Codice di Procedura Penale art. 287 - Condizioni di applicabilità delle misure interdittive.

Franco Fiandanese

Condizioni di applicabilità delle misure interdittive.

1. Salvo quanto previsto da disposizioni particolari [288 2, 289 2, 290 2], le misure previste in questo capo possono essere applicate solo quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni [217 coord.; 250 4 trans.].

Inquadramento

Le misure interdittive determinano una limitazione o sospensione di diritti e facoltà connesse a qualità soggettive che hanno assunto un rilievo particolare nella condotta criminosa. Perciò non possono trovare applicazione al di fuori di reati in cui le qualità soggettive sospese rilevano in modo specifico, quali particolari modalità della condotta criminosa od in funzione del bene giuridico protetto dai singoli reati ai quali si riferiscono gli artt. 288, 289 e 290 (principio di tassatività).

In applicazione di tale principio, la Suprema Corte ha annullato senza rinvio l'ordinanza di un giudice del riesame che aveva disposto nei confronti di un magistrato indagato del delitto di calunnia, la misura interdittiva della sospensione dell'ufficio, sul presupposto che l'addebitata condotta criminosa era stata resa possibile o quanto meno agevolata dalla qualità di magistrato del ricorrente (Cass. VI, n. 1088/1992), ugualmente ha annullato senza rinvio il provvedimento del tribunale del riesame di conferma della misura interdittiva della sospensione dall'esercizio di un pubblico servizio applicato in un caso in cui all'indagato era stato contestato il reato di oltraggio senza che la funzione svolta di incarico di pubblico servizio avesse determinato un contributo causale al verificarsi del fatto, tanto che non si era proceduto neanche alla contestazione dell'aggravante prevista dall'art. 61 n. 9. (Cass. VI, n. 1435/1996).

Le misure interdittive in pratica anticipano l'effetto di alcune specifiche pene accessorie che potrebbero essere irrogate all'esito del giudizio di merito (Aprile, 375).

Tipologie

Il codice prevede tre misure interdittive: la sospensione dall'esercizio della responsabilità genitoriale (art. 288), collegabile alla pena accessoria di cui all'art. 34 c.p.; la sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio (art. 289), collegabile alla pena accessoria di cui all'art. 28 c.p.; ed il divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali o imprenditoriali (art. 290), collegabile alle pene accessorie di cui agli artt. 30, 32-bis, 32-ter, 35 e 35-bis c.p.

Altre misure interdittive sono previste da leggi speciali, come la misura cautelare della chiusura del pubblico esercizio adottata nel corso di un procedimento per il reato di agevolazione colposa dell'uso di sostanze stupefacenti: la giurisprudenza, considerandola, appunto, misura interdittiva, che realizza l'anticipata applicazione dell'omologa pena accessoria, ha ritenuto applicabile il procedimento di cui agli artt. 291 ss., con la conseguenza che la stessa deve essere disposta dal giudice procedente individuato dall'art. 79 d.P.R. n. 309/1990 in materia di stupefacenti, su richiesta del p.m. (Cass., VI, n. 3324/2001).

Caratteristiche particolari

Le misure interdittive sono soggette ad una particolare disciplina sia per quanto concerne il presupposto edittale, potendo essere applicate solo quando si procede per un delitto per il quale è prevista la pena edittale superiore nel massimo a tre anni (art. 287 comma 1), salvo che non si tratti di uno degli specifici delitti indicati negli artt. 288 comma 2, 289 comma 2 e 290 comma 2, per i quali non è necessario tenere conto del suddetto limite di pena; sia per quanto concerne la durata, trovando applicazione la speciale norma di cui all'art. 308, comma 2; sia, infine, per quanto riguarda le impugnazioni, poiché le relative ordinanze sono impugnabili solo con atto di appello e non anche con richiesta di riesame, mentre l'interesse ad impugnare viene meno in caso di sopravvenuta revoca o perdita di efficacia della misura interdittiva, in quanto alle misure interdittive non si estende l'istituto della riparazione per ingiusta detenzione, che solo giustifica la persistenza di uno specifico e concreto interesse all'impugnazione in caso di cessazione dell'operatività della misura (Cass. S.U. , n. 22/1993; Cass. VI, n. 9479/2009; Cass. V, n. 42839/2014; Cass. I, n. 52781/2017).

