Codice di Procedura Penale art. 129 - Obbligo della immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità.

Francesco Mancini

Obbligo della immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità.

1. In ogni stato e grado del processo, il giudice, il quale riconosce che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato ovvero che il reato è estinto o che manca una condizione di procedibilità, lo dichiara di ufficio con sentenza [442, 444, 455, 459, 469, 531; 26 min.].

2. Quando ricorre una causa di estinzione del reato [150 s. c.p.] ma dagli atti risulta evidente che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione [530] o di non luogo a procedere [425] con la formula prescritta.

Inquadramento

In attuazione del favor rei, e per esigenze di economia processuale, l'art. 129 impone al giudice il dovere del proscioglimento immediato dell'imputato ove ricorrano determinate e tassative condizioni, che operano o sul merito della imputazione, manifestandone la infondatezza, ovvero sul piano processuale, in ragione del verificarsi di cause estintive o di improcedibilità.

Profili generali

L'interpretazione della norma è all'apparenza piana: in ogni stato e grado del processo il giudice, quando ravvisi alcune delle ipotesi che, ex art. 530, legittimerebbero una sentenza assolutoria (fatto non sussiste, non costituisce reato, non è stato commesso dall'imputato o non è previsto dalla legge come reato), deve dichiararlo di ufficio con sentenza; e stessa condotta processuale deve assumere quando ravvisi una causa di estinzione del reato, ovvero una improcedibilità dell'azione.

Il secondo comma della disposizione introduce invece il principio, invero temperato, della prevalenza delle ipotesi di proscioglimento di merito su quelle di carattere processuale, prevedendo che a fronte della ricorrenza di una causa estintiva del reato il giudice debba pronunciare una delle sentenze assolutorie di cui si è detto solo quando i loro presupposti risultino “evidenti”.

In virtù di tale disposizione, pertanto, il giudice deve emettere una pronuncia di proscioglimento quando riconosce - indipendentemente dall'evidenza - la ricorrenza di una delle ipotesi previste dal comma 1 dell’art. 129, valutando correttamente la sussistenza dell'elemento oggettivo e soggettivo dei reati contestati; il criterio dell'evidenza della ragione di proscioglimento viene, invece, in rilievo solo quando, sussistendo già una causa di estinzione del reato, possa farsi luogo all'assoluzione nel merito, ex art. 129, comma 2 (Cass. II n. 20772/2019).

La disposizione, dunque, è funzionale ad esigenze di massima semplificazione del processo, e tende ad evitare attività inutili; risponde quindi, ad un tempo, al principio di ragionevole durata del processo ed al favor rei.

L'operatività dell'art. 129, implicando un accertamento sul fatto, presuppone necessariamente un'azione penale già esercitata e, pertanto, non può essere attivata nel corso delle indagini preliminari, proprio perché manca l'imputazione, la quale soltanto investe il giudice dei relativi poteri cognitivi e decisori sul fatto. Dunque, la norma opera nel processo ma non nel procedimento.

E presuppone anche la cognizione piena del fatto da parte del giudice procedente, cosicché si è escluso che la norma in commento possa trovare applicazione in fasi diverse dal giudizio di merito, come ad esempio nel procedimento volto alla risoluzione di un conflitto di competenza (Cass. I n. 38871/2019).

Nella fase delle indagini preliminari, le situazioni ipotizzate dalla norma in esame trovano soluzione nel diverso istituto dell'archiviazione.

A fronte di tale apparente nitidezza la norma ha però sollevato non poche questioni interpretative, afferenti entrambi i commi nei quali si articola. Di esse si tratterà nei paragrafi che seguono.

La inammissibilità di una pronuncia de plano, questione mai sopita

Una delle questioni esegetiche principali che, negli anni, hanno riguardato la norma è legata alla ammissibilità di una declaratoria de plano di una delle cause di non punibilità di cui si è detto al paragrafo precedente. È assai frequente, nella quotidiana pratica giudiziaria, che pervengano alla attenzione del giudice procedimenti immediatamente definibili ex art. 129: si pensi alle udienze da fissare (in udienza preliminare, in primo grado o in appello) in relazione a reati prescritti o depenalizzati; ma si pensi anche ai decreti penali opposti nei quali, proprio a seguito della opposizione, si palesi una delle condizioni contemplate dalla norma in commento.

