Codice di Procedura Penale art. 279 - Giudice competente.

Franco Fiandanese

Giudice competente.

1. Sull'applicazione [291, 292] e sulla revoca [299] delle misure nonché sulle modifiche delle loro modalità esecutive, provvede il giudice che procede [635, 714 5, 715 3, 716, 736, 745; 214 coord.]. Prima dell'esercizio dell'azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari [328; 91 att.].

Inquadramento

L'art. 279 attribuisce al giudice su richiesta del P.M. (art. 291) la legittimazione ad emettere qualsiasi provvedimento in materia cautelare personale.

È stato osservato (Canzio, 180) che in tal modo, facendo espresso riferimento al giudice, quale organo terzo e imparziale, il legislatore ordinario ha rafforzato la portata dell'art. 15, comma 2, Cost. il quale dispone che non è ammessa qualsiasi forma di restrizione della libertà personale se non per atto motivato della “autorità giudiziaria”, formula che non esclude poteri coercitivi del pubblico ministero quale "autorità giudiziaria".

L'articolo in esame, inoltre, individua come funzionalmente competente sull'applicazione, sulla revoca e sulle modalità esecutive delle misure cautelari il “giudice che procede”, precisando che, prima dell'esercizio dell'azione penale, è competente il giudice per le indagini preliminari.

Con D.M. 4 luglio 2023 (GU Serie Generale n.155 del 05-07-2023) sono stati individuati gli atti il cui deposito da parte dei difensori deve avvenire esclusivamente mediante il portale del processo penale telematico ai sensi dell'art. 87, comma 6-ter, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, e con le modalità individuate con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, tra questi atti vi è anche la richiesta di modifica delle modalità esecutive di misura cautelare. Il deposito degli atti si intende eseguito al momento del rilascio della ricevuta di accettazione da parte dei sistemi ministeriali, secondo le modalità stabilite dal provvedimento. Il deposito è tempestivo quando è eseguito entro le ore ventiquattro del giorno di scadenza.  Con successivo D.M. 18 luglio 2023 (G.U. serie generale n. 166 del 18 luglio 2023) è stato disposto che «L'efficacia del decreto del Ministro della giustizia del 4 luglio 2023, nella parte in cui dispone che il deposito da parte dei difensori degli atti indicati nell'elenco di cui all'art. 1 dello stesso decreto avviene esclusivamente mediante il portale del processo penale telematico, decorre dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3 dell'art. 87 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150. Sino alla scadenza del termine di cui al periodo che precede, negli uffici indicati dal decreto del Ministro della giustizia del 4 luglio 2023, è possibile, in via sperimentale, il deposito da parte dei difensori degli atti elencati nell'art. 1 del medesimo decreto anche mediante il portale del processo penale telematico con le modalità individuate con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia».

Individuazione del giudice competente

In generale

L'art. 279, facendo riferimento al giudice “che procede” nei diversi stati e gradi del procedimento, si riferisce a singoli organi giudiziari, senza cenno alcuno alla persona fisica dei magistrati che li compongono. Ne consegue che, nella fase del giudizio, la richiesta di adozione, modifica o revoca di una misura cautelare personale coercitiva deve essere esaminata e decisa dal tribunale, in composizione monocratica o collegiale, dalla Corte d'assise, dalla Corte d'appello o dalla Corte d'assise d'appello investiti della cognizione, nel merito, del processo, preferibilmente, ma non necessariamente, nella composizione fisica dei magistrati componenti l'organo giudicante che sta conducendo l'istruttoria dibattimentale o che, pur avendo definito il processo in quel determinato grado, è ancora in possesso dei relativi atti. E invero il principio di immutabilità del giudice, di cui all'art. 525, è riferito e riferibile solo alla deliberazione della sentenza, in quanto destinato a garantire che il giudizio sulla responsabilità dell'imputato sia espresso, nel rispetto dei principi di oralità, immediatezza e contraddittorio cui si ispira il processo penale, dalle stesse persone fisiche che hanno preso parte al dibattimento e presenziato all'assunzione delle prove.

