Codice di Procedura Penale art. 199 - Facoltà di astensione dei prossimi congiunti.Facoltà di astensione dei prossimi congiunti. 1. I prossimi congiunti [307 4 c.p.] dell'imputato non sono obbligati a deporre. Devono tuttavia deporre quando hanno presentato denuncia [333], querela [336] o istanza [341] ovvero essi o un loro prossimo congiunto sono offesi dal reato. 2. Il giudice, a pena di nullità [181], avvisa le persone predette della facoltà di astenersi chiedendo loro se intendono avvalersene. 3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche a chi è legato all'imputato da vincolo di adozione. Si applicano inoltre, limitatamente ai fatti verificatisi o appresi dall'imputato durante la convivenza coniugale o derivante da un'unione civile tra persone dello stesso sesso 1: a) a chi, pur non essendo coniuge dell'imputato, come tale conviva o abbia convissuto con esso; b) al coniuge separato dell'imputato; c) alla persona nei cui confronti sia intervenuta sentenza di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio o dell'unione civile tra persone dello stesso sesso contratti con l'imputato 2. [1] Periodo modificato dall'articolo 2, comma 1, lettera a), del d.lgs. 19 gennaio 2017, n. 6 , che ha inserito dopo le parole: «convivenza coniugale» le seguenti:«o derivante da un'unione civile tra persone dello stesso sesso». [2] Lettera modificata dall'articolo 2, comma 1, lettera b), del d.lgs. 19 gennaio 2017, n. 6, che ha sostituito le parole: «cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto con l'imputato» con le seguenti: «cessazione degli effetti civili del matrimonio o dell'unione civile tra persone dello stesso sesso contratti con l'imputato». InquadramentoLa norma disciplina il c.d. segreto ‘familiare', riconoscendo una facoltà di astensione ai prossimi congiunti dell'imputato: tra i titolari della facoltà sono contemplati il coniuge (anche separato, o il cui matrimonio sia stato sciolto o annullato) e i conviventi more uxorio (limitatamente ai fatti appresi durante la convivenza), nonché coloro che sono legati all'imputato da vincolo di adozione; in seguito all'introduzione della disciplina sulle “unioni civili”, la facoltà è stata riconosciuta altresì alle persone dello stesso sesso che contraggano una unione civile. Invero, l'art. 2, comma 1, d.lgs. n. 6/2017 ha modificato il terzo comma dell'art. 199, prevedendo che le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche ai fatti verificatisi o appresi dall'imputato durante la convivenza «derivante da un'unione civile tra persone dello stesso sesso», e non soltanto ai soggetti indicati sub lett. a) e b) della disposizione, bensì anche alla persona nei cui confronti sia intervenuta sentenza di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio “o dell'unione civile tra persone dello stesso sesso” contratti con l'imputato. La facoltà di astensione non è esercitabile nel caso in cui i prossimi congiunti siano persone offese o siano prossimi congiunti delle persone offese ovvero abbiano presentato denuncia, querela o istanza di procedimento. È previsto a pena di nullità che il giudice avverta tali soggetti della facoltà di astenersi dal deporre. Questioni di legittimità costituzionaleLa Corte Costituzionale, con una prima pronuncia del 1994, ha affermato la legittimità della lettura delle dichiarazioni rese dai prossimi congiunti in fase predibattimentale, in caso di successiva astensione dibattimentale. Nel caso in cui i prossimi congiunti dell'imputato, citati come testi, si siano avvalsi al dibattimento della facoltà di non rispondere, anche se va escluso che si possano contestare ad essi – in applicazione dell'art. 500, comma 2 bis, c.p.p. – le dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria o al pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari, non può invece ritenersi aderente al dettato costituzionale l'interpretazione degli artt. 199 e 512 c.p.p., secondo la quale sarebbe vietato dare di tali dichiarazioni lettura. Viene quindi meno la questione di costituzionalità sollevata, nei confronti dei citati artt. 500 e 512, sull'insussistente presupposto che in nessun modo, nell'ipotesi suddetta, le dichiarazioni rese dai prossimi congiunti potrebbero trovare ingresso nel materiale probatorio dibattimentale. Una volta che, nella fase delle indagini preliminari o nell'udienza preliminare, il