Codice di Procedura Penale art. 230 - Attività dei consulenti tecnici.Attività dei consulenti tecnici. 1. I consulenti tecnici [225, 233 2] possono assistere al conferimento dell'incarico al perito [223 1 coord.] e presentare al giudice richieste, osservazioni e riserve, delle quali è fatta menzione nel verbale. 2. Essi possono partecipare alle operazioni peritali, proponendo al perito specifiche indagini e formulando osservazioni e riserve, delle quali deve darsi atto nella relazione [227, 360 3]. 3. Se sono nominati dopo l'esaurimento delle operazioni peritali [228], i consulenti tecnici possono esaminare le relazioni e richiedere al giudice di essere autorizzati a esaminare la persona, la cosa e il luogo oggetto della perizia. 4. La nomina dei consulenti tecnici e lo svolgimento della loro attività non può ritardare l'esecuzione della perizia e il compimento delle altre attività processuali. InquadramentoLa norma disciplina l’attività dei consulenti indicandone le relative facoltà La nomina e le facoltà dei consulenti tecniciLa parti possono nominare propri consulenti tecnici sia in caso di perizia (artt. 225, 230) che in assenza di perizia (art. 233; ma si vedano anche gli artt. 359 e 327-bis, u.c.). Nel primo caso, i consulenti tecnici possono assistere al conferimento dell'incarico e presentare al giudice (anche ai fini della formulazione del quesito, art. 226, c. 2) richieste, osservazioni e riserve delle quali deve essere fatta menzione nel verbale. Se nominati dopo il conferimento dell'incarico, possono comunque partecipare, in qualsiasi momento, alle operazioni peritali proponendo al perito specifiche indagini e formulando osservazioni e riserve delle quali il perito deve dare atto nella relazione di cui all'art. 227. Se i consulenti vengono nominati dopo l'esaurimento delle operazioni peritali possono esaminare la relazione del perito senza che sia necessaria l'autorizzazione del giudice; l'autorizzazione è necessaria solo se il consulente intende esaminare la persona, la cosa o il luogo oggetto della perizia. Il consulente non può in ogni caso controesaminare il perito giacché l'art. 501, c. 1, in tema di esame dei periti e dei consulenti tecnici, rinvia alle disposizioni sull'esame dei testimoni in quanto applicabili e queste ultime non prevedono alcuna forma di controesame dei testi tra di loro (così Cass. II, n. 63812005, secondo cui non sussiste altresì alcun obbligo per il giudice di disporre un confronto diretto tra gli stessi, restando affidata al difensore l'eventuale esposizione dei motivi di dissenso dalle conclusioni dell'elaborato; nello stesso senso, Cass. I, n. 35187/2002). La richiesta del consulente tecnico di esaminare le conclusioni del perito ai sensi dell'art. 230, c. 3, non ha ragion d'essere quando il consulente stesso abbia affiancato il perito sin dall'inizio, potendo con lui interloquire in ogni momento dell'espletamento dell'incarico. In tale caso, infatti, a norma dei commi primo e secondo dello stesso articolo, al consulente è consentito assistere al conferimento dell'incarico, presentare al giudice richieste, osservazioni e riserve, delle quali viene fatta menzione verbale, partecipare alle operazioni peritali, proponendo al perito specifiche indagini e formulando osservazioni e riserve della quale deve darsi atto nella relazione (Cass. VI, n. 2976/1992). In ogni caso la nomina dei consulenti e lo svolgimento della loro attività non può ritardare l'esecuzione della perizia e lo svolgimento delle operazioni peritali (Cass. V, n. 36052/2020, secondo cui è legittimo, in quanto non lesivo dell'esercizio del diritto di difesa, il diniego del rinvio dell'udienza dibattimentale chiesto dal difensore per consentire ai consulenti di parte, assenti per loro asserito impedimento, di assistere l'imputato durante l'esame del perito, qualora essi abbiano partecipato agli sviluppi dell'attività peritale ed avuto la possibilità di presentare sia al giudice, sia al perito osservazioni e riserve, in quanto la nomina