Codice di Procedura Penale art. 276 - Provvedimenti in caso di trasgressione alle prescrizioni imposte.Provvedimenti in caso di trasgressione alle prescrizioni imposte. 1. In caso di trasgressione alle prescrizioni inerenti a una misura cautelare [281-284, 288-290], il giudice può disporre la sostituzione o il cumulo con altra più grave [299 4], tenuto conto dell'entità, dei motivi e delle circostanze della violazione [635]. Quando si tratta di trasgressione alle prescrizioni inerenti a una misura interdittiva [288-290], il giudice può disporre la sostituzione o il cumulo anche con una misura coercitiva [281-286]. 1-bis. Quando l'imputato si trova nelle condizioni di cui all'articolo 275, comma 4-bis, e nei suoi confronti è stata disposta misura diversa dalla custodia cautelare in carcere, il giudice, in caso di trasgressione delle prescrizioni inerenti alla diversa misura cautelare, può disporre anche la misura della custodia cautelare in carcere. In tal caso il giudice dispone che l'imputato venga condotto in un istituto dotato di reparto attrezzato per la cura e l'assistenza necessarie1. 1-ter. In deroga a quanto previsto nel comma 1, in caso di trasgressione alle prescrizioni degli arresti domiciliari concernenti il divieto di allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora e, comunque, in caso di manomissione ovvero di una o più condotte gravi o reiterate che impediscono o ostacolano il regolare funzionamento dei mezzi elettronici e degli altri strumenti tecnici di controllo di cui all'articolo 275-bis, anche quando applicati ai sensi degli articoli 282-bis e 282-ter, il giudice dispone la revoca della misura e la sostituzione con la custodia cautelare in carcere, salvo che il fatto sia di lieve entità2.
[1] Comma aggiunto dall'art. 2 l. 12 luglio 1999, n. 231. [2] Le parole «ovvero di una o più condotte gravi o reiterate che impediscono o ostacolano il regolare funzionamento» sono state inserite dopo le parole «in caso di manomissione» dall'art. 7, comma 1, lett. b), d.l. 29 novembre 2024, n. 178, conv., con modif., in l. 25 gennaio 2025, n. 4. Precedentemente il comma è stato sostituito dall'art. 5, l. 16 aprile 2015, n. 47. Il testo originale, inserito dall'art. 16, comma 3, d.l. 24 novembre 2000, n. 341, conv., con modif., in l. 19 gennaio 2001, n. 4, recitava: «In deroga a quanto previsto nel comma 1, in caso di trasgressione alle prescrizioni degli arresti domiciliari concernenti il divieto di non allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora, il giudice dispone la revoca della misura e la sua sostituzione con la custodia cautelare in carcere». Da ultimo, l'art. 12, comma 1, lett. b), l. 24 novembre 2023, n. 168 ha inserite le seguenti parole: « e, comunque, in caso di manomissione dei mezzi elettronici e degli altri strumenti tecnici di controllo di cui all'articolo 275-bis, anche quando applicati ai sensi degli articoli 282-bis e 282-ter » dopo le parole « privata dimora ». InquadramentoIn caso che il soggetto sottoposto a misura cautelare non osservi le prescrizioni imposte, il giudice può adottare, facoltativamente (art. 276 comma 1) o obbligatoriamente (art. 276 comma 1-ter), un provvedimento di sostituzione o di cumulo con altra più grave. La finalità di tale disposizione ha carattere tipicamente sanzionatorio, a differenza di quanto previsto nell'art.299, ove la sostituzione della misura deriva esclusivamente da una diversa valutazione delle esigenze cautelari in riferimento alla personalità del soggetto. Pertanto, considerata la finalità della norma da applicare, il legislatore ha previsto, quali elementi di cui il giudice deve tenere conto all'atto della decisione, solo quelli relativi all'entità, motivi e circostanze della violazione: è pur vero che non può in ogni caso prescindersi dai criteri generali di cui all'art.275, i quali valgono per ogni situazione e che debbono essere tenuti presenti anche nelle ipotesi di modificazione della misura cautelare, ma non può negarsi che il criterio dell'adeguatezza deve essere valutato soprattutto in riferimento al tipo di comportamento trasgressivo dell'imputato (Cass. III, n. 2397/1997). Proprio perché l'art. 276 prevede una sanzione, sia pure di natura processuale, è esclusa l'applicazione dell'art.650 c.p., che ricorre solo nel caso in cui l'inosservanza dell'ordine non sia comunque sanzionata (Cass. I, n. 6682/1995; Cass. I, n. 6548/1996; Cass. I, n. 424/1997; Cass. I, n. 43398/2005; Provvedimenti facoltativi del giudice
