Codice di Procedura Penale art. 391 nonies - Attività investigativa preventiva 1 .

Alessio Scarcella

Attività investigativa preventiva1.

1. L'attività investigativa prevista dall'articolo 327-bis, con esclusione degli atti che richiedono l'autorizzazione o l'intervento dell'autorità giudiziaria, può essere svolta anche dal difensore che ha ricevuto apposito mandato per l'eventualità che si instauri un procedimento penale.

2. Il mandato è rilasciato con sottoscrizione autenticata [39 att.; 2703 2 c.c.] e contiene la nomina del difensore e l'indicazione dei fatti ai quali si riferisce.

 

[1] Articolo inserito dall'art. 11, comma 1, l. 7 dicembre 2000, n. 397.

Inquadramento

L'art. 391 nonies autorizza lo svolgimento di indagini difensive anche per il difensore che ha ricevuto apposito mandato per l'eventualità che si instauri un procedimento penale. Tale possibilità è tuttavia espressamente esclusa per quegli atti che richiedono l'autorizzazione o l'intervento dell'autorità giudiziaria, può essere svolta. La norma processuale stabilisce le forme (rilascio con sottoscrizione autenticata) ed i contenuti (nomina del difensore; indicazione dei fatti ai quali si riferisce) del mandato.

Investigazioni preventive

Principi generali

Particolarmente significativo l'utilizzo nella norma processuale in esame dell'aggettivo «preventive» riferito alle investigazione difensive. Le attività compiute nel corso dell'indagine preventiva si collocano in una fase che potrebbe anche non sfociare non tanto in un processo, ma neppure in un procedimento penale, attribuendo infatti la norma alla difesa la facoltà di compiere le indagini di cui all'art. 327- bis anche nella sola eventualità che si instauri un procedimento penale.

La portata della norma è quindi sicuramente innovativa: l'art. 391 nonies, infatti, consente all'“indagabile” (o all'indagato che ancora non conosca di esserlo) di porre in atto la propria strategia difensiva, ricercando, individuando e raccogliendo elementi di prova utili a tal fine, senza la necessità di attendere la prima comunicazione del procedimento, la quale potrebbe per avventura arrivare tardivamente, ad indagini già concluse (art. 415-bis).

La norma, peraltro, estende tale possibilità di investigazione “preventiva” anche a soggetti diversi dall'indagabile/indagato incosciente; anche la persona offesa, infatti, potrebbe avere interesse allo svolgimento di indagini difensive da produrre al P.m. così da apportare un contributo per la ricostruzione e l'accertamento dei fatti. In tal senso si è pronunciata anche la giurisprudenza di merito. In particolare, si è affermato (Trib. Latina ord. 17 febbraio 2004), che poiché la legge, nel disciplinare l'attività di investigazione, non distingue in alcun modo tra difesa dell'indagato e difesa della persona offesa parlando genericamente di «assistito» (art. 327-bis), la c.d. «attività investigativa preventiva della difesa» può essere espletata anche dalla persona offesa.

Più ampiamente si è poi chiarito, sempre nella giurisprudenza di merito (Trib. Torre Annunziata 25 novembre 2004), che la facoltà di svolgere investigazioni per ricercare e individuare elementi di prova a favore del proprio assistito è stata attribuita dalla l. n. 397/2000 non solo al difensore dell'indagato ma anche a quelli di tutti gli altri soggetti della fase procedimentale o di quella processuale, ai quali si riferisce indistintamente l'articolo 327-bis. La facoltà predetta è dalla legge attribuita non solo in ogni stato e grado del procedimento, nell'esecuzione penale e per promuovere il giudizio di revisione (comma 2 dell'articolo 327-bis) ma anche nella fase pre-procedimentale, precisando l'articolo 391-nonies che l'attività de qua può essere svolta dal difensore, con l'esclusione dei soli atti che richiedono l'autorizzazione o l'intervento dell'autorità giudiziaria, anche «per l'eventualità che si instauri un procedimento penale» (e la norma legittima le investigazioni difensive finalizzate a sollecitare il Pm ad avanzare la richiesta di riapertura delle indagini preliminari o di revoca della sentenza di non luogo a procedere).