prossimo congiunto dell'imputato, avvertito – com'è d'obbligo – della facoltà di tacere, non se ne sia avvalso, la dichiarazione è legittimamente assunta e pertanto, se il dichiarante decida successivamente di astenersi dalla testimonianza dibattimentale, si determina – pur se in seguito all'esercizio di un diritto – quella oggettiva e non prevedibile impossibilità di ripetizione dell'atto dichiarativo che ai sensi dell'art. 512 consente di darne lettura al dibattimento. E ciò in linea con il criterio – dalla Corte già chiaramente enunciato – per cui il rispetto del principio di oralità deve contemperarsi con l'esigenza di evitare la perdita, ai fini della decisione, di quanto acquisito prima del dibattimento. D'altronde, se l'esercizio del diritto di non sottoporsi all'esame, da parte dello stesso imputato (che non solo gode della facoltà di non rispondere ma non ha nemmeno l'obbligo di dire la verità) non impedisce (cfr. art. 513 c.p.p.) la lettura in dibattimento delle dichiarazioni da lui precedentemente rese, risulterebbe del tutto irragionevole precludere, nella stessa situazione, nel caso del prossimo congiunto dell'imputato, tale possibilità (Corte cost., n. 179/1994). Successivamente, in seguito alla riforma dell'art. 111 Cost., la Corte Costituzionale, in considerazione del nuovo quadro costituzionale, ha affermato che non è consentito dare lettura delle dichiarazioni rese dai prossimi congiunti dell'imputato che in dibattimento si avvalgano della facoltà di astenersi dal deporre. Non è fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 512 c.p.p., impugnato in riferimento all'art. 111 della Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, nella parte in cui, alla stregua dell'interpretazione indicata dalla sentenza di questa Corte n. 179 del 1994, consente di dare lettura dei verbali delle dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria o al pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari da prossimi congiunti dell'imputato che in dibattimento si avvalgano della facoltà di non deporre ai sensi dell'art. 199 c.p.p. L'interpretazione estensiva dell'art. 512 c.p.p. contenuta nella citata sentenza n. 179 del 1994 non è più compatibile con il nuovo quadro normativo determinato dall'entrata in vigore delle modifiche dell'art. 111 Cost. (in particolare, con i commi quarto e quinto di tale disposizione e con il principio del contraddittorio nella formazione della prova nel processo penale cui essi si ispirano). Ne consegue che, poiché i precetti costituzionali, prima ancora che come parametri di legittimità, si pongono come punti di riferimento dell'interpretazione conforme a Costituzione della disciplina sottoposta a scrutinio di costituzionalità, la prospettata questione può risolversi in via interpretativa assumendo che, alla luce della nuova formulazione dell'art. 111 Cost., l'art. 512 c.p.p. deve essere interpretato nel senso che non è consentito dare lettura delle dichiarazioni in precedenza rese dai prossimi congiunti dell'imputato che in dibattimento si avvalgono della facoltà di astenersi dal deporre a norma dell'art. 199 c.p.p., in quanto tale situazione non rientra tra le cause di natura oggettiva di impossibilità di formazione della prova in contraddittorio previste dalla nuova normativa (Corte Cost., n. 440/2000). È costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 3 Cost., l'art. 384, comma 2, c.p., nella parte in cui non prevede l'esclusione della punibilità per false o reticenti informazioni assunte dalla polizia giudiziaria, fornite da chi avrebbe dovuto essere avvertito della facoltà di astenersi dal renderle, a norma dell'art. 199 c.p.p., in quanto, posto che: l'art. 199 c.p.p. riconosce la facoltà di astenersi dal testimoniare a coloro che siano o siano stati legati all'imputato da particolari vincoli di comunanza di vita; che dell'esistenza di tale facoltà questi soggetti devono essere avvertiti, a pena di nullità, dal giudice, il quale li interpella circa la loro volontà di astenersi; che, in forza dei rinvii operati all'art. 199 dall'art. 362 e, attraverso questo, dall'art. 351, comma 1, seconda proposizione c.p.p., la predetta disciplina prevista per la testimonianza resa al giudice si estende senza differenze alle informazioni rese al p.m. e alle sommarie informazioni assunte dalla p.g.; che a tale identità di disciplina