In genere Il comma 1 dell'art. 276 facoltizza e non obbliga il giudice a sostituire una misura cautelare personale meno afflittiva con una più grave ovvero a cumularela stessa con altra misura più grave nell'ipotesi di trasgressioni alle prescrizioni inerenti alla prima; il disposto di tale norma non può considerarsi come automatica sanzione del comportamento dell'interessato e, pertanto, non viene meno il dovere di adeguare la misura al caso concreto ed anche di avere riguardo affinché le modalità di esecuzione delle singole misure da applicare salvaguardino i diritti della persona ad esse sottoposte, così come stabilisce l'art. 277, che, per la sua collocazione, si pone come norma di chiusura della quale non può non tenersi conto al momento di applicare, pure ai sensi dell'art. 276, una misura coercitiva (Cass. I, n. 2837/1995); il giudice deve puntualmente valutare che la trasgressione inerente alla misura già imposta risulti anche inconciliabile con le finalità per le quali gli obblighi stessi furono imposti. A tal fine non soltanto la violazione deve essere appurata con assoluta certezza, trattandosi di circostanza comportante una sanzione processuale — com'è l'aggravamento dello status libertatis dell'interessato — ma va anche valutata nel suo valore sintomatico come idonea a preservare interessi processuali posti in concreto pericolo dal comportamento tenuto dal soggetto (Cass. I, n. 2027/1996). Proprio perché la valutazione del giudice presuppone la persistente sussistenza delle esigenze cautelari che aveva portato all'applicazione della misura trasgredita, le Sezioni Unite hanno ritenuto che, nell'ipotesi di aggravamento delle misure cautelari personali a seguito della trasgressione alle prescrizioni imposte, il giudice non deve procedere all'interrogatorio di garanzia in alcuno dei casi contemplati dall'art. 276, commi 1 e 1-ter (Cass. S.U., n. 4932/2009); d'altro canto, la persona nei cui confronti è stato disposto l'aggravamento della misura non è priva di tutela, potendo ricorrere agli ordinari mezzi di impugnazione In tal senso si era già pronunciata la Corte costituzionale (Corte cost. n. 267/2008 e Corte cost. n. 359/2008). La Corte cost. n. 63/1996 ha ritenuto non fondata, con riferimento agli artt. 3, comma 1, e 24, comma 2, Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 276 — nella parte in cui prevede che, in caso di trasgressione alla prescrizioni inerenti a una misura cautelare, il giudice può disporne la sostituzione o il cumulo con altra più grave — in quanto, in generale, la garanzia della difesa e della parità fra accusa e difesa comporta che il preventivo contraddittorio tra le ragioni dell'una e dell'altra debba essere garantito anche nel procedimento applicativo di misure cautelari personali coercitive, in tutti i casi in cui esso non contraddica le esigenze della loro concreta esecuzione; ed in quanto, in particolare, nei casi di applicazione iniziale di una misura nuova o di passaggio da una misura meno grave ad una più grave, anche a causa della violazione degli obblighi connessi alla misura meno grave, non è ammissibile la presenza dell'indiziato o dell'imputato nel relativo procedimento, in ragione dell'intrinseca contraddizione che ne deriverebbe rispetto all'esigenza di salvaguardare l'imprevedibilità della misura medesima, fermo restando che le garanzie della difesa, attraverso l'instaurazione del contraddittorio, sono solo rinviate e possono esplicarsi pienamente con la richiesta di riesame e l'eventuale appello. L'aggravamento della misura cautelare può essere disposto d'ufficio a seguito della segnalazione, da parte degli organi di polizia giudiziaria, della trasgressione delle prescrizioni inerenti alla misura meno grave precedentemente applicata, trattandosi di procedura in cui le esigenze cautelari restano inalterate e che si conclude con un provvedimento sanzionatorio dovuto al comportamento trasgressivo dell'indagato e, pertanto, alla