Codice di Procedura Penale art. 419 - Atti introduttivi.

Alessio Scarcella

Atti introduttivi.

1. Il giudice [328] fa notificare all'imputato e alla persona offesa [90, 91], della quale risulti agli atti l'identità e il domicilio, l'avviso del giorno, dell'ora e del luogo dell'udienza, con la richiesta di rinvio a giudizio [409 5, 416, 417] formulata dal pubblico ministero e con l'avvertimento all'imputato che , qualora non compaia, si applicheranno le disposizioni di cui agli articoli 420-bis, 420-ter, 420-quater e 420-quinquies e 420-sexies 1e potranno essere disposte, ove ne ricorrano le condizioni, le sanzioni e le misure, anche di confisca, previste dalla legge in relazione al reato per cui si procede2.

2. L'avviso è altresì comunicato [153] al pubblico ministero e notificato al difensore dell'imputato con l'avvertimento della facoltà di prendere visione [131 att.] degli atti e delle cose trasmessi a norma dell'articolo 416, comma 2, e di presentare memorie e produrre documenti [234 s.].

3. L'avviso contiene inoltre l'invito a trasmettere la documentazione relativa alle indagini eventualmente espletate dopo la richiesta di rinvio a giudizio [407 3; 131 att.] 3 4.

3-bis. L'imputato e la persona offesa sono altresì informate che hanno facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa5.

4. Gli avvisi sono notificati e comunicati almeno dieci giorni prima della data dell'udienza [172 5]. Entro lo stesso termine è notificata la citazione del responsabile civile [83 s.] e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria [89].

5. L'imputato può rinunciare all'udienza preliminare e richiedere il giudizio immediato [453] con dichiarazione presentata in cancelleria, personalmente [99] o a mezzo di procuratore speciale [122], almeno tre giorni prima della data dell'udienza. Quando la dichiarazione è presentata a mezzo di procuratore speciale, si osservano le modalità previste dall'articolo 111-bis, commi 1 e 2. L'atto di rinuncia è notificato al pubblico ministero e alla persona offesa dal reato [90, 91] a cura dell'imputato. 6.

6. Nel caso previsto dal comma 5, il giudice emette decreto di giudizio immediato [456].

7. Le disposizioni dei commi 1 e 4 sono previste a pena di nullità [178-181, 428].

 

[1] [1] Comma modificato dall'art. 2-quinquies d.l. 7 aprile 2000, n. 82, conv., con modif., nella l. 5 giugno 2000, n. 144 e dall'art. 9, l. 28 aprile 2014, n. 67, che ha sostituito le parole «non comparendo sarà giudicato in contumacia» con le parole «, qualora non compaia, si applicheranno le disposizioni di cui agli articoli 420-bis, 420-ter, 420-quater e 420-quinquies». Comma da ultimo modificato dall'articolo 23, comma 1, lett. a) num. 1) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 che ha sostituito le seguenti: «, 420-quinquies e 420-sexies» alle seguenti: «e 420-quinquies».

[2] Le parole «e potranno essere disposte, ove ne ricorrano le condizioni, le sanzioni e le misure, anche di confisca, previste dalla legge in relazione al reato per cui si procede» sono state aggiunte dall'art. 4, comma 1, lett. a, del d.lgs. 7 dicembre 2023, n. 203.

[3] [2] Comma così modificato dall'art. 13 l. 7 dicembre 2000, n. 397.

[4] [3] La Corte cost., con sentenza interpretativa di rigetto, 3 febbraio 1994, n. 16, ha affermato che «ove le indagini suppletive del pubblico ministero sopravvengano in tempi tali da non consentire un'adeguata difesa, spetti al giudice di regolare le modalità di svolgimento dell'udienza preliminare anche attraverso differimenti congrui alle singole, concrete fattispecie, sì da contemperare l'esigenza di celerità con la garanzia dell'effettività del contraddittorio».

[5] [4] Comma inserito dall'articolo 23, comma 1, lett. a) num. 2) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. Per l'applicazione vedi lart. 92, comma 2-bis, d.lgs. n. 150 cit., come aggiunto, in sede di conversione, dall’art. 5-novies d.l. n. 162, cit.

[6] [5] Comma modificato dall'articolo 23, comma 1, lett. a) num. 3) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 che dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Quando la dichiarazione è presentata a mezzo di procuratore speciale, si osservano le modalità previste dall'articolo 111-bis, commi 1 e 2.» Con riferimento alle disposizioni transitorie in materia di processo penale telematico, v. art. 87, comma 4 d.lgs. 150 , cit. che prevede:  «4. Sino al quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3, ovvero sino al diverso termine di transizione previsto dal regolamento di cui al comma 3 per gli uffici giudiziari e per le tipologie di atti in esso indicati, continuano ad applicarsi, nel testo vigente al momento dell'entrata in vigore del presente decreto, le disposizioni di cui agli articoli 110, 111, comma 1, 116, comma 3-bis, 125, comma 5, 134, comma 2, 135, comma 2, 162, comma 1, 311, comma 3, 391-octies, comma 3, 419, comma 5, primo periodo, 447, comma 1, primo periodo, 461, comma 1, 462, comma 1, 582, comma 1, 585, comma 4, del codice di procedura penale, nonché le disposizioni di cui l'articolo 154, commi 2, 3 e 4 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271» .

Inquadramento

La decisione sulla richiesta di rinvio a giudizio è sottoposta al vaglio giurisdizionale operato in sede di udienza preliminare, al fine di impedire così dibattimenti superflui, garantendo al contempo la possibilità per le parti di accedere a forme di definizione del processo alternative al dibattimento. La norma prevede l'obbligo per il giudice di notificare all'imputato e alla persona offesa – della quale risulti agli atti l'identità e il domicilio –, l'avviso del giorno, dell'ora e del luogo dell'udienza, con la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pubblico ministero. Il decreto di fissazione dell'udienza deve contenere l'avvertimento all'imputato che, qualora non compaia, si applicheranno le disposizioni in materia di assenza (artt. 420-bis, 420-ter,420-quatere 420-quinquies) e di revoca della sentenza di non doversi procedere per mancata conoscenza della pendenza del processo (art. 420-sexies, previsione introdotta dal d.lgs. n. 150/2022) nonché l’avvertimento che potranno essere disposte, ove ne ricorrano le condizioni, le sanzioni e le misure, anche di confisca, previste dalla legge in relazione al reato per cui si procede (inciso, quest’ultimo, introdotto dall’art. 4, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 203/2023). L'avviso è altresì comunicato al pubblico ministero e notificato al difensore dell'imputato, il quale deve essere avvertito della facoltà di prendere visione degli atti e delle cose trasmessi dal p.m. all'atto del deposito della richiesta di rinvio a giudizio (v. art. 416, comma 2) e di presentare memorie e produrre documenti. L'avviso deve contenere inoltre l'invito a trasmettere la documentazione relativa alle indagini eventualmente espletate dopo la richiesta di rinvio a giudizio. Gli avvisi sono notificati e comunicati almeno dieci giorni prima della data dell'udienza ed, entro lo stesso termine, è notificata la citazione del responsabile civile e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria.

A seguito della novella del 2022 (riforma Cartabia) si è inoltre inserita la previsione che nell'avviso è indicata anche l'informazione all'imputato e alla persona offesa dal reato della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa. È data facoltà all'imputato di rinunciare all'udienza preliminare (rinuncia che va notificata al p.m. e alla persona offesa dal reato a cura dell'imputato), e richiedere il giudizio immediato con dichiarazione presentata in cancelleria, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, almeno tre giorni prima della data dell'udienza; in quest'ultimo caso il giudice emette decreto di giudizio immediato. Quando la dichiarazione è presentata a mezzo di procuratore speciale, si osservano le modalità previste dall'articolo 111-bis, commi 1 e 2. L'omessa notifica dell'avviso ed il mancato rispetto del termine di dieci giorni sono previste a pena di nullità.

