Codice di Procedura Penale art. 121 - Memorie e richieste delle parti.

Francesco Mancini

Memorie e richieste delle parti.

1. In ogni stato e grado del procedimento le parti [90 1, 233] e i difensori possono presentare al giudice [367] memorie o richieste scritte, mediante deposito nella cancelleria.

2. Sulle richieste ritualmente formulate il giudice provvede senza ritardo e comunque, salve specifiche disposizioni di legge [299 3, 398, 418], entro quindici giorni.

Inquadramento

In attuazione del principio generale del contraddittorio, la norma legittima le parti, in ogni stato e grado del procedimento, a depositare memorie o richieste scritte al giudice; e questi, salvo che specifiche norma non fissino termini più brevi, ha l'obbligo di provvedere entro quindici giorni. 

La disciplina del deposito in cancelleria è stata profondamente innovata dalla Riforma Cartabia, che ha reso obbligatorio il deposito con modalità telematiche, per il quale si veda il commento sub art. 111 bis.

Profili generali

L'interpretazione della norma è piana: tutte le parti processuali sono legittimate a depositare al giudice scritti difensivi o richieste in qualsiasi momento del processo. Dunque, a decorrere dalla iscrizione della notizia di reato e sino al procedimento di esecuzione, purché tali richieste siano indirizzate al giudice che procede.

La stessa Corte Costituzionale ha del resto chiarito che il riferimento contenuto nella norma al “procedimento” e non al “processo”, induce a dilatare l'ambito di applicazione della disposizione, ricomprendendovi anche la fase delle indagini preliminari e della udienza preliminare (Corte cost. n. 238/1991).

Non posta da alcuno in discussione l'applicabilità della disposizione anche al giudizio di primo grado ed in quelli conseguenti alle impugnazioni. Anche se, in relazione al rito adottato, tale facoltà può subire delle limitazioni temporali. È quanto avviene nel giudizio in cassazione, posto che l'art. 611, ritenuto dalla giurisprudenza applicabile anche nel caso di udienza pubblica, fissa stringenti termini per il deposito di memorie e repliche prima della data di udienza (Cass. II, n. 1417/2012). Ma altrettanto avviene nei procedimenti in camera di consiglio ex art. 127, per i quali il deposito delle memorie difensive è regolato non già dalla norma generale in commento, ma da quella speciale di cui all'art. 127, comma secondo, con la conseguenza che deve essere rispettato, a pena di inammissibilità della produzione, il termine di cinque giorni prima della udienza (Cass. V, n. 16311/2014).

La finalità della disposizione è dunque quella di assicurare il più ampio esercizio del diritto di difesa, assicurando alle parti il diritto di interloquire con il giudice anche al di fuori, ed a prescindere, dalle udienze eventualmente fissate nel procedimento.

La facoltà di presentare memoria spetta anche al pubblico ministero. Lo ha chiarito la giurisprudenza, stabilendo che quale parte, per quanto pubblica, ha facoltà di interloquire, presentando memorie o richieste scritte e, quindi, anche proponendo osservazioni e contestazioni agli argomenti addotti dall'imputato a sostegno delle proprie argomentazioni (Cass. S.U., n. 13687/2003).

Il deposito in cancelleria

La formulazione letterale della norma è rimasta inalterata per effetto della Riforma Cartabia, che ha tenuto ferma la nozione di deposito in cancelleria come strumento di comunicazione delle parti con il giudice; ma per effetto di tale riforma il deposito deve essere effettuato esclusivamente con modalità telematiche, secondo la tempistica e con le eccezioni illustrate commentando il nuovo art. 111 bis rubricato proprio “Deposito telematico”.

Prima di tale riforma, e fino alla sua concreta entrata in vigore, l'unica modalità di presentazione di memorie o richieste scritte al giudice, il deposito in cancelleria, con le eccezioni chi si vedranno in materia di normativa emergenziale da COVID -19.

E, per lungo tempo, si è ritenuto che fossero inammissibili le memorie o le richieste che non fossero state presentate personalmente nella cancelleria del giudice dalle parti o dai loro difensori, ad esempio perché trasmesse per fax, per posta ordinaria od elettronica.