sua inaffidabilità; né, in tal caso, rileva l'ipotesi di cui all'art. 299, comma 4, che prevede l'adozione di una misura cautelare più grave a seguito di richiesta del P.M. e presuppone l'aggravamento delle esigenze cautelari, l'accertamento della cui sussistenza richiede il contraddittorio di tutte le parti (Cass. VI, n. 270/2000; Cass. III, n. 41770/2010; Cass. V, n. 489/2015). La differenza sopra rilevata (sub 1) tra i provvedimenti adottati ai sensi dell'articolo in esame e quelli di cui all'art. 299, ha condotto alla formulazione del seguente principio di diritto: nella previsione di cui all'art. 276, relativa alla trasgressione delle prescrizioni inerenti ad una misura cautelare, rientrano, per il principio di tassatività, solo le inosservanze agli obblighi espressamente previsti nel provvedimento cautelare e non anche ogni condotta, ancorché costituente reato, genericamente elusiva della finalità perseguita con l'imposizione del provvedimento limitativo della libertà personale (Cass. I, 32823/2014; Cass. VI, n. 43971/2015: nella fattispecie la Corte, ritenendo irrilevante agli specifici fini previsti dall'art. 276 la circostanza che l'indagato, sottoposto alla misura del divieto di dimora e dell'obbligo di presentazione alla P.G., avesse commesso, senza trasgredire le prescrizioni, il reato previsto dall'art. 73, quinto comma, d.P.R. n. 309/ 1990, ha precisato che il fatto avrebbe potuto tuttavia assumere rilievo, ex art. 299, per sostituire la misura, atteso l'aggravamento delle esigenze di cautela, fermo restando i limiti posti dall'art. 280, comma 2; Cass. VI, n. 30032/2022). Nei confronti dei soggetti di cui al comma 4- bis La disposizione di cui al comma 1-bis del presente articolo costituisce una eccezione alla regola generale prevista dall'art. 275, comma 4-bis (Cass. II, n. 11029/2018). Peraltro, la giurisprudenza ha precisato che, in presenza di imputato che si trovi nelle condizioni di salute, particolarmente gravi, di cui all'art. 275, comma 4-bis, il giudice, per applicare o mantenere la custodia cautelare in carcere nel caso previsto dall'art. 276, comma 1-bis, introdotto dalla l. n. 231/1999 non può prendere meccanicamente atto dell'avvenuta trasgressione, ma deve valutare e quindi congruamente motivare la sua decisione all'interno del quadro di bilanciamento degli interessi in gioco, riguardanti le esigenze cautelari e la tutela delle condizioni di salute (Cass. IV, n. 3937/2000; Cass. II n. 11029/2018). Nel caso in cui il giudice disponga la custodia cautelare in carcere l'imputato deve essere condotto in un istituto dotato di reparto attrezzato per la cura e l'assistenza necessarie. Provvedimenti obbligatori del giudiceIn deroga alle previsioni del comma 1, il successivo comma 1-ter con formula prescrittiva prevede che il giudice, in caso di trasgressione alle prescrizioni degli arresti domiciliari concernenti il divieto di allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora, “disponga” la custodia cautelare in carcere, rendendo obbligatoria la revoca degli arresti domiciliari. Ulteriore deroga è stata introdotta dall'art. 12, comma 1, lett. b) L. 24 Novembre 2023, n. 168 (Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica) «in caso di manomissione dei mezzi elettronici e degli altri strumenti tecnici di controllo di cui all'articolo 275-bis, anche quando applicati ai sensi degli articoli 282-bis e 282-ter»; ad aggravare ulteriormente la previsione, dopo le parole «in caso di manomissione», l'art. 7, comma 1, lett. b), d.l. 29 novembre 2024, n. 178, conv.,in l. 23 gennaio 2025, n. 4, ha inserito le parole «ovvero di una o più condotte gravi o reiterate che impediscono o ostacolano il regolare funzionamento». È stato osservato che il comma 1-ter deroga esplicitamente al comma 1, ma non anche al comma 1-bis, con la conseguenza che, ove a violare la prescrizione degli arresti domiciliari sia un imputato che si trovi nelle condizioni di cui all'art. 275 comma 4-bis, la disciplina applicabile rimane quella dell'art. 276 comma 1-bis (Corso). Il rigido automatismo imposto dalla norma è stato attenuato dall'art. 5, l. n. 47/2015, che ha aggiunto, in fine al comma 1-ter la seguente previsione: “salvo che il fatto sia di