Codice di Procedura Penale art. 104 - Colloqui del difensore con l'imputato in custodia cautelare.

Alessandro Trinci

Colloqui del difensore con l'imputato in custodia cautelare.

1. L'imputato in stato di custodia cautelare [284-286] ha diritto di conferire con il difensore fin dall'inizio dell'esecuzione della misura [293; 36 att.; 245 2a trans.].

2. La persona arrestata in flagranza [380, 381, 383] o fermata a norma dell'articolo 384 ha diritto di conferire con il difensore subito dopo l'arresto o il fermo.

3. Nel corso delle indagini preliminari [326 s.] per i delitti di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater , quando sussistono specifiche ed eccezionali ragioni di cautela, il giudice [328] su richiesta del pubblico ministero può, con decreto motivato, dilazionare, per un tempo non superiore a cinque giorni, l'esercizio del diritto di conferire con il difensore [309 3-bis] 12

4. Nell'ipotesi di arresto o di fermo, il potere previsto dal comma 3 è esercitato dal pubblico ministero fino al momento in cui l'arrestato o il fermato è posto a disposizione del giudice [390].

4-bis. L'imputato in stato di custodia cautelare, l'arrestato e il fermato, che non conoscono la lingua italiana, hanno diritto all'assistenza gratuita di un interprete per conferire con il difensore a norma dei commi precedenti. Per la nomina dell'interprete si applicano le disposizioni del titolo IV del libro II 3.

 

[1] Comma così modificato dall'art. 1 l. 8 agosto 1995, n. 332. Per la tesi interpretativa dell'efficacia estensiva ad altri procedimenti del divieto di colloquio disposto in un determinato procedimento, v., sub art. 101 att., Corte cost. 25 giugno 1996, n. 216.

[2] Le parole « per i delitti di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater» sono inserite dall’art. 1, comma 25, l. 23 giugno 2017, n. 103. Ai sensi dell’art. 1, comma 95, l. n. 103, cit., la stessa legge entra in vigore il trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (G.U. n. 154 del 4 luglio 2017).

[3] Comma inserito dall'art. 1, d.lg. 4 marzo 2014, n. 32.

Inquadramento

L'articolo in esame garantisce all'indagato-imputato il diritto di conferire col proprio difensore subito dopo l'esecuzione del provvedimento limitativo della libertà personale, al fine di concordare con lui la propria strategia in sede di interrogatorio.

Ambito di operatività

Il diritto al colloquio della persona in vinculis riguarda soltanto il difensore e non si estende ad altri soggetti, come, ad esempio, il consulente tecnico (Cass. III, n. 15157/2010).

Come ogni diritto, esso deve essere garantito anche ai soggetti stranieri. Per dare effettività a tale previsione, il d.lgs. n. 32/2014, di attuazione della direttiva 2010/64/UE sull'assistenza linguistica, ha introdotto il diritto dell'indagato-imputato, che non conosce la lingua italiana, all'assistenza gratuita di un interprete che, traducendo, rende effettivo il dialogo tra il difeso e il difensore (art. 103, comma 4-bis).

La violazione della suddetta disciplina — applicabile solo in relazione ad atti ed attività compiuti dopo l'entrata in vigore della citata modifica normativa (Cass. III, n. 27067/2014) — configura una nullità ex art. 178, comma 1, lett. c) solo se determina un'effettiva lesione del diritto di assistenza dell'indagato-imputato, il quale ha l'onere di precisare il pregiudizio concretamente subito, allegando l'impossibilità di sviluppare argomenti o deduzioni, ovvero altra lacuna difensiva determinata dalla specifica carenza di informazione sul contenuto dell'accusa (Cass. I, n. 30127/2015).

Trattandosi di un diritto, il suo esercizio è rimesso alla volontà del titolare, di talché il soggetto in vinculis può rifiutare il colloquio con il difensore senza che tale contegno possa essere valutato come integrativo di una invalidità (Cass. II, n. 1088/1991).

Analoghe considerazioni valgono quando l’interessato rinuncia al colloquio, con ciò palesando di non voler esercitare la facoltà allo stesso riconosciuta normativamente (Cass. II,n. 18566/2020).

Il diritto al colloquio opera fin dall'inizio della privazione della libertà personale, derivi essa dall'esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare oppure da un arresto in flagranza di reato o dal fermo di indiziato. Per consentire l'esercizio di tale diritto è previsto che il difensore, di fiducia o d'ufficio, venga immediatamente avvisato dell'avvenuta esecuzione della misura restrittiva (v. artt. 293, comma 1 e 386, commi 1 e 2). Per eliminare ogni ostacolo all'esercizio del diritto, l'art. 36 disp. att. garantisce e disciplina l'accesso del difensore ai luoghi della custodia.