prevista dal codice di rito penale non corrisponde un'identica rilevanza sul piano penale sostanziale delle false dichiarazioni rese di fronte all'autorità giudiziaria, al p.m. e alla p.g., in considerazione del fatto che, mentre nelle prime due ipotesi il mendacio e la reticenza configurano, rispettivamente, i reati di falsa testimonianza e di false informazioni al p.m. (artt. 372 e 371-bis c.p.), nella terza, pur mancando una specifica figura di reato, non può escludersi in linea di principio, l'ipotizzabilità del delitto di favoreggiamento personale (art. 378 c.p.); e che, stante l'espressa limitazione stabilita nel secondo comma dell'art. 384 c.p. ai casi previsti dagli artt. 371-bis e 372, la non punibilità delle dichiarazioni mendaci, nella prevista ipotesi di facoltà d'astensione, non si estende al caso in cui esse siano rese alla polizia giudiziaria – la diversità di disciplina, che può riguardare comportamenti materiali identici, oltre a non trovare alcuna ragione giustificatrice in ordine ai presupposti processuali, che il legislatore ha voluto uguali in ogni caso, non si giustifica né rispetto alle conseguenze né rispetto alla gravità dei comportamenti valutata dal legislatore medesimo (Corte cost. n. 416/1996). È stata dichiarata la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 199, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui limita la facoltà di astenersi dal deporre ai prossimi congiunti dell'imputato e non prevede la medesima facoltà in capo ai prossimi congiunti dell'imputato in procedimento connesso o collegato. Infatti il giudice a quo, nell'adeguarsi ad un supposto e da lui non condiviso «diritto vivente», non prende in considerazione altri orientamenti della giurisprudenza di legittimità che gli avrebbero consentito di interpretare la disciplina censurata alla luce della ratio che la sorregge, così omettendo di esplorare la possibilità di pervenire, in via interpretativa, alla soluzione che egli ritiene conforme a Costituzione (Corte cost. n. 19/2003). Ambito della facoltà di astenersiL'art. 199, che disciplina la facoltà di astenersi dal deporre dei prossimi congiunti dell'imputato, non è suscettibile di interpretazione estensiva, avendo il legislatore provveduto ad individuare, sulla base di criteri improntati a ragionevolezza e quindi conformi ai principi costituzionali, quelle posizioni che, anche nell'ambito del rapporto familiare «di fatto», sono state ritenute meritevoli di considerazione in relazione alle finalità della norma (Cass II, n. 6726/1995. In applicazione di detto principio, la Corte ha escluso che possano rifiutarsi di rendere testimonianza, e che debbano essere necessariamente informati di tale facoltà, i familiari di ciascun convivente nel procedimento instaurato nei confronti dell'altro). Non ha facoltà di astenersi dal deporre, e conseguentemente non ha diritto a ricevere l'avviso di cui all'art. 199, comma 2, c.p.p., il prossimo congiunto dell'imputato che sia al contempo altresì prossimo congiunto della persona offesa dal reato (Cass. I, n. 27129/2020). La norma di cui all'art. 199 relativa all'astensione dei testimoni perché prossimi congiunti dell'imputato si riferisce al rapporto di parentela tra il teste e il soggetto contro cui si sta procedendo ed esaurisce i suoi effetti nell'ambito del processo in questione (Cass. IV, n. 8007/1996). La facoltà di astenersi dal deporre, attribuita al prossimo congiunto dall'art. 199, non riguarda i coimputati del prossimo congiunto del testimone, poiché la «ratio» della facoltà si identifica nella finalità di prevenire situazioni nelle quali l'eventuale falsa testimonianza sarebbe scriminata dall'art. 384 c.p. (Cass. VI, n. 27060/2008 e Cass. I, n. 42337/2019); anche il prossimo congiunto dell'imputato, il quale sia persona offesa dal reato insieme ad altro soggetto estraneo al rapporto familiare, non ha facoltà di astenersi dal deporre (Cass. V, n. 13529/2017). Ai prossimi congiunti dell'imputato che abbia visto definire la propria posizione con sentenza irrevocabile, i quali vengano escussi nel separato processo in corso di celebrazione nei confronti dei concorrenti nel reato ascritto al loro familiare, non è riconosciuta la facoltà di astenersi dal deporre come testimoni prevista dall'art. 199 (Cass. I, n. 29421/2006). Nel solco della sentenza n. 440/2000 della Corte Costituzionale (supra, § 2), alla luce della nuova formulazione dell'art. 111 Cost., l'art. 512 deve essere interpretato nel senso che non è consentito dare lettura delle dichiarazioni rese in precedenza dai prossimi congiunti dell'imputato che in dibattimento si avvalgono della facoltà di astenersi dal deporre a norma dell'art. 199, in quanto tale situazione non rientra tra le cause di natura oggettiva di impossibilità di formazione della prova in contraddittorio prevista dalla nuova normativa (Cass. II, n. 9588/2004). I divieti di lettura di cui all'art. 514, qualora non abbiano ad oggetto atti affetti da inutilizzabilità c.d. «patologica», quale derivante da una loro assunzione «contra legem», possono essere superati dall'accordo delle parti (Cass. I, n. 8739/2003. Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto che legittimamente fossero state utilizzate ai fini della decisione, essendosene data lettura sull'accordo delle parti, le dichiarazioni procedimentali rese da soggetto che, in dibattimento, si era poi avvalso della facoltà di non deporre in quanto prossimo congiunto di uno degli imputati). In tema di astensione dei prossimi congiunti dal deporre, la limitazione della relativa facoltà, nel caso del coniuge separato dell'imputato, ai fatti verificatisi o appresi durante la convivenza coniugale, deve ritenersi operante avendo riguardo, come termine finale, non a quello segnato dalla pronuncia della separazione legale ma a quello, se precedente, in cui di fatto è cessata la suddetta convivenza (Cass. I, n. 9693/2003). La mancata concessione ad un testimone della facoltà di astensione dal rendere dichiarazioni ex art. 199 c.p.p., per la ritenuta assenza del presupposto della convivenza more uxorio con l'imputato, si basa su un giudizio di fatto insindacabile in sede di legittimità, se congruamente e logicamente motivato (Cass. V, n. 51115/2017). L'accertamento di una situazione di famiglia di fatto e perciò di convivenza «more uxorio», ai fini di riconoscere ad un soggetto non coniuge dell'imputato la facoltà di astenersi dal deporre ed il diritto di essere avvisato di tale facoltà, si risolve in una questione di fatto, sottratta al sindacato di legittimità se motivata secondo logici criteri (Cass. VI, n. 8687/1995). L'obbligo dell'avviso della facoltà di astenersi dal deporreL'obbligo di avvertire a pena di nullità i prossimi congiunti dell'imputato, o dell'indagato, della facoltà di astenersi dal deporre (art. 199, comma 2) si pone come principio generale che va osservato ogni volta in cui nei vari momenti procedimentali, non esclusi quelli di polizia giudiziaria (art. 351), le dichiarazioni dei prossimi congiunti devono essere assunte per esigenze di ordine processuale e, quindi, si caratterizza al tempo stesso per l'autonomia delle singole scelte di volta in volta operate dal teste e per la reversibilità della scelta affermativa che eventualmente fosse stata fatta in una prima tornata: ciò pure perché ogni falsa dichiarazione (compresa quella assunta dal P.M. ai sensi del nuovo art. 371-bis c.p.), ancorché resa sul medesimo oggetto testimoniale nell'ambito del medesimo procedimento penale, dà luogo ad autonomi e distinti reati di falsa testimonianza (Cass. VI, n. 4641/1994). Nel corso delle indagini preliminari non è dovuto ai prossimi congiunti di persona che non abbia ancora assunto la qualità di indagato l'avvertimento della facoltà di astenersi dal deporre previsto, a pena di nullità, dall'art. 199, comma 2 (Cass. I, n. 41142/2018). L'avviso ai prossimi congiunti dell'imputato in ordine alla facoltà degli stessi di astenersi dal testimoniare va loro rivolto, a pena di nullità, anche in sede di sommarie informazioni rese al difensore ex art. 391-bis (Cass. III, n. 41484/2013). Il convivente «more uxorio» non è punibile ai sensi dell'art. 384, comma 2, c. p. per il reato di favoreggiamento personale commesso mediante false o reticenti dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria senza essere stato previamente informato, ai sensi dell'art. 199, della facoltà di astenersi dal rilasciarle (Cass. V, n. 40192/2012). Si è successivamente ritenuto che la facoltà di astensione dal rendere dichiarazioni ex art. 199 (e la causa di non punibilità di cui all'art. 384 c.p.) si applicano anche alle relazioni tra appartenenti allo stesso sesso intercorse in epoca antecedente al riconoscimento