Pertanto, l'eventuale diversità di composizione (rispetto a quella dell'organo competente alla trattazione del processo) dell'organo, collegiale o monocratico, designato nei casi, modi e termini previsti dalle leggi di ordinamento giudiziario, che decide in ordine ad alcuna delle dette richieste in materia cautelare, non incide sulla legittimità dei relativi provvedimenti, stante il principio di tassatività delle nullità e la mancanza di una specifica previsione di tale diversità come causa di nullità o la sua riconducibilità ad alcuna delle ipotesi di nullità di ordine generale previste dall'art. 178, comma 1, lett. a), che sono tutte connesse alla violazione di norme concernenti la capacità del giudice e il numero dei giudici necessario per costituire i collegi secondo le norme di ordinamento giudiziario (Cass. S.U. , n. 26/2000;Cass. II, n. 5064/2006; Cass. V, n. 649/2007). In contrasto, peraltro inconsapevole, con il suddetto principio, si è, invece, affermato che l'art. 279, laddove attribuisce la competenza sulle misure cautelari al «giudice che procede», intende riferirsi, quando detto giudice sia collegiale, non solo allo stesso ufficio giudiziario, ma anche allo stesso organo nella medesima composizione fisica del giudice che procede, al quale deve riconoscersi una vera e propria competenza funzionale in proposito, trattandosi dell'unico giudice in grado di ponderare tutti gli elementi favorevoli e sfavorevoli emersi dal procedimento svoltosi al suo cospetto (Cass. II, n. 26800/2015; contra, di recente: Cass. V, n. 47398/2017; Cass. II, n. 28854/2018): si tratta, peraltro, di principio affermato per respingere una eccezione di incompatibilità, che ben avrebbe potuto trovare risposta in altro principio qui di seguito espresso.

È stato affermato che l'esercizio del potere cautelare in corso di giudizio non determina una situazione di incompatibilità rilevabile come motivo di ricusazione, poiché il giudice è titolare della competenza accessoria cautelare che si radica in ragione di quella principale del giudizio sul merito (Cass. II, n. 17401/2009; Cass. VI, n. 11/2016: nella specie, la S.C. ha ritenuto immune da censure la declaratoria di inammissibilità dell'istanza di ricusazione avanzata nei confronti del giudice chiamato a celebrare il giudizio abbreviato, il quale aveva in precedenza respinto, quale giudice dell'udienza preliminare, la richiesta di sostituzione della misura della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari).

Competenza del G.I.P.

L'art. 279 espressamente attribuisce al g.i.p. la competenza a provvedere sulle misure cautelari prima dell'esercizio dell'azione penale e tale competenza rimane ferma anche in caso di scadenza del termine di durata massima delle indagini preliminari. Infatti, ai fini della sanzione di inutilizzabilità, prevista dall'art. 407 comma 3, per «atto di indagine» compiuto dopo la scadenza del termine per le indagini preliminari stabilito dalla legge o prorogato dal giudice, deve intendersi solo quello con efficacia probatoria.

In tale categoria non rientrano quelli attinenti le richieste di misure cautelari, che non hanno alcuna efficacia probatoria in quanto mirano esclusivamente ad ottenere un provvedimento incidentale sulla sfera della libertà personale dell'indagato, anche per assicurarne la presenza in giudizio (Cass. VI, n. 1304/1998; Cass. III, n. 3520/2000; Cass. II, n. 45988/2007); neppure rientra nella categoria di «atto d'indagine» compiuto dopo la scadenza del termine stabilito dalla legge o prorogato dal giudice, la consulenza, disposta dal pubblico ministero in funzione della applicazione provvisoria di misura di sicurezza sulla capacità di intendere e di volere e sulla pericolosità sociale della persona sottoposta alle indagini (Cass. I, n. 5879/2014).