Il colloquio può avvenire anche con l'ausilio di strumenti informatici; tuttavia, per contemperare le esigenze della sicurezza con quelle del diritto di difesa, è necessario che il difensore illustri adeguatamente le ragioni che rendano indispensabile l'ausilio della suddetta strumentazione per l'esercizio delle prerogative difensive, spiegando, ad esempio, le ragioni per le quali non è stato possibile stampare gli atti processuali necessari durante il colloquio e i motivi che precludono di inoltrare richiesta di utilizzare uno dei computer in dotazione all'amministrazione penitenziaria (Cass. III, n. 38609/2019).

La violazione del diritto dell'indagato-imputato in stato di custodia cautelare di conferire con il proprio difensore (cui si collega il diritto del difensore di accedere nei luoghi in cui l'indagato-imputato è custodito) non può esaurirsi con la sola irrogazione di sanzioni disciplinari ai sensi dell'art. 124. Il diritto al colloquio con il difensore da parte dell'indagato-imputato in vinculis si atteggia, infatti, come finalizzato all'assistenza dell'indagato-imputato stesso. Ne consegue che l'inosservanza della norma che lo prevede e regola è sanzionata da nullità di ordine generale, ma rilevabile o deducibile entro i termini e nei limiti di cui agli artt. 180 e 182 (Cass. I, n. 570/1994).

Tuttavia, la giurisprudenza ritiene che l'inosservanza, da parte della polizia giudiziaria, dell'obbligo di avviso immediato al difensore di fiducia dell'avvenuto arresto, non essendo sanzionata sul piano processuale, non determini alcuna forma di invalidità o di inefficacia dell'atto (Cass. IV, n. 25235/2014).

È stata esclusa la nullità dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere anche nel caso di mancato svolgimento del colloquio del detenuto con il difensore per gli ostacoli frapposti da un operatore penitenziario - nella specie correlati ad esigenze sanitarie da Covid-19 - in quanto tali condotte, pur potendo essere denunciate alla direzione della Casa Circondariale, non determinano la violazione dei diritti della difesa, configurabile solo nel caso in cui il colloquio sia stato ingiustificatamente negato dall'autorità giudiziaria in seguito ad espressa richiesta difensiva (Cass. VI, n. 40294/2021).

La Corte costituzionale, argomentando sulla finalità difensiva del diritto al colloquio di cui all'art. 104, ha ritenuto illegittimo, per violazione dell'art. 24, comma 2, Cost., l'art. 18 l. n. 354/1975, nella parte in cui non prevede che il detenuto condannato in via definitiva abbia il diritto di conferire con il proprio difensore fin dall'inizio dell'esecuzione della pena (Corte cost. n. 212/1997).

Va detto che anche la Corte EDU si è occupata del delicato tema del rapporto fra difensore e assistito in vinculis, sia pure non con riferimento alla disciplina italiana. Con una prima pronuncia (Corte EDU, Sez. V, 24.5.2018, caso Laurent c. Francia) ha chiarito come debba considerarsi “corrispondenza” riconducibile nell’alveo di tutela dell’art. 8 CEDU anche la pagina piegata in due e consegnata a mano dal detenuto all’avvocato, mentre in altra pronuncia (Corte EDU, Grande Camera, 9.12.2018, caso Beuze c. Belgio) ha rimarcato la centralità dell’accesso al colloquio con il difensore nella delicatissima fase pre-cautelare. Infine, in una recente pronuncia (Corte EDU, 9.4.2019, caso Altay c. Turchia), i Giudici di Strasburgo si sono occupati di un caso nel quale al ricorrente detenuto era stato sequestrato un plico spedito dall’avvocato e i procedimenti giudiziari scaturiti dal reclamo avverso tale decisione erano stati trattati senza dare all’interessato alcuna opportunità di essere ascoltato personalmente. Fornendo una tutela “rafforzata” alla relazione tra avvocato ed assistito condannando, la Corte ha condannato lo Stato turco al risarcimento del danno (non patrimoniale) a favore del ricorrente per la violazione tanto dell’art. 8 CEDU, sull’inviolabilità e sulla segretezza della corrispondenza, quanto dell’art. 6, § 1 CEDU sulle garanzie procedimentali e difensive del fair trail e, nello specifico, sull’oral hearing.

Differimento del colloquio

In presenza di specifiche ed eccezionali ragioni di cautela, il pubblico ministero può prendere l'iniziativa di differire il colloquio dell'indagato-imputato con il suo difensore per un periodo massimo prestabilito.

Va detto che originariamente tale disciplina poteva trovare applicazione, ricorrendone i presupposti, in tutti i procedimenti, a prescindere dalla tipologia di reato per il quale si stavano svolgendo le indagini preliminari. 