Generalità

Gli interventi della Corte costituzionale

Numerosi gli interventi della Corte costituzionale che hanno interessato la norma processuale, nessuno dei quali ha però inciso sulla struttura della previsione dell'art. 419

In particolare, è stata dichiarata:

a) manifestamente inammissibile, in quanto irrilevante e sollevata con ordinanza motivata per relationem ad altri provvedimenti dello stesso giudice in ordine alla rilevanza ed alla non manifesta infondatezza, la questione di legittimità costituzionale degli art. 418, comma 1, e 419, comma 5 e 6, nella parte in cui rendono obbligatoria l'udienza preliminare, inibendo al giudice per le indagini preliminari ogni forma di controllo sulla scelta del rito da parte del p. m. e subordinano il rifiuto dell'udienza preliminare alla discrezionalità dell'imputato, in riferimento agli artt. 2, 3, 97 e 101, comma 2, Cost. (Corte cost. n. 234/1991);

b) manifestamente infondata, in quanto ictu oculi priva di qualsiasi fondamento, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 419, comma 6, nella parte in cui non prevede che il giudice emetta il decreto di giudizio immediato, su richiesta dell'imputato, solo quando la prova risulti evidente, in riferimento agli art. 3, 101, comma 2, 102, comma 1, 107, comma 3 e 112 Cost. (Corte cost. n. 234/1991);

c) manifestamente inammissibili, investendo scelte legislative riservate al legislatore (risultando altresì quella relativa all'art. 418 comma 2, priva di rilevanza), le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 418 e 419 comma 4; si sostiene, che <entrambi i termini (rispettivamente di giorni trenta per celebrare l'udienza preliminare e giorni dieci per l'avviso alla difesa della data dell'udienza) appaiono sproporzionatamente troppo esigui e si tramutano in una inefficienza dell'udienza preliminare, che viene intasata quantitativamente e qualitativamente da un carico eccessivo di processi che snaturano la funzione di filtro selettore e di deflazione dibattimentale assegnata all'udienza stessa dal legislatore, violando l'art. 418 comma 2, l'art. 97 Cost. e l'art. 419 comma 4, l'art. 24 Cost. sul diritto di difesa, che compete in egual misura a tutte le parti, pubbliche o private che siano, essendo tra l'altro il difensore di ufficio ulteriormente penalizzato rispetto al difensore di fiducia per la causale specificamente indicata all'odierna udienza dalla parte>; (Corte cost. n. 234/1991);

d) manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 97 e 101, comma 2, Cost., dell'art. 418, comma 1 (la Corte ha osservato che non sono tra loro comparabili le situazioni relative, da un lato alla mancata previsione, negli impugnati art. 418, comma 1, e art. 419, comma 5 e 6, di poteri del giudice rispetto alla richiesta del pubblico ministero di rinvio a giudizio, previa udienza preliminare, e di poteri dello stesso giudice rispetto alla richiesta di giudizio immediato da parte dell'imputato, previa rinuncia all'udienza preliminare, e, da altro lato, alla prevista vincolatività della richiesta del pubblico ministero di rinvio a giudizio, previa udienza preliminare (art. 418, comma 1), e sindacabilità, da parte del giudice, della richiesta del pubblico ministero di giudizio immediato (art. 455). Invero, l'udienza preliminare, in quanto vaglio sulla sostenibilità dell'accusa, è oggetto di una garanzia preordinata a favore dell'imputato (e pertanto da lui rinunziabile), sicché si giustifica che l'attuazione della garanzia si ponga come regola e che la richiesta di rinvio a tale udienza da parte del pubblico ministero o la rinunzia dell'imputato alla stessa udienza non siano subordinate al controllo, quanto all'esistenza dei requisiti, del giudice, controllo che comporterebbe il sostituirsi del giudice alle parti nella scelta loro spettante. Non sussiste perciò violazione dell'art. 3 Cost., né, quindi, dell'art. 97 Cost., in quanto tale precetto non impone ad ogni costo la deflazione dei dibattimenti — che è solo un fine indiretto ed eventuale dell'udienza preliminare — né tantomeno dell'art. 101, comma 2, Cost., il quale non esclude presupposti rimessi all'iniziativa delle parti del giudizio penale né impone l'unicità del rito o la riserva al giudice della scelta fra riti alternativi, scelta che rappresenta punto di equilibrio fra azione del pubblico ministero e difesa dell'imputato (Corte cost. n. 256/1991);