Ciò anche in epoca molto recente, come testimoniato da Cass. II, n. 29182/2020 che ha giudicato come inammissibile una istanza pervenuta a mezzo fax.

L'evoluzione della tecnologia ed il progressivo ingresso nel processo anche dei nuovi mezzi di comunicazione hanno dapprima scalfito, e poi completamente, demolito il principio generale del necessario deposito fisico in cancelleria, rendendo ammissibili anche gli atti fatti pervenire attraverso nuove forme di comunicazione. A tali nuove forme si dedicano i paragrafi che seguono.

Gli atti trasmessi a mezzo fax

Secondo una ormai superata giurisprudenza, per i privati e i difensori non vi sarebbe alternativa alla adozione delle forme previste dal 121, che stabilisce che le memorie e le richieste delle parti devono essere presentate al giudice per iscritto mediante deposito in cancelleria. E lo stesso art. 150, che contempla l'uso di forme particolari, quali il telefax, indicherebbe solo nei funzionari di cancelleria gli unici soggetti abilitati ad avvalersene, sicché il mezzo in questione non potrebbe essere utilizzato dai privati; dunque non per chiedere il rinvio dell'udienza (Cass. V, n. 6696/2005); non per segnalare un concomitante impegno del difensore (Cass. VI n. 28244/2013). Questo perché le istanze a mezzo fax sarebbero inammissibili.

Medio tempore altra più innovativa giurisprudenza ha progressivamente introdotto delle aperture. Si è così in primo luogo ritenuta ammissibile la istanza trasmessa a mezzo fax, ma si è contestualmente affermato che incombe sull'istante, ove il giudice non abbia provveduto, fornire prova certa che essa sia effettivamente pervenuta all'autorità giudiziaria procedente (Cass. IV, n. 20257/2012). E si è anche affermato che la scelta di un mezzo tecnico non autorizzato per il deposito espone il difensore al rischio dell'intempestività con cui l'atto stesso può pervenire a conoscenza del destinatario (Cass. III, n. 9162/2009).

La giurisprudenza più recente si è fatta carico di una interpretazione adeguatrice e sistematica, più rispondente all'evoluzione dei sistemi di comunicazioni oltre che alle esigenze di semplificazione richieste dal principio della ragionevole durata del processo; ed è pervenuta a soluzioni che consentono l'impiego del mezzo tecnico, pur con la previsione di alcune cautele tese a garantire che l'atto pervenga effettivamente alla cognizione del giudice.

Si è infatti ritenuto:

a) ammissibile la richiesta di rinvio per legittimo impedimento del difensore inoltrata a mezzo fax, purché la comunicazione sia tempestiva e la trasmissione sia fatta ad un numero di fax della cancelleria del giudice procedente e non invece ad un qualsiasi numero di fax dell'ufficio giudiziario; tanto che ove il giudice abbia omesso di pronunciarsi sulla stessa si determina nullità della sentenza successivamente pronunciata (Cass. III, n. 37859/2015); è comunque onere del difensore accertarsi - mediante un sostituto processuale, un addetto di studio o un'interlocuzione telefonica - del regolare pervenimento del fax e del suo tempestivo inoltro al giudice procedente (Cass.  fer., n. 45720/2019);

b) ammissibile la richiesta di rinvio a mezzo telefax purché tempestiva, posto che legittimamente il giudice di merito può rigettarla se trasmessa soltanto il giorno precedente all'udienza ed in orario di chiusura degli uffici di cancelleria, nonostante la circostanza addotta fosse da tempo nota alla parte (Cass. II, n. 24515/2015);

c) non nulla od inesistente la richiesta inoltrata a mezzo fax, che pertanto il giudice è tenuto ad esaminare, ma l'utilizzo di tale irregolare modalità di trasmissione espone il richiedente al rischio della intempestività, nell'ipotesi in cui detta istanza non venga portata a conoscenza del giudice procedente (Cass. V, n. 7706/2014).

Dunque, la richiesta inoltrata a mezzo fax è da ritenersi ammissibile e determina, nel giudice destinatario, l'insorgenza dell'obbligo di provvedere. Ma l'istante deve accertarsi che esso venga spedito a numero corrispondente a quello del fax della cancelleria del giudice e, nel caso di spedizione eseguita nella immediatezza di adempimenti in relazione ai quali l'istanza viene inoltrata, è esposto al rischio della intempestività ove non si accerti, direttamente, dell'avvenuta ricezione e della sottoposizione al giudice della richiesta.