La l. 23 giugno 2017, n. 103, al fine di ridurre le ipotesi di compressione del diritto di difesa, ha ristretto il potere di differimento ai soli procedimenti aventi ad oggetti delitti particolarmente gravi – individuati con il richiamo all'elenco contenuto nei commi 3-bis e 3-quater dell'art. 51  – per i quali maggiormente si giustifica (e tollera) la posticipazione del contatto fra indagato e difensore.

Ad avviso di alcuni commentatori, l 'inviolabilità del diritto alla difesa avrebbe richiesto un intervento più radicale, che eliminasse la possibilità di differire i colloqui fra la persona in vinculis e il suo avvocato, tanto più se si considera che la qualificazione giuridica del fatto è, nelle prime fasi del procedimento, del tutto provvisoria e suscettibile di modificazioni, sicchè l'indagato sottoposto a provvedimento limitativo della libertà personale per uno dei reati richiamati dall'art. 51, commi 3-bis e 3-quater,  rischia di veder compresso il proprio diritto di conferire immediatamente con il difensore anche in ipotesi, certo non infrequenti, in cui l'accusa venga ad essere riqualificata con esclusione delle ipotesi associative o derubricata in fattispecie non contemplate tra i reati di competenza della procura distrettuale ( BERTUOL , 5 ).

Tale disciplina è stata, a più riprese, ritenuta conforme alla Costituzione e alla Convenzione europea per salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, le cui clausole non precludono minimamente una ragionevole posticipazione del primo contatto fra accusato in stato di restrizione della libertà e difensore, nel superiore interesse dell'amministratore della giustizia (Cass. IV, n. 15113/2006; Cass. VI, n. 3651/1995; Cass. I, n. 4479/1994).

In dottrina, v. Curtotti, 608.

La disciplina varia a seconda che la restrizione della libertà personale derivi dall'esecuzione di una misura cautelare o pre-cautelare.

Qualora la privazione della libertà personale sia la conseguenza di una ordinanza cautelare, la decisione sul differimento spetta al giudice per le indagini preliminari, che provvede su richiesta del pubblico ministero (e non d'ufficio: Cass. VI, n. 39941/2009). La durata del differimento non può superare i cinque giorni, termine che potrebbe coincidere con i cinque giorni entro i quali lo stesso giudice deve procedere all'interrogatorio di garanzia previsto dall'art. 294, comma 1. Quando la cattura interviene dopo la chiusura delle indagini preliminari, il giudice deve procedere all'interrogatorio della persona sottoposta a misura cautelare personale, ma non può disporre il differimento del colloquio, perché tale istituto, secondo quanto dispone l'art. 104, comma 3, è proprio ed esclusivo della fase delle indagini preliminari, essendo intimamente connesso alle specifiche ed eccezionali ragioni di cautela in essa sussistenti, funzionali alle indagini da svolgere al fine delle determinazioni da assumere in ordine all'esercizio dell'azione penale (Cass. IV, n. 2565/2000).

In caso di arresto o fermo, invece, il potere di differimento del colloquio spetta al magistrato inquirente, che può esercitarlo in qualsiasi tempo compreso tra il momento dell'arresto o del fermo e quello in cui l'arrestato o il fermato viene posto a disposizione del giudice, cioè sino al momento della richiesta di convalida della misura.

Per permettere all'indagato-imputato di conferire col proprio difensore prima dell'udienza di riesame, l'art. 309, comma 3-bis, prevede che nei termini di scadenza previsti per l'impugnazione de libertate non si computino i giorni per i quali è stato disposto il differimento del colloquio difensivo.

Per dilazionare il colloquio devono ricorrere specifiche ed eccezionali ragioni di cautela. L'espressione allude alle esigenze cautelari di cui all'art. 274, ma richiede un quid pluris che le renda eccezionali, perché altrimenti le ragioni del differimento finirebbero per coincidere con quelle che hanno giustificato l'applicazione della misura cautelare.

Va escluso che la pericolosità sociale dell'indagato possa integrare una giustificazione idonea a legittimare la dilazione del diritto dell'arrestato al colloquio con il difensore (Cass. I, n. 1806/1992), mentre il differimento può correttamente basarsi sulla ritenuta gravità dei fatti riguardanti una pluralità di indagati, unitamente all'esigenza di evitare la possibilità di preordinate e comuni tesi difensive di comodo (Cass. VI, n. 2941/2009, relativa a complesse indagini su fatti di criminalità organizzata di stampo mafioso) o strategie difensive comuni che potrebbero ostacolare le indagini in corso (Cass. III, n. 30196/2018).

