Codice di Procedura Penale art. 304 - Sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare 1 .

Franco Fiandanese

Sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare 1.

1. I termini previsti dall'articolo 303 sono sospesi, con ordinanza appellabile a norma dell'articolo 310, nei seguenti casi:

a) nella fase del giudizio [470 s.], durante il tempo in cui il dibattimento è sospeso o rinviato [477] per impedimento dell'imputato o del suo difensore [420-ter] ovvero su richiesta dell'imputato o del suo difensore, sempre che la sospensione o il rinvio non siano stati disposti per esigenze di acquisizione della prova o a seguito di concessione di termini per la difesa [108, 451, 519, 520];

b) nella fase del giudizio, durante il tempo in cui il dibattimento è sospeso o rinviato a causa della mancata presentazione, dell'allontanamento o della mancata partecipazione di uno o più difensori [105, 484] che rendano privo di assistenza uno o più imputati;

b-bis) nella fase del giudizio, durante il tempo in cui l'udienza di comparizione predibattimentale e' sospesa o rinviata per taluno dei casi indicati nelle lettere a) e b)2;

c) nella fase del giudizio, durante la pendenza dei termini previsti dall'articolo 544, commi 2 e 3;

c-bis) nel giudizio abbreviato, durante il tempo in cui l'udienza è sospesa o rinviata per taluno dei casi indicati nelle lettere a) e b) e durante la pendenza dei termini previsti dall'articolo 544, commi 2 e 3; 3

c-ter) nei casi previsti dall'articolo 545- bis, durante il tempo intercorrente tra la lettura del dispositivo indicato al comma 1 dello stesso articolo e l'udienza fissata per la decisione sulla eventuale sostituzione della pena detentiva con una pena sostitutiva ai sensi dell'articolo 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689; in tal caso, la sospensione dei termini previsti dall'articolo 303 non può comunque avere durata superiore a sessanta giorni4.

2. I termini previsti dall'articolo 303 possono essere altresì sospesi quando si procede per taluno dei reati indicati nell'articolo 407, comma 2, lettera a), nel caso di dibattimenti o di giudizi abbreviati particolarmente complessi, durante il tempo in cui sono tenute le udienze o si delibera la sentenza [525-528] nel giudizio di primo grado o nel giudizio sulle impugnazioni [2974] 5.

3. Nei casi previsti dal comma 2, la sospensione è disposta dal giudice, su richiesta del pubblico ministero, con ordinanza appellabile a norma dell'articolo 310.

4. I termini previsti dall'articolo 303, comma 1, lettera a), sono sospesi, con ordinanza appellabile a norma dell'articolo 310, se l'udienza preliminare [419 s.] è sospesa o rinviata per taluno dei casi indicati nel comma 1, lettere a) e b), del presente articolo.

5. Le disposizioni di cui alle lettere a) e b) del comma 1, anche se riferite al giudizio abbreviato, e di cui al comma 4 non si applicano ai coimputati ai quali i casi di sospensione non si riferiscono e che chiedono che si proceda nei loro confronti previa separazione dei processi [18] 6.

6. La durata della custodia cautelare non può comunque superare il doppio dei termini previsti dall'articolo 303, commi 1, 2 e 3 senza tenere conto dell'ulteriore termine previsto dall'articolo 303, comma 1, lettera b), numero 3-bis), e i termini aumentati della metà previsti dall'articolo 303, comma 4, ovvero, se più favorevole, i due terzi del massimo della pena temporanea prevista per il reato contestato o ritenuto in sentenza. A tal fine la pena dell'ergastolo è equiparata alla pena massima temporanea 7 8.

7. Nel computo dei termini di cui al comma 6, salvo che per il limite relativo alla durata complessiva della custodia cautelare, non si tiene conto dei periodi di sospensione di cui al comma 1, lettera b).

 

[1] Articolo sostituito dall'art. 15 l. 8 agosto 1995, n. 332. V. inoltre art. 28, comma 2, l. n. 332, cit,   art. 11 d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 29, per il computo della custodia cautelare sofferta all'estero, nonché artt. 7 e 14 d.ls. 15 febbraio 2016, n. 36, sull'applicazione tra gli Stati membri dell'Unione europea del principio del reciproco riconoscimento alle decisioni sulle misure alternative alla detenzione cautelare. V. quanto disposto dall'art. 833 lett. b), 3-bisd.l. 17 marzo 2020, n. 18, conv., con modif. in l. 24 aprile 2020, n. 27, e dall'art. 362 d.l. 8 aprile 2020, n. 23, conv. con modif., in l. 5 giugno 2020, n. 40, con riferimento alle misure adottate in relazione all'emergenza epidemiologica Covid-19 (cfr. anche sub art. 172). 

[3] Lettera inserita dall'art. 21 lett. a) d.l. d.l. 7 aprile 2000, n. 82, conv., con modif., in l. 5 giugno 2000, n. 144. Per l'applicazione della disposizione anche ai giudizi abbreviati in corso alla data di entrata in vigore del decreto, v. sub art. 303. L'articolo 13, comma 1, lett. f) num. 1) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 ha successivamente modificato la lettera sostituendo il segno di interpunzione «;» a «.». Per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199. 

[4] Lettera inserita dall'articolo 13, comma 1, lett. f) num. 2) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. Per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199. 

[5] Comma così sostituito dall'art. 2 1 lett. b) d.l. n. 82, cit. Per l'applicazione della disposizione anche ai giudizi abbreviati in corso alla data di entrata in vigore del decreto, v. sub art. 303.

[6] Comma così modificato dall'art. 2 1 lett. c) d.l. n. 82, cit. Per l'applicazione della disposizione anche ai giudizi abbreviati in corso alla data di entrata in vigore del decreto, v. sub art. 303.

[7] Comma così modificato, in sede di conversione, dall'art. 22d.l. 24 novembre 2000, n. 341, conv., con modif., in l. 19 gennaio 2001, n. 4.

[8] Con riferimento alle misure urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19,   v.  art. 24, comma 3,  d.l. 9 novembre 2020, n. 149, che disponeva che nel computo dei termini di cui al presente comma, salvo che per il limite relativo alla durata complessiva della custodia cautelare, non si tiene conto dei periodi di sospensione di cui al comma 1 dell'art. 24. Successivamente l'intero decreto è stato abrogato dall'articolo 1, comma 2, della legge 18 dicembre 2020, n. 176. Restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del medesimo decreto. V. ora l'art. 23-ter del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv., con modif., in l. 18 dicembre 2020, n. 176.