Una disciplina specifica vige, invece, per la comunicazione di adesione del difensore all'astensione proclamata dagli organismi rappresentativi della categoria, che può essere incondizionatamente trasmessa via fax: trova infatti applicazione la norma speciale contenuta nell'art. 3, comma secondo, del vigente codice di autoregolamentazione, secondo la quale l'atto contenente la dichiarazione di astensione può essere trasmesso o depositato nella cancelleria del giudice o nella segreteria del pubblico ministero (Cass. S.U., n. 40187/2014).

La posta elettronica certificata

Per quanto divenuta ormai modalità di notifica ordinaria nei confronti dei difensori sia nel processo civile che nel processo penale, e per quanto sia ormai realtà il processo civile telematico, fino alla entrata in vigore della riforma Cartabia non è strumento a disposizione delle parti per il deposito di atti al giudice.

La giurisprudenza della Suprema Corte ha infatti affermato che, alle parti private, non è consentito effettuare comunicazioni e notificazioni mediante l'utilizzo della posta elettronica certificata (Cass. I, n. 18235/2015, fattispecie relativa ad istanza di rimessione in termini avanzata a mezzo Pec dal difensore di fiducia dell'imputato e ritenuta inammissibile dalla Corte). Secondo la Corte, l'utilizzo della Pec è stato consentito, a partire dal 15 dicembre 2014, solo per le notificazioni per via telematica da parte delle cancellerie nei procedimenti penali a persona diversa dall'imputato — a norma dell'art. 148, comma 2-bis, dell'art. 149, dell'art. 150 e dell'art. 151, comma 2.

Tali norme hanno l'effetto di rendere la notifica a mezzo Pec alternativa privilegiata rispetto alle comunicazioni telefoniche, telematiche e via telefax attualmente consentite in casi determinati e nei confronti di specifiche categorie di destinatari, ed in particolare per: a) le comunicazioni richieste dal pubblico ministero ex art. 151; b) le notificazioni e gli avvisi ai difensori disposte dall'Autorità giudiziaria (giudice o pubblico ministero), «con mezzi tecnici idonei», secondo il dettato dell'art. 148, comma 2-bis; c) gli avvisi e le convocazioni urgenti disposte dal giudice nei confronti di persona diversa dall'imputato, per le quali è stata finora consentita la notifica a mezzo del telefono confermata da telegramma (ovvero, in caso di impossibilità, mediante mera comunicazione telegrafica dell'estratto), da eseguirsi ai recapiti corrispondenti ai luoghi di cui all'art. 157, commi 1 e 2 e nei confronti del destinatario o di suo convivente (art. 149); d) le notificazioni di altri atti disposte dal giudice sempre nei confronti di persona diversa dall'imputato, mediante l'impiego di mezzi tecnici che garantiscano la conoscenza dell'atto (art. 150).In definitiva, alle parti private non è consentito effettuare comunicazioni e notificazioni nel processo penale mediante l'utilizzo della posta elettronica certificata ; ma,  non essendo le stesse irricevibili, possono essere prese in considerazione dal giudice se poste alla sua attenzione (Cass. VI, n. 2951/2019). La giurisprudenza ha infatti ritenuto che l'inoltro di una istanza a mezzo di posta elettronica certificata, comporta l'onere, per la parte che intenda dolersi dell'omesso esame della stessa, non solo di accertarsi, in ragione dell'atipicità del mezzo impiegato, che la "mail" sia giunta ad effettiva conoscenza del personale della cancelleria del giudice procedente, ma altresì di darne adeguata dimostrazione (ad esempio attraverso la produzione di uno scambio di "mail" che attesti la ricezione da parte di detto personale), restando a tal fine escluso che sia sufficiente la mera constatazione del recapito dell'istanza nella casella di posta elettronica della cancelleria (Fattispecie anteriore alla disciplina emergenziale di contrasto al Covid-19) (Cass. II, n. 35542/2021).​

Ma nulla esclude che la memoria o istanza inoltrata a mezzo PEC possa avere il valore della mail ordinaria di cui al paragrafo che segue.