delle unioni civili, con l. n. 76/2016, ed all'equiparazione ai coniugi introdotta dall'art. 2, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 6/2017, limitatamente ai fatti verificatisi ovvero appresi durante la convivenza (Cass. VI, n. 50993/2019: la S.C. ha precisato che l'estensione della causa di non punibilità alle convivenze tra appartenenti allo stesso sesso discende dal fatto che le menzionate disposizioni penali costituiscono mera esplicazione di principi costituzionali e convenzionali diretti alla tutela di tali rapporti). In tema di falsa testimonianza, la causa di esclusione della punibilità di cui all'art. 384, comma 2, c. p. è invocabile anche quando il testimone non sia stato tempestivamente avvisato della facoltà di astensione, in violazione della prescrizione di cui all'art. 199, comma secondo (Cass. VI, n. 37485/2010). Non integra il reato di falsa testimonianza la dichiarazione non veritiera resa da persona che non possa essere sentita come testimone o abbia facoltà di astenersi dal testimoniare, ma non ne sia stata avvertita, a nulla rilevando le finalità e i motivi che l'abbiano indotta a dichiarare il falso (Cass. S.U. , n. 7208/2008 ). La nullità conseguente al mancato avviso della facoltà di astenersi dal deporreL'omissione dell'avvertimento relativo alla facoltà per i prossimi congiunti dell'imputato di astenersi dal deporre non determina l'inutilizzabilità della testimonianza del congiunto non avvertito, bensì una nullità di natura relativa, che deve essere eccepita, a pena di decadenza, dalla parte che vi assiste prima del compimento dell'esame testimoniale ovvero, se ciò non è possibile, immediatamente dopo, ai sensi dell'art. 182, comma 2, c.p.p., e, comunque, ove verificatasi nel giudizio – come perlopiù accade – con l'impugnazione della relativa sentenza, ai sensi dell'art. 181, comma 4, c.p.p. (Cass. V, n. 48693/2014 e Cass. III, n. 21374/2018). In tema di giudizio abbreviato, sono utilizzabili le dichiarazioni rese dal prossimo congiunto (nella specie, il padre dell'imputato) nel corso delle indagini preliminari, ancorché viziate da nullità in relazione all'omesso avviso della facoltà di astensione, in quanto trattasi di nullità relativa e, con la scelta del rito, l'imputato ha acconsentito all'utilizzazione di tutti gli elementi di prova acquisiti dal pubblico ministero e inseriti nel fascicolo di cui all'art. 416, comma 2, c.p.p. (Cass. I, n. 30901/2022). La scelta del rito abbreviato determina l'utilizzabilità delle dichiarazioni in atto rese dal prossimo congiunto dell'imputato in assenza dell'avvertimento circa la facoltà di astenersi dal deporre (Cass. II, n. 34521/2009). La deposizione resa dal prossimo congiunto dell'imputato, senza l'avvertimento di cui all'art. 199 è nulla; tale nullità, tuttavia, non ha efficacia diffusiva e non si estende pertanto alle altre fonti di prova testimoniale introdotte nel dibattimento in quanto conosciute attraverso la testimonianza poi dichiarata nulla (Cass. V, n. 4384/1999). L'utilizzazione degli atti non ripetibili compiuti in territorio estero dalla polizia straniera e acquisiti nel fascicolo per il dibattimento non è condizionata all'accertamento, da parte del giudice italiano, della regolarità degli atti compiuti dall'autorità straniera, vigendo una presunzione di legittimità dell'attività svolta e spettando al giudice straniero la verifica della correttezza della procedura e l'eventuale risoluzione di ogni questione relativa alle irregolarità riscontrate (Cass. II, n. 24776/2010. Fattispecie di verbale della polizia tedesca di assunzione di informazioni in assenza dell'avviso della facoltà di astenersi dal deporre per reati riguardanti un prossimo congiunto). Mancato esercizio della facoltà di astenersi dal deporre e deposizione del denunciante o persona offesaIn tema di falsa testimonianza, la causa di esclusione della punibilità prevista per chi ha commesso il fatto per essere stato costretto dalla necessità di salvare sé o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell'onore non opera nell'ipotesi in cui il testimone abbia deposto il falso pur essendo stato avvertito della facoltà di astenersi (Cass. S.U., n. 7208/2008). In tema di falsa testimonianza, la causa di esclusione della punibilità dello stato di necessità non opera nell'ipotesi in cui il testimone abbia deposto il falso, pur