Si è da molti sostenuto che in questi casi il giudice, anziché dare impulso al processo, potrebbe e dovrebbe impiegare l'istituto della immediata declaratoria delle cause di non punibilità dandone atto, di ufficio ed inaudita altera parte, con sentenza. A favore della «immediata» pronuncia de plano ex art. 129 militano indubbiamente il principio del favor rei ed evidenti ragioni di economia processuale, in ossequio al dettato dell'art. 111 Cost., che impone la più rapida definizione del processo (Cass. III, n. 9742/1993).

È però prevalsa la tesi contraria, oggi sostenuta in modo incontrastato dai giudici di legittimità. Si ritiene, infatti, che l'art. 129 non costituisce per il giudice la fonte di un generale potere di proscioglimento, ulteriore rispetto a quello ordinariamente previsto dalle specifiche norme relative ai vari momenti processuali, ma enuncia una regola di giudizio per il giudice che opera in ogni stato e grado del processo e presuppone in ogni caso un esercizio della giurisdizione con effettiva pienezza del contraddittorio (Cass. S.U., n. 12283/2005).

Dunque, non si è in presenza di una occasione «atipica» di decidere la res iudicanda, ulteriore rispetto a quelle che derivano dalle norme che disciplinano i diversi segmenti processuali, ma di una mera regola decisoria che si affianca a quelle proprie della fase o del grado in cui il processo si trova e alla quale il giudice, in via prioritaria, deve attenersi.

In questa ottica, l'obbligo della immediata declaratoria non ha un perimetro applicativo autonomo, ma è degradato a mero canone di giudizio da impiegare nel contesto delle altre norme processuali: nella udienza preliminare (art. 425), nella fase preliminare al dibattimento (art. 469), in esito al dibattimento (artt. 529, 530 e 531), nella udienza pubblica o camerale di appello (artt. 599 e 602), nel giudizio di cassazione.

Si è altresì osservato che, del resto, l'art. 129 si limita a prevedere la citata regola di condotta o di giudizio e ne impone al giudice l'osservanza «in ogni stato e grado del processo», senza nulla disporre in ordine al rito da seguire per la «immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità». Ciò confermerebbe che tale norma, sotto il profilo dei tempi e dei modi di applicazione, deve trovare attuazione nel corso delle fasi e dei gradi del processo e nell'ambito della corrispondente disciplina (in tema, da ultimo, Cass. VI, n. 50013/2015).

E’ questo, del resto, l’approdo cui sono pervenute le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che hanno giudicato nulla la sentenza d'appello pronunciata "de plano" in violazione del contraddittorio tra le parti, che, in riforma della sentenza di condanna di primo grado, dichiari l'estinzione del reato per prescrizione (Cass. S.U, n. 28954/2017). Anche se la stessa decisione, nel ritenere che tuttavia la causa estintiva del reato prevale, comunque, sulla nullità assoluta ed insanabile della sentenza, sancisce di fatto la inammissibilità dei ricorsi avverso tali decisioni in tutti i casi in cui difetti l’evidenza della innocenza.

E la giurisprudenza successiva si è adeguata a tale orientamento che, pur affermando in linea astratta il principio della nullità della sentenza emessa de plano, in concreto lo depotenzia grandemente attraverso l’istituto della inammissibilità della impugnazione per carenza di interesse. Infatti, poiché non determinerebbe alcun vantaggio per il ricorrente, si è ritenuto inammissibile, per carenza d'interesse, il ricorso per cassazione dell'imputato volto a far valere la nullità della sentenza d'appello che "de plano" abbia dichiarato l’estinzione del reato per prescrizione (Cass. III, n. 52834/2018); e ciò sempre che non risulti evidente la prova dell'innocenza dell'imputato, dovendosi in tale caso adottare la formula di merito di cui all'art. 129, comma 2, (Cass. II, n. 46776/2018).

Tale interpretazione, si è detto da anni univoca nella giurisprudenza di legittimità, incontra non poche resistenze nella giurisprudenza di merito. Per un verso, infatti, non pare ragionevole che all'evidenza di una causa di non punibilità immediatamente apprezzabile debba darsi impulso ad un processo dall'esito scontato, e che si rivelerebbe altresì inutilmente defatigatorio e punitivo per chi lo subisce. Inoltre, una simile interpretazione svuota di contenuto il primo comma della disposizione in commento, che si limiterebbe a ribadire una regola di giudizio in realtà già fissata dalle disposizioni che regolano le singole fasi processuali.