Non però nel giudizio di cassazione, in relazione al quale non è consentita la presentazione di memorie mediante l'uso della posta elettronica certificata (PEC) in quanto non può ritenersi estesa a tale giudizio la facoltà di deposito telematico di atti (Cass. II, n. 31336/2017).

Posta elettronica ordinaria

Superando il vecchio e restrittivo orientamento di cui al precedente paragrafo 3, la giurisprudenza ritiene oggi non affetta da inammissibilità od irricevibilità la istanza del difensore inviata a mezzo posta elettronica in cancelleria; ma l'utilizzo di tale irregolare modalità di trasmissione, così come avviene per chi intenda avvalersi del fax, comporta l'onere, per la parte che intenda dolersi in sede di impugnazione dell'omesso esame della sua istanza, di accertarsi del regolare arrivo della mail in cancelleria e della sua tempestiva sottoposizione all'attenzione del giudice procedente (Cass. II, n. 47427/2014).

L'applicazione nel novellato art. 299

A seguito della entrata in vigore del d.l. n. 93/2013, che ha novellato l'art. 299, l'ordinamento ha introdotto una nuova e significativa ipotesi di applicazione della norma in commento, riservata in particolare alla persona offesa dai reati commessi con violenza alle persone.

Rinviando al commento sub art. 299 per un approfondimento, in questa sede è sufficiente ricordare che è sancita la inammissibilità dell'istanza di revoca o sostituzione delle misure cautelari coercitive diverse dal divieto di espatrio e dall'obbligo di presentazione alla p.g. applicate nei procedimenti per reati commessi con violenza alla persona, nella ipotesi in cui il richiedente non provveda a notificare contestualmente alla persona offesa l'istanza di revoca o di modifica della misura. Tale disposizione ha la funzione di garantire non solo l'adeguata informazione della vittima del reato circa l'evoluzione del regime cautelare in atto, ma è soprattutto diretta a consentire alla stessa di fornire eventuali elementi ulteriori al giudice procedente, attivando un contraddittorio cartolare mediante la presentazione, nei due giorni successivi alla notifica, di una memoria ai sensi dell'art. 121.

In tema, v. Cass. VI, n. 35613/2015.

I brevi effetti della normativa in tema di emergenza epidemiologica da COVID -19

L'emergenza epidemiologica da COVID - 19 poteva costituire l'occasione per introdurre una prima disciplina compiuta dei depositi telematici di atti e documenti nel processo penale.

Del resto, con cancellieri posti nella quasi totalità in "smart working" sebbene normalmente privi di accesso agli applicativi gestionali, consultabili solo all'interno della rete unica giustizia, sarebbe stata necessaria una rapida implementazione degli strumenti digitali per garantire la funzionalità del sistema giustizia.

Ma questo non è avvenuto, o meglio è avvenuto solo per un breve periodo e senza effetti stabili.

Infatti il decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, recante ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19, all'art. 24, consente il deposito, con valore legale, mediante invio dall'indirizzo di posta elettronica certificata inserito nel Registro generale degli indirizzi certificati di cui all'articolo 7 del regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44. E reca anche una analitica disciplina della firma digitale da apporre sulle impugnazioni.

In applicazione di tale normativa i depositi telematici sono entrati, ormai, nella vita quotidiana degli uffici giudiziari, e sono ampiamente utilizzati dagli avvocati per l'inoltro di memorie, istanze e richieste. Ma si è in presenza di normativa emergenziale e non strutturale, la cui vigenza è – allo stato – destinata a cessare alla data del 31.12.2022, salvo ulteriori proroghe.

Per le novità introdotte dalla l. 30.12.2022 n. 199 che, in attesa della approvazione della normativa tecnica prefigurata dalla cd. Riforma Cartabia, ha fornito una disciplina a compiuta dei depositi telematici, si rinvia al commento sub art. 11 bis.

Il dovere del giudice di provvedere. Segnalazione di contrasto

Una volta che la istanza sia legittimamente pervenuta nella cancelleria attraverso uno dei modi consentiti, si ingenera per il giudice il dovere di provvedere e, comunque, di valutarne il contenuto. Ove non sia espressamente fissato un termine da specifiche disposizioni, il giudice deve provvedere entro il termine — meramente ordinatorio — di giorni quindici.