essendo stato avvertito della facoltà di astenersi e avendovi rinunciato (Cass. VI, n. 42818/2013). In tema di falsa testimonianza, non è applicabile l'esimente prevista dall'art. 384, comma 1, c.p., del fine di salvare il congiunto da un grave e inevitabile nocumento alla libertà, se l'azione penale sia stata esercitata a seguito di presentazione di denuncia nei confronti del prossimo congiunto (Cass. VI, n. 16156/2013). Non è configurabile la causa di non punibilità di cui al combinato disposto degli artt. 384, comma 1, c.p. e 199, nell'ipotesi in cui un teste deponga in un processo nel quale il prossimo congiunto sia persona offesa dal reato, a nulla rilevando la circostanza che in altro processo quest'ultimo possa assumere anche la veste di indagato o imputato di reato connesso (Cass. VI, n. 46247/2012); è stata ritenuta legittima l'assunzione della testimonianza resa, senza l'avviso della facoltà di astenersi dal deporre, dal prossimo congiunto della persona offesa dal reato, anche nel caso in cui quest'ultima assuma, nel medesimo procedimento, veste di indagato o imputato di reato connesso (Cass. V, n. 1711/2017). La valutazione della testimonianza dei prossimi congiunti dell’imputato obbligati a deporreLa deposizione dei prossimi congiunti dell'imputato nei cui confronti non opera la facoltà di astensione prevista dall'art. 199, comma 1, va valutata secondo le regole ordinarie di valutazione della prova (Cass. III, n. 40656/2016). Si è ritenuto che l'accertamento di una situazione di convivenza more uxorio, finalizzata a riconoscere ad un soggetto non coniuge dell'imputato la facoltà di astenersi dal deporre ed il diritto di essere avvisato di tale facoltà, si risolve in una questione di fatto, sottratta al sindacato di legittimità, se motivata secondo logici criteri (Cass. I, n. 36608/2016: fattispecie nella quale la S.C. ha ritenuto correttamente motivata la pronuncia che aveva escluso la possibilità di configurare una vera e propria convivenza, ovvero una coabitazione caratterizzata da un legame affettivo e da una stabile organizzazione comune, tra l'imputato e la fidanzata che, per motivi dovuti alla lontananza, veniva saltuariamente ospitata da lui). In argomento, cfr. ora art. 2, comma 1, d. lgs. n. 6/2017 (supra). CasisticaAi fini dell'utilizzabilità di dichiarazioni rese da persona che, alla luce degli ulteriori sviluppi delle indagini, venga a trovarsi nella condizione di chi avrebbe potuto esercitare la facoltà di astensione prevista dall'art. 199, si deve avere riguardo non alla posizione formale rivestita dal soggetto al momento dell'atto, bensì a quella sostanziale, da valutarsi con riferimento ai già acquisiti dati indizianti che non abbiano carattere di mero sospetto (Cass. I, n. 6617/2008). In difetto di accordo delle parti, le dichiarazioni procedimentali di soggetto poi avvalsosi della facoltà di non deporre in quanto prossimo congiunto di uno degli imputati sono da ritenere inutilizzabili – attesa la non imprevedibilità dell'esercizio di detta facoltà – anche nei confronti di imputati diversi dal prossimo congiunto (Cass. I, n. 8739/2003). BibliografiaAbbati, Segreto familiare e giusto processo, in AA.VV., Dal principio del giusto processo alla celebrazione di un processo giusto, a cura di Cerquetti - Fiorio, Padova, 2002, 205; Andreazza, Considerazioni a margine della sentenza Sez. Un. Genovese: la causa di non punibilità dell’art. 384 c.p. e la rinuncia alla facoltà di astenersi, in Cass. Pen. 2008, 2339; Baccari, Il testimone prossimo congiunto dell’imputato connesso o collegato, in Dir. pen. e proc. 2003, fasc. 4; Baccari, Unioni civili e prova testimoniale nel processo penale, in Dir. pen. e proc. 2017, 997; Cesari, Tutela del “segreto familiare” e astensione tardiva dei prossimi congiunti, in Giur. it. 2000, 134; Gatta, Unioni civili tra persone dello stesso sesso: profili penalistici. Note a margine del D.lgs. 19 gennaio 2017, n. 6, in Dir. pen. cont. 31 gennaio 2017; Jacoangeli, Il prossimo congiunto dell’imputato, fra delitto di falsa testimonianza e dovere di solidarietà familiare, in Cass. pen. 2014, 1250; Scarcella, Punibile il falso teste “avvisato” di astenersi nel processo a carico del prossimo congiunto, in Dir. pen. e proc. 2009, 163; Sebastianutti, I confini del diritto al silenzio dei prossimi congiunti dell’imputato, in Cass. pen. 2017, 4126. |