Inquadramento

Il codice, dopo avere dettato all'art. 303, per ciascuna fase processuale, termini autonomi di custodia cautelare, prevede all'art. 304 che i termini di durata massima delle misure possano essere sospesi nella fase del giudizio (comma 1) in relazione a differimenti processuali non imposti da esigenze istruttorie e determinati da fatti riferibili all'imputato o al suo difensore ovvero anche durante la pendenza dei termini per la stesura della motivazione della sentenza; nell'intento di prevenire eventuali comportamenti dilatori diretti ad ottenere la scarcerazione (lett. a) o di precludere che comportamenti anche pienamente legittimi dei difensori possano anticipare la scarcerazione dell'imputato (lett. b); possono, inoltre, essere sospesi (comma 2) in relazione allo svolgimento e alla complessità del dibattimento, quando si tratti di reati indicati dall'art. 407, comma 2, lett. a).

Le ipotesi di sospensione dei termini di custodia cautelare previste dai commi 1 e 2, si distinguono non solo perché solo le prime consentono di limitarne gli effetti ad alcuni degli imputati, escludendo cioè coloro cui le cause di sospensione non si riferiscono e che facciano richiesta di separazione del procedimento, ma anche perché la sospensione prevista dall'articolo 304 comma 1 può essere disposta d'ufficio dal giudice, mentre quella prevista dall'art 304 comma 2 presuppone la richiesta del P.M. (Cass. V, n. 596/1999).

Disposizioni particolari sono dettate per il giudizio abbreviato (comma 1 lett. c-bis) e per l'udienza preliminare (comma 4).

Una nuova ipotesi è stata introdotta dall'art. 13, comma 1, lett. f) del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 - c.d. “riforma Cartabia” -ed è quella di cui alla lett. c-ter) del comma 1. Nella relazione illustrativa del suddetto D.Lgs. si legge: «L'introduzione di una udienza successiva a quella in cui il giudice dà lettura del dispositivo di condanna a pena detentiva entro i quattro anni, e quindi sostituibile ai sensi della legge 24 novembre 1981 n. 689, ….impone la necessità di stabilire una nuova causa di sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare, prevista dall'articolo 304 c.p.p. La norma che disciplina la condanna a pena sostitutiva (art. 545 bis c.p.p.) prevede la sospensione del processo, se l'imputato o il suo difensore manifestano la volontà di non opporsi alla sostituzione e non è possibile decidere immediatamente. In tal caso, il giudice fissa una apposita udienza non oltre sessanta giorni. Tale termine è necessitato dall'esigenza di verificare la possibilità concreta di sostituire la pena e di consentire alla parte stessa e all'Ufficio esecuzione penale esterna di intervenire per definire i contorni e i contenuti della pena sostitutiva da sottoporre al giudice. La nuova causa di sospensione si inserisce pertanto a pieno titolo nel novero delle necessità processuali dettate dalla complessità dei fatti o da oggettive cause impeditive della prosecuzione del processo, che il giudice non può governare discrezionalmente, e deve essere espressamente prevista dalla legge per il suo carattere eccezionale e incidente sulla libertà personale. Da qui, la necessità di una norma ad hoc ad integrazione del catalogo di cui all'art. 304, co. 1 c.p.p. attraverso l'introduzione della nuova lettera c ter). Quanto alla durata della sospensione, pur essendo previsti termini elastici commisurati all'esigenza concreta per le altre cause di sospensione, si è ritenuto opportuno limitare detta sospensione alla durata del termine ordinatorio di sessanta giorni, per non fare gravare sull'imputato in custodia cautelare eventuali ed incontrollabili ritardi nella definizione della pena sostitutiva derivanti dall'intervento dell'Ufficio di esecuzione penale esterna».

In difetto di una normativa transitoria ad hoc, le modifiche introdotte dal d. lgs. n. 150 del 2022, in vigore dal 30/12/2022, si applicheranno secondo il principio tempus regit actum

Infine, sono determinati i termini massimi di durata della custodia cautelare anche in presenza di cause sospensive (comma 6).

Dato il carattere eccezionale della normativa in questione non è possibile la sua applicazione ad ipotesi diverse da quelle espressamente previste e si impone una interpretazione restrittiva (Cass. I, n. 42590/2001).

La disciplina della sospensione dei termini, non è applicabile a misure coercitive diverse dalla custodia cautelare (Cass. IV, n. 30294/2013).

L'istituto della sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare di cui all'art. 304 si applica anche nel processo penale a carico di imputati minorenni (Cass. S.U., n. 37/1995).

Richiesta dell'imputato o del suo difensore

Modalità e termini

L'art. 304 comma 1 lett. a) prevede che i termini di custodia cautelare possono essere sospesi dal giudice nella fase del giudizio, durante il tempo in cui il dibattimento è sospeso o rinviato per impedimento dell'imputato o del suo difensore o su richiesta di rinvio avanzata dall'imputato o dal suo difensore, sempre che la sospensione o il rinvio non sono stati disposti per esigenze di acquisizione della prova o a seguito di concessione di termini per la difesa.

La sospensione dei termini di custodia cautelare si determina ogni qualvolta in un'attività processuale dell'imputato o del suo difensore sia configurabile una richiesta, anche implicita, di sospensione o di rinvio del dibattimento, perché il richiedente, ben consapevole degli effetti della sua richiesta, ne accetta anche i riflessi sul computo di tali termini (Cass. I, n. 1015/1992).

La richiesta di sospensione o di rinvio dell'imputato o del suo difensore può essere scritta o orale, individuale o collettiva, in caso di pluralità di imputati contestuale o successiva, e autonoma o adesiva a quella di altra parte. Ne consegue che i termini vanno sospesi anche nei confronti dell'imputato che, personalmente o tramite il difensore, ha aderito alla richiesta di rinvio formulata dal P.M., fondata sulla opportunità di una trattazione congiunta di tutte le imputazioni (Cass. VI, n. 224/1994).

Ai fini della operatività o meno della causa di sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare occorre verificare se la «richiesta» proveniente dall'imputato o dal suo difensore sia basata soltanto su motivi personali o si tratti, invece, di richiesta basata su motivi espressamente previsti dalla legge e ricollegabili all'esigenza, di interesse pubblico, della celebrazione di un «giusto processo». In detta seconda ipotesi, ove dall'accoglimento della richiesta derivi, come conseguenza necessaria, la stasi del procedimento, questa non potrà risolversi in pregiudizio dell'imputato e comportare, quindi, anche la sospensione dei termini summenzionati (Cass. I, n. 272/1997).

Il rinvio dell'udienza su istanza della difesa "per ora tarda" determina la sospensione dei termini di durata della custodia cautelare ex art. 304, comma 1, lett. a) (Cass. I, n. 22289/2018).

La sospensione del decorso dei relativi termini ha efficacia a far tempo dal giorno stesso dell'ordinanza, e cessa (comprendendolo) nel giorno antecedente a quello dell'udienza in cui riprende l'attività processuale (Cass. I, n. 3284/1992; Cass. Fer., n. 35663/2003; Cass. I, n. 12697/2008).

La durata della sospensione dei termini di custodia cautelare non subisce riduzione né per effetto dell'inosservanza del termine massimo di dieci giorni che deve intercorrere tra un'udienza e l'altra in caso di differimento del dibattimento (corrispondentemente alla parte eccedente), trattandosi di termine ordinatorio, né per la parte in cui viene superato il termine di sessanta giorni per i quali resta, al massimo, sospeso il corso della prescrizione in caso di sospensione del procedimento, trattandosi di istituto del tutto eterogeneo rispetto a quella della durata della custodia cautelare (Cass. Fer., n. 33518/2009).

Termini a difesa

Ai fini della sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare, il rinvio disposto per la concessione di un termine a difesa al difensore di ufficio a seguito della revoca della nomina di difensore di fiducia non è in alcun modo riconducibile alla previsione di cui alla lettera b) dell'art. 304 che ha riguardo a circostanze del tutto diverse, sinteticamente sussumibili in una situazione che renda gli imputati privi di assistenza, ma deve farsi rientrare nella previsione di cui alla precedente lettera a), che espressamente nega rilevanza al rinvio disposto per detta causa (Cass. I, n. 6506/1999).

In caso di eccezione di incostituzionalità

La sospensione dei termini di custodia cautelare, è diretta ad evitare che l'imputato possa beneficiare di eventi o situazioni da lui determinati a fini meramente dilatori. Tale principio non si applica quando il legame tra l'istanza dell'imputato e il rinvio del dibattimento venga ad interrompersi poiché la causa che lo ha determinato trova origine nell'esercizio di attività processuali che la legge rende obbligatorio, indipendentemente dall'istanza dell'imputato, ponendosi questa solo come impulso all'espletamento di un'attività doverosa del giudice.

Ne consegue l'inapplicabilità della sospensione dei termini di custodia cautelare nel caso in cui il processo sia stato sospeso per rimessione degli atti alla Corte Costituzionale per il giudizio incidentale di costituzionalità di una norma (Cass. I, n. 2526/1992) e ciò anche nel caso in cui la rimessione degli atti è stata determinata da un'eccezione di incostituzionalità proposta dall'imputato o dal suo difensore (Cass. S.U., n. 9/1990; Cass. I, n. 4221/1993).

In caso di più imputati

In caso di procedimento nei confronti di più imputati, l'impedimento di alcuni di essi o dei loro difensori a comparire e la conseguente richiesta di rinvio comporta l'applicazione dell'art. 304, comma 1, lett. a) anche nei confronti di tutti quei restanti coimputati che, con la loro manifestata «non opposizione» al rinvio medesimo, ne abbiano accettato l'eventuale accoglimento.

Ed invero solo la manifestazione di opposizione al rinvio per quel che concerne il proprio assistito, anche a costo di eventuale stralcio del procedimento a suo carico, impedisce l'applicabilità della sospensione dei termini di carcerazione preventiva per il relativo imputato, al quale conseguentemente la diversa eventuale decisione del giudice di non procedere allo stralcio per ragioni processuali non potrà essere addebitata come causa di sospensione del detto termine (Cass. VI, n. 3664/1995; Cass. I, n. 4871/1999).

In caso di istanza di ricusazione

La presentazione della dichiarazione di ricusazione del giudice non determina automaticamente la sospensione dell'attività processuale e, conseguentemente, non comporta la sospensione dei termini di durata della custodia cautelare ai sensi dell'art. 304, commi 1, lett. a) e 4, salvo che intervenga nel momento immediatamente precedente la deliberazione della sentenza, nel qual caso la sospensione dell'attività processuale ha luogo come effetto indiretto della richiesta dell'imputato, con la conseguenza che legittimamente il giudice dispone la sospensione di detti termini (Cass. S.U., n. 31421/2002); in tale ipotesi il processo rimane sospeso ex lege in quanto il giudice risulta privo di qualunque potere deliberativo (Cass. V, n. 43122/2004). Analogamente, la presentazione della dichiarazione di ricusazione del giudice presentata all'esito dell'udienza preliminare (ossia quando l'unica residua attività decisionale è quella dell'indirizzo conclusivo del procedimento, in assenza di ogni ulteriore attività processuale), determina la sospensione dell'attività processuale e, conseguentemente, comporta la sospensione dei termini di durata della custodia cautelare ai sensi dell'art. 304, commi 1, lett. a) e 4 (Cass. VI, n. 39859/2005).

La dichiarazione di ricusazione del giudice presentata da alcuni imputati nel momento immediatamente precedente la deliberazione della sentenza, comporta la sospensione dei termini di durata della custodia cautelare ai sensi dell'art. 304, comma 1, lett. a) e 4, anche nei confronti dell'imputato non ricusante, quando per l'evidenza dell'identità delle posizioni processuali, oggettivamente desumibile dalla natura del reato contestato, non è possibile procedere alla separazione del giudizio, previsto dall'art. 304, comma 5 (Cass. V, n. 43428/2004).

È stata ritenuta, inoltre, la legittimità dell'l'ordinanza di sospensione dei termini di custodia cautelare richiesta dal pubblico ministero a seguito dell'accoglimento dell'istanza di rinvio del processo avanzata dal difensore dell'imputato al fine di attendere le determinazioni della Corte di cassazione, adita con ricorso avverso la declaratoria di inammissibilità dell'istanza di ricusazione pronunciata dalla Corte d'appello, non essendo il differimento un atto dovuto (Cass. VI, n. 50120/2013; Cass. II, n. 23872/2014).

Mancata presentazione, allontanamento o mancata partecipazione di uno o più difensori

In genere

L'art. 304 comma 1 lett. b) prevede che i termini di custodia cautelare possono essere sospesi dal giudice nella fase del giudizio, durante il tempo in cui il dibattimento è sospeso o rinviato a causa della mancata presentazione, l'allontanamento o la mancata partecipazione di uno o più difensori che rendano privo di assistenza uno o più imputati.

Ove ricorrano tali presupposti non è necessaria un'esplicita ordinanza dispositiva della sospensione dei termini custodiali, in quanto, in tal caso, l'ordinanza di rinvio del dibattimento, ricognitiva dei presupposti che ne giustificano l'adozione — e, quindi, avente chiaro e specifico riferimento all'ipotesi di cui all'art. 304, comma 1, lett. b, e oggetto di discussione fra le parti ed il giudice — ben può costituire l'ordinanza appellabile, di cui all'art. 310 (Cass. V, n. 19646/2011).

Astensione dalle udienze del difensore

L'astensione dei difensori dalle udienze, costituendo esercizio di un diritto e non un legittimo impedimento, determina la sospensione dei termini di durata della custodia cautelare ex art. 304, comma primo, lett. b), con la conseguenza che, ai sensi del comma settimo del predetto articolo, nel computo del limite temporale massimo, pari al doppio dei termini di fase, non deve tenersi conto del periodo di tempo compreso tra l'udienza rinviata per l'adesione all'astensione e quella successiva (Cass. II, n. 41165/2015; Cass. V, n. 47193/2015).

Mancata assistenza difensiva

Nel caso in cui l'imputato, assistito da due difensori, revochi quello presente all'udienza nella quale l'altro difensore ha addotto un legittimo impedimento a comparire, si verifica una situazione di oggettiva mancanza di difesa processuale, come tale sussumibile nella previsione di cui all'art. 304, comma 1, lett. b), norma che non va intesa in senso riduttivo, ma ricomprende tutti i casi in cui, a prescindere dalle cause, l'assistenza tecnica venga del tutto a mancare (Cass. III, n. 47619/2004).

Configura un caso di paralisi dell'attività dibattimentale determinata da mancata assistenza difensiva la revoca in massa delle nomine dei difensori da parte degli imputati detenuti con nomina di altri difensori ai quali venga concesso termine a difesa, senza che rechi alcuna differenza la circostanza che l'iniziativa sia riferibile agli imputati o ai difensori. In tale ipotesi, ove sia adottato provvedimento di sospensione, gli effetti di esso si producono nei confronti di tutti gli imputati anche se alcuni non abbiano dato causa al comportamento ostruzionistico, in quanto costoro possono chiedere, per evitare conseguenze per loro pregiudizievoli, che si proceda nei loro confronti previa separazione dei processi a norma del comma quinto dell'art. 304 (Cass. VI, n. 3431/1999).

Pluralità di imputati

Nel caso di procedimento condotto a carico di più imputati, è sufficiente che venga meno la partecipazione al dibattimento di «uno o più difensori», con conseguente mancanza di assistenza di uno qualsiasi tra i coimputati, per dar luogo alla sospensione dei termini nei confronti di tutti gli imputati detenuti, a nulla rilevando che taluno tra essi chieda proseguirsi il giudizio (Cass. I, n. 3586/1991).

Rinuncia dell'imputato a comparire

La sospensione dei termini di durata massima di custodia cautelare, prevista dall'art. 304 lett. b), interviene anche nell'ipotesi in cui l'imputato abbia rinunciato a comparire al dibattimento e sia perciò rappresentato ad ogni effetto dal difensore, senza necessità che l'ufficio del giudice interpelli o informi in proposito il suddetto imputato, posto che la sua volontà si è già espressa con la dichiarazione di rinuncia a comparire e che, peraltro, dovrebbe essere lo stesso difensore (e non il giudice) a provvedere ad ogni comunicazione idonea a consentire al proprio assistito eventuali diverse scelte processuali (Cass. I, n. 6310/2001).

Separazione dei processi

Il comma 5 dell'art. 304 prevede che i casi di sospensione dei termini di durata della custodia cautelare di cui alle lett. a) e b) del comma 1 dell'art. 304, anche con riferimento al giudizio abbreviato, o i casi di sospensione dell'udienza preliminare ex comma 4, non si applicano ai coimputati ai quali i casi di sospensione non si riferiscono e che chiedono che si proceda nei loro confronti previa separazione dei processi.

Ai fini dell'applicazione del disposto dell'art. 304, comma 5, è sufficiente che il coimputato, cui non si riferisce la causa di sospensione, abbia esercitato il diritto facoltativo di chiedere che si proceda nei suoi confronti e non pure che sia stata disposta dal giudice che procede la separazione del processo (Cass. I, n. 5819/2004).

La giurisprudenza ha ritenuto non compatibile con la disciplina della sospensione dei termini di custodia cautelare, conseguente alla richiesta di remissione, la previsione dell'art. 304 comma 5, che dichiara inapplicabile la sospensione «ai coimputati ai quali i casi di sospensione non si riferiscono»; in quanto la richiesta di rimessione del processo di cui all'art. 45, anche se presentata solo da alcuni imputati, investe l'intero processo, essendo posta in discussione l'esistenza delle inderogabili condizioni che ne permettono il regolare svolgimento in quella sede giudiziaria. Ne consegue che gli effetti sospensivi previsti dall'art. 47 si estendono a tutte le posizioni processuali e al processo unitariamente considerato (Cass. I, n. 46321/2003; Cass. I, n. 6128/2009;  Cass. I, n. 2560/2022).

Redazione della sentenza

L'art. 304 comma 1 lett. c ), invece, prevede che i termini di custodia cautelare possono essere sospesi dal giudice nella fase del giudizio, durante la pendenza dei termini previsti dall'art. 544 commi 2 e 3 e, ai sensi del comma 1 lett. c-bis) nel giudizio abbreviato, durante il tempo in cui l'udienza è sospesa o rinviata per taluno dei casi indicati nelle lettere a) e b) e durante la pendenza dei termini previsti dall'art. 544, commi 2 e 3.

L'art. 544, comma 2 e 3 fissa il termine per il deposito della sentenza, di quindici giorni se la motivazione non è contestuale (comma 2) e di novanta giorni (comma 3) se la motivazione è particolarmente complessa per il numero delle parti o per il numero e per la gravità delle imputazioni.

Il giudice che ritenga di avvalersi del termine superiore a giorni quindici, previsto dall'art. 544, comma 2 per i casi di particolare complessità nella stesura della motivazione, ha l'onere, e non già una mera facoltà, di indicare tale termine nel dispositivo (Cass. III, n. 36549/2008).

Secondo la prevalente e più recente giurisprudenza, l'ordinanza sospensiva dei termini di durata massima della custodia cautelare durante il tempo di redazione della motivazione della sentenza non implica alcuna valutazione discrezionale, ma presenta natura dichiarativa e può essere emessa successivamente alla lettura del dispositivo, anche da parte del giudice dell'impugnazione a seguito della trasmissione degli atti dovendosi rispettare, come unica condizione di legittimità del  provvedimento sospensivo, che nel momento in cui venga adottato non  siano già scaduti i termini di custodia cautelare che l'ordinanza intende sospendere (Cass. III, n. 3637/2011; Cass. VI, n. 31632/2017); inoltre, l'ordinanza può essere motivata anche soltanto attraverso il richiamo del disposto degli artt. 304, comma 1, lett. c) e dell'art. 544, comma 3, che enunciano specificamente i presupposti che consentono la dilazione dell'ordinario termine di deposito della sentenza e, correlativamente, la sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare (Cass. IV, n. 5288/2004; Cass. VI, n. 47803/2003; Cass. II, n. 4823/2013; contra: Cass. VI, n. 4453/1998).

Le Sezioni Unite della Corte di cassazione, risolvendo un contrasto di giurisprudenza, hanno affermato che “nell'ipotesi in cui sia stata disposta la sospensione dei termini di custodia cautelare nella fase del giudizio ex art. 304, comma 1, lett. c), deve farsi riferimento, ai fini della decorrenza dei termini di fase, alla scadenza del termine stabilito dalla legge o determinato dal giudice per il deposito della sentenza”, con la conseguenza che resta irrilevante l'evento accidentale dell'effettivo deposito della motivazione in un termine eventualmente più breve (Cass. S.U., n. 33217/2016). Con l'affermazione di tale principio le Sezioni Unite hanno ribadito il prevalente orientamento giurisprudenziale, disattendendo anche il diverso principio affermato dalle precedenti Cass. S.U., n. 27361/2011, le quali, peraltro, si erano pronunciate su tale questione in via incidentale non costituendo essa l'oggetto del quesito sottoposto al suo esame. Le ragioni addotte dalla citata sentenza n. 33217/2016 sono sia di ordine testuale, poiché la norma stabilisce ex ante la durata della sospensione in relazione al tempo stabilito dalla legge o indicato dal giudice non attribuendo alcun rilievo al più breve termine effettivamente impiegato dal giudice per la redazione della motivazione, sia di ordine sistematico, poiché un diversa conclusione sarebbe distonica rispetto alla disciplina delle impugnazioni; la stessa sentenza ha cura di valutare la compatibilità di tale interpretazione con la Convenzione EDU, rilevando come “deve ritenersi escluso che, nel caso in esame, la detenzione subita dal ricorrente abbia perseguito uno scopo diverso rispetto a quello per cui è stata imposta e non sia stata conforme allo scopo di proteggere il soggetto dall'arbitrio, avendo tra i suoi obiettivi anche la tutela del diritto di difesa in sede di impugnazione, all'interno di un periodo di carcerazione preventiva limitata nel tempo”.

È legittimo il provvedimento di sospensione dei termini di durata della custodia cautelare, in pendenza dei termini per la redazione della sentenza, ex art. 304, comma 1, lett. c), assunto d'ufficio, senza il previo contraddittorio delle parti (Cass.  S.U., n. 27361/2011). È stata, altresì, ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 304, comma 1, lett. c), per il presunto contrasto con gli artt. 3, comma 1, 24, comma 2, e 111, comma 2, Cost., nella parte in cui non prevede che l'ordinanza di sospensione dei termini di durata della custodia cautelare per il tempo di redazione dei motivi della sentenza, debba essere emanata previa audizione del difensore dell'imputato detenuto, atteso che il presupposto di tale provvedimento è diverso da quello preso in considerazione dal comma 2 dell'art. 304, trattandosi di provvedimento meramente ricognitivo di una circostanza nota allo stesso difensore, e la cui adozione avviene nel rispetto di una condizione di perfetta parità tra le parti (Cass. IV, n. 42703/2007).

Si tratta di un'ipotesi di sospensione automatica che opera a vantaggio della successiva fase di appello, posto che la redazione della sentenza è necessariamente successiva alla sua pronuncia, la quale segna il passaggio dalla fase di primo grado a quella di secondo grado e, quindi, il momento di decorrenza dei nuovi termini di fase (Cass. III, n. 36396/2003).

Qualora i termini di durata della custodia cautelare vengano sospesi dal giudice procedente, ai sensi dell'art. 304, comma 1, lett. c), durante la pendenza dei termini per la stesura della motivazione della sentenza, l'effetto sospensivo non opera anche in relazione all'eventuale periodo di proroga di detti termini successivamente accordato — su richiesta dell'estensore — dal Presidente del tribunale o della Corte d'appello ai sensi dell'art. 154, disp. att., salvo che il giudice emetta, dopo il provvedimento presidenziale, una ulteriore ordinanza si sospensione ai sensi dell'art. 304 relativa al periodo di proroga (Cass. VI, n. 15162/2014), ordinanza che può essere motivata per relationem richiamando il provvedimento del capo dell'ufficio di proroga straordinaria (Cass. II, n. 12809/2020 ); tale ordinanza è suscettibile di gravame, nondimeno, alla luce della formulazione letterale dell'art. 304, comma 1, lett. c), detto giudice non deve più valutare le condizioni di legittimità della misura, ma solo la concreta necessità della sospensione, al fine di evitare scadenze intempestive (Cass. II, n. 26241/2017).

L'omessa comunicazione alle parti del provvedimento presidenziale di proroga del termine per il deposito della motivazione concesso ai sensi dell'art. 154, comma 4-bis, disp. att. cod. proc. pen., non costituisce causa di nullità e non incide, pertanto, sull'efficacia della conseguente ordinanza emessa dal giudice del processo di sospensione ex art. 304, comma 1, cod. proc. pen., dei termini di custodia cautelare per il tempo necessario alla redazione della sentenza (Cass. VI, n. 29150/2017; Cass. II, n. 50143/2017).

La sospensione dei termini relativa al periodo previsto dalla legge per la redazione della sentenza, opera non solo per i termini intermedi e di fase, ma anche per il termine di durata massima della misura, fermo restando il limite di cui all'art. 304, comma 6 (Cass. I, n. 5696/2015).

Particolare complessità del dibattimento

In genere

Il comma 2 dispone che i termini previsti di durata massima della custodia cautelare possono essere sospesi quando si procede per uno dei reati indicati nell'articolo 407, comma 2, lettera a), nel caso di dibattimenti o di giudizi abbreviati particolarmente complessi, durante il tempo in cui sono tenute le udienze o si delibera la sentenza nel giudizio di primo grado o nel giudizio sulle impugnazioni.

Una volta accertata la presenza dei presupposti richiesti dalla legge (e cioè la particolare complessità del dibattimento), la sospensione può essere disposta in qualsiasi momento di esso, qualora se ne presenti l'opportunità o necessità, e quindi tanto all'inizio del dibattimento, quanto nel corso dello stesso, senza che ciò comporti alcuna violazione di legge (Cass. I, n. 2023/1996); peraltro la sospensione può essere legittimamente disposta solo se non sono scaduti i termini di fase e, una volta deliberata, è immediatamente operativa, non potendone essere differita la decorrenza al momento di naturale scadenza (Cass. I, n. 13038/2015).

Le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno affermato che il giudice non può decidere sulla sola istanza del pubblico ministero, ma deve sentire anche il difensore o comunque porlo nella condizione di interloquire, scegliendo, a tal fine, le forme ritenute più opportune per assicurare alla difesa la conoscenza della richiesta della parte pubblica, nonché la possibilità di valutarla adeguatamente e di replicare; l'omissione di tali adempimenti determina una nullità generale a regime intermedio, che può essere rilevata o dedotta, al più tardi, nel giudizio di appello davanti al tribunale costituito ai sensi dell'art. 310, alla cui declaratoria consegue, ove sia nel frattempo scaduto il termine di fase, la perdita di efficacia della misura coercitiva e la scarcerazione dell'imputato «ora per allora». La Corte ha precisato che, ove l'istanza di sospensione venga formulata dal pubblico ministero fuori udienza, al giudice incombe l'obbligo di preavvertire la difesa ed instaurare un contraddittorio cartolare, con deposito di atti e scambio di memorie, ovvero orale, con la convocazione anche informale delle parti e relativa discussione (Cass. S.U., n. 40701/2001) la preventiva instaurazione del contraddittorio con la difesa è attuabile con libertà di forme e senza che occorra anche la partecipazione personale dell'imputato (Cass. VI, n. 42570/2017). In applicazione di tale principio, si è ritenuto che l'ordinanza che pronuncia la sospensione dei termini di custodia cautelare per la particolare complessità del dibattimento è affetta da nullità generale a regime intermedio quando venga adottata senza consentire il contraddittorio con la difesa, sicché la parte che vi assiste deve eccepirla, al più tardi, immediatamente dopo il suo compimento, in applicazione del disposto di cui all'art. 182, comma 2 (Cass. VI, n. 37406/2011). È legittima la sospensione dei termini della custodia cautelare per la particolare complessità del dibattimento disposta in presenza del sostituto processuale del difensore di fiducia e contestualmente al rinvio dell'udienza per legittimo impedimento dell'imputato (Cass. V, n. 35518/2010).

La sospensione dei termini di custodia cautelare ai sensi dell'art. 304, comma 2, non si riferisce esclusivamente ai termini complessivi di custodia cautelare ma opera anche nei confronti dei termini intermedi e di fase (Cass. S.U., n. 20/1991).

Tale sospensione, riguarda non solo i giorni di udienza e quelli di deliberazione della sentenza, ma anche i relativi intervalli temporali, cioè i cosiddetti «tempi morti» del processo (Cass. VI, n. 34693/2008).

Nei procedimenti cumulativi, la sospensione dei termini di custodia cautelare per la particolare complessità del dibattimento, quando si procede per taluno dei reati indicati nell'art. 407, comma 2, lett. a), opera anche nei confronti del coimputato, al quale siano contestati reati non compresi nell'elenco di cui all'art. 407 (Cass. S.U., n. 23381/2007).

L'ordinanza di sospensione dei termini di custodia cautelare che, a norma dell'art.304, comma 2, riconosca in via generale la particolare complessità del dibattimento, opera anche nei confronti del latitante, impedendo che il suo successivo arresto faccia iniziare il decorso dei termini di cui all'art.303 fino a quando non venga a cessare la causa di sospensione e salvi, ovviamente, i limiti di cui al comma 6. D'altra parte, ove così non fosse, la persona volontariamente sottrattasi alla esecuzione del provvedimento coercitivo verrebbe ad essere paradossalmente favorita rispetto a coloro nei cui confronti il provvedimento sia stato invece eseguito (Cass. I, n. 4666/1999; Cass. II, n. 25498/2012). Tuttavia, è stato ritenuto che qualora il provvedimento sospensivo circoscriva, anche implicitamente, i suoi effetti solo agli imputati in stato di custodia cautelare, ad esso deve necessariamente seguire un altro analogo provvedimento di sospensione nei confronti degli imputati latitanti e successivamente catturati, pure attinti dalla medesima misura, i quali sono legittimati, sotto il profilo dell'interesse, ad impugnare soltanto il provvedimento che li riguardi (Cass. I, n. 28482/2003).

La sospensione dei termini di custodia cautelare, se giustificata dalla oggettiva complessità del dibattimento (senza, dunque, che assumano rilievo le situazioni dei singoli imputati), è operante anche nei confronti di quel soggetto, in un primo tempo giudicato separatamente, la cui posizione sia stata successivamente riunita al processo nel quale detta sospensione è stata disposta (Cass. VI, n. 2944/2001).

Il provvedimento adottato dal giudice del dibattimento con ordinanza ex art. 304, commi 2 e 3, non perde efficacia nel caso di rinnovazione del dibattimento conseguente a mutamento della composizione dell'organo giudicante, e ciò non solo perché nessuna norma prevede una simile conseguenza, ma anche perché ciò sarebbe in contrasto con il principio generale di conservazione degli atti, agevolmente desumibile, quale criterio ispiratore dell'intero ordinamento processuale, dalla disciplina dettata dall'art. 42 in tema di astensione e ricusazione, che ha trovato conferma nella previsione transitoria di cui all'art. 1, comma 2, d.l. 250/1996 (Cass. VI, n. 9/1997).

Allo stesso modo, è efficace il provvedimento di sospensione dei termini di custodia cautelare adottato da collegio del quale faceva parte un giudice poi astenutosi  (Cass. V, n. 34811/2016).

Reati previsti dall'art. 407, comma 2, lett. a)

La sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare prevista dall'art. 304, comma 2 può essere disposta solo in relazione ai reati espressamente indicati nell'art. 407, comma 2, lett. a), la cui previsione ha carattere tassativo e non può essere estesa a diverse, quantunque affini, figure criminose, dato il suo carattere eccezionale, che ne impone un'interpretazione restrittiva (Cass. I, n. 42590/2001).

Giudizio di complessità

Il giudizio di complessità, che legittima la sospensione dei termini di custodia cautelare, ha carattere prognostico, dovendo essere formulato non con riguardo all'attività espletata ed esaurita, bensì in ragione dell'attività da compiere ed implica un accertamento fattuale insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivato (Cass. VI, n. 28663/2015). La disposizione dell'art. 304, comma 2, prevede un potere discrezionale di sospensione dei termini di durata della custodia cautelare che il giudice può esercitare solo quando ricorrano due condizioni: 1) che si tratti di reati indicati nell'art. 407, comma 2, lett. a); 2) — che il dibattimento sia particolarmente complesso. La relativa ordinanza deve essere motivata a pena di nullità; e la motivazione non può essere limitata alla generica affermazione dell'esistenza delle due condizioni che rendono possibile la sospensione, ma deve anche riguardare il concreto esercizio di tale facoltà, che deve essere giustificato dalle particolari esigenze previste dalla legge, da indicare specificamente. Tali esigenze ricorrono soltanto quando la particolare complessità del dibattimento, nel caso concreto, renda impossibile, senza notevoli difficoltà, la pronuncia della sentenza nel giudizio di primo grado o nel giudizio sulle impugnazioni, entro i termini di custodia cautelare (Cass. I, n. 2723/1994). Il giudizio di particolare complessità non può riguardare l'attività di studio degli atti, bensì l'attività da compiere nel corso della celebrazione del dibattimento o del giudizio (Cass. VI, n. 21745/2018).

La particolare complessità del dibattimento, che consente la sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare, va apprezzata con riferimento alla fase dibattimentale nella sua interezza, e non già alla sola frazione residua ancora da celebrare (Cass. I, n. 4435/2009) e deve essere intesa in termini ampi, purché risulti oggettivizzata la causa che l'ha determinata, e, pertanto, può essere riferita non solo alla trattazione e alla decisione del processo, in relazione all'approfondimento delle posizioni di ciascun imputato e all'assunzione di numerosi mezzi di prova, ma anche ad oggettive difficoltà e ostacoli di natura logistica, riguardanti l'organizzazione dei mezzi e delle strutture necessarie per lo svolgimento del dibattimento (Cass. V, n. 21325/2010). In particolare, il dettato dell'art. 304, comma 2, intende comprendere le difficoltà e gli ostacoli attinenti sia al singolo processo, ivi inclusa l'esigenza di approfondimento della posizione di ciascun imputato e di escussione dei numerosi testi citati, sia all'organizzazione di mezzi per la sua celebrazione, ivi inclusa l'esigenza di garantire l'incolumità dei testi e dei collaboranti, nonché la traduzione degli imputati, che per ragioni di sicurezza sono detenuti in luoghi anche lontani dalla sede del Giudice (Cass. I, n. 4979/1994).

Posto che la perizia (quand'anche il perito non esponga il suo parere immediatamente, ma ottenga un termine per rispondere ai quesiti, ai sensi dell'art. 508, comma 1, seconda parte), resta pur sempre qualificabile come atto del dibattimento, ne deriva che può legittimamente essere considerata come causa di particolare complessità del medesimo dibattimento e dar luogo, quindi, alla sospensione prevista dal citato art. 304, comma 2, la necessità di espletamento di una perizia particolarmente laboriosa ed implicante indagini di lunga durata (Cass. I, n. 2214/1994).

La particolare complessità del dibattimento può essere desunta anche dalla sopravvenienza di nuove difficoltà tecniche, che si innestano su una attività istruttoria già complessa (Cass. VI, n. 15884/2016: fattispecie relativa al danneggiamento di un supporto informatico nello svolgimento di una perizia di trascrizione di conversazioni, caratterizzate dalla loro molteplicità, lunghezza e difficile intelligibilità).

Giudizio abbreviato

Anche con riferimento al giudizio abbreviato, è ammissibile la sospensione dei termini di custodia cautelare in ragione della particolare complessità del dibattimento, desumibile sia da ragioni intrinseche al processo sia dalla considerazione dell'insieme di attività di carattere logistico ed organizzativo necessarie al suo svolgimento, non potendosi ritenere tali valutazioni incompatibili con la specialità del rito (Cass. VI, n. 45596/2013).

Giudizio di appello

Ai fini della sospensione dei termini di durata della custodia cautelare nel giudizio di appello, la particolare complessità di quest'ultimo può essere desunta dall'elevato numero degli imputati, dal notevolissimo numero, dalla gravità e dalla complessità delle imputazioni e delle questioni sollevate dagli appellanti, indipendentemente da un provvedimento di rinnovazione dell'istruttoria (Cass. II, n. 29395/2012; Cass. V, n. 40452/2019); mentre la gravità dei fatti e la necessità di studio del materiale probatorio, già formato in primo grado, non possono costituire motivi per ritenere complesso il dibattimento (Cass. I, n. 628/2010).

Competenza a disporre la sospensione

La competenza a disporre la sospensione dei termini di durata della custodia cautelare spetta, nelle more del giudizio di appello e dopo la trasmissione degli atti da parte del giudice di primo grado, al giudice di secondo grado, pur se ancora pendenti, per taluni degli imputati, i termini d'impugnazione (Cass. VI, n. 28560/2009).

L'ordinanza di sospensione dei termini di custodia cautelare ex art. 304, comma 2 può essere emessa dal giudice che, riconoscendo la propria incompetenza, disponga contestualmente lo stralcio della posizione processuale dell'imputato, fermo restando il potere del giudice successivamente investito della procedura di verificare, su richiesta di parte o «ex officio», la ricorrenza dei presupposti per adottare l'ordinanza sospensiva (Cass. VI, n. 22887/2012). In applicazione del medesimo principio, si è ritenuto che, qualora, nella fase del giudizio, ricorrendone le condizioni, venga emessa un'ordinanza di sospensione dei termini di custodia cautelare a norma dell'art. 304, comma 2, tale provvedimento esplica i suoi effetti per tutta la durata del giudizio, anche se nel corso del dibattimento sia stata stralciata la posizione relativa ad alcuni imputati. Ne consegue che anche nel caso di separazione dei processi l'ordinanza di sospensione dei termini di custodia cautelare si estende automaticamente al processo in corso derivante dallo stralcio, sempre che persistano le condizioni relative alla complessità del dibattimento (Cass. I, n. 939/1998).

Periodo feriale

La deroga alla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale è prevista nell'interesse dell'imputato che si trovi in stato di custodia cautelare ed è preordinata alla rapida definizione del giudizio, per cui spetta all'imputato e al suo difensore il diritto di rinunciare alla sospensione dei termini e consentire lo svolgimento del processo anche durante il periodo feriale.

Ne consegue che la rinuncia può essere anche tacita quando possa essere desunta da condotte ed iniziative implicitamente significative della volontà di rinunciare alla sospensione dei detti termini (Cass. II, n. 17448/2015; Cass. V, n. 12011/2016). In contrasto con tale affermazione di principio, si è, invece, ritenuto che la mera presentazione di istanza di riesame durante il periodo feriale non costituisce implicita rinuncia alla sospensione dei termini processuali disposta dalla legge, giacché, a tal fine, occorre un'espressa manifestazione di volontà della parte (Cass. V, n. 28671/2016; Cass. II, n. 2494/2017).

La fissazione e lo svolgimento, nel periodo di sospensione feriale dei termini, dell'udienza di discussione della richiesta di sospensione dei termini di custodia cautelare, senza la previa notificazione alle parti del provvedimento con cui viene dichiarata l'urgenza dell'adempimento, integra una nullità relativa, la quale rimane sanata se non viene dedotta nel corso dell'udienza alla quale il difensore e l'imputato sono entrambi comparsi (Cass. VI, n. 39704/2009).

Ordinanza appellabile

Poiché a norma dell'art. 304, commi 1 e 4, è consentita l'immediata appellabilità dell'ordinanza che ne dispone la sospensione, la mancata presentazione, da parte dell'interessato, dell'atto di appello nel termine perentorio stabilito dall'art. 310, comma 2, comporta, in virtù del fenomeno della preclusione endoprocessuale, l'inammissibilità della successiva e tardiva richiesta di declaratoria di estinzione della misura e di scarcerazione per sopravvenuta scadenza dei termini cautelari di fase, a nulla rilevando l'illegittimità dell'originaria sospensione  (Cass. I, n. 48056/2016; Cass. I, n. 39974/2019).

E’ stato precisato che l'imputato latitante non ha alcun interesse a impugnare il provvedimento di sospensione per la particolare complessità del giudizio ex art. 304, comma 2, adottato nella fase "dinamica" della misura, poiché, nei suoi riguardi, quei termini non sono mai iniziati a decorrere (Cass. VI, n. 13717/2019).

L'ordinanza di sospensione dei termini di custodia cautelare di cui all'art. 304, comma 2, non può essere pronunciata successivamente alla scadenza del termine massimo di custodia: sia perché la sospensione opera soltanto ove vi sia un termine pendente sia soprattutto perché alla scadenza del termine, se non sia intervenuta l'ordinanza di sospensione, la custodia cautelare si estingue ex lege con conseguente liberazione dell'imputato; e perciò, non è giuridicamente ipotizzabile una sospensione del termine con effetto retroattivo. Al contrario, durante la pendenza del termine massimo tali ostacoli non operano ed il giudice può pronunciare l'ordinanza di sospensione durante e dopo il periodo di rinvio ovvero di impedimento dell'imputato o del difensore, fino alla scadenza del termine massimo (Cass. VI, n. 3390/1992; Cass. I, n. 2636/1997).

Non può dubitarsi della legittimazione del Pubblico Ministero ad impugnare un'ordinanza reiettiva della sua richiesta di sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare. Ciò risulta evidente dal richiamo operato dall'art. 304 comma 3 all'art. 310, il quale indica il Pubblico Ministero come il primo dei soggetti legittimato ad impugnare le ordinanze in materia di libertà, tra le quali rientra certamente quella che pronuncia sulla richiesta di sospensione dei suddetti termini (Cass. I, n. 1628/1995).

In sede di impugnativa dell'ordinanza di sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare per ritenuta particolare complessità del dibattimento, non è consentita la proposizione di questioni relative alla mancata separazione dei processi, — trattandosi di questioni rimesse alla discrezionalità del giudice e non soggetta ad impugnazione — neppure sotto il profilo che la complessità del procedimento è stata determinata dalle scelte del pubblico ministero nel momento in cui esercita l'azione penale o successivamente dal giudice a norma degli artt. 17,18 e 19 (Cass. VI, n. 1668/1998); neppure è consentito al Tribunale della libertà il sindacato sull'opportunità di provvedimenti di riunione adottati dal giudice del procedimento principale, in relazione alla loro possibile incidenza sul corso del dibattimento (Cass. I, n. 1724/1996).

Udienza preliminare

Il comma 4 dell'art. 304 dispone che i termini di durata della custodia cautelare sono sospesi nella fase dell'udienza preliminare nei casi in cui questa è sospesa o rinviata per taluno dei casi di cui alle lett. a) e b) del comma 1.

La sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare per quanto riguarda l'udienza preliminare (nella quale, come confermato nell'art. 303, 1 lett. a) possono essere emesse sentenze a conclusione di giudizi abbreviati o di patteggiamento), è regolata autonomamente dal comma 4 dell'art. 304; e poiché esso richiama solo le lettere a) e b) del comma 1 deve escludersi che per i giudizi svoltisi nell'udienza preliminare sia applicabile la lettera c) del comma 1 dell'art. 304 (Cass. V, n. 3680/1996; Cass. II, n. 812/1997).

Nell'udienza preliminare, l'assunzione delle prove nel contraddittorio delle parti disposta dal giudice ai sensi dell'art. 422 non rientra nella fase delle indagini preliminari (caratterizzate dalla finalizzazione all'esercizio dell'azione penale, dalla direzione da parte del P.M. e dalla segretezza); ne consegue che non è applicabile, durante tale fase, la proroga della custodia cautelare, attinente soltanto alla fase delle indagini preliminari, né può essere ordinata la sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare, espressamente esclusa in relazione alle esigenze di acquisizione probatoria (Cass. II, n. 4352/2000).

Durata massima dei termini di custodia cautelare

Il comma 6 dell'art. 304 dispone che la durata della custodia cautelare non può superare il doppio dei termini previsti dall'articolo 303, commi 1, 2 e 3 senza tenere conto dell'ulteriore termine previsto dall'articolo 303, comma 1, lettera b), numero 3-bis) e i termini aumentati della metà previsti dall'art. 303, comma 4, ovvero, se più favorevole, i due terzi del massimo della pena temporanea prevista per il reato contestato o ritenuto in sentenza. A tal fine la pena dell'ergastolo è equiparata alla pena massima temporanea.

Per stabilire il termine di durata massima della custodia cautelare di cui all'art. 304, comma 6 occorre fare riferimento esclusivamente alla pena edittale prevista dalla legge per il reato contestato o per il quale vi è stata condanna, a nulla rilevando la misura della pena inflitta in concreto (Cass. II, n. 6613/2014 ; Cass. VI, n. 12993/2020).

Il disposto dell'art. 304, comma 6 individua un limite invalicabile (il doppio dei termini di fase e l'aumento della metà della durata complessiva, ovvero se più favorevole i due terzi del massimo della pena), ma non sancisce affatto che in presenza di cause di sospensione il termine automaticamente si elevi a quello individuato come limite estremo (Cass. II, n. 9277/2004).

Nei procedimenti per uno dei delitti di cui all'art. 407, comma 2, lett. a), qualora il termine di fase sia stato sospeso per la particolare complessità del dibattimento o del giudizio abbreviato, ai sensi dell'art. 304, comma 2, il termine massimo di durata della custodia, fissato nel doppio dei termini di fase dal comma 6, non può essere superato sommando ad esso l'ulteriore termine eventualmente utilizzato, nella fase del giudizio per uno dei delitti citati, ai sensi dell'art. 303, comma 1, lett. b), n. 3-bis (Cass. S.U., n. 29556/2014).

La declaratoria di nullità della udienza preliminare per inosservanza del termine a comparire pronunciata dal giudice del dibattimento con conseguente trasmissione degli atti al G.u.p. comporta il regresso del procedimento alla fase antecedente che rende operativa la disciplina della nuova decorrenza dei termini di fase, con il limite del doppio del termine di fase (art. 304, comma 6), che deve essere computato tenendo conto dei periodi di custodia cautelare sofferti dall'imputato in fasi o gradi diversi da quella in cui il procedimento è regredito (Cass. V, n. 28536/2010).

In caso di regresso del procedimento, una volta imputato alla fase cui quest'ultimo sia regredito il periodo di custodia trascorso in quella all'esito della quale il regresso è stato disposto, di esso non può tenersi ulteriormente conto per le fasi successive ai fini del computo del doppio dei termini relativi a ciascuna di esse (Cass. VI, n. 28279/2003).

L'eventuale aumento fino a sei mesi dei termini di durata della custodia cautelare disposto, per la fase predibattimentale relativa a specifici delitti, a norma dell'art. 303, comma 1, lett. b), n. 3-bis, non ha alcuna incidenza sulla durata massima della custodia medesima ai sensi dell'art. 304, comma 6, la quale in nessun caso può superare il doppio dei termini previsti in via ordinaria dai commi 1, 2 e 3 dell'art. 303 (Cass. VI, n. 15879/2004).

Nel computo dei termini di durata massima della custodia cautelare previsti dal comma 6 dell'art.304, non si tiene conto, a norma del comma 7, dei periodi di sospensione di cui al comma 1, lett. b). Né a tal riguardo assume rilievo contrario la sentenza interpretativa di rigetto della Corte cost. n.292/1998, ove si è già affrontato il tema della durata massima della custodia in ipotesi di regressione del processo, in quanto, ferma restando la portata generale da annettere al limite sancito dall'art. 304, comma 6, altro e diverso è il problema relativo al calcolo di tale limite (Cass. I, n. 1623/2000). 

Bibliografia

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