Codice di Procedura Penale art. 236 - Documenti relativi al giudizio sulla personalità 1 .

Enrico Campoli

Documenti relativi al giudizio sulla personalità1.

1. È consentita l'acquisizione dei certificati del casellario giudiziale, della documentazione esistente presso gli uffici del servizio sociale degli enti pubblici e presso gli uffici di sorveglianza nonché delle sentenze irrevocabili [648] di qualunque giudice italiano e delle sentenze straniere riconosciute [730 s.], ai fini del giudizio sulla personalità dell'imputato o della persona offesa dal reato, se il fatto per il quale si procede deve essere valutato in relazione al comportamento o alle qualità morali di questa.

2. Le sentenze indicate nel comma 1 e i certificati del casellario giudiziale possono inoltre essere acquisiti al fine di valutare la credibilità di un testimone.

[1] V. art. 5-bis d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, riguardo il casellario giudiziale europeo. V. altresì artt. 21-22 d.P.R. n. 313, cit., per l’acquisizione dei certificati dai casellari giudiziali. V. art. 3 d.ls. 12 maggio 2016, n. 73, riguardo le informazioni acquisite in merito alle condanne pronunciate da Stati dell’UE per fatti diversi da quelli per i quali procede l’autorità giudiziaria italiana.

Inquadramento

L'art. 236, al fine di evitare tracimazioni pruriginose all'interno del processo penale, già molto spesso oberato da tale peso improprio, categorizza, tassativamente, tutta una serie di documenti ammessi a provare il comportamento e le qualità morali dell'imputato, della persona offesa e dei testimoni laddove il fatto oggetto del giudizio debba essere valutato anche sotto tale profilo.

Il comportamento (e le qualità morali) dell'imputato e della persona offesa come oggetto della prova documentale

Profili generali

Dopo avere stabilito, nell'art. 234, comma 3, un opportuno sbarramento alla vox populi,  il legislatore si è anche, contestualmente, preoccupato di consentire all'autorità giudiziaria, in considerazione della necessaria ponderazione della attendibilità delle dichiarazioni rese dai diversi soggetti processuali (imputati, persone offese e testimoni), una valutazione dei comportamenti (e delle qualità morali) degli stessi.

Limiti

Nell'individuare i limiti riguardanti tale esame si è avuto modo di precisare, con nettezza, che esso può trovare ingresso solo “se il fatto per il quale si procede deve essere valutato in relazione al comportamento ed alle qualità morali” del soggetto interessato.

Appare evidente che il legislatore, da un lato, ha introdotto un delicatissimo strumento di valutazione, — riguardante uno spettro del tutto esterno al processo —, e, dall'altro, ha inteso delimitarne rigorosamente lo spazio, circoscrivendolo ad una stretta correlazione tra fatto in esame ed eventuale influenza in relazione ad esso del comportamento e delle qualità morali del soggetto interessato.

Valutazione

L'esame del comportamento e delle qualità morali del soggetto processuale esaminato costituiscono un evidente vulnus all'asetticità di ogni giudizio penale, che dovrebbe riguardare il fatto per come storicamente avvenuto, a prescindere dalle caratteristiche morali dei protagonisti dello stesso, ed è per questo che lo si è vincolato all'acquisizione di elementi di natura esclusivamente documentale.

Documenti

L'elenco dei documenti deputati alla finalità sopra menzionata è tassativamente predeterminato dalla norma in esame.

Rispetto a quella consentita per la valutazione del testimone, la documentalità ammessa per l'imputato e la persona offesa assume un perimetro più vasto, atteso il loro coinvolgimento processuale più pregnante.

Oltre alle sentenze irrevocabili (ed a quelle «straniere riconosciute» ex artt. 730 e ss.) ed ai certificati dei casellari giudiziali, — evidentemente finalizzati a tratteggiare la personalità del soggetto d'interesse —, assumono rilevante significato i documenti “esistenti presso gli uffici del servizio sociale degli enti pubblici” destinati ad introdurre nel processo temi di rilevante delicatezza in quanto a loro volta non dotati di alcuna certezza ed affidati a considerazioni, — anche di natura clinica e/o sociologica —, altamente opinabili.

L'attendibilità del testimone quale oggetto della prova documentale

Profili generali

Anche il testimone, — così come l'imputato e la persona offesa —, può essere oggetto di valutazione sotto il profilo della credibilità intrinseca.

Oggetto indiretto della valutazione sono, ovviamente, le dichiarazioni che lo stesso rende nel processo, dichiarazioni che, pur se del tutto estranee al comportamento o alle qualità morali dello stesso, possono, in sede valutativa, essere inficiate da quest'ultime.

Documenti

La credibilità del testimone, o meglio la credibilità delle dichiarazioni dallo stesso rese, può essere oggetto di uno spettro documentale molto meno ampio di quello previsto per gli altri soggetti processuali (imputato e persona offesa) avendo, il legislatore, avuto cura di delimitarlo alle sentenze irrevocabili (ed a quelle straniere riconosciute dal nostro ordinamento) ed ai certificati del casellario giudiziale.

Implicitamente, ogni altro documento, atto a dimostrare la inattendibilità del testimone sotto il profilo del comportamento o delle sue qualità morali, è illegittimamente prodotto ed acquisito.

Casistica

Le sentenze pronunciate nei procedimenti civili e non ancora divenute irrevocabili possono essere, nel contraddittorio delle parti, acquisite legittimamente, ex art. 234 c.p.p.al fascicolo dibattimentale ed utilizzate come prova limitatamente alla esistenza della decisione ed alle vicende processuali in esse rappresentate ma non ai fini della valutazione delle prove e della ricostruzione dei fatti oggetto d'accertamento in quei procedimenti (Cass. V, n. 15/2020).

Bibliografia

Cantone, La prova documentale, Milano, 2004; Zacchè, La prova documentale, Milano, 2012.

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