mancanza di un rapporto di «garanzia interna» tra imputato (danneggiante) e responsabile civile, il solo idoneo a legittimare, in via eccezionale, la citazione del responsabile civile da parte dell'imputato, derogando alla previsione di cui all'art. 83 (Cass. IV, n. 35604/2003). In conclusione, quindi, va sottolineato che la richiesta di citazione ha la funzione di far intervenire nel processo penale il responsabile civile il quale, una volta intervenuto, diventa necessariamente parte del processo. Va da sé, quindi, che la sua presenza non può essere limitata esclusivamente nei confronti di colui o coloro che abbiano avanzato la richiesta di citazione ma vada necessariamente estesa a tutte le parti civili presenti ne cui confronti il responsabile civile sia in ogni caso obbligato ma sempre nei limiti in cui egli sia stato messo in condizione di poter esercitare pienamente i suoi diritti. Da tale principio, quindi, si può risalire ad una regola più generale: quella della non necessità che l'istanza di citazione del responsabile civile provenga da tutte le parti civili già costituite, purché al responsabile civile che divenga parte del processo venga indirizzata la domanda risarcitoria anche da quella parte civile che non ha fatto l'istanza (Cass. IV, n. 3273/2012).

Termine per la citazione

La proposizione dell’istanza di citazione del responsabile civile è soggetta ad un termine iniziale e uno finale.

Dies a quo

 La norma non prevede espressamente un termine iniziale, prima del quale non è possibile possibile presentare la richiesta, tuttavia questo può desumersi dalla natura stessa della parte. Questa, infatti, e non solo è eventuale ma, soprattutto, presuppone dapprima l’avvenuto esercizio dell’azione penale e, successivamente, l’avvenuta costituzione della parte civile, in assenza della quale non vi sarebbe ragione per la presenza del responsabile civile. Ne consegue che, dovendo necessariamente sussistere i suddetti presupposti, il termine iniziale non potrà precedere l’esercizio dell’azione penale da parte del P.M. e ciò anche nel caso in cui vi sia stata una costituzione di parte civile prima dell’udienza preliminare. Nel caso in cui la costituzione di parte civile non ha preceduto l’esercizio dell’azione penale, il dies a quo decorre dall'avvenuta costituzione della parte civile.

Non appaiono sussistere, invero, ragioni ostative a che la parte civile, anche se con atto a parte, possa chiedere la citazione del responsabile civile in uno con la costituzione di parte civile, soprattutto quanto la stessa sia effettuata direttamente nel corso dell'udienza.

Termine dilatorio

Il legislatore non ha previsto un termine dilatorio che debba intercorrere tra la citazione e l’udienza in favore del responsabile civile, ciò aveva fatto prospettare una violazione del diritto di difesa nel caso in cui il termine non avesse messo in condizioni il responsabile civile di poter validamente esercitare i propri diritti e della violazione del principio di parità di trattamento rispetto alle altre parti processuali (imputato e responsabile civile) — per i quali è previsto il termine dilatorio di giorni venti.

La Corte costituzionale, investita della questione, ha enucleato l'esistenza del termine dilatorio di giorni venti anche per il responsabile civile. La Consulta, partendo dalla disposizione dell'art. 133 disp. att., ha evidenziato che detta norma prevede che il decreto che dispone il giudizio debba essere notificato alle parti private diverse dall'imputato le quali non sono state presenti alla udienza preliminare, e che tale notifica viene effettuata «a norma dell'art. 429 comma 4 del codice». Ne consegue, pertanto, che risulta testualmente sancito il principio che, nei confronti del responsabile civile citato per l'udienza preliminare e che a questa non sia stato presente, debba procedersi alla notificazione del decreto stesso «almeno venti giorni prima della data fissata per il giudizio». Se, prosegue la Corte, la disciplina processuale assicura il termine dilatorio di venti giorni al responsabile civile citato per l'udienza preliminare, risulterà di tutta evidenza che lo stesso termine deve a fortiori essere assicurato ai fini della citazione del responsabile civile per il dibattimento, ove questi non sia stato citato precedentemente o non abbia spiegato atto di intervento (Corte cost. n. 430/1992).

Dies ad quem

Diversamente da quanto previsto per il dies a quo, il legislatore ha indicato un termine finale oltre il quale non è più possibile avanzare la richiesta al giudice. Trattasi, a ben vedere, di un'indicazione volutamente generica “non oltre il dibattimento” in quanto, più che identificare un preciso momento, sembra voler richiamare una fase oltre la quale non è più possibile avanzare la richiesta. Dal testo della norma, peraltro, si evince che il legislatore non abbia fatto chiaro riferimento alla prima udienza.

La disposizione, al contrario, ha lo scopo di assicurare che il responsabile civile possa partecipare a tutte le fasi del dibattimento, che costituisce il nucleo centrale del giudizio, con parità di diritti rispetto alle altre parti. Non può escludersi, pertanto, che tale sostanziale diritto possa essere pienamente esercitato anche nel caso in cui la citazione avvenga per un'udienza successiva alla prima purché, in tal caso, le udienze iniziali siano solo prodromiche, di differimento, e non impediscano al responsabile civile di svolgere il proprio ruolo nel dibattimento sin dalla prima fase di costituzione delle parti (Cass. IV, n. 2628/2007). Anche in tal caso, invero, risulta pienamente rispettato il principio di parità, come è stato ripetutamente enunciato dalla Corte costituzionale (Corte cost. n. 430/1992; Corte cost. n. 453/1992).

Contenuto della richiesta

Nessuna indicazione è stata fornita dal legislatore in merito al contenuto della richiesta che si avanza al giudice anche se, in tal caso, questo può essere desunto dal contenuto del provvedimento che emana il giudice, il quale non può prescindere da ciò che deve essere ricompreso nella richiesta stessa. Deve, pertanto, dedursi che la parte civile debba in primis identificare il responsabile civile ovvero, nel caso si tratti di ente, indicare le generalità del legale rappresentante. In secondo luogo, deve specificare sia il petitum che il contenuto della causa petendi. Quanto al primo, va evidenziato che non può che avere ad oggetto la domanda riparatoria nella forma restitutoria e risarcitoria e, in quest’ultimo caso, può avere ad oggetto sia danno patrimoniale che non patrimoniale.

Provvedimento del giudice

Sulla richiesta di citazione il giudice provvede con decreto, la cui emissione è subordinata ad una verifica in ordine alla sussistenza delle condizioni della legittimazione processuale e di quella sostanziale. Accertata, ancorché in maniera sommaria, la sussistenza dei predetti presupposti, il giudice, come detto emette decreto che deve contenere tutti gli elementi analiticamente indicati nell'art. 83, comma 3.

Adempimenti

La parte nel cui interesse è stato emesso il decreto autorizzativo della citazione devono notificare l'atto alle parti indicate nel comma 4 dell'articolo in esame. Per quanto attiene  al termine dilatorio questo, per quanto sopra esposto, va determinato per tutte le parti in quello di venti giorni liberi.

Nullità

Il legislatore ha sanzionato con nullità l’ipotesi dell’omissione o della mancanza di un elemento essenziale nel decreto oggetto di notifica, ma solo nel caso in cui ciò abbia influito sull’esercizio dei propri diritti. In assenza di un tale pregiudizio, deve ritenersi che non si configuri una nullità bensì una mera irregolarità. Quanto al regime della nullità, va rilevato che, essendo riferibile all’intervento, assistenza e rappresentanza delle parti private, è  una nullità di ordine generale di tipo intermedio che quindi non può essere rilevata né dedotta oltre la deliberazione della sentenza di primo grado, ovvero, se si verifica nel giudizio, dopo la deliberazione del grado successivoLa nullità, inoltre, può conseguire anche da un vizio dell’atto di notificazione sanzionato a pena di nullità. Inoltre, non possono essere eccepite da chi ha concorso a darvi causa ovvero non ha interesse all’osservanza della disposizione violata (art. 182).

Casistica

L'omessa citazione nel giudizio di appello del responsabile civile, integra una nullità che avrebbe potuto essere eccepita, ai sensi dell'art. 182, solo dalla parte illegittimamente pretermessa, ma non dall'imputato, che non ha un interesse giuridicamente apprezzabile all'osservanza della disposizione violata (Cass. IV, n. 3462/2007);

la nullità della sentenza di appello per omessa citazione nel giudizio di impugnazione del responsabile civile, presente nel giudizio di primo grado, opera esclusivamente con riferimento all'azione civile e, pertanto, non potrà avere alcun effetto per l'imputato. Ne consegue che alla dichiarata nullità dovrà essere disposto il rinvio, ai sensi dell'art. 622, innanzi al giudice civile competente per valore in grado di appello (Cass. IV, n. 47288/2014);

al pari dell'omissione, anche l'irregolare citazione del responsabile civile per il mancato rispetto del termine a comparire non integra una nullità assoluta rilevabile d'ufficio e può essere pertanto fatta valere soltanto dall'interessato (Cass. V, n. 35581/2012).

Bibliografia

Andò, Sull'esercizio dell'azione civile in sede penale nei confronti di enti collettivi chiamati a rispondere quali responsabili amministrativi, in Cass. pen. 2006, 119; Canzio - Tranchina, Codice di procedura penale, Milano, 2012; Caracciolo, Se l'intervista «sceneggiata» è offensiva. Editore Tv responsabile: i dubbi restano. Non è condivisibile il via libera ai danni ex articolo 2049 c.c., in Dir. e giust. 2006, fasc. 24, 41; Catalano, La citazione del responsabile civile a richiesta dell'imputato, profili problematici, in Cass. pen. 1999, 2457; Chiliberti, Azione civile e nuovo processo penale, Milano, 2006; De Caro, voce Responsabile Civile, in Dig. d. pen., XII, 1997; Piccichè, Esclusa la giurisdizione italiana sulle domande risarcitorie proposte contro la Germania per i crimini contro l'umanità commessi dal terzo Reich, in Riv. pen. 2013, 1156; Stefanelli, L'esclusione di responsabilità del responsabile civile per l'imprevedibilità della condotta dolosa dell'imputato, in Arch. n. proc. pen. 2006, fasc. 6.

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