Competenza del G.I.P. distrettuale

Con riferimento ai procedimenti per i delitti indicati nell'art. 51, comma 3-bis, la competenza funzionale del giudice per le indagini preliminari del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente, ai sensi dell'art. 328, comma 1-bis, non viene meno nel caso in cui non è ravvisata la sussistenza, con l'applicazione della misura cautelare, della circostanza aggravante di cui all'art. 7 del d.l. n. 152/1991, inclusa nella notizia di reato iscritta nel registro di cui all'art. 335, dal momento che il procedimento prosegue in relazione alla originaria imputazione e la competenza funzionale è correlata al tipo di notizia di reato, rispetto alla quale le indagini preliminari sono suscettibili di ulteriori sviluppi ed approfondimenti (Cass. I, n. 15927/2007; Cass. II, n. 45215/2007; Cass. I, n. 27181/2013; Cass. Fer., n. 35672/2015; Cass. III, n. 13222/2017). Inoltre, il g.i.p. distrettuale che procede per taluno dei reati indicati nell'art. 51, comma 3-bis, e per altri reati attratti per connessione nella sua competenza specifica, legittimamente emette una ordinanza applicativa di misura cautelare personale soltanto per i reati connessi, ove per i reati indicati nell'art. 51, comma 3-bis, fino a quel momento non sia stato conseguito un quadro indiziario di gravità corrispondente a quella richiesta dall'art. 273 (Cass. I, n. 5340/1999).

Competenza del G.U.P.

Una volta distinte le funzioni di Gip e Gup a seguito della separazione delle funzioni effettuato dall' art. 6, l. n. 51 del 1998, il mancato rispetto delle relative attribuzioni costituisce violazione delle regole in materia di competenza funzionale.

Infatti pur essendo vero che all'interno degli uffici la differenziazione è di natura tabellare, appartenendo i magistrati allo stesso ufficio, una volta incardinato il procedimento, tabellarmente sono individuati i magistrati, persone fisiche, che sono chiamati a pronunciarsi in quella vicenda processuale ora come Gip ora come Gup; ne consegue che, una volta formulata la richiesta di rinvio a giudizio e, quindi, esercitata l'azione penale da parte del pubblico ministero, la competenza ad emettere i provvedimenti cautelari, pur se l'udienza preliminare debba ancora svolgersi, appartiene esclusivamente al giudice della udienza preliminare e non al giudice per le indagini preliminari (Cass. I, n. 1011/1993; Cass. VI, n. 3047/2000; Cass. I, n. 5609/2008).

Competenza del giudice del dibattimento

Risolvendo un contrasto giurisprudenziale, le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno chiarito che dopo la presentazione della richiesta di rinvio a giudizio da parte del pubblico ministero, il giudice dell'udienza preliminare è investito della cognizione dei procedimenti incidentali de libertate in quanto «giudice che procede», e che tale competenza permane, oltre la chiusura dell'udienza preliminare, fino a quando non sia venuta meno, da parte sua, la disponibilità giuridica e materiale degli atti a seguito della formazione e spedizione del fascicolo per il dibattimento a norma degli artt. 431 e 432. Pertanto, ai sensi degli art. 279 del codice di rito e 91 disp. att., appartiene al giudice dell'udienza preliminare la competenza all'adozione dei provvedimenti relativi alle misure cautelari nel periodo compreso tra la pronuncia del decreto che dispone il giudizio e la trasmissione degli atti al giudice del dibattimento (Cass. S.U., n. 6/1995 e Cass. S.U., n. 7/1995).

Pertanto, ai fini della determinazione della competenza a decidere sulla richiesta di misura cautelare, la figura del «giudice che procede» o di «quello competente a pronunciarsi nel merito» va individuata in relazione allo sviluppo del rapporto processuale e all'articolazione di esso nelle varie fasi e nei vari gradi, nel senso che l'attribuzione della competenza funzionale in ordine ai relativi procedimenti dipende dalla disponibilità materiale e giuridica degli atti e viene meno solo con la loro trasmissione ad altro giudice; ne consegue che l'ormai avvenuta trasmissione del fascicolo alla cancelleria del giudice dell'udienza preliminare, a seguito della richiesta di rinvio a giudizio, comporta inesorabilmente lo spostamento in favore di quest'ultimo della competenza a decidere anche sulla richiesta di applicazione di misura cautelare, presentata dal pubblico ministero prima dell'azione penale, ma non tempestivamente delibata dal giudice per le indagini preliminari (Cass. VI, n. 43006/2003; Cass. I, n. 46147/2005; Cass. I, n. 10923/2012; Cass. III, n. 36532/2015).