Esigenze cautelari

Le misure coercitive e interdittive, facenti parte del più ampio genus delle misure cautelari, unitariamente disciplinate, sono tra loro assimilabili. Nell'ipotesi di sussistenza di esigenze probatorie le prime (coercitive) possono essere sostituite dalle altre (interdittive), quando mirino a conseguire la finalità di garantire le indispensabili cennate esigenze istruttorie con il minore danno per i diritti inviolabili dei cittadini. Tale possibilità è esclusa soltanto quando il pubblico ministero abbia richiesto esclusivamente una specifica misura. La Corte Suprema ha osservato che non è di ostacolo il limite di durata previsto per le misure interdittive dall'art. 308, poiché nel caso di esigenze probatorie è sempre possibile la rinnovazione (Cass. III, n. 1721/1993).

La pregiudiziale svalutazione dell'idoneità delle misure interdittive a perseguire le esigenze cautelari di cui all'art. 274, lett. c), (reiterazione di reati della stessa specie), non può essere assunta come massima di esperienza e, quindi, come criterio logico di valutazione (Fattispecie in cui la Corte ha rigettato il ricorso proposto dal Pubblico ministero avverso l'ordinanza del giudice del riesame che aveva applicato ad un indagato di concussione e di abuso di ufficio la misura interdittiva della sospensione dall'esercizio dei pubblici uffici e servizi — prevista dall'art. 289 — riformando l'ordinanza genetica della custodia che aveva adottato, nei confronti dell'indagato stesso la misura coercitiva degli arresti domiciliari) (Cass. VI, n. 3971/1995).

È esclusa l'utilità di tali misure per fare fronte al pericolo di fuga (così, Diddi, in Scalfati, 140).

Reati militari

La Corte costituzionale (Corte cost. n. 188/1996) ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 280 e 287 sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., nella parte in cui tali norme non consentirebbero l'applicazione di misure cautelari coercitive e di misure interdittive, per i reati militari puniti con la reclusione militare, alle stesse condizioni che le rendono applicabili ai reati puniti con la reclusione comune, trattandosi di questioni basate su un presupposto interpretativo errato, poiché, essendo la reclusione comune e la reclusione militare due species dell'unico genus reclusione, ossia due pene autonome quanto a modalità di esecuzione ma identiche per natura ed intercambiabilità a parità di durata, l'unica ragionevole lettura del sistema normativo impone di applicare le norme del codice di procedura penale che fanno riferimento a determinati limiti di pena edittale per identificare i reati per i quali possono trovare applicazione le misure coercitive o interdittive, anche nei casi in cui i reati per cui si procede sono reati militari punibili con la reclusione militare.

Bibliografia

Amato, Sub art. 287, in Commentario del nuovo codice di procedura penale, diretto da Amodio- Dominioni, III, II, (Artt. 272-325), Milano, 1989; Aprile, Le misure cautelari nel processo penale, Milano, 2006; Cerqua, Le misure interdittive, in AA.VV., Le misure cautelari personali, a cura di Spangher- Santoriello, Torino, 2009, 406; Ferrajoli, voce Misure cautelari, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1996, XX, 1; Gasparini, voce Misure cautelari personali, in Dig. d. pen., Torino, 2000, 469; Peroni, Le misure interdittive nel sistema delle cautele penali, Milano, 1992; Peroni, voce Misure interdittive (diritto processuale penale), in Enc. dir., Milano, IV Agg., 2000, 739; Scalfati (a cura di), Le misure cautelari, in Trattato di procedura penale, diretto da Spangher, Torino, 2008; Spangher, Le misure cautelari personali, in Procedura penale teoria e pratica del processo, Torino, 2015.; Tabasco, Sub art. 287, in Codice di procedura penale commentato, a cura di Giarda- Spangher, I, Milano, 2010, 3031.

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