Codice di Procedura Penale art. 207 - Testimoni sospettati di falsità o reticenza. Testimoni renitenti.

Piercamillo Davigo
Giuseppe Riccardi

Testimoni sospettati di falsità o reticenza. Testimoni renitenti.

1. Se nel corso dell'esame un testimone rende dichiarazioni contraddittorie, incomplete o contrastanti con le prove già acquisite, il presidente o il giudice glielo fa rilevare rinnovandogli, se del caso, l'avvertimento previsto dall'articolo 497 comma 2. Allo stesso avvertimento provvede se un testimone rifiuta di deporre fuori dei casi espressamente previsti dalla legge e, se il testimone persiste nel rifiuto, dispone l'immediata trasmissione degli atti al pubblico ministero perché proceda a norma di legge.

2. Con la decisione che definisce la fase processuale in cui il testimone ha prestato il suo ufficio, il giudice, se ravvisa indizi del reato previsto dall'articolo 372 del codice penale, ne informa il pubblico ministero trasmettendogli i relativi atti 1.

 

[1] Il comma era stato soppresso dall'art. 1 d.l. 8 giugno 1992, n. 306. La legge di conversione 7 agosto 1992, n. 356, ha, tuttavia, a sua volta soppresso l'art. 1 del decreto.

Inquadramento

Il vigente codice di rito ha escluso la possibilità del c.d. “arresto monitorio” del teste sospettato di falsità o reticenza, previsto dal codice del 1930, per evitare la previsione di uno strumento di pressione psicologica nei confronti del testimone, coerentemente con la struttura tendenzialmente accusatoria del processo; del resto, anche i limiti edittali dell'art. 366 c.p. non consentono l'arresto neppure per il rifiuto di deporre del testimone.

La norma distingue tra i casi di renitenza e i casi di sospetto di falsità o reticenza: mentre per entrambi i casi è previsto che il giudice faccia rilevare al testimone le dichiarazioni contraddittorie, incomplete o contrastanti con le prove già acquisite, e rinnovi l'ammonizione a dire la verità, nell'ipotesi di rifiuto di rispondere il giudice dispone l'immediata trasmissione degli atti al pubblico ministero.

Invece, in caso di ritenuta falsità o reticenza, il giudice trasmette gli atti al pubblico ministero soltanto con il provvedimento che chiude la fase in cui la testimonianza è stata resa; tuttavia, il P.M. può autonomamente promuovere l'azione penale anche prima, e a prescindere, dalla trasmissione degli atti.

La trasmissione degli atti al pubblico ministero da parte del giudice del dibattimento perché proceda nei confronti del testimone sospettato di falsità o reticenza e del testimone renitente non costituisce una condizione di procedibilità dell'azione penale per il reato di falsa testimonianza (Cass. VI, n. 23748/2011).

Questioni di legittimità costituzionale

Sia per l'abrogato codice di procedura penale, come ritenuto da consolidata giurisprudenza formatasi sotto la sua vigenza, sia per l'attuale codice, una volta disposta dal giudice, nel corso del dibattimento, la immediata trasmissione del verbale d'udienza al pubblico ministero per il reato di cui all'art. 372 c.p., la delibazione sulla falsità delle dichiarazioni testimoniali deve comunque formare oggetto di apprezzamento incidenter tantum da parte del medesimo giudice (chiamato a celebrare il dibattimento nel corso del quale la testimonianza è resa) e l'eventuale giudicato sulla falsità non può in ogni caso fare stato in quel procedimento.

Pertanto la questione di legittimità costituzionale dell'art. 207, comma 2, è stata dichiarata non fondata nella parte in cui non prevede più – in ciò discostandosi dall'art. 458 c.p.p. del 1930 – la sospensione del giudizio in corso in attesa della definizione del procedimento sulla falsa testimonianza; la mancata previsione della sospensione del giudizio non viola il principio di soggezione del giudice soltanto alla legge (art. 101 Cost.), giacché il giudice non è tenuto in alcun modo a decidere sulla base di prove da lui per avventura ritenute false, ma a provvedere in conformità alle regole di utilizzazione e valutazione probatoria che il codice di rito puntualmente traccia, con la possibilità quindi di ritenere “inattendibile” una determinata ricostruzione dei fatti e di trarre da ciò le proprie conclusioni senza che queste possano in alcun modo ritenersi “assoggettate” ad una prospettazione contraria al vero. D'altronde inerisce ad un profilo metagiuridico, come tale estraneo non soltanto al tessuto del sistema, ma, ciò che più conta, al parametro costituzionale di cui si assume la lesione, invocare la riproduzione del potere sospensivo, che l'abrogato codice prevedeva in caso di falsa testimonianza, sull'avviso che tale potere rappresenterebbe strumento idoneo a consentire, sotto il profilo, per così dire psicologico, la formazione di un corretto giudizio (Corte cost. n. 208/1994).

L'avvertimento

La persona che rende dichiarazioni al giudice o al pubblico ministero ha l'obbligo di rispondere secondo verità alle domande che gli sono rivolte, ai sensi degli art. 198, primo comma, e 362, e di quest'obbligo dev'essere avvertita sia inizialmente, sia quando sia sospettata di falsità o reticenza, senza che in seguito a questo sospetto e al conseguente avvertimento mutino le forme dell'assunzione e diventi necessario procedere considerando la persona come sottoposta alle indagini. A tale conclusione induce il dettato dell'art. 207, che al primo comma prevede un nuovo avvertimento sulle «responsabilità previste dalla legge penale per i testimoni falsi o reticenti» (art. 497, secondo comma) ed al secondo comma la possibilità, per il giudice, al termine dell'assunzione, di informare il pubblico ministero, ove ravvisi indizi del reato ex art. 372 c.p. (Cass. V n. 215/1993. Fattispecie in tema di misura cautelare personale: la Suprema Corte ha ritenuto che legittimamente il giudice del riesame avesse considerato tra gli indizi a carico le dichiarazioni di persona esaminata ai sensi dell'art. 362, il cui esame era proseguito dopo l'ammonimento a riferire il vero).