lieve entità”. In verità, una giurisprudenza minoritaria anteriore all'entrata in vigore di questa novella legislativa, richiedeva comunque al giudice una valutazione in concreto del disvalore della condotta di trasgressione, al fine di verificare l'effettiva lesività e le caratteristiche strutturali della condotta dell'indagato, che deve in concreto essere qualificata come una effettiva trasgressione (Cass., VI n. 21487/2008; Cass. III, n. 28606/2012). Dal canto suo, la Corte costituzionale (ord. n. 40/2002) aveva ritenuto manifesta infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 276, comma 1-ter, poiché, lungi dall'assolvere a finalità sanzionatorie, estranee alle misure di custodia preventiva, la norma censurata integra, non irragionevolmente, un caso di presunzione di inadeguatezza degli arresti domiciliari, quando la misura si riveli insufficiente allo scopo, per la trasgressione al suo contenuto essenziale. Ciò affermato, la Corte costituzionale, tuttavia, aggiungeva, senza, peraltro, esprimere una interpretazione costituzionalmente orientata, che la norma non privava il giudice del potere di apprezzare, in tutte le sue connotazioni strutturali e finalistiche, la trasgressione in concreto realizzata al fine di verificare quei caratteri di effettiva lesività alla cui stregua ritenere integrata la violazione assunta dalla norma a presupposto della sostituzione. È evidente, dunque, che il legislatore, con l'innovazione introdotta con la citata l. n. 47/2015, abbia voluto, da un lato, dare valore normativo alla citata giurisprudenza minoritaria della Suprema Corte e, dall'altro lato, accogliere il “suggerimento” interpretativo della Corte costituzionale. Il fatto di lieve entità si riferisce a violazioni di modesto rilievo ovvero a quelle che non sono in grado di smentire la precedente valutazione di idoneità della misura degli arresti domiciliari a tutelare le esigenze cautelari (Cass IV, n. 44410/2019; Cass. IV, n. 13348/2018: fattispecie in cui la Suprema Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza del tribunale del riesame che aveva rigettato l'appello avverso il provvedimento che aveva disposto la sostituzione della misura degli arresti domiciliari con quella della custodia in carcere nei confronti di imputato che si era allontanato dal luogo di detenzione domiciliare recandosi nella contigua abitazione dei genitori sita nel medesimo pianerottolo, per sottoporsi ad una visita medica non autorizzata. Già in precedenza la giurisprudenza aveva precisato che ricade nell'ambito della violazione rilevante ai sensi dell'art. 276, comma 1-ter, l'allontanamento dall'abitazione senza autorizzazione o in orario e per ragioni diverse da quelle previste dal provvedimento del giudice mentre rientrano nel disposto dell'art. 276, comma 1, i casi in cui, pur avvenendo l'allontanamento nel rispetto dei limiti orari e per le finalità previste dal provvedimento giudiziale, vengano violate altre specifiche prescrizioni (Cass. III, n. 42847/2009). In particolare, si era ritenuto che la condotta del detenuto agli arresti domiciliari, che, autorizzato a svolgere attività lavorativa fuori dalle mura domestiche, trasgredisce alle prescrizioni imposte durante il tragitto di ritorno a casa e nell'ambito della fascia oraria assegnata per assentarsi dall'abitazione, è riconducibile all'ipotesi prevista dall'art. 276, comma 1 e non a quella di cui al comma 1-ter e, in applicazione di tale principio, la Corte di cassazione ha annullato con rinvio l'ordinanza del giudice d'appello in procedimento de libertate, che aveva disposto la sostituzione della misura degli arresti domiciliari con quella della coercizione intramuraria, ai sensi dell'art. 276 comma 1-ter, nei confronti di imputato sorpreso all'interno di una sala giochi, durante il tragitto di ritorno dal luogo di lavoro alla sua abitazione, negli orari e nel percorso autorizzati, senza procedere ad alcuna valutazione « dell'entità, dei motivi e delle circostanza della violazione » (Cass. I, n. 46093/2014). È stato precisato che la trasgressione delle prescrizioni imposte con gli arresti domiciliari giustifica, anche nei confronti dei soggetti di cui all'art. 275 comma 4, la sostituzione della misura