Codice di Procedura Penale art. 218 - Presupposti dell'esperimento giudiziale.Presupposti dell'esperimento giudiziale. 1. L'esperimento giudiziale è ammesso quando occorre accertare se un fatto sia o possa essere avvenuto in un determinato modo. 2. L'esperimento consiste nella riproduzione, per quanto è possibile, della situazione in cui il fatto si afferma o si ritiene essere avvenuto e nella ripetizione delle modalità di svolgimento del fatto stesso. InquadramentoUn fatto ormai accaduto vive, nella sua irripetibilità, solo nei ricordi di chi lo ha vissuto (da protagonista o da spettatore) o nelle tracce che ha lasciato. La sua rievocazione nel “laboratorio” giudiziale ne rende possibile la riproduzione postuma mediante un esperimento finalizzato a verificare se davvero sia (o possa essere) avvenuto nel modo che si afferma o si ritiene sia accaduto, sciogliendo ogni possibile dubbio al riguardo. È mezzo (scientifico) di prova volto a eliminare ragionevoli incertezze: l’esperimento negativo, da questo punto di vista, è il più utile perché «liquida ipotesi insostenibili» (Cordero). Presupposti dell'esperimento giudizialeL'esperimento giudiziale è un mezzo di prova tipico, scientifico e diretto. Presupposto (e limite) della sua esecuzione è la necessità di acquisire al patrimonio conoscitivo del giudice (e del processo) la descrizione del fatto o delle sue tracce e la possibilità stessa della sua ricostruzione in termini di sostanziale identità rispetto ai dati di riferimento; presupposto indispensabile dell'esperimento giudiziale è la certezza assoluta delle condizioni in cui il fatto si afferma (o si ipotizza) essere avvenuto (Cass. II, n. 2380/1995, secondo cui l'esperimento può essere disposto solo quando sia possibile riprodurre il fatto, oggetto della prova, nelle condizioni in cui si afferma o si ritiene essere avvenuto; l'impossibilità di una sua ricostruzione in termini di sostanziale identità rispetto ai dati di riferimento, infatti, rende del tutto inutile, se non addirittura fuorviante ai fini del giudizio, la verifica attuata mediante controllo sperimentale, con la conseguenza che non può disporsi un'operazione di cui già preventivamente si conosca l'inutilizzabilità del risultato come mezzo di prova). Le moderne tecnologie informatiche potrebbero essere di grande ausilio non solo nella riproduzione “in vitro” delle condizioni date ma anche nella “rappresentazione vivente” (Tonini) del fatto da provare. L'art. 219 è stato scritto in un'epoca informaticamente lontana anni luce; l'assenza di ritocchi, però, non depone a favore di un'ipotesi astrattamente e totalmente contraria al ricorso allo strumento informatico. Al più si tratterebbe di una prova atipica (art. 189) sulla cui irripetibilità, però, ci sarebbe a questo punto molto da discutere. L'esperimento giudiziale non è un mezzo di ricerca della prova (come, per esempio, l'ispezione); non è attività di statica osservazione di luoghi e persone alla ricerca di una traccia o altri effetti materiali del reato (come per esempio il sopralluogo): è dinamica riproduzione artificiale del fatto attraverso il quale si accerta, semmai, se esso possa aver prodotto gli effetti magari già osservati (o descritti da altri). È verificazione empirica-causale di un avvenimento nelle condizioni date (o ipotizzate); ecco perché è mezzo di prova e non mezzo di ricerca della prova: riproduce il fatto oggetto di verificazione empirica, non si limita ad un esame statico delle tracce (casomai le produce). L'oggetto della provaL'oggetto della prova è costituito dal fatto o meglio dal modo con cui il fatto si afferma (dalle parti private o dai testimoni) o si ritiene (dal giudice, dal pubblico ministero o dal difensore) che sia (o possa essere) avvenuto. Il fatto può riferirsi, secondo il cd. principio di pertinenza, all'imputazione, ma anche alla punibilità o alla determinazione della pena o della misura di sicurezza (art. 187, co. 1); improbabile (pur non impossibile) la sua proiezione esclusivamente processuale (art. 187, co. 2). Esso consiste: a) nella riproduzione della situazione in cui si afferma o si ritiene che il fatto