In materia la Cassazione è intervenuta chiarendo che il ricorso all'attività di investigazione preventiva prevista dall'art. 391-nonies, cui consegue l'attivazione del relativo statuto processuale, è del tutto facoltativa e il conferimento dell'incarico di analizzare la dinamica del sinistro da parte della compagnia assicuratrice all'investigatore privato non soggiace a tale regime. Si ribadisce inoltre che le dichiarazioni eventualmente rese dalla persona che assumerà la veste di indagato all'investigatore delegato non devono essere garantite dalla somministrazione degli avvisi, configurandosi come dichiarazioni extraprocedimentali, sempre utilizzabili in sede processuale, sebbene valutabili secondo le regole che governano il mezzo di prova che le immette nel processo (Cass. II, n. 53770/2018).

Si è anche aggiunto che in tema di riabilitazione, ai fini della dimostrazione della rinuncia della vittima del reato alle pretese risarcitorie, sono inutilizzabili le dichiarazioni di questa, se autenticate da professionista che non riveste la qualifica di difensore o di sostituto del difensore del condannato o comunque se non documentate con l'osservanza delle formalità prescritte dall'art. 391 ter, cod. proc. pen. (In applicazione del principio, la Corte ha precisato che le disposizioni contenute nell'art. 391 bis e seguenti, cod.proc.pen. sono applicabili al procedimento di sorveglianza, a norma dell'art. 327 bis, comma secondo, cod.proc.pen.: Cass. I, n. 23656/2014).

Il mandato ed i poteri del difensore

Condizioni per l'esercizio dell'attività

L'incarico al difensore può essere conferito anche in “prevenzione”, ossia prima ancora che instauri un procedimento penale allo stato non ancora iscritto.

Secondo la norma il difensore deve essere muniti di “apposito mandato”, ciò che in altri termini significa che il mandato dovrà quantomeno contenere l'indicazione dei fatti ai quali si riferisce (in giurisprudenza, ad esempio, si afferma che per “specifico mandato” — con riferimento all'impugnazione — s'intende quello che indica la sentenza oggetto dell'impugnazione e non quello conferito con riferimento generico al procedimento ovvero ad eventuali sentenze contumaciali non individuate: Cass. I, n. 4589/1994), e la sottoscrizione dell'atto di nomina dovrà essere autenticata dallo stesso difensore.

Due sono quindi le condizioni cui è subordinato l'esercizio dell'attività investigativa preventiva: a) la necessità che il difensore abbia ricevuto apposito mandato «per l'eventualità che si instauri un procedimento penale», con un contenuto specifico; b) è necessario che gli atti investigativi eventualmente da compiere non siano tra quelli che richiedano l'autorizzazione o l'intervento dell'a.g., e quindi del giudice o del P.m.

Si noti, peraltro, che la delibera della giunta dell'Unione camere penali del 19 aprile 2001, recante le «regole di comportamento del penalista nelle indagini difensive», all'art. 4 ha precisato che «nel mandato con firma autenticata, necessario per svolgere le indagini preventive, previste dall'art. 391 nonies, i fatti ai quali esse si riferiscono sono indicati in modo sintetico al solo fine della individuazione dell'oggetto dell'indagine con esclusione di ogni riferimento ad ipotesi criminose», ciò al fine di evitare che una precisa e dettagliata indicazione dei fatti possa trasformarsi in una sorta di autodenuncia.

Il mandato, dunque, deve contenere la nomina del difensore e indicare i fatti cui l'incarico si riferisce, senza distinguere tra incarico conferito dal potenziale indagato o dalla presunta persona offesa. Peraltro, si osservato nella giurisprudenza di merito (Trib. Latina, ord. 17 febbraio 2004), gli atti di indagine nell'interesse della persona offesa, se compiuti in epoca antecedente all'inizio formale del procedimento, non possono essere utilizzabili, nonostante l'attività difensiva della parte offesa tenda ad essere valorizzata dalla più recente evoluzione del rito penale, se non vi sia stato un precedente ed espresso mandato al difensore, incaricato espressamente allo scopo, art. 391 nonies.

Gli atti esclusi

L'art. 391 nonies stabilisce che il difensore, pur potendo svolgere indagini difensive, non può compiere quegli atti d'indagine che richiedono un'autorizzazione del giudice per il relativo espletamento: sono, dunque, preclusi in tale fase gli atti previsti dagli artt. 391-bis, commi 10 e 11, 391-quater, comma 3, 391-quinquies, commi 5, 7, 10 e 11, 391-septies e 391-decies, comma 3.

Ciò si spiega proprio considerando la profonda differenza esistente tra l'attività difensiva e quella del P.m., tant'è che la stessa giurisprudenza di legittimità ha affermato che è abnorme il decreto con il quale il giudice autorizza, in sede di investigazione difensiva preventiva, l'accesso del difensore di soggetti, che non erano indagati o persone offese, a luoghi privati e non aperti al pubblico (nella specie sottoposti a sequestro probatorio da parte del P.M. nell'ambito di procedimento avviato contro ignoti per il crollo di una palazzina), poiché, in sede di investigazione preventiva, non è consentito al difensore lo svolgimento di atti che richiedono l'autorizzazione o l'intervento dell'autorità giudiziaria, vale a dire del P.m. o del giudice.

La Cassazione, sul punto, ha chiarito che l'attività investigativa può essere svolta dal difensore in via preventiva, ossia «per l'eventualità che s'instauri un procedimento penale»: ipotesi che si verifica allorquando la notizia di reato non sia ancora pervenuta al P.m. o, comunque, questi non l'abbia ancora iscritta nel registro di cui all'articolo 335 ovvero allorquando il difensore abbia ricevuto il mandato da un soggetto che non sia «iscritto» nell'ambito di procedimento in corso contro persone diverse o contro ignoti (Cass. IV, n. 46270/2005).

In tutti i casi in cui si tratterà di compiere atti d'indagine che richiedono un'autorizzazione del giudice per il relativo espletamento, dunque, il difensore — ove non vi sia il consenso dell'interessato — dovrà rinunciare a compiere investigazioni difensive preventive.

La Corte di Cassazione è di recente intervenuta in materia affermando che le dichiarazioni rilasciate all'investigatore privato incaricato dalla compagnia assicuratrice sono utilizzabili, non essendo applicabile il divieto di cui all'art. 195, comma 4; inoltre, non trattandosi di dichiarazioni assunte dal difensore dell'indagato nell'ambito di attività d'investigazione difensiva non trova applicazione in relazione ad esse la disciplina prevista dall'art. 391-bis.Il conferimento dell'incarico di analizzare la dinamica del sinistro da parte della compagnia assicuratrice all'investigatore privato non soggiace, infine, al regime previsto per l' attività di investigazione preventiva dall'art. 391-noniesNe consegue che le dichiarazioni eventualmente rese dalla persona che assumerà la veste di indagato all'investigatore delegato non devono essere garantite dalla somministrazione degli avvisi, configurandosi come dichiarazioni extraprocedimentali, sempre utilizzabili in sede processuale, sebbene valutabili secondo le regole che governano il mezzo di prova che le immette nel processo (Cass. II, n. 30355/2018).

Casistica

Attività investigativa preventiva

Con riferimento alla disciplina dettata dall'art. 391 nonies, il codice di rito autorizza lo svolgimento di indagini difensive “preventive”, ma a determinate condizioni:

a) il difensore deve aver ricevuto apposito mandato per l'eventualità che si instauri un procedimento penale;

b) la possibilità è espressamente esclusa per quegli atti che richiedono l'autorizzazione o l'intervento dell'autorità giudiziaria;

c) è espressamente prevista una forma ad hoc (rilascio con sottoscrizione autenticata);

d) sono chiaramente indicati i contenuti del mandato (nomina del difensore; indicazione dei fatti ai quali si riferisce).

Bibliografia

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