Il principio della prevalenza delle formule assolutorie di merito su quelle dichiarative dell'estinzione del reato

Una vera e propria regola di giudizio introduce, invece, il comma secondo della disposizione in commento, che sancisce il principio, invero assai temperato, della prevalenza delle ipotesi di proscioglimento di merito su quelle di carattere processuale.

La norma stabilisce, infatti, che a fronte della ricorrenza di una causa estintiva del reato il giudice debba pronunciare sentenza assolutoria, ma solo quando risulti evidente che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato.

La giurisprudenza ha precisato che tale evidenza ricorre solo quando le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile. La valutazione che il giudice deve compiere è ricollegabile più al concetto di «constatazione», ossia di percezione «ictu oculi», che a quello di «apprezzamento», ed è quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (Cass. S.U., n. 35490/2009 e Cass. S. U. n. 51/2019, in motivazione). La nozione evoca ciò che riesce palese con immediatezza sensoriale, ciò che è immediatamente intellegibile e piano per la sua chiarezza ed efficacia rappresentativa (Cass. VI, n. 23836/2013).

In definitiva, in presenza di una causa di estinzione del reato deve procedersi a proscioglimento nel merito solo quando una mera attività ricognitiva, da sola, palesi l'assoluta assenza della prova di colpevolezza a carico dell'imputato ovvero la prova positiva della sua innocenza. In coerenza, si ritiene che in caso di contraddittorietà o insufficienza della prova, il possibile proscioglimento nel merito non prevale rispetto alla dichiarazione di una causa di estinzione del reato. In simili evenienze, infatti, sarebbe necessario un apprezzamento ponderato tra opposte risultanze, incompatibile con la struttura e la funzione dell'art. 129. Proprio per questo, la giurisprudenza ha escluso la operatività della norma in commento quando, ai fini della pronuncia assolutoria, sarebbe necessaria una verifica sulla attendibilità delle dichiarazioni testimoniali anche alla luce di un raffronto con altre evidenze probatorie (Cass. VI, n. 10284/2014); così come la ha esclusa quando, per delibare la sussistenza della causa di non punibilità, sia necessario procedere ad una riqualificazione del fatto, che è attività ulteriore rispetto alla mera constatazione, e dunque non compatibile con la struttura dell’istituto (Cass. VI, n. 27725/2018).

Occorre ricordare, però, che tale principio non opera in sede di appello in presenza di parte civile; in caso di sopravvenuta causa di estinzione del reato (per esempio per prescrizione) il giudice è chiamato — comunque — a valutare l'intero compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili, previa incidentale valutazione della responsabilità penale (Cass. VI, n. 43644/2019).

Per quanto concerne i limiti della cognizione del giudice ai fini della confisca in ipotesi di estinzione del reato si veda il successivo par. 6.7.

La prevalenza delle altre formule assolutorie

Anche in sede di applicazione dell'art. 129 si pone l'esigenza si individuare la formula assolutoria prevalente allorché diverse di esse siano contemporaneamente applicabili. Per quanto attiene al rapporto fra causa di estinzione del reato e proscioglimento nel merito si è detto al paragrafo precedente.

L'analisi della giurisprudenza di legittimità consente di enucleare i seguenti ulteriori principi:

a) la causa estintiva del reato prevale sulla nullità assoluta ed insanabile della sentenza di appello che abbia pronunciato ex art. 129 de plano, dunque in violazione del contraddittorio (Cass. S.U, n. 28954/2017);

b) in esito al giudizio, il proscioglimento nel merito non prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità, (Cass. IV, n. 20568/2018);

c) la declaratoria di improcedibilità per difetto di querela prevale su quella determinata dall'estinzione del reato per morte dell'imputato (Cass. S.U., n. 49783/2009);

d) la declaratoria di estinzione del reato per morte dell'imputato prevale su quella di prescrizione, pur maturata anteriormente (Cass. S.U., n. 49783/2009);

e) la mancanza di una condizione di procedibilità osta a qualsiasi altra indagine in fatto, imponendo al giudice di dichiarare immediatamente e preliminarmente l'improcedibilità (Cass. II, n. 45160/2015);

f) la estinzione del reato per prescrizione prevale sulla esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis (Cass. III, n. 27055/2015);