dei consulenti tecnici e lo svolgimento delle loro attività non devono comportare ritardo alle attività processuali; conf. Cass. III, n. 24979/2018; si veda anche Cass. V, n. 51589/2016, secondo cui è legittimo, in quanto non lesivo dell'esercizio del diritto di difesa, il diniego del rinvio dell'udienza dibattimentale chiesto dal difensore per l'esame della perizia, in quanto questa è il frutto della convergente attività del perito e del consulente nominato dalla difesa, il quale ha il potere di partecipare agli sviluppi dell'attività peritale, presentando sia al giudice che al perito osservazioni e riserve di cui deve rimanere traccia nel verbale e di cui deve tenersi conto nella relazione. Nel caso esaminato dalla Corte, la difesa aveva eccepito la violazione dell'art. 111 Cost. e dei diritti di difesa, ai sensi dell'art. 178, lett. c), con riferimento al rigetto della richiesta di rinvio dell'udienza dibattimentale al fine di esaminare la perizia, depositata tre giorni prima di tale udienza). Secondo la citata Cass. I, n. 11867/1995, l'art. 230 stabilisce, nei primi due commi, l'ambito di operatività del consulente tecnico nel senso che la sua attività può esplicarsi sia nel momento del conferimento dell'incarico al perito, presentando al giudice richieste, osservazioni e riserve, sia nel corso delle operazioni peritali, proponendo al perito specifiche indagini e formulando osservazioni e riserve, delle quali deve darsi atto nella relazione. Inoltre tale articolo, al comma quarto, pone dei limiti temporali alla facoltà di intervento del consulente tecnico proprio al fine di evitare che la sua attività possa ritardare lo svolgimento della perizia. Ne consegue che, qualora il consulente tecnico non abbia esplicato alcuna forma di intervento nel momento del conferimento dello incarico al perito o nel corso delle operazioni peritali, non ricorre alcun obbligo da parte del giudice di esaminarlo dopo che si sia concluso l'esame del perito di ufficio nel corso di una perizia disposta in dibattimento con le forme previste dalla seconda parte del comma primo dell'art. 508 (In motivazione, la S.C. ha chiarito che tale interpretazione dell'art. 230 non trova ostacolo nella disposizione dell'art. 152 disp. att., sicuramente applicabile nel caso che la perizia sia disposta in dibattimento ai sensi dello art. 508, comma primo, prima parte, del codice, essendo necessario assicurare il contraddittorio in dibattimento mediante la facoltà, riconosciuta al consulente, di formulare osservazioni e sollecitare indagini nel corso dello stesso dibattimento o nel corso delle operazioni peritali, qualora sia necessario rinviare il dibattimento per procedere ad accertamenti e indagini di natura tecnica; al contrario, nel caso che il dibattimento venga rinviato ai sensi della seconda parte dello stesso articolo, l'esame del consulente tecnico in dibattimento deve ritenersi escluso, qualora lo stesso non abbia svolto forma di intervento nella fase del conferimento dell'incarico o nel corso delle operazioni peritali, in quanto tale esame trova un limite nel disposto dell'art. 230). Nello stesso senso Cass. V, n. 35468/2003; Cass. V, n. 32465/2001. Si veda però Cass. II, n. 19134/2022 (infra). Quando non è stata disposta perizia, le parti possono nominare propri consulenti tecnici secondo quanto prevede l'art. 233 al cui commento si rinvia. Il denegato assenso alla diretta partecipazione del consulente tecnico di parte alle operazioni peritali integra una nullità di ordine generale, sanata ove non tempestivamente dedotta, posto che il principio del contraddittorio postula l'attiva partecipazione delle parti del processo a tali operazioni, nel corso del loro svolgimento (Cass. III, n. 32028/2022). In generale, la giurisprudenza di legittimità è costante nel ritenere che la violazione del diritto al contraddittorio sia rinvenibile solo nel caso dell'omesso esame di consulenti di parte “attivi”, che abbiano cioè fornito un concreto contributo alla svolgimento delle operazioni peritali in ambiente extra-processuale: si è infatti affermato che il giudice, dopo l'esame del perito, è tenuto ad integrare il contraddittorio con l'esame del consulente tecnico dell'imputato, qualora questi abbia assunto iniziative di sollecitazione e di contestazione rispetto all'attività peritale ed ai relativi esiti (Cass. I, n. 54492/2017; Cass. VI, n. 27928/2014; Cass. VI, n. 12610/2010; Cass. I, n. 11867/1995). In senso contrario, Cass. II, n. 19134/2022, muovendo dalla considerazione che il diritto al contraddittorio nella formazione della prova scientifica, è garantito, oltre che dalla Costituzione, anche dal diritto convenzionale, che ha chiarito come in tale area lo stesso si risolva nel tutelare la “parità delle armi” (art. 6 § 1 Convenzione EDU), ovvero nell'offrire all'accusato la possibilità di contrastare le tesi – del tecnico di parte o di ufficio – attraverso la tesi veicolata nel processo dal proprio consulente, ha affermato il principio secondo il quale il diritto al contraddittorio deve essere tutelato in tutte le fasi che caratterizzano la formazione della prova scientifica, con la conseguenza che i tecnici di parte: a) devono avere la possibilità di presenziare al conferimento dell'incarico e alla formulazione del quesito; b) devono essere posti in condizione di partecipare alle operazioni tecniche; c) ove la parte lo richieda, devono essere esaminati in contraddittorio nel dibattimento (o nell'incidente probatorio), senza che a tal fine sia necessario che la partecipazione dei medesimi allo svolgimento delle operazioni peritali sia stata “reattiva”, in quanto caratterizzata dalla proposizione di specifiche critiche avverso il metodo utilizzato dal tecnico d'ufficio. Afferma la Corte che «la tutela del diritto al contraddittorio nella formazione della prova scientifica assume una configurazione più complessa di quella del semplice diritto al controesame, che connota la prova dichiarativa e si invera nel costante confronto tra tecnico d'ufficio e consulenti di parte che deve essere tutelato dalla fase del conferimento dell'incarico, durate lo svolgimento delle operazioni peritati, fino alla esposizione in contraddittorio dibattimentale dei pareri. Di contro – osserva la Corte –, non si rinviene alcuna ragione, invero, che legittimi il condizionamento dell'audizione del tecnico di parte – ove richiesta – ad una partecipazione “reattiva” e non acquiescente alle operazioni extradibattimentali: non è insolito infatti che i tecnici che rappresentano gli interessi delle parti condividano il metodo proposto dal perito e, dunque, non si oppongano all'uso dello stesso, pur avendo opinioni diverse quanto alle valutazioni finali, espresse nella relazione. Non consentire alla parte che lo richiede che il proprio tecnico esprima in contraddittorio le ragioni del dissenso sulle conclusioni del perito, denegando l'esame sulla base della acquiescenza mostrata nel corso delle operazioni peritati, integra invece una lesione del diritto di difesa, dato che si impedisce alla parte di “contraddire” una prova sfavorevole con le armi disponibili, che nel caso della prova scientifica si traducono nella veicolazione nel processo di un parere tecnico antagonista (...) Tale interpretazione – prosegue la Corte –, oltre ad essere coerente con la tensione verso la massima tutela del diritto al contraddittorio, che si ricava sia dalla Costituzione che dalla Convenzione di Roma, trova conforto anche nel tessuto codicistico, tenuto conto che: (a) l'art. 230 cod. proc. pen. riconosce ai consulenti di parte il diritto ad assistere al conferimento dell'incarico ed a partecipare attivamente allo stesso, presentendo al giudice richieste, osservazioni e riserve delle quali è fatta menzione nel verbale; (b) lo stesso articolo riconosce ai consulenti il diritto a “partecipare” alle operazioni peritati, “anche” – e “non solo” – attraverso la proposizione di specifiche indagini, osservazioni e riserve; (c) l'art. 468 cod. proc. pen. facoltizza le parti ad inserire in lista i consulenti e ad ottenerne l'esame, anche attraverso la presentazione diretta in dibattimento. Peraltro il diritto al contraddittorio nella formazione della prova scientifica è tutelato anche dalla previsione del diritto a nominare consulenti tecnici “dopo l'esaurimento delle operazioni peritali” (art. 230, comma 3 e 233 comma 1 cod. proc. pen.): norma che risulta incompatibile con la contrazione della tutela delle prerogative del consulente di parte endoperitale. Si tratta – conclude la Corte – di una griglia di tutela, che all'evidenza sostiene tutto l'iter di formazione della prova scientifica (e si dipana anche “oltre” con la previsione del diritto alla nomina di consulenti extraperitali). E che non appare compatibile con la limitazione del diritto all'esame del consulente di parte nei soli casi in cui questi, nel corso delle operazioni peritali, abbia manifestato il suo parere contrario al metodo proposto e in concreto utilizzato». CasisticaDà luogo ad una nullità di ordine generale, da ritenersi sanata se non dedotta immediatamente dopo la pronuncia della relativa ordinanza, il diniego di autorizzazione alla parte di farsi assistere dal consulente nel corso dell'esame testimoniale in dibattimento (Cass. III, n. 24979/2018; Cass. III, n. 35702/2009; si veda anche Cass. V, n. 36052/2020, cit.); Non sussiste nullità della perizia psichiatrica per il denegato assenso alla diretta partecipazione del consulente tecnico al colloquio con la persona oggetto dell'indagine, in quanto l'art. 230, comma 2, autorizza il consulente stesso a partecipare alle operazioni peritali, proponendo al perito specifiche indagini e formulando osservazioni e riserve, delle quali deve darsi atto nella relazione, ma non ad esaminare direttamente la persona, la cosa e il luogo oggetto della perizia (Cass. I, n 35187/2002in fattispecie nella quale, non ricorrendo l'ipotesi di nomina del consulente dopo l'esaurimento delle operazioni peritali prevista dall'art. 230, comma 3, era stata assicurata la partecipazione ad esse del consulente mediante l'impiego di apparecchiature che consentivano di ascoltare domande e risposte e di formulare osservazioni e richieste); In tema di istruzione dibattimentale, nel caso in cui sia stata disposta dal giudice una perizia psicologica al fine di valutare l'idoneità fisica e mentale del teste a deporre, non vi è alcun obbligo per il perito di far presenziare alle operazioni peritali i consulenti di parte, né è prevista alcuna sanzione dalla legge processuale per la loro mancata presenza (Cass. III, n. 29848/2018, che ha precisato che il perito ha solo l'obbligo di verbalizzare le eventuali osservazioni e proposte dei consulenti e che il principio del contraddittorio sulla prova è pienamente garantito attraverso l'esame e il contro-esame dibattimentale del perito e la possibilità per la difesa di richiedere l'esame del proprio consulente, depositando la relazione dello stesso); nello stesso senso Cass. III, n. 42984/2007; In caso di perizia medica disposta ai sensi dell'art. 299, comma 4-ter, cod. proc. pen., per la valutazione della richiesta di revoca della custodia cautelare in carcere fondata sull'incompatibilità delle condizioni di salute con lo stato detentivo, è necessario che sia garantita l'interlocuzione con il consulente tecnico della difesa anche in sede di appello cautelare, la cui disciplina, pur contratta nei tempi, non può scarificare il diritto di difesa, pena l'integrazione di un'ipotesi di nullità generale (Cass. VI, n. 19404/2016 che ha ritenuto viziata l'ordinanza, emessa ai sensi dell'art. 310 cod. proc. pen., con cui il tribunale, dopo aver disposto perizia, aveva impedito che il medico legale nominato dalla difesa partecipasse alle attività peritali e che il difensore ponesse domande al perito); Il giudice, se ha indicato esaurientemente le ragioni del proprio convincimento, non è tenuto a rispondere in motivazione a tutti i rilievi del consulente tecnico della difesa, in quanto la consulenza