Al riguardo, con specifico riferimento alla omessa valutazione di memorie difensive, si registra un contrasto nella giurisprudenza della Suprema Corte. Secondo alcune pronunce, infatti, l'omessa valutazione di memorie difensive non determina nullità rilevabile in sede di gravame del provvedimento impugnato, però può pregiudicare la congruità e la correttezza logico-giuridica della motivazione della decisione che definisce la fase o il grado nel cui ambito siano state espresse le ragioni difensive (Cass. VI, n. 18453/2012).

Invece secondo altra più restrittiva giurisprudenza l'omessa valutazione di una memoria difensiva determina la nullità di ordine generale prevista dall'art. 178, comma 1, lett. c); essa infatti impedisce all'imputato di intervenire concretamente nel processo con il proprio apporto ricostruttivo e valutativo determinando la lesione dei diritti di intervento o assistenza difensiva dell'imputato (Cass. VI, n. 13085/2013).

Nella giurisprudenza più recente sta tuttavia consolidandosi il primo di tali orientamenti (Cass. II,  n. 14975/2018,  Cass. III, n. 36688/2019 e Cass, III, n. 23097/2019), che appare del resto maggiormente aderente al principio di tassatività delle nullità.

In virtù di tale ormai prevalente orientamento, dunque, l'omesso esame, da parte del giudice, di una memoria difensiva può essere dedotto in cassazione come vizio di motivazione purché, in virtù del dovere di specificità dei motivi, si rappresenti puntualmente la concreta idoneità scardinante dei temi della memoria pretermessa rispetto alla pronunzia avversata (Cass. V, n. 17798/2019); ed, allo stesso modo, si è ritenuto che l'omessa valutazione di una memoria difensiva da parte del giudice del riesame determina la nullità del provvedimento nel solo caso in cui siano in essa articolate specifiche deduzioni che non si limitino ad approfondire argomenti a fondamento di quelle già prospettate ex art. 309, comma 6, cod. proc. pen., ma contengano autonome e inedite censure del provvedimento impugnato, che rivestano carattere di decisività (Cass. V,  n. 11579/2022).

Sancita in modo espresso ex artt. 291 e 292, comma 2, lett. c-bis) la nullità di ordine generale che si determina per la omessa trasmissione da parte del P.M.,  e la conseguente omessa valutazione ad opera del GIP in sede di procedimento di applicazione di misura cautelare, di "eventuali deduzioni e memorie difensive già depositate" purché astrattamente dotati di decisività, in quanto idonei, nella prospettazione difensiva, ad incidere sulla valutazione del compendio indiziario a carico dell'indagato (Cass. I,  n. 1072/2019).

Dunque, per quanto espressamente sancita, la giurisprudenza ritiene che anche in materia cautelare non la omessa valutazione di una memoria in quanto tale determini nullità, ma solo quella che abbia ad oggetto un elemento potenzialmente dirimente. Si è così ritenuto deducibile in sede di ricorso per cassazione l'omesso esame di una memoria difensiva da parte del tribunale del riesame a condizione che con la memoria sia stato introdotto un tema potenzialmente decisivo ed il provvedimento impugnato sia rimasto sul punto del tutto silente (Cass. II, n. 38834/2019).

Regime delle nullità

Pacifico è in giurisprudenza che il rigetto immotivato dell'istanza di acquisizione di una memoria difensiva, presentata ai sensi dell'art. 121 non configura una mera una violazione delle regole che presiedono alla formazione delle decisioni giudiziarie, ma determina la nullità di ordine generale prevista dall'art. 178, comma 1, lett. c), stesso codice, in quanto impedisce all'imputato di intervenire efficacemente nel processo ricostruttivo e valutativo effettuato dal giudice, così traducendosi in una lesione dei diritti di intervento o assistenza difensiva dell'imputato (Cass. I, n. 31245/2009).

Per quanto invece concerne la omessa valutazione del contenuto di una memoria difensiva, si rinvia al paragrafo precedente, ove è indicato il contrasto giurisprudenziale esistente sul punto.