g) la estinzione del reato per intervenuta remissione di querela, ritualmente accettata dal querelato, ha carattere pregiudiziale rispetto alle formule di proscioglimento riferibili ad altre cause di estinzione del reato, e prevale sia sulla prescrizione   (Cass. V, n. 21874/2014)  che sulla inammissibilità del ricorso, purché tempestivamente proposto (Cass. V, n. 19675/2019);

h) il proscioglimento per difetto di querela è più favorevole della declaratoria di estinzione del reato per amnistia o per prescrizione (Cass. II, n. 3722/2015);

i) la causa di inammissibilità dell'impugnazione prevale sulla causa di improcedibilità dell'azione penale (Cass. I n. 29788/2009);

l) la non punibilità per non essere più il fatto previsto dalla legge come reato prevale su di una nullità assoluta e insanabile (Cass. I, n. 39294/2008) ma non sulla prescrizione quando la depenalizzazione preveda la trasmissione degli atti alla autorità competente per l’applicazione di sanzioni amministrative (Cass. II, n. 19157/2019);

m) la inammissibilità della  impugnazione prevale sulla abolitio criminis (Cass. V, n. 21923/2018).

Casistica

Decreto penale

a) Quando la prova risulti mancante, insufficiente o contraddittoria a norma dell'art. 530 comma 2 il giudice per le indagini preliminari richiesto della emissione di decreto penale di condanna non può prosciogliere l'accusato, non ricorrendo alcuna delle ipotesi tassativamente indicate nell'art. 129 (Cass. III, n. 45934/2014);

b) richiesto dell'emissione di un decreto penale di condanna, il giudice può pronunziare sentenza di proscioglimento ex art. 129 solo quando risulti evidente la prova positiva dell'innocenza dell'imputato o l'impossibilità di acquisire prove della sua colpevolezza (Cass. III, n. 3914/2013);

c) la sentenza di proscioglimento emessa dal G.i.p. successivamente all'opposizione a decreto penale di condanna è abnorme poiché il giudice è vincolato in tale fase all'adozione degli atti di impulso previsti dall'art. 464, e non può pronunciarsi nuovamente sullo stesso fatto né revocare il decreto fuori dei casi tassativamente previsti (Cass. S.U., n. 21243/2010).

d) è fondato e deve essere accolto il ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza di proscioglimento per prescrizione del reato pronunciata dal giudice per le indagini preliminari investito della richiesta di decreto penale di condanna se, contestualmente al ricorso, vi sia una dichiarazione espressa e specifica di rinuncia alla causa estintiva (Cass. I, n. 4671/2019).

Patteggiamento

a) Il giudice chiamato ad applicare la pena su richiesta delle parti non può emettere sentenza di proscioglimento in caso di insufficienza o contraddittorietà della prova (Cass. II, n. 6095/2009), salva sola la ipotesi in cui esse siano irreversibili (Cass. III, n. 28971/2012);

b) se in udienza preliminare l'imputato che ha chiesto di definire la sua posizione con l'applicazione di pena concordata il giudice non può proscioglierlo facendo ricorso ai parametri indicati dall'art. 425, in quanto deve conformare i suoi poteri valutativi al rito scelto dalle parti (Cass. II, n. 47444/2014);

c) la motivazione della sentenza in relazione alla mancanza dei presupposti per l'applicazione dell'art 129 può anche essere meramente enunciativa, posto che alla richiesta di patteggiamento il legislatore ricollega una presunzione di colpevolezza (Cass. II, n. 41785/2015)  e la sentenza può essere oggetto di controllo di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione, soltanto se dal suo stesso testo appaia evidente la sussistenza di una causa di non punibilità (Cass. II, n. 39159/2019);

d) per la legittimità della motivazione della sentenza di patteggiamento è sufficiente una delibazione meramente negativa, nel senso che è sufficiente la semplice enunciazione, anche implicita, di aver effettuato, con esito negativo, la verifica richiesta dalla legge, e cioè che non ricorrono gli estremi per la pronuncia di sentenza di proscioglimento ex art. 129, ma non è necessaria una esposizione dei motivi di fatto e di diritto che sorreggono tale convincimento (Cass. S.U., n. 5777/1992);

e) anche il mero richiamo all'art. 129 è sufficiente a far ritenere che il giudice, nell'emettere sentenza di patteggiamento, abbia verificato ed escluso la presenza di cause di proscioglimento, non occorrendo ulteriori e più analitiche disamine al riguardo (Cass. VI, n. 15927/2015).

f) è inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza applicativa della pena con cui si deduca la mancata verifica dell'insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129, atteso che l'art. 448, comma 2-bis limita l'impugnabilità della pronuncia alle sole ipotesi di violazione di legge in esso tassativamente indicate (Cass. VI n. 1032/2019).