L'omesso avvertimento

L'omesso avvertimento al teste sospettato di falsità ai sensi dell'art. 207 non comporta la nullità della deposizione, a norma dell'art. 497, comma terzo, il quale stabilisce che è prescritta a pena di nullità l'osservanza delle disposizioni di cui al comma secondo, tra le quali non è compreso l'avvertimento suindicato (Cass. II, n. 31384/2004).

L'omesso avvertimento del giudice al teste sospettato di falsità o reticenza circa le responsabilità previste dalla legge penale non integra alcuna nullità, risolvendosi in una mera irregolarità (Cass. II, n. 6914/2011).

L'omesso avvertimento ai sensi dell'art. 207 non rileva neppure ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 372 c.p. (Cass. VI, n. 26560/2008).

La trasmissione degli atti al pubblico ministero

Il sistema introdotto dal codice di rito accusatorio introduce una separazione tra la valutazione della testimonianza ai fini della decisione del processo in cui è stata resa e l'eventuale persecuzione penale del testimone che abbia deposto il falso, attribuendo al giudice il solo compito di informare il P.M. della notizia di reato, quando ne ravvisi gli estremi in sede di valutazione complessiva del materiale probatorio raccolto.

Ne consegue che la deposizione dibattimentale del teste, pur se falsa, rimane parte integrante del processo in cui è stata resa e costituisce prova ivi utilizzabile e valutabile in relazione all'altro materiale probatorio legittimamente acquisito, anche sulla base del meccanismo disciplinato ai sensi dell'art. 500, comma 4 (Cass. VI, n. 18065/2012. Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto non sanzionabile, né influente sulla valutazione della prova testimoniale, ma solo frutto di un'irregolarità, la scelta operata dal giudice nel disporre la trasmissione al P.M. degli atti relativi ad ogni deposizione testimoniale sospettata di falso, non con la decisione che ha definito la fase processuale in cui essi hanno prestato il loro ufficio, ma subito dopo ogni singola deposizione).

Secondo un orientamento, costituisce però causa di ricusazione ex art. 37, primo comma, lett. b, per indebita manifestazione da parte del giudice del proprio convincimento sui fatti oggetto dell'imputazione, la immediata trasmissione da parte del giudice al pubblico ministero dei verbali di deposizioni testimoniali sospettate di falsità o reticenza senza attendere, come previsto dall'art. 207 comma 2, la decisione della fase processuale nella quale il testimone ha deposto. È contrario, infatti, al principio del giusto processo, che impone la netta distinzione tra il momento di acquisizione e quello della valutazione della prova, consentire al giudice di anticipare il convincimento ad un momento anteriore alla completa acquisizione probatoria ed alla fase deliberativa (Cass. V, n. 475/1999).

Tuttavia, le Sezioni Unite hanno affermato che l'indebita manifestazione del convincimento da parte del giudice espressa con la delibazione incidentale di una questione procedurale, anche nell'ambito di un diverso procedimento, rileva come causa di ricusazione solo se il giudice abbia anticipato la valutazione sul merito della res iudicanda, ovvero sulla colpevolezza dell'imputato, senza che tale valutazione sia imposta o giustificata dalle sequenze procedimentali, nonché quando essa anticipi in tutto o in parte gli esiti della decisione di merito, senza che vi sia necessità e nesso funzionale con il provvedimento incidentale adottato (S.U., n. 41263/2005).

Casistica

La ritenuta oggettiva falsità della testimonianza da parte del giudice del dibattimento non esclude di per sé l'applicabilità della disposizione contenuta nell'art. 500, comma 4, dovendosi comunque valutare la sussistenza in concreto di un inquinamento probatorio (Cass. V, 19313/2013).

La sospensione del processo è un mezzo eccezionale cui il giudice deve fare ricorso solo quando la legge espressamente lo consenta e cioè quando la decisione dipende dalla risoluzione di una questione pregiudiziale costituzionale ovvero civile o amministrativa, ai sensi dell'art. 3, per cui fuori da tali casi il giudice è tenuto a risolvere ogni altra questione pregiudiziale, seppure con efficacia non vincolante (Cass. V, n. 14972/2005. Nella specie la Corte ha ritenuto abnorme il provvedimento con cui il giudice, disposta la trasmissione alla procura della Repubblica degli atti relativi alle dichiarazioni rese da alcuni testimoni, aveva contestualmente sospeso il dibattimento in attesa dell'esito del procedimento per falsa testimonianza).  

Bibliografia

Falcinelli, Il dilemma del diritto penale davanti al falso testimone. L’offesa alla “libertà” del convincimento giudiziale, tra regole processuali e criteri “impliciti” di accertamento del fatto, in Riv. it. dir. proc. pen. 2013, 789; Giannone, Il divieto di arresto in flagranza per i delitti di false informazioni, calunnia, favoreggiamento in dichiarazioni rese al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria (Commento all’art. 26), in AA.VV., Commento alle nuove norme sulla custodia cautelare (l. 8 agosto 1995, n. 332), Bologna, 1996, 245; Scomparin, La tutela del testimone nel processo penale, Padova, 2000; Zacché, Falsa testimonianza, valutazione anticipata e iudex suspectus, in Dir. pen. e proc. 1999, 1417.

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