Codice di Procedura Penale art. 189 - Prove non disciplinate dalla legge.

Alessandro D'Andrea

Prove non disciplinate dalla legge.

1. Quando è richiesta una prova non disciplinata dalla legge, il giudice può assumerla se essa risulta idonea ad assicurare l'accertamento dei fatti [187] e non pregiudica la libertà morale della persona [64 2]. Il giudice provvede all'ammissione, sentite le parti sulle modalità di assunzione della prova.

Inquadramento

L'art. 189 introduce nel sistema processuale penale le prove non previste dalla legge, anche definite innominate o atipiche, individuandone i necessari presupposti sostanziali e processuali.

I presupposti sostanziali e processuali

Con l'individuazione delle prove non previste dalla legge il legislatore ha escluso di fare ricorso, almeno in termini integrali, al principio di tassatività della prova, disponendo, tuttavia, la previsione di ben specifiche cautele il cui rispetto è ritenuto indispensabile al fine di poter applicare prove diverse da quelle espressamente tipizzate nel codice.

Le prove innominate o atipiche, di cui all'art. 189, sono distinte dalle prove irrituali, che sono prove tipiche che, tuttavia, vengono assunte senza il rispetto delle formalità previste dalla disposizione normativa di riferimento.

La ratio della norma è quella di consentire di utilizzare tecniche o strumenti che possano risultare idonei a consentire l'accertamento di fatti e che, invece, erano inesistenti, o addirittura inimmaginabili, nel momento in cui il legislatore ha catalogato una tantum le varie prove tipiche.

I due presupposti sostanziali richiesti per l’applicazione di una prova non disciplinata dalla legge sono costituiti dalla idoneità della stessa ad assicurare l’accertamento dei fatti e dal rispetto della libertà morale della persona, in ossequio al principio generale stabilito dall’art.188.

Perché una prova risulti idonea ad accertare i fatti, deve essere effettuato uno scrutinio ex ante in ordine all’efficacia del risultato probatorio conseguibile, che non è altrimenti necessario con riguardo alle prove tipiche, in cui tale vaglio è stato compiuto, una volta per tutte, da parte del legislatore.

Le prova atipiche sono sempre inutilizzabili allorché siano il frutto di un comportamento illecito, salva sempre la possibilità di acquisire al processo, come prove documentali, dei risultati di attività illecite non destinate sin dall’origine al processo stesso (Cass. S.U., n. 26795/2006).

Con riferimento, poi, ai presupposti processuali, l’art. 189 stabilisce che il giudice provvede all’ammissione della prova non disciplinata dalla legge, sentite le parti sulle modalità di assunzione della stessa. E’ diffusa, comunque, l’interpretazione per cui il giudice interloquisce con le parti anche con riguardo ad altri presupposti richiesti dalla norma, quali l’idoneità ad assicurare l’accertamenti dei fatti ed il mancato pregiudizio della libertà morale della persona.

Il mancato interpello delle parti determina un’ipotesi di nullità a regime intermedio, di cui all’art. 178, comma 1, lett. c. In ragione del dettato normativo dell’art. 189, la prova atipica è richiesta, in applicazione del principio della domanda, cristallizzato nell’art. 190, comma 1. Di conseguenza, appare esclusa ogni possibilità di ammissione ex officio della prova da parte del giudice.

La giurisprudenza ritiene che le prove atipiche possano essere utilizzate anche con riguardo ai mezzi di ricerca della prova e nel corso delle indagini preliminari.

E’ stato affermato che è utilizzabile una individuazione fotografica operata dalla P.G. di propria iniziativa, senza previa delega del P.M., poiché gli artt. 55 e 348 sanciscono il principio di atipicità degli atti di indagine della polizia giudiziaria, cui compete, anche in difetto di direttive o formali deleghe del P.M., il potere-dovere di compiere di propria iniziativa tutte le indagini che ritiene necessarie ai fini dell’accertamento del reato e dell’individuazione dei colpevoli (Cass. V, n. 18997/2014).In questi casi si ritiene che il principio del contraddittorio nella modalità di assunzione della prova possa essere rispettato utilizzando una sorta di contraddittorio differito, in cui la discussione venga effettuata solo in un momento successivo, al fine di vagliare le modalità con cui la prova atipica sia stata in concreto assunta.

Sempre in tema di individuazione  fotografica, è stato, tuttavia, precisato che essa, pur se ribadita in dibattimento, può risultare determinante, anche in difetto di ulteriori riscontri, ai fini dell’affermazione di responsabilità dell’imputato in ordine al fatto contestato, soltanto quando presenti caratteri di certezza assoluta e risulti ancorata non soltanto a mere rappresentazioni o sensazioni del dichiarante, ma ad elementi oggettivi; diversamente essa, quando connotata da un grado d’incertezza non tale da farne ritenere in toto l’inaffidabilità, può essere valorizzata al medesimo fine se corroborata da riscontri individualizzanti (Cass. II, n. 35155/2022).