Competenza in caso di convalida dell'arresto o del fermo

Dato che per il combinato disposto degli artt. 279 e 391 la competenza per la convalida dell'arresto comporta anche quella per la adozione delle misure cautelari, e che il provvedimento relativo alla prima, essendo diretto al controllo della legittimità dell'operato della polizia giudiziaria, è distinto da quello applicativo della misura cautelare, tanto che la nullità della convalida non si estende all'ordinanza impositiva delle misure coercitive, né sulla possibilità di disporle incide la mancata convalida (Cass. S.U., n. 17/1999) il giudice cui l'arrestato sia presentato per il giudizio direttissimo è l'unico giudice competente ad applicare le misure coercitive, anche in caso di mancata convalida dell'arresto (Cass. VI, n. 2949/1992; Cass. IV, n. 2353/1998).

La competenza per la convalida, in capo al giudice per le indagini preliminari del luogo dove il fermo — o l'arresto — è stato eseguito, è assolutamente inderogabile, in ragione della preminente esigenza di celerità del controllo, e l'eventuale misura cautelare disposta, ove la competenza territoriale spetti ad altro giudice, costituisce un intervento surrogatorio in via d'urgenza, che necessita di rinnovazione, ex art. 27, da parte del giudice territorialmente competente (Cass. S.U., n. 17/1999; Cass. II, n. 5226/2007). Peraltro, le Sezioni Unite hanno successivamente precisato che, nell'ipotesi in cui la misura cautelare sia stata disposta dal giudice della convalida ex art. 391, comma 5, e il luogo dell'arresto o del fermo sia diverso da quello di commissione del reato, solo la formale dichiarazione di incompetenza da parte del giudice determina l'inefficacia della misura cautelare che non sia stata rinnovata dal giudice competente entro venti giorni dall'ordinanza di trasmissione degli atti (Cass. S.U., n. 12823/2010), mentre la trasmissione di atti per ragioni di competenza, da uno ad altro ufficio del P.M., non spiega alcuna incidenza sull'efficacia delle misure cautelari in corso di applicazione (Cass. II, n. 16309/2015; Cass. V, n. 45176/2019).

Competenza del giudice dell'impugnazione

In base al principio di cui sopra, la competenza a decidere in materia di misure cautelari personali, sulla richiesta di applicazione, revoca o modifica anche soltanto delle modalità esecutive, spetta, in caso di impugnazione della sentenza che ha definito il giudizio di primo grado, alla Corte di appello dal momento della trasmissione degli atti dal giudice a quo al giudice ad quem, a norma dell'art. 590, come del resto è specificato dall'art. 91 disp. att., perché solo il giudice che ha la disponibilità materiale e giuridica degli atti è «giudice procedente» ai sensi dell'art. 279 (Cass. VI, n. 3784/1991; Cass. III, n. 7452/2009).

Competenza in caso di annullamento con rinvio

La competenza a provvedere in materia di misure cautelari nella fase compresa tra la pronunzia della Corte di cassazione di annullamento con rinvio e la trasmissione degli atti (che comprendono, ai sensi dell'art. 625 comma 1, copia della sentenza di annullamento), permane ai sensi dell'art. 91 disp. att., in capo al giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, atteso che, fino a quando la trasmissione degli atti non avviene, il procedimento relativo al ricorso per cassazione deve considerarsi pendente (Cass. VI, n. 4050/2000).

In caso di giudice che si dichiara incompetente

Nel dichiararsi incompetente il giudice si spoglia del procedimento, sicché non ha competenza ad assumere, anche fuori udienza, determinazioni in tema di misure cautelari, non essendo più «giudice che procede», ai sensi dell'art. 279 e non ricorrendo l'ipotesi di impugnazione sul giudizio di merito di primo o secondo grado, di cui all'art. 91 disp. att.