Udienza preliminare

a) In caso di richiesta di rinvio a giudizio il giudice dell'udienza preliminare non può emettere sentenza de plano per la ritenuta sussistenza di una causa di non punibilità, ma deve fissare la udienza in camera di consiglio (Cass. II, n. 45049/2008);

b) è viziata da nullità di ordine generale ai sensi dell'art. 178, lett. b) e c) la sentenza di non doversi procedere emessa de plano dal giudice della udienza preliminare investito della richiesta del P.M. di rinvio a giudizio; ciò in quanto essa preclude sia il diritto del pubblico ministero di partecipazione al procedimento e di meglio precisare l'accusa, sia il diritto di difesa dell'imputato, al quale viene interdetto l'esercizio di facoltà esperibili solo nell'ambito dell'udienza preliminare (Cass. S.U., n. 12283/2005);

c) se nel corso dell'udienza preliminare emerge una causa estintiva del reato, il giudice ha l'obbligo di dichiararla, e non può procedere né ad effettuare approfondimenti del «thema decidendum» né a modificare la qualificazione giuridica del fatto (Cass. III, n. 16386/2013);

d) se nel corso dell'udienza preliminare emerge una causa di non punibilità il giudice non può avvalersi dei poteri istruttori conferitigli dagli artt. 421-bis e 422, dovendo l'ambito della sua cognizione rimanere cristallizzato allo stato degli atti esistente al momento processuale della rilevata causa di non punibilità (Cass. VI n. 5438/2011);

e) la sentenza dichiarativa di estinzione del reato per prescrizione resa in udienza preliminare è sempre impugnabile dall'imputato, anche quando egli non abbia rinunciato alla prescrizione, sempre che egli solleciti, allo stato degli atti, una decisione liberatoria con formula più favorevole ai sensi dell'art. 129, comma 2 (Cass. III, n. 49663/2015).

In sede predibattimentale

a) La sentenza di proscioglimento predibattimentale di cui all'art. 469 è legittima, ricorrendone gli altri presupposti, solo se le parti, messe in condizione di interloquire, non si siano opposte, in quanto in tale fase non trova applicazione la disposizione dell'art. 129 che presuppone necessariamente l'instaurazione di un giudizio in senso proprio (Cass. S.U., n. 3027/2001 e Cass. III, n. 42629/2018);

b) la sentenza di proscioglimento, pronunciata nella udienza pubblica dopo la costituzione delle parti, non è riconducibile al modello di cui all’art. 469 ed è appellabile nei limiti indicati dalla legge (Cass. S. U, Ordinanza n. 3512/2021).

In appello

a) È affetta da nullità la sentenza predibattimentale con cui la Corte d'appello abbia dichiarato «de plano» l'estinzione del reato per prescrizione, poiché solo il giudice del merito, che ha cognizione su tutte le risultanze processuali, può valutare la sussistenza delle condizioni per il proscioglimento ai sensi dell'art. 129, comma secondo, e pertanto l'imputato può far valere tale nullità con ricorso per cassazione (Cass. VI, n. 50013/2015 e Cass. VI, n. 10960/2015);

b) nel giudizio di appello non è consentita la pronuncia di sentenza predibattimentale di proscioglimento ex art. 469, in quanto tale norma non è richiamata né in modo esplicito né implicito dalla disciplina che ne regola lo svolgimento, e la pronuncia «de plano» neppure può essere emessa ai sensi dell'art. 129, in quanto l'obbligo del giudice di dichiarare immediatamente la sussistenza di una causa di non punibilità presuppone un esercizio della giurisdizione con effettiva pienezza del contraddittorio (Cass. VI, n. 50013/2015);

c) nel dichiarare estinto per prescrizione il reato, quando in primo grado vi sia stata condanna, la corte di appello è tenuta a decidere sull'impugnazione agli effetti civili, esaminando compiutamente i motivi di impugnazione proposti dall'imputato, in quanto la condanna al risarcimento del danno non può essere confermata sulla base della mancata prova dell'innocenza dell'imputato ai sensi dell'art. 129, comma 2 (Cass. V, n. 3869/2014);