Casistica

L'ambito di applicazione della norma dell'art. 189 è stato per lo più definito, in termini concreti, dall'intervento della giurisprudenza di legittimità.

Così, è stata ritenuta prova atipica l'identificazione dell'imputato effettuata in sede dibattimentale, considerato che essa non obbedisce alle formalità previste per la ricognizione in senso proprio, di cui agli artt. 213 e ss., siccome riferibile esclusivamente al contenuto di identificazioni orali del testimone, per cui vige la disciplina degli artt. 498 e ss., sì che da esse, come da ogni elemento indiziario o di prova, il giudice può trarre il proprio libero convincimento (Cass. V, n. 37497/2014). Il principio trova applicazione anche con riferimento al caso in cui il riconoscimento venga effettuato in videoconferenza (Cass. V, n. 18057/2010).

L'individuazione diretta di persona effettuata nei locali della polizia giudiziaria dalle persone offese trova il suo paradigma nella prova dichiarativa proveniente da un soggetto che, nel corso delle informazioni, dichiara di avere accertato direttamente l'identità personale dell'imputato. Pertanto, essa deve essere tenuta distinta dalla ricognizione personale, disciplinata dall'art. 213, essendo inquadrabile, invece, tra le prove non disciplinate dalla legge di cui all'art. 189, e pienamente utilizzabile, ferma restando la facoltà del giudice di apprezzarne liberamente le risultanze (Cass. II, n. 16773/2015).

In materia di riconoscimento fotografico effettuato durante le indagini di polizia giudiziaria, è stato affermato che lo stesso costituisce un accertamento di fatto utilizzabile nel giudizio in base ai principi della non tassatività dei mezzi di prova e del libero convincimento del giudice (Cass. VI, n. 12501/2015), per cui la certezza della prova non discende dal riconoscimento come strumento probatorio, ma dall'attendibilità accordata alla deposizione di chi si dica certo dell'individuazione (Cass. V, n. 22612/2009).

Ai fini della valutazione del riconoscimento fotografico compiuto nel corso delle indagini preliminari e non rinnovato in sede dibattimentale, è necessaria, poi, l'acquisizione agli atti del fascicolo fotografico sottoposto all'esame del teste (Cass. VI, n. 48428/2014).E’ stato di recente affermato che la riproduzione fotografica del contenuto dei biglietti rinvenuti nella disponibilità del soggetto sottoposto a perquisizione è qualificabile come prova atipica (Cass. II, n. 10255/2020).

 

Il riconoscimento dell’imputato nel soggetto ripreso in un filmato registrato dalle telecamere di sicurezza presenti sul luogo di consumazione del delitto, operato dal personale di polizia giudiziaria, ha valore di indizio grave e preciso a suo carico, la cui valutazione è rimessa al giudice di merito (Cass. II, n. 42041/2019).

È stato affermato, quindi, con riferimento alle videoriprese, che esse, ove riguardino atti non aventi contenuto comunicativo, costituiscono una prova atipica ex art. 189, che non necessita, ai fini dell'utilizzabilità, di autorizzazione da parte del giudice (Cass. III, n. 37197/2010). Più in particolare, le videoregistrazioni di condotte non comunicative disposte dalla Polizia nel corso delle indagini preliminari, in luoghi riconducibili al concetto di domicilio, e quindi generalmente meritevoli di tutela ai sensi dell'art. 14 Cost., sono qualificabili come prova atipica disciplinata dall'art. 189, ed utilizzabili senza alcuna necessità di autorizzazione preventiva del giudice, se le riprese sono state eseguite con il consenso del titolare del domicilio (Cass. II, n. 22972/2018). 

Sono legittime e pienamente utilizzabili, senza alcuna autorizzazione dell'autorità giudiziaria, le videoriprese, eseguite da privati, mediante telecamera esterna installata sulla loro proprietà, che consentono di captare ciò che accade nell'ingresso, nel cortile e sui balconi del domicilio di terzi, i quali, rispetto alle azioni che ivi si compiono, non possono vantare alcuna pretesa al rispetto della riservatezza, trattandosi di luoghi, che, pur essendo di privata dimora, sono liberamente visibili dall'esterno, senza ricorrere a particolari accorgimenti (Cass. II, n. 46786/2014).

Sono parimenti legittime, e perciò utilizzabili, le videoriprese eseguite su un'area destinata a cantiere edile, pur se di proprietà privata, non essendo essa qualificabile né come luogo di privata dimora, né, comunque, come luogo in cui si svolgano attività destinate a rimanere riservate (Cass. I, n. 7455/2009). Per le stesse ragioni, sono utilizzabili i risultati delle videoregistrazioni effettuate nel corso delle indagini all'interno di un bar (Cass. VI, n. 1707/2012), di un'aula scolastica (Cass. VI, n. 33593/2012) o di una caserma dove il reo presti attività lavorativa (Cass. I, n. 30566/2019).

E’ stato affermato, poi, che le videoregistrazioni disposte dalla polizia giudiziaria nel corso delle indagini preliminari all’interno di una casa di cura e di riposo sono utilizzabili senza necessità di autorizzazione preventiva dell’autorità giudiziaria, in quanto gli ambienti di degenza costituiscono luoghi aperti al pubblico e, comunque, non qualificabili come di privata dimora (Cass. VI, n. 28004/2019).

Del pari, sono utilizzabili, a fini probatori, le rilevazioni degli orari di ingresso ed uscita dei lavoratori, anche ove gli apparecchi di rilevazione siano stati installati in violazione delle garanzie procedurali previste dall’art. 4, comma 2, della l. n. 300/1970, in quanto tali garanzie riguardano soltanto i rapporti di diritto privato tra datore di lavoro e lavoratori, ma non possono avere rilievo nell'attività di accertamento e repressione di fatti costituenti reato (Cass. II, n. 33567/2016).   

Non è inutilizzabile la prova costituita da filmati che, realizzati mediante videoriprese legittimamente effettuate, sono stati conservati per un tempo superiore a quello consentito dalla disciplina in materia di tutela della riservatezza, e fissato in ventiquattro ore successive alla rilevazione dal provvedimento in materia di videosorveglianza adottato in data 8 aprile 2010 a norma dell'art. 11 d.lgs. n. 196/2003 (Cass. V, n. 33560/2015).

È stato precisato, quindi, che la visione da parte del giudice di una videocassetta, ritualmente acquisita come prova documentale preesistente rispetto al procedimento penale, costituisce mera modalità di percezione di immagini e non già attività diretta alla formazione della prova, sicchè essa non deve necessariamente essere effettuata in contraddittorio (Cass. V, n. 7015/2020).

Il saggio fonico, pur non costituendo prova “diretta” in quanto non è attività tipica di documentazione fornita di una propria autonomia conoscitiva, non rientra tra le prove illegittimamente acquisite di cui è vietata l'utilizzazione ai sensi dell'art. 191, ma tra quelle atipiche non disciplinate dalla legge, ed è da considerarsi legittima perché volta ad assicurare l'accertamento idoneo dei fatti, senza pregiudizio per la libertà morale dei dichiaranti (Cass. II, n. 18286/2013).

I contenuti non comunicativi di intercettazioni legittimamente autorizzate sono utilizzabili quale mezzo di prova atipico ex art. 189, non trovando applicazione, in tal caso, la disciplina in materia di intercettazioni di cui agli artt. 266 e ss. (Cass. S.U., n. 32697/2014).

In tema di prova documentale, la copia fotostatica di un documento, per il principio di libertà della prova, quando sia idonea ad assicurare l'accertamento dei fatti, ha valore probatorio anche al di fuori del caso di impossibilità di recupero dell'originale, pur se essa sia priva di certificazione ufficiale di conformità e sia stata disconosciuta dall'imputato (Cass. II, n. 52017/2014).

La “Blood Pattern Analysis” (B.P.A.), infine, non può considerarsi una prova atipica, bensì una tecnica d'indagine riconducibile al genus della perizia, e pertanto non è necessario che la sua ammissione sia preceduta dall'audizione delle parti, ai sensi dell'art. 189 (Cass. I, n. 31456/2008).

Bibliografia

Angeletti, La costruzione e la valutazione della prova penale, Torino, 2012; Aprile, La prova penale, Milano, 2002; Galantini, Inosservanza di limiti probatori e conseguenze sanzionatorie, in Cass. pen. 1991, 597; Melchionda, voce Prova in generale (dir. proc. pen.), in Enc. dir., Agg., I, Milano, 1997, 838; Pansini, È valida la prova “atipica” senza preventiva audizione delle parti?, in Dir. pen. e proc. 1997, 1257; Ricci, Le prove atipiche, Milano, 1999; Ruggieri, Riprese visive e inammissibilità della prova, in Cass. pen. 2006, 3937; Tabasco, Prove non disciplinate dalla legge nel processo penale, Napoli, 2011; Tonini-Conti, Il diritto delle prove penali, Milano, 2012.

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