Il decreto del giudice che dilaziona l'esercizio del diritto al colloquio deve puntualmente indicare le specifiche ed eccezionali ragioni di cautela che motivano il provvedimento, al fine di consentirne il controllo (Cass. I, n. 1806/1992). Tuttavia, il decreto motivato di differimento può essere anche inserito nel contesto dell'ordinanza impositiva della misura cautelare, con la quale tale decreto forma un unicum, ferme restando l'autonoma operatività e la sostanziale diversificazione (Cass. VI, n. 31058/2004). Inoltre, nulla vieta che il decreto faccia riferimento al contenuto dell'ordinanza cautelare purché soddisfi comunque i requisiti richiesti dal comma 3 dell'art. 104.

Sindacato del provvedimento di differimento

Il decreto del giudice che dilaziona il diritto dell'indagato-imputato al colloquio con il proprio difensore non è autonomamente impugnabile, né può essere oggetto di riesame, non avendo la forma e il contenuto di un provvedimento applicativo di una misura coercitiva, ma può costituire oggetto di sindacato incidentale nell'ulteriore corso del procedimento (Cass. VI, n. 44932/2012).

Atteso il suo contenuto altamente discrezionale, si è escluso anche che possa formare oggetto di ricorso per cassazione, salvo che non sia manifestamente illogico o in contrasto con la relativa normativa (Cass. III, n. 30196/2018).

Più in dettaglio, la mancata corrispondenza alle prescrizioni legislative del provvedimento con il quale viene differito l'esercizio del diritto dell'indagato-imputato in vinculis a conferire con il proprio difensore comporta una nullità tutte le volte che si traduce in una violazione del diritto di difesa tutelato dall'art. 178, comma 1, lett. c), vizio che può essere eliminato mediante l'effettuazione del colloquio prima che l'atto consecutivo sia compiuto (Cass. II, n. 44902/2014), ancorché il colloquio sia rifiutato dall'interessato (Cass. VI, n. 6672/2009).

Tuttavia, non riguardando un caso di assenza del difensore stesso in ipotesi in cui ne è obbligatoria la presenza, tale patologia non rientra nelle nullità assolute di cui all'art. 179, bensì in quelle di ordine generale di cui all'art. 180. Ne consegue che la nullità può essere dichiarata solo se viene dedotta nei termini indicati dall'art. 182 e, precisamente, prima dell'espletamento dell'interrogatorio medesimo (Cass. II, n. 39827/2007).

L'invalidità del decreto di differimento determina, ai sensi dell'art. 185, l'invalidazione degli atti successivi e dipendenti, fra i quali vi è l'interrogatorio dell'indagato-imputato e l'ordinanza di convalida del fermo o dell'arresto (Cass. IV, n. 39827/2007; Bronzo, in Rassegna Lattanzi-Lupo, I, 1226).

L'eventuale nullità dell'interrogatorio deve essere eccepita innanzi allo stesso giudice e, successivamente, al tribunale del riesame ex art. 310. Il giudice dell'appello cautelare deve valutare autonomamente i presupposti legittimanti il differimento, ed in particolare le specifiche ed eccezionali ragioni di cautela, non potendosi limitare a censurare l'inadeguatezza della motivazione del provvedimento impugnato, per l'effetto annullandolo, dato che il potere di annullamento è incontrovertibilmente tipico ed esclusivo della giurisdizione di legittimità, mentre è compito istituzionale del giudice di appello sostituirsi nella valutazione del fatto al giudice di primo grado, mediante la correzione, integrazione e, persino, la integrale redazione della motivazione confermando o riformando, in tutto o in parte, la decisione impugnata (Cass. VI, n. 23190/2001).

Costituisce, invece, una mera irregolarità che non comporta alcuna sanzione processuale il deposito tardivo del provvedimento col quale il pubblico ministero differisce l'esercizio del diritto dell'indagato in vinculis di conferire col proprio difensore, perché, una volta accertata l'esistenza del decreto, non è ravvisabile alcuna lesione dell'intervento, assistenza e rappresentanza dell'imputato (Cass. I, n. 26284/2006).

Bibliografia

Bertuol, Il differimento del colloquio con il difensore nella Riforma Orlando: ancora poca certezza sulle “eccezionali ragioni di cautela”, in Il Penalista, 30 giugno 2017; Colamussi, In tema di colloqui del difensore con l'imputato in custodia cautelare, in Cass. pen. 1995, 2199; Curtotti, Art. 104, in (a cura di), Codice di procedura penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, I, a cura di Lattanzi-Lupo, Milano, 1998, 608; Furlan, Il differimento del colloquio col difensore: poteri del pubblico ministero, ruolo del giudice, in Dir. pen. e proc. 2010, 719; Riviezzo, Custodia cautelare e diritto di difesa, Milano, 1995; Squarcia, In tema di differimento del diritto al colloquio con il difensore, in Cass. pen. 1991, 433.

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