Pacifico è anche che, in caso di richiesta cautelare, se il PM, unitamente agli elementi su cui il pubblico ministero fonda la richiesta, non trasmetta anche le eventuali memorie difensive già depositate, si determina la nullità dell'ordinanza per violazione dell'art. 292, comma 2, lett. c) (Cass. I, n. 36246/2012).

Casistica

In applicazioni di tali principi si è ritenuto:

a) non valutabili nel giudizio di legittimità le conclusioni inviate in cancelleria, a mezzo telefax, dal difensore della parte civile, perché questi deve formulare e illustrare oralmente le proprie conclusioni in udienza, facendo seguire la presentazione di una sintesi scritta delle stesse, a norma dell'art. 523, comma 2 (Cass. III, n. 47279/2019);

b) ricevibile la richiesta di rinvio dell'udienza per legittimo impedimento del difensore inoltrata a mezzo posta elettronica certificata all'indirizzo di posta elettronica ordinaria dell'ufficio di cancelleria del giudice procedente; ma l’inoltro comporta l'onere, per la parte che intenda dolersi dell'omesso esame della sua istanza, di accertarsi della regolare ricezione della "e-mail" da parte del predetto ufficio (Cass. I, n. 17879/2019);

c) inammissibile l'istanza di restituzione nel termine per impugnare una sentenza contumaciale presentata per posta elettronica (Cass. I, n. 320/2018);

d) producibile come memoria di parte il parere «pro veritate» allegato all'atto di appello e spetta perciò al giudice valutarlo ed eventualmente utilizzarlo ai fini della decisione, anche in mancanza del previo esame del consulente allorché le parti non ne abbiano contestato il contenuto (Cass. IV, n. 3986/2011);

e) producibili i pareri di carattere professionale, da includersi nel novero delle memorie scritte che le parti e i difensori possono presentare al giudice a norma dell'art. 121, quand'anche non provenienti dal difensore nominato (Cass. VI, n. 3500/2008);

f) acquisibili, anche dopo che sia stato ammesso il giudizio abbreviato, le consulenze tecniche di parte, posto che l'art. 121 consente il deposito di memorie in ogni stato e grado del procedimento (Cass. VI, n. 44419/2015, pronunciata in caso in cui la Corte ha censurato l'omessa motivazione relativamente ai rilievi sulle modalità di assunzione della testimonianza del minore vittima di abusi sessuali, contenuti in una consulenza psicologica che la difesa aveva chiesto di produrre dopo l'instaurazione del rito abbreviato);

g) equivalente a memoria difensiva l'eventuale impugnazione «incidentale» proposta a seguito di ricorso per cassazione, posto che in tale rito non è ammissibile la impugnazione incidentale ma è possibile il deposito di memorie (Cass. VI, n. 20134/2015);

h) sussistente l'obbligo per il giudice di appello di procedere alla valutazione di una memoria difensiva solo se il contenuto della stessa sia in relazione con le questioni devolute con l'impugnazione, mentre se vengono dedotte questioni nuove trova applicazione la disciplina dei motivi nuovi di cui all'art. 585 (Cass. I, n. 34461/2015);

i) acquisibile nel giudizio di appello la consulenza tecnica di parte come memoria, e utilizzabile dal giudice ai fini della decisione, solo se le parti non si oppongono alla sua utilizzazione (Cass. I, n. 43021/2012);

l) non inoltrabili a mezzo fax le conclusioni della parte civile dovendo il difensore, sia nelle fasi di merito che nel giudizio di cassazione, formulare e illustrare oralmente le proprie conclusioni in udienza, facendo seguire alle stesse la presentazione di una sintesi scritta, a norma dell'art. 523 (Cass. II, n. 38713/2014);

m) producibili memorie difensive a norma dell'art. 121 anche nell'ambito del procedimento «de plano» per la dichiarazione di inammissibilità dell'istanza di ricusazione per manifesta infondatezza avanzata dall'imputato nei confronti dei componenti il collegio (Cass. VI, n. 269/2013);

n) inoltrabile a mezzo fax la richiesta di sostituzione di una misura cautelare, che non è né un'impugnazione né una memoria o richiesta ai sensi dell'art. 121, fermo rimanendo che la parte si accolla il rischio che essa non pervenga tempestivamente all'A.G. destinataria (Cass. III, n. 12133/2009).

Bibliografia

Vedi sub art. 109.

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