In particolare, qualora il giudice del dibattimento dichiari la propria incompetenza, ordinando la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice competente e facendo così regredire il processo alla fase delle indagini preliminari, cessa di essere competente anche in ordine ai provvedimenti de libertate, e ciò pure per il periodo di tempo in cui continui a trovarsi provvisoriamente nel possesso materiale degli atti (Cass. VI, n. 3099/1992; Cass. II, n. 1760/1996; Cass. I, n. 3347/2001).

Competenza del giudice dell'esecuzione

Le Sezioni Unite della Suprema Corte, dopo avere affermato, risolvendo un contrasto di giurisprudenza, che il passaggio in giudicato di una sentenza di condanna a pena detentiva suscettibile di esecuzione comporta la caducazione immediata della misura coercitiva non custodiale già applicata al condannato, con la conseguenza che l'estinzione della misura opera di diritto, senza che sia necessario alcun provvedimento che la dichiari, hanno chiarito che, nel periodo intercorrente fra il passaggio in giudicato della sentenza e l'inizio della fase di esecuzione della pena, la decisione sulle questioni relative alle misure coercitive non custodiali è di competenza del giudice dell'esecuzione (Cass. S.U., n. 18353/2011; da ultimo, Cass. VI, n. 25504/2017, la quale ha precisato che spetta al giudice dell'esecuzione la competenza a decidere sulle questioni relative alle misure cautelari personali ancora in corso, detentive e non detentive, con ordinanza de plano, emessa ai sensi dell'art. 667, comma 4, suscettibile di opposizione davanti allo stesso giudice; Cass. VI, n. 14753/2018).

Effetti della incompetenza

Nell'ambito dei procedimenti incidentali riguardanti l'applicazione e l'efficacia delle misure cautelari, l'eventuale incompetenza del giudice che ha imposto la misura non si traduce in ragione di nullità e non può influenzare la legittimità e l'efficacia del provvedimento applicativo della misura, come è reso palese dal disposto dell'art. 27, che sancisce la piena efficacia del predetto provvedimento fino a quando il giudice non si dichiari incompetente, con una previsione di efficacia protratta fino alla decisione del giudice competente (Cass. II, n. 1365/1992; Cass. I, n. 1194/1993; Cass. V, n. 1980/1993; Cass. VI, n. 2379/1994). Anche la pronuncia di incompetenza, da parte del giudice dell'impugnazione avverso provvedimenti cautelari determina, al pari della declaratoria di incompetenza del giudice che aveva disposto la misura cautelare, l'inefficacia differita, ex art. 27, della misura cautelare stessa (Cass. S.U., n. 1/1996).

Bibliografia

AA.VV., Nuove norme sulle misure cautelari e sul diritto di difesa, a cura di Amodio, Milano, 1996; AA.VV., Carcano-Manzione, Custodia cautelare e braccialetto elettronico, Milano, 2001; AA.VV., La carcerazione preventiva, Milano, 2012; Aprile, Le misure cautelari nel processo penale, Milano, 2006; Corso, Commento al codice di procedura penale, sub art. 279, Piacenza, 2008; Cortesi, Gli arresti domiciliari, Torino, 2013; Canzio, in Codice di procedura penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, diretto da Lattanzi-Lupo, III, Agg. 2003-2007, Misure cautelari (Artt. 272-325), a cura di Canzio-De Amicis-Lattanzi-Silvestri-Spagnolo, Milano, 2008; Di Cesare, Commento agli artt. 272-279, in Codice di procedura penale, a cura di Canzio-Tranchina, Milano, 2012; Di Chiara, Libertà personale dell'imputato e presunzione di non colpevolezza, in Fiandaca - Di Chiara, Una introduzione al sistema penale, Napoli, 2003; Grevi, Misure cautelari, in Conso - Grevi, Compendio di procedura penale, Padova, 2010; Spangher, Le misure cautelari personali, in Procedura penale teoria e pratica del processo, Torino, 2015; Spagnolo, Codice di procedura penale, Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, sub art. 279, diretto da Lattanzi - Lupo; Zappalà, Le misure cautelari, in Siracusano - Galati - Tranchina - Zappalà, Diritto processuale penale, Milano, 2011.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario