Codice di Procedura Penale art. 322 bis - Appello 1 .Appello1. 1. Fuori dei casi previsti dall'articolo 322, il pubblico ministero, l'imputato [60, 61] e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione [323], possono proporre appello [99 att.] contro le ordinanze in materia di sequestro preventivo e contro il decreto di revoca del sequestro emesso dal pubblico ministero [321 3]. 1-bis. Sull'appello decide, in composizione collegiale, il tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio che ha emesso il provvedimento2. 2. L'appello non sospende l'esecuzione del provvedimento [588]. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 310.
[1] Articolo inserito dall'art. 17 d.lgs. 14 gennaio 1991, n. 12. [2] Comma inserito dall'art. 4, d.l. 23 ottobre 1996, n. 553, conv., con modif., nella l. 23 dicembre 1996, n. 652, e, ancor prima, dall'art. 4, d.l. 8 luglio 1996, n. 355 e poi dall'art. 4, d.l. 6 settembre 1996, n. 464, il primo decaduto per mancata conversione in legge e il secondo abrogato dall'art. 7 d.l. n. 553, cit. Il comma 1-bis è stato successivamente modificato dall'art. 180, d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. InquadramentoIn analogia con quanto disposto in materia di misure cautelari personali, l'art. 322-bis, introdotto dal d.lgs. n. 12/1991, prevede la possibilità di proporre appello cautelare contro le ordinanze in materia di sequestro preventivo e contro il decreto di revoca del sequestro emesso dal p.m., in tal modo completando e integrando la tutela apprestata dall'art. 322. OggettoIn genere La dizione contenuta nell'art. 322-bis, secondo la quale l'appello può essere proposto contro le ordinanze in materia di sequestro preventivo deve intendersi riferita soltanto ai provvedimenti che comunque operano in tema di misura cautelare reale, ad esclusione di quelli con cui la misura cautelare viene disposta, costituendo tale articolo una norma di chiusura che consente l'appello contro tutti i provvedimenti in materia di sequestro preventivo non soggetti a riesame ex art. 322 (Cass. III, n. 2811/1998). Provvedimenti appellabili Il legislatore, prevedendo anche per il sequestro una impugnazione diversa dal riesame, ha voluto riferirsi a quelle situazioni in cui la doglianza ha motivo di rivolgersi contro la reiezione di una istanza del P.M., promossa per ottenere la concessione di una misura cautelare reale, al fine di ottenerne l'accoglimento, in via sostitutiva, dal giudice del gravame (Cass. VI, n. 4136/1993). Avverso il provvedimento di rigetto dell'istanza di dissequestro o di revoca del sequestro non è esperibile il ricorso per cassazione, sia perché un tale rimedio non è previsto dall'art. 568, comma 2, che sancisce la ricorribilità contro i provvedimenti relativi alla libertà personale e contro le sentenze, sia perché nessuna norma di carattere specifico lo contempla; mentre è previsto l'appello al tribunale del riesame, che è rimedio di carattere generale per tutti i provvedimenti, diversi da quello impositivo della misura, che comunque operano in tema di misura cautelare reale (Cass. I, n. 5320/1997; Cass. VI, n. 26232/2013; Cass. III, n. 19995/2017). Con riferimento alla possibilità per l'imputato di far valere il proprio diritto alla restituzione dei beni sequestrati nel caso in cui con condanna non definitiva venga disposta la confisca dei beni medesimi, secondo un primo orientamento, permane il potere del giudice cautelare di riesaminare il provvedimento che ha disposto il sequestro poiché esso costituisce, allo stato, l'unico titolo legittimante la temporanea ablazione del bene (Cass. III, n. 42362/2013; Cass. II, n. 31813/2018; Cass. III, n. 6720/2021; Cass. V, n. 37489/2021); mentre, secondo un contrastante orientamento, qualora venga disposta, con la sentenza di condanna in primo grado, la confisca dei beni sequestrati all'imputato, questi potrà far valere il proprio diritto alla restituzione dei beni solo attraverso lo strumento dell'impugnazione della sentenza ex art. 579, comma 3, con la conseguente inammissibilità dell'impugnazione cautelare eventualmente proposta (Cass. I, n. 12769/2016; Cass. I, n. 11914/2019). Avverso il provvedimento di dissequestro e restituzione dei beni sottoposti a sequestro preventivo, adottato in sede dibattimentale o dopo l'emissione di una sentenza di proscioglimento, non è esperibile il ricorso per cassazione bensì l'appello al tribunale del riesame, che è rimedio di carattere generale per tutti i provvedimenti, diversi da quello impositivo della misura (Cass. III, n. 3913/2008; Cass. VI, n. 2337/2015). Sono impugnabili con appello ex art. 322-bis, i provvedimenti che, esorbitando dalla mera gestione del bene sequestrato e comportando una modifica del vincolo cautelare, non possono essere considerati atti di natura sostanzialmente amministrativa (Cass. III, n. 261/2018: fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto impugnabile il provvedimento di rigetto della richiesta di autorizzazione a praticare trattamenti agronomici e fitosanitari sulle viti in sequestro allo scopo di preservarle dall'attacco di parassiti trattandosi di decisione che riguardava direttamente la conservazione e la sopravvivenza del bene sottoposto a vincolo; Cass. III, n. 24815/2016: fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto impugnabile con appello il provvedimento di liquidazione di acconto in favore dell'amministratore giudiziale dei beni sottoposti a vincolo, in quanto tale provvedimento, incidendo sulla diretta consistenza del vincolo reale, non può essere considerato atto di ordinaria natura amministrativa). Provvedimenti non appellabili Risolvendo un contrasto di giurisprudenza, le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno affermato che l'ordinanza con la quale il giudice, a norma dell'art. 321, comma 3-bis, convalida il sequestro preventivo disposto in via d'urgenza dal P.m. è inoppugnabile (Cass. S.U., n. 21334/2005; nonché: Cass. III, n. 5770/2014). Si rinvia sul punto a quanto più ampiamente esposto nel commento sub art. 322. La previsione di generale appellabilità delle ordinanze adottate in materia di sequestro preventivo, non trova applicazione per quei provvedimenti aventi natura sostanzialmente amministrativa che intervengono nella fase dell'esecuzione della misura cautelare e che attengono alla mera gestione del bene sequestrato, e, quindi, si presentano come atti di ordinaria amministrazione (Cass. III, n. 39181/2014; Cass. II, n. 40130/2015: fattispecie in cui la Corte ha ritenuto non impugnabile con l'appello cautelare il provvedimento del giudice che aveva revocato l'autorizzazione all'utilizzo dei macchinari sequestrati). In particolare, i provvedimenti riguardanti le modalità di esecuzione del sequestro preventivo non sono né appellabili né ricorribili per cassazione e le eventuali questioni ad essi attinenti vanno proposte in sede di incidente di esecuzione (Cass. VI, n. 16170/2014; Cass. II, n. 44504/2015: fattispecie in cui, nonostante il Tribunale del riesame avesse disposto il sequestro preventivo fino alla concorrenza di una somma di poco superiore a tremila euro, erano stati sottoposti a vincolo beni per un valore complessivo di circa trenta volte superiore. In applicazione del principio, la S.C. ha rigettato il ricorso proposto avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame, in cui era stata dedotta l'erronea estensione del vincolo reale; Cass. III, n. 39275/2018: fattispecie relativa all'impugnazione del diniego di accesso al bene sequestrato per effettuare opere di protezione di un piano del manufatto costruito senza titolo). Il provvedimento di affidamento agli organi di polizia che ne facciano richiesta, dei beni mobili iscritti in pubblico registro automobilistico appartenenti all'imputato e sequestrati nel corso di operazioni di polizia giudiziaria antidroga, non è suscettibile di impugnazione, in quanto ha l'esclusivo effetto di individuare il soggetto cui è rimesso l'ufficio di custode giudiziario dei veicoli sequestrati, fatta salva la necessità di garantire il contraddittorio qualora i beni appartengano a terzi (Cass. VI, n. 6249/2003; Cass. IV, n. 28123/2007; Cass. VI, n. 9727/2013). La sentenza non definitiva che esclude la confiscabilità ex art. 12-sexies d.l. n. 306/1992 di alcuni beni nella disponibilità del condannato determina l'inammissibilità dell'impugnazione cautelare avverso l'ordinanza con cui lo stesso giudice, in pari data alla sentenza, rigetta la richiesta del pubblico ministero di sequestro preventivo sugli stessi beni (Cass. VI, n. 43149/2008). Soggetti legittimatiL' art. 322-bis, al comma 1 individua i soggetti legittimati a proporre l'appello cautelare che sono gli stessi legittimati a proporre l'istanza di riesame e cioè l'imputato, il suo difensore, la persona cui le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione. In più vi è il P.m. al quale è, invece, inibita la richiesta di riesame. Questo per consentire anche a tale organo doglianze diverse dal riesame contro la reiezione di un'istanza per la concessione di una misura cautelare reale, al fine di ottenerne l'accoglimento in via sostitutiva dal tribunale. Secondo una risalente pronuncia, sussiste la legittimazione ad appellare la mancata concessione del sequestro preventivo, richiesto dal pubblico ministero, da parte della persona che avrebbe diritto alla restituzione delle cose passibili di sequestro, trattandosi di soggetto astrattamente indicato dal legislatore come portatore di interesse meritevole di tutela senza alcuna limitazione in relazione alla natura del provvedimento oggetto di gravame, se non con riferimento al tipo di gravame previsto (Cass. VI, n. 2599/1994). Contrario avviso si desume da altra pronuncia, con la quale si è affermato che la persona offesa del reato non è legittimata a proporre appello, ai sensi dell'art. 322-bis, avverso il provvedimento con il quale il giudice abbia respinto la richiesta di sequestro preventivo avanzata dal pubblico ministero, non potendosi, in contrario, far leva sulla inclusione, tra i soggetti legittimati al gravame, della « persona che avrebbe diritto alla restituzione », dal momento che una tale legittimazione presuppone che il sequestro sia stato disposto e vi sia quindi interesse ad opporvisi onde ottenere, appunto, la restituzione del bene sequestrato (Cass. II, n. 6908/2007). I proprietari di buona fede degli immobili sequestrati, terzi estranei al procedimento pendente per il reato di lottizzazione abusiva, sono legittimati a proporre appello avverso l'ordinanza di rigetto della richiesta di dissequestro (Cass. III, n. 39715/2010). Rientrano tra le persone aventi diritto alla restituzione del bene sequestrato di cui all'art. 322-bis non soltanto il proprietario e i titolari di un diritto reale di godimento o di garanzia sul bene stesso, ma anche il soggetto che ne abbia il possesso o la detenzione (Cass. III, n. 26196/2010). Sulla legittimazione a proporre appello del curatore del fallimento v. sub art. 322, § 3. In tema di responsabilità da reato degli enti, è inammissibile l'appello avverso il rigetto dell'istanza di restituzione dei beni sottoposti a sequestro preventivo presentata dal legale rappresentante della persona giuridica, divenuto incompatibile in quanto indagato o imputato del reato presupposto (Cass. VI, n. 41398/2009). Interesse all'appelloPer quanto riguarda il caso in cui il bene oggetto del provvedimento cautelare appartenga ad un terzo, vi sono due orientamenti contrastanti in merito alla sussistenza dell'interesse a proporre appello da parte dell'indagato. Sul punto si rinvia alla giurisprudenza citata sub art. 322, § 4. Anche dopo la revoca della misura e la restituzione del bene, disposta dal giudice per le indagini preliminari in favore di un soggetto diverso da quello cui il bene stesso era stato sequestrato, sussiste la legittimazione di quest'ultimo ad impugnare tali decisioni con appello ex art. 322-bis. e a proporre eventuale ricorso per cassazione avverso la relativa ordinanza emessa dal tribunale. Se, invece, la restituzione sia correlata alla sentenza definitiva di proscioglimento, disposta ex art. 323, essa può essere contestata con l'incidente di esecuzione, posto che il passaggio in giudicato della sentenza che decide sulla responsabilità estingue definitivamente la fase cautelare (Cass. V, n. 34552/2014; Cass. II, n. 51753/2013; Cass. II, n. 47181/2019). Parte della giurisprudenza si è espressa sul punto diversamente, affermando che è inammissibile per sopraggiunta carenza di interesse la richiesta di riesame del sequestro preventivo proposta successivamente all'intervenuta restituzione del bene all'avente diritto, individuato in un soggetto diverso da quello che aveva la disponibilità del bene e che ha proposto l'impugnazione, dovendo escludersi che quest'ultimo possa conseguire, per effetto dell'eventuale accertamento della illegittimità del sequestro, il ripristino della disponibilità del bene in presenza del provvedimento di restituzione; in questo caso l'interessato potrebbe proporre opposizione nelle forme dell'incidente di esecuzione contro il provvedimento di restituzione (Cass. II, n. 32648/2016; Cass. II, n. 17584/2013). ProcedimentoIn genere Lo svolgimento del procedimento di appello cautelare è regolato dalle disposizioni di cui all'art. 310 c.p.p., che si applicano in quanto compatibili, come enunciato dallo stesso art. 322-bis comma 2. L'art. 310, a sua volta, prescrive l'osservanza dell'art. 309 commi 1, 2, 3, 4 e 7. Con D.M. 4 luglio 2023 (GU Serie Generale n.155 del 05-07-2023) sono stati individuati gli atti il cui deposito da parte dei difensori deve avvenire esclusivamente mediante il portale del processo penale telematico ai sensi dell'art. 87, comma 6-ter, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, e con le modalità individuate con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, tra questi atti vi è anche l’appello avverso ordinanze in materia di sequestro preventivo e decreto di revoca del sequestro emesso dal pubblico ministero. Il deposito degli atti si intende eseguito al momento del rilascio della ricevuta di accettazione da parte dei sistemi ministeriali, secondo le modalità stabilite dal provvedimento. Il deposito è tempestivo quando è eseguito entro le ore ventiquattro del giorno di scadenza. Con successivo D.M. 18 luglio 2023 (G.U. serie generale n. 166 del 18 luglio 2023) è stato disposto che «L'efficacia del decreto del Ministro della giustizia del 4 luglio 2023, nella parte in cui dispone che il deposito da parte dei difensori degli atti indicati nell'elenco di cui all'art. 1 dello stesso decreto avviene esclusivamente mediante il portale del processo penale telematico, decorre dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3 dell'art. 87 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150. Sino alla scadenza del termine di cui al periodo che precede, negli uffici indicati dal decreto del Ministro della giustizia del 4 luglio 2023, è possibile, in via sperimentale, il deposito da parte dei difensori degli atti elencati nell'art. 1 del medesimo decreto anche mediante il portale del processo penale telematico con le modalità individuate con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia». Con specifico riferimento all'appello proposto dal pubblico ministero avverso il provvedimento reiettivo della richiesta di misura cautelare reale, la giurisprudenza, in conformità a quanto ritenuto dalle Sezioni Unite con riferimento all'appello proposto dal P.M. contro l'ordinanza reiettiva della richiesta di misura cautelare personale (Cass. S.U., n. 18339/2004), ha affermato che il pubblico ministero ha facoltà di produrre elementi probatori "nuovi", preesistenti o sopravvenuti, in relazione ad ogni profilo, anche non oggetto del gravame, rilevante ai fini della decisione sulla cautela, sempre che riguardino lo stesso fatto contestato con l'originaria richiesta cautelare e sia assicurato nel procedimento cautelare il contraddittorio delle parti anche mediante la concessione di un congruo termine a difesa, non essendo necessario che tali elementi siano indicati nell'atto di impugnazione, stante la non applicabilità dell'art. 603 cod. proc. pen. (Cass. II, n. 3854/2022). Sulla forma del procedimento v. sub art. 324, § 4. Termini per proporre l'appello Le previsioni dei commi 1, 2 e 3 dell'art. 309 sono quelle relative al termine di dieci giorni per proporre l'appello, che decorrono dall'esecuzione o dalla notifica del provvedimento, per l'imputato, e dalla comunicazione, per il p.m. Sul punto, la S.C. ha precisato che, in tema di misure cautelari reali, il termine per le impugnazioni previsto dagli artt. 322-bis e 324 decorre dalla data di effettiva conoscenza, da parte del titolare del diritto di impugnazione, del provvedimento emesso dal giudice. (Cass. II, n. 46079/2014: fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che il termine per impugnare non decorresse dalla data di notifica all'indagato dell'avviso ex art. 415-bis ma da quella successiva di estrazione di copia degli atti). Secondo il principio generale affermato dall'art. 585 comma 3, quando la decorrenza dei termini è diversa per l'imputato e per il difensore, opera il termine che scade per ultimo. La sospensione prevista durante il periodo feriale opera anche con riferimento alle impugnazioni relative alle misure cautelari reali. Luogo nel quale proporre l'appello Le previsioni del comma 4 dell'art. 309 sono quelle relative al luogo di presentazione della relativa richiesta, indicato nella cancelleria del tribunale del capoluogo di provincia, con l'osservanza delle forme previste dagli artt. 582 e 583. Organo competente Il comma 7 dell'art. 309 richiamato non è più applicabile poiché la competenza a decidere sull'appello è stata attribuita espressamente dall'art. 322-bis comma 1-bis, al tribunale in composizione collegiale del capoluogo di provincia e non a quello distrettuale. Si tratta di competenza di carattere funzionale e non territoriale, sicché l'incompetenza derivante dall'inosservanza di detto criterio è rilevabile, anche di ufficio, in ogni stato e grado del processo In caso di modifiche nei capoluoghi di provincia, è stata affermato che l'irretrattabilità del cosiddetto foro commissorio nell'incidente cautelare reale non viene meno qualora, dopo che si sia ritualmente incardinato il giudizio di rinvio, venga istituito un nuovo capoluogo di provincia e diventi operativo nello stesso un nuovo Tribunale cui apparterrebbe la cognizione della materia specifica (Cass. VI, n. 27458/2011). Formalità Contestualmente alla proposizione dell'atto di appello devono essere enunciati i motivi, come espressamente sancito dall'art. 310 comma 1 — per l'appello contro le ordinanze in materia di misure cautelari personali — cui l'art. 322-bis comma 2 fa rinvio, ed a differenza di quanto previsto per la richiesta di riesame, che può anche non essere motivata (Cass. III, n. 19011/2015). Anche nel giudizio di appello in materia di misure cautelari reali, pertanto, opera il principio devolutivo, in virtù del quale al giudice è attribuita la cognizione del procedimento nei limiti segnati dai motivi posti a sostegno dell'impugnazione. In ogni caso il tribunale chiamato a decidere sull'appello ha sempre l'obbligo di esaminare quella parte della decisione impugnata che, quantunque non attinta dai motivi di gravame, è così intimamente connessa con i punti oggetto di censura, da rendere logicamente impossibile una loro considerazione isolata e, qualora, a seguito dell'impugnazione del P.M., disponga la misura cautelare reale, ha anche il dovere di valutare la sussistenza del fumus boni iuris e del periculum in mora, non potendo l'effetto devolutivo essere interpretato in senso riduttivo e meccanicistico, giacché i profili sostanziali sono presupposti collegati con i motivi dedotti e vanno apprezzati non soltanto in sede di riesame, ma anche con la richiesta di revoca e con l'appello (Cass. VI, n. 10846/2007; Cass. VI, n. 35786/2012). Dell'appello deve essere dato immediato avviso all'A.G. procedente, che, entro il giorno successivo, deve trasmettere al tribunale l'ordinanza appellata e gli atti su cui la stessa si fonda. All'appello ex art. 322-bis contro le ordinanze in materia di sequestro preventivo si applicano, come si è detto, le disposizioni dell'art. 310, per il quale il procedimento si svolge nelle forme previste dall'art. 127, senza le precisazioni, riguardanti solo il procedimento di riesame, dell'art. 324, comma 6, sulle persone destinatarie dell'avviso di udienza, che deve perciò essere notificato anche ai soggetti contro interessati (Cass. V, n. 1573/1997: nella fattispecie la Corte ha stabilito che l'avviso dell'udienza di appello doveva essere notificato anche alle curatele dei fallimenti interessate a contrastare la pretesa della Banca appellante). La persona offesa che sia titolare del diritto di proprietà, o di altra natura, sul bene oggetto di sequestro preventivo ha diritto all'avviso e diritto di prendere parte all'udienza camerale fissata in seguito all'appello proposto dagli indagati avverso il provvedimento di revoca del sequestro e conseguente restituzione del bene (Cass. II, n. 43659/2004; Cass. II, n. 25986/2007). Sui destinatari e sulle modalità dell’avviso di fissazione di udienza v. sub art. 309, § 9.3 e 9.4.
Il pubblico ministero legittimato a ricevere la comunicazione dell'avviso di fissazione dell'udienza camerale ed a partecipare all'udienza stessa è quello competente a svolgere le funzioni presso il tribunale competente per la decisione in merito alla procedura incidentale, anche nel caso in cui i provvedimenti originari erano stati richiesti dal procuratore distrettuale funzionalmente competente allo svolgimento delle indagini per uno dei delitti indicati dall'art. 51, comma 3-bis, in quanto nella disciplina dei procedimenti di riesame od appello delle misure cautelari reali nessuna disposizione rinvia espressamente al disposto dell'art. 309, comma 8-bis (Cass. I, n. 21397/2007; Cass. V, n. 30100/2010). Non sono qualificabili come terzi interessati e, conseguentemente, non hanno diritto all'avviso di fissazione dell'udienza camerale davanti al tribunale competente, né possono volontariamente intervenirvi in quanto privi di legittimazione ai sensi dell'art. 90, i soggetti titolari di un interesse meramente eventuale e non attuale alla procedura instaurata a seguito di appello del P.m. o dell'indagato contro le ordinanze in materia di sequestro preventivo (Cass. III, n. 8179/2010: nella specie, la Corte ha escluso che, in difetto di un vincolo attuale sul bene, sia ravvisabile l'interesse dei titolari dei permessi di costruire a partecipare o ad intervenire volontariamente all'udienza camerale instauratasi a seguito dell'appello del P.M. contro il rigetto da parte del G.i.p. di una richiesta di sequestro preventivo degli immobili di cui erano proprietari). La giurisprudenza ha anche affermato che, in caso di appello del Pubblico Ministero avverso il provvedimento con il quale il Giudice per le indagini preliminari ha rigettato la richiesta di sequestro preventivo, il Tribunale investito dell'impugnazione non è tenuto a dare avviso a tutti coloro che possono considerarsi terzi interessati (Cass. II, n. 22153/2013; Cass. III, n. 43548/2016). Ai sensi dell'art. 310, comma 2, fino al giorno dell'udienza, gli atti restano depositati in cancelleria, con facoltà del difensore di esaminarli ed estrarne copia. Poteri del giudice Come il giudice del riesame, anche il giudice dell'appello è privo di poteri istruttori in relazione ai fatti relativi all'imputazione, dovendo limitarsi, ai fini della decisione, alla valutazione delle risultanze processuali già acquisite nel procedimento di merito (Cass. III, n. 21633/2011). Il tribunale non è tenuto a dirimere le questioni tecniche e contabili per la cui risoluzione è necessario il ricorso ad un accertamento peritale, costituendo questo un mezzo istruttorio incompatibile con l'incidente cautelare (Cass. III, n. 19011/2015). Termini per la decisione Ai sensi dell' art. 322-bis, che rinvia all'art. 310 il tribunale investito dell'appello in tema di misure cautelari reali decide entro venti giorni dalla ricezione degli atti. Questo termine non è a pena di decadenza, come quello stabilito dall'art. 309, comma 10, per la decisione sul riesame. Né potrebbe invocarsi la decadenza stabilita dall'art. 99 disp. att. del codice, che riguarda solo i termini per impugnare e non quelli per decidere sull'impugnazione. Pertanto, i termini in cui si articola il procedimento non sono perentori, atteso che l'art. 310, cui fa riferimento l'art. 322-bis non richiama il disposto del quinto, nono e decimo comma dell'art. 309; pertanto, la mancata trasmissione degli atti da parte dell'autorità giudiziaria procedente entro il giorno successivo alla richiesta, o la mancata decisione da parte del Tribunale entro venti giorni dalla ricezione degli atti, non comportano la perdita di efficacia del provvedimento cautelare (da ultimo: Cass. III, n. 44013/2015). Spese del procedimentoIn tema di misure cautelari, riesame ed appello sono considerati, anche alla luce dell'espresso dettato del codice di rito penale (capo VI titolo primo libro quarto) impugnazioni, sicché si applica il disposto dell'art. 592 comma 1, il quale detta la regola generale secondo cui «con il provvedimento che rigetta o dichiara inammissibile l'impugnazione, la parte privata che l'ha proposta è condannata alle spese del procedimento». Lo stesso termine «provvedimento» non distingue tra ordinanza o sentenza, mentre è conforme ai principi generali in tema di soccombenza la condanna dell'impugnante alle spese (Cass. III, n. 687/1995). EsecutivitàIn tema di misure cautelari reali, è immediatamente esecutiva l'ordinanza emessa a norma dell'art. 322-bis dal tribunale del riesame che, in accoglimento dell'appello del P.M., abbia disposto il sequestro preventivo, in quanto la clausola di compatibilità che regola il rinvio alle disposizioni di cui all'art. 310 esclude l'operatività del terzo comma di questa disposizione, la quale differisce l'efficacia del provvedimento alla definitività dello stesso, trattandosi di previsione riferita esclusivamente alla libertà personale (Cass. III, n. 41078/2007; Cass. I, n. 41004/2010; Cass. III, n. 24967/2015; Cass. II, n. 11204/2016). Conversione dell’appelloIn tema di revoca del sequestro probatorio, qualora la decisione di rigetto dell'istanza, emessa dal GIP in sede di opposizione ex art. 263, comma 5, venga erroneamente impugnata con appello ai sensi dell'art. 322-bis dello stesso codice, l'eventuale decisione di rigetto emessa dal Tribunale del riesame, contro cui venga proposto ricorso per cassazione, deve essere annullata senza rinvio per difetto di competenza funzionale, e l'appello convertito in ricorso per cassazione ex art. 568 comma 5 (Cass. II, n. 43341/2015). L'appello cautelare, proposto ex art. 322-bis ed avente ad oggetto un'ordinanza in materia di sequestro preventivo emessa dopo l'irrevocabilità della sentenza, deve essere convertito in opposizione ex art. 667, comma quarto, stesso codice, ed essere trasmesso al competente giudice dell'esecuzione (Cass. VI, n. 20272/2016). L'istanza di restituzione del terzo rimasto estraneo al processo, formalmente proprietario del bene già in sequestro, di cui sia stata disposta la confisca con sentenza irrevocabile, deve essere proposta al giudice dell'esecuzione e deve essere esclusa la possibilità di convertire in incidente di esecuzione, ai sensi dell'art. 568, comma 5, l'appello cautelare proposto dal terzo al tribunale del riesame avverso il rigetto della domanda di restituzione, perché, una volta divenuta definitiva la confisca, il vincolo del bene non deriva più dalla misura cautelare reale impugnata (Cass. III, n. 50363/2019). BibliografiaV. sub art. 321 |