d) in caso di declaratoria de plano della estinzione del reato compiuta dal giudice di appello si determina la contestuale ricorrenza di una causa estintiva e della nullità processuale della sentenza per violazione del principio del contraddittorio; ma nel giudizio di cassazione non deve pronunciarsi l'annullamento della sentenza se risulta che il giudice di merito non potrebbe comunque ritenere sussistenti le condizioni per pronunciare, attraverso una operazione di mera constatazione, un proscioglimento nel merito, ai sensi dell'art. 129, comma 2 (Cass. V, n. 51135/2014).

In cassazione

a ) deve essere annullata senza rinvio, ma con trasmissione degli atti al giudice di appello, la sentenza di secondo grado pronunciata "de plano", che, in riforma della decisione di condanna di primo grado, dichiari l'estinzione del reato per prescrizione, allorché l'imputato abbia rinunciato alla prescrizione (Cass. III,  n. 15758/2020);

b) qualora ricorrano contestualmente una causa di nullità di ordine generale e una causa estintiva del reato per il principio di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità, nel giudizio di cassazione, deve darsi prevalenza alla causa estintiva, salvo che la sua operatività richieda specifici accertamenti e valutazioni riservati al giudice di merito (Cass. III, n. 42703/2015);

c) in caso di inammissibilità del ricorso per cassazione per manifesta infondatezza dei motivi non si instaura un valido rapporto di impugnazione e non è pertanto possibile rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129. (Nella specie la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso) (Cass. S.U. , n. 32/2000);

d) nel giudizio di legittimità è rilevabile d'ufficio la prescrizione del reato verificatasi prima della pronunzia della sentenza impugnata nonostante l'inammissibilità del ricorso per cassazione, ma solo se, a tal fine, non occorre alcuna attività di apprezzamento delle prove, finalizzata all'individuazione di un «dies a quo» diverso da quello indicato nell'imputazione (Cass. V, n. 26445/2015);

e) è rilevabile in sede di legittimità la prescrizione maturata precedentemente alla sentenza di secondo grado e non dichiarata, in quanto altrimenti si determinerebbe una grave lesione del principio di uguaglianza (Cass. V, n. 10409/2015);

f) deve essere annullata senza rinvio, in virtù dell'obbligo di dichiarazione immediata di una causa di non punibilità, la sentenza di condanna se sia nel frattempo maturato il termine di prescrizione del reato, pur quando con il ricorso per cassazione siano state proposte plurime doglianze e risultino non inammissibili soltanto quelle inerenti al trattamento sanzionatorio (Cass. II, n. 10515/2014).

g) l'imputato che proponga ricorso per cassazione avverso sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione è tenuto, a pena di inammissibilità, a dedurre specifici motivi a sostegno della ravvisabilità in atti, in modo evidente e non contestabile, di elementi idonei ad escludere la sussistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte sua e la configurabilità dell'elemento soggettivo del reato (Cass. IV, n. 8135/2019  e Cass. II, n. 18069/2022 ).

Confisca

a) In caso di estinzione del reato per intervenuta prescrizione, il giudice d'appello e la Corte di cassazione sono tenuti, in applicazione dell'art. 578-bis, a decidere sull'impugnazione agli effetti della confisca. Ed in ipotesi di lottizzazione abusiva, la confisca di cui all'art. 44, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001, può essere disposta anche in presenza di estinzione del reato per prescrizione, purché la sussistenza del fatto sia stata già accertata, nell'ambito di un giudizio che abbia assicurato il pieno contraddittorio, fermo restando che, una volta intervenuta detta causa, il giudizio, in applicazione dell'art. 129, comma 1, non può proseguire al solo fine di compiere il predetto accertamento (Cass. S.U., n. 13539/2020).

b) la sentenza di appello resa de plano che dichiari l'estinzione del reato per prescrizione confermando la confisca disposta in primo grado è nulla per violazione del contraddittorio, in quanto l'imputato ha diritto allo svolgimento dell'udienza al fine di poter espletare compiutamente la propria attività difensiva anche su tale punto (Cass. II, n. 11042/2020).

Bibliografia

V. sub art. 125.

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