in atto con quella della custodia cautelare in carcere, senza necessità di verificare la sussistenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, in quanto dalla violazione del divieto di allontanarsi dalla propria abitazione deriva oggettivamente la perdita di rilievo delle particolari condizioni personali che giustificano la misura meno afflittiva, poiché risulta evidente che esse non impediscono comunque l'elusione delle cautele imposte (Cass. III, n. 10260/2014; peraltro il giudice deve valutare la eventuale lieve entità del fatto (Cass. II, n. 43940/2019). Trasgressione alle prescrizioni ed evasioneL'allontanamento dal luogo degli arresti domiciliari non può considerarsi alla stregua della violazione di una «prescrizione inerente agli obblighi imposti» (art. 276), in quanto la permanenza nel domicilio costituisce l'obbligo essenziale dell'arrestato, e non una delle prescrizione ad esso inerenti, sicché la sua violazione configura il delitto di evasione (Cass. IV, n. 1554/1997; Cass. VI, n. 3882/2010; Cass. VII, n. 8604/2011). In particolare, configura il delitto di evasione anche l'allontanamento della persona sottoposta alla misura degli arresti domiciliari dal luogo di detenzione in un orario che si ponga in termini di inconciliabilità con la fascia oraria prefissata dall'autorità giudiziaria nel provvedimento cautelare (Cass. VI, n. 21975/2006; Cass. VI, n. 3744/2013; Cass. VI, n. 35681/2019). Anche la condotta di colui che, colpito dalla misura cautelare degli arresti domiciliari ed autorizzato ad assentarsi ai sensi dell'art. 284 comma 3, si assenta per ragioni diverse da quelle per le quali è stata concessa l'autorizzazione non rappresenta una trasgressione delle prescrizioni inerenti alla misura cautelare, sanzionabile ai sensi dell'art. 276, ovvero una trasgressione delle prescrizioni dell'autorizzazione, ma integra gli estremi del reato di evasione dagli arresti domiciliari. Invero l'autorizzazione ad assentarsi non attiene alle modalità di esecuzione della misura cautelare degli arresti domiciliari, già definita in tutti i suoi aspetti con le eventuali prescrizioni del caso, ma attiene alla operatività della misura, che viene momentaneamente sospesa «per il tempo strettamente necessario» per consentire lo svolgimento delle attività autorizzate e che, secondo l'art. 284 comma 3 possono consistere nel provvedere alle indispensabili esigenze di vita ovvero nell'esercizio di una attività lavorativa. Lo svolgimento di una attività diversa da quella autorizzata è inidonea a determinare la momentanea sospensione della misura, che, pertanto, con tutte le sue prescrizioni, è pienamente operante; in questo caso, conseguentemente, l'assentarsi dal luogo degli arresti domiciliari integra gli estremi del reato di cui all'art. 385 c.p. (Cass. VI, n. 781/1997; Cass. VI, n. 8863/1998; Cass. VI, n. 10082/2005). BibliografiaAA.VV., Nuove norme sulle misure cautelari e sul diritto di difesa, a cura di Amodio, Milano, 1996; AA.VV., La carcerazione preventiva, Milano, 2012; Aprile, Le misure cautelari nel processo penale, Milano, 2006; Canzio, in Codice di procedura penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, diretto da Lattanzi-Lupo, III, Agg. 2003-2007, Misure cautelari (Artt. 272-325), a cura di Canzio-De Amicis-Lattanzi-Silvestri-Spagnolo, Milano, 2008; Carcano-Manzione, Custodia cautelare e braccialetto elettronico, Milano, 2001; Corso, Commento al codice di procedura penale, sub art. 276, Piacenza, 2008; Cortesi, Gli arresti domiciliari, Torino, 2013; De Caro, in Scalfati (a cura di), Le misure cautelari, in Trattato di procedura penale, diretto da Spangher, Torino, 2008; Di Cesare, Commento agli artt. 272-279, in Codice di procedura penale, a cura di Canzio-Tranchina, Milano, 2012; Grevi, Misure cautelari, in Conso - Grevi, Compendio di procedura penale, Padova, 2010; Spagnolo, Codice di procedura penale, Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, sub art. 276, diretto da Lattanzi - Lupo, III, Agg. 2003-2007, Misure cautelari (Artt. 272-325), a cura di Canzio-De Amicis-Lattanzi-Silvestri-Spagnolo, Milano, 2008; Spangher, Le misure cautelari personali, in Procedura penale teoria e pratica del processo, Torino, 2015. |