tecnica costituisce solo un contributo tecnico a sostegno della parte e non un mezzo di prova che il giudice deve necessariamente prendere in esame in modo autonomo (Cass. II, n. 15248/2020; Cass. V, n. 42821/2014; Cass. IV, n. 7947/1972; si veda anche il commento dell'art. 220); Non risponde al requisito della specificità il motivo di ricorso con il quale si denunci un difetto di motivazione sulla base del mero richiamo alle non accolte conclusioni di una consulenza tecnica di parte (diverse da quelle del perito d'ufficio, cui il giudice abbia invece prestato adesione), senza indicare in modo circostanziato quali fossero i passaggi di detta consulenza che si ponevano in contrasto con le risultanze della perizia, giacché il principio di autosufficienza del ricorso richiede che per le questioni dedotte in riferimento agli atti del processo siano riportati i punti di tali atti investiti dal gravame e sia indicata la rilevanza della questione (Cass. I, n. 47499/2007); Poiché le norme contenute nell'art. 230 cod. proc. pen. non esauriscono l'ambito di operatività consentito al consulente di parte, questi legittimamente può svolgere, al di fuori delle vere e proprie operazioni peritali, degli accertamenti e riferirne mediante memoria scritta al giudice, al quale spetta il compito di riconoscere, all'attività svolta dal consulente, valore probatorio. Ed invero, al fine di esercitare il diritto alla prova di cui all'art. 190 cod. proc. pen., le parti possono svolgere attività integrativa di indagine, così come previsto dall'art. 38 disp. att. cod. proc. pen. (ora 391 bis cod. proc. pen.) sicché i pareri espressi dai consulenti di parte a mezzo di relazione scritta, ritualmente formulata e acquisita agli atti del processo, possono ben essere utilizzati ai fini della decisione (Cass. IV, n. 14863/2004; Cass. I, n. 7252/1999); in senso contrario, Cass. I, n. 29845/2019, ha affermato che il parere che il consulente tecnico di parte abbia rassegnato in una memoria è acquisibile secondo le forme di cui all'art. 121 cod. proc. pen. solo quando si limiti ad esporre argomentazioni di carattere tecnico sul significato probatorio di dati processuali già presenti in atti, e non anche quando, trasmodando in una vera e propria consulenza tecnica, sia volto ad introdurre in giudizio un autonomo accertamento, idoneo, come tale, ad eludere le regole del contraddittorio sulla prova; Il consulente tecnico, nell'espletamento della propria attività, può prendere visione di tutti gli atti acquisibili al fascicolo del dibattimento, anche formatisi successivamente al conferimento dell'incarico, non contrastando detta facoltà con la regola dell'“isolamento” della persona citata quale testimone, sancita dall'art. 149 disp. att. cod. proc. pen. (Cass. V, n. 25092/2019 relativa ad un procedimento per colpa medica, nel quale il giudice del dibattimento aveva sospeso l'esame dei consulenti medico-legali del pubblico ministero per consentire loro di prendere visione dei verbali di dichiarazioni testimoniali rese in precedenza dai familiari della vittima, dai quali gli esperti avevano ritratto elementi sintomatologici, rivelatisi dirimenti per la rivalutazione tecnica delle conclusioni precedentemente rassegnate). BibliografiaR. Adorno, Perizia (dir. proc. pen.), Enc. Dir., Annali, Vol III, Giuffrè, 2010, pagg. 885 e segg.; F. Cordero, Procedura penale, Giuffrè, 2012, pagg. 781 e segg.; Siracusano, Galati, Tranchina, Zappalà, Diritto processuale penale, Giuffrè 2013, pag. 289; P. Tonini, Manuale di procedura penale, Giuffrè, 2020, pagg. 332 e segg.; G. Lozzi, Lezioni di procedura penale, Giappichelli, 2002, pag. 246 e seg.; G. Ubertis, Sistema di procedura penale, Giuffrè, 2020, Vol. II, pagg. 268 e segg.; P. Palladino, sub art. 230, in Codice di procedura penale. Rassegna di giurisprudenza e dottrina, a cura di G. Lattanzi e E. Lupo, Giuffrè, 2017, pagg. 344 e segg.; G. Conso, V. Grevi, Compendio di procedura penale, Padova, 2008, pag. 345 e seg.; vedi anche sub art. 220. |