sia avvenuto; b) nella ripetizione del modo in cui si è svolto. Lo scopo è quello di verificare in concreto un'ipotesi esplicativa sullo sviluppo di un accadimento, ed a controllare il contesto, onde evitare il pericolo di fattori di confondimento (Cass. IV, n. 20066/2010). È un mezzo di prova dinamico: un accertamento che sia volto ad una semplice descrizione oggettiva e statica di una cosa non costituisce esperimento giudiziale (né perizia né accertamento tecnico non ripetibile comportante la necessità dell'intervento della difesa) ma un accertamento sulle cose e sui luoghi, cioè un'osservazione immediata e diretta che può essere compiuta anche dalla polizia giudiziaria (Cass. IV, n. 24078/2004). E così, non costituiscono esperimento giudiziale, ma semplice accertamento di polizia giudiziaria, la mera verifica da seduti della visibilità laterale da un veicolo compiuta nell'ambito di indagini per omicidio colposo da incidente stradale (Cass. IV, n. 18338/2019), l'accertamento atto a stabilire se alcune chiavi possano aprire o meno un appartamento (Cass. VI, n. 2109/1996), il mero confronto tra le parti mancanti dell'autovettura dell'imputato ed i frammenti rinvenuti sul luogo dell'incidente (Cass. IV, n. 20066/2010). Né, per le stesse ragioni, costituisce esperimento giudiziale l'attività di misurazione di molluschi, mediante un calibro metallico a scorsoio (Cass. III, n. 38087/2009) o l'attività del teste che accompagna la polizia giudiziaria sui luoghi dove si è consumato un reato e che fa parte dell'attività informativo-descrittiva propria della testimonianza, costituendo integrazione della descrizione orale (Cass. IV, n. 7430/2000). Più in generale, un accertamento, che non sia volto a stabilire lo svolgimento di un fatto (mediante la sua riproduzione fenomenica) né diretto a richiedere il parere di un esperto (sul come e sul perché un fatto sia accaduto secondo la cognizione tecnica di scienze ed arti), ma tenda semplicemente ad ottenere la descrizione oggettiva e statica di una determinata cosa non costituisce esperimento giudiziale né perizia né accertamento tecnico non ripetibile, comportante la necessità dell'intervento della difesa, ma un accertamento sulle cose e sui luoghi, cioè un'osservazione immediata e diretta che può essere compiuta anche dalla P.G. (Cass. VI, n. 2109/1996). Non si tratta solo di questioni definitorie: l'esperimento giudiziale esige il contraddittorio. Ne consegue che nella ipotesi in cui sia stato eseguito da una sola parte, i suoi risultati possono essere acquisiti al fascicolo per il dibattimento solo con il consenso delle altre parti (Cass. I, n. 4704/2014, in un caso riguardante materiale filmico e grafico formato dalla difesa e dai suoi consulenti sulla base delle dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia con l'intento di dimostrare l'incompatibilità delle loro versioni con lo stato dei luoghi e con dati obiettivi già acquisiti al processo). BibliografiaG. Bellavista, Esperimento giudiziale, Enc. Dir., Vol XV, Milano, 1966, pagg. 747 e segg.; F. Cordero, Procedura penale, Milano, 2012, pagg. 777 e segg.; Siracusano, Galati, Tranchina, Zappalà, Diritto processuale penale, Milano 2013, pag. 289; P. Tonini, Manuale di procedura penale, Milano, 2020, pagg. 332 e segg.; G. Lozzi, Lezioni di procedura penale, Torino, 2002, pag. 246 e seg.; G. Ubertis, Sistema di procedura penale, Milano, 2020, Vol. II, pagg. 268 e segg.; C. Ingrao, sub art. 218, in Codice di procedura penale, a cura di G. Canzio e R. Brichetti, Giuffrè, 2017, Tomo I, pagg. 1533 e seg.; C. Bonzano, Esperimenti giudiziali, in Procedura Penale, Teoria e pratica del processo, a cura di G. Spangher, A. Marandola, G. Garuti, L. Kalb, Torino, 2015, Vol. 1, pagg. 914 e segg; F. Morlacchini, sub art. 218, in Codice di procedura penale. Rassegna di giurisprudenza e dottrina, a cura di G. Lattanzi e E. Lupo, Giuffrè, 2017, pagg. 339 e segg.; M. Menna, sub. art. 219, in Codice di procedura penale commentato, a cura di A. Giarda e G. Spangher, Torino, 2017, Tomo I, pagg. 2186 e segg.; G. Conso, V. Grevi, Compendio di procedura penale, Padova, 2008, pag. 345 e seg. |