e) manifestamente inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legittimità costituzionale prospettata, in riferimento agli artt. 2, 3, 97 e 101, comma 2, Cost., dell'art. 419, comma 5 e 6 denunciato per la subordinazione del rifiuto dell'udienza preliminare alla discrezionalità dell'imputato (Corte cost. n. 293/1991);

f) manifestamente infondata, in riferimento all'art. 24 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 419, comma 1, nella parte in cui, ai fini della notificazione dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare, non consentirebbe al giudice di procedere alla identificazione della persona offesa della quale non risulti agli atti l'identità e il domicilio, ma che sia sicuramente identificabile, ovvero di richiederne l'identificazione al p. m.; la disposizione impugnata, invero, fissa una regola che deve intendersi intimamente correlata alle prescrizioni enunciate nell'art. 417, comma 1, lett. a) dello stesso codice, sicché spetta al p. m. compiere tutti gli accertamenti necessari a rendere in concreto <possibile> l'identificazione della persona offesa; e, nel caso in cui tali accertamenti non siano stati espletati, è certamente consentito al giudice disporre la restituzione degli atti al p. m., salvo che non ritenga di provvedervi direttamente, surrogando all'inerzia dello stesso p. m. in ossequio al principio della massima semplificazione nello svolgimento del processo (Corte cost. n. 8/1992);

g) infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 419, comma 3, sollevata, in riferimento all'art. 24 Cost., nella parte in cui non prevede che la trasmissione ed il deposito della documentazione degli atti di indagine successivi alla richiesta di rinvio a giudizio avvenga immediatamente dopo la ricezione del relativo invito. Deve ritenersi infatti che l'impianto sistematico del giustifica che non siano state frapposte limitazioni temporali all'attività di indagine del p.m., dopo la richiesta di rinvio a giudizio e fino all'udienza preliminare, e che sia stato rimesso al giudice di regolare, ove non sia assicurata un'adeguata difesa, le modalità di svolgimento dell'udienza preliminare, anche attraverso congrui differimenti: ne discende che, ove le indagini suppletive del p.m. sopravvengono in tempi tali da non consentire un'adeguata difesa, spetti al giudice di regolare le modalità di svolgimento dell'udienza preliminare anche attraverso differimenti congrui alle singole, concrete fattispecie, così da contemperare l'esigenza di celerità con la garanzia dell'effettività del contraddittorio (Corte cost. n. 16/1994);

h) manifestamente inammissibile la q.l.c. degli art. 418 e 419, sollevata in riferimento agli art. 3, 24 e 111 Cost., nella parte in cui, nel disciplinare il decreto di fissazione dell'udienza preliminare ed il relativo avviso da notificare all'imputato, non prevedono — a differenza di quanto invece espressamente previsto all'art. 552, comma 1, lett. f), a favore dell'imputato tratto a giudizio mediante decreto di citazione diretta — che all'imputato medesimo sia dato l'avvertimento che, ricorrendone i presupposti, può presentare richiesta di applicazione della pena entro il termine di cui all'art. 421, comma 3, in quanto il rimettente, da un lato, omette di precisare, nella parte dispositiva dell'ordinanza, che l'avvertimento andrebbe previsto a pena di nullità nonché di indicare la ragione per la quale sarebbe ricavabile dal sistema una sanzione di nullità tale da determinare la regressione del procedimento alla fase ormai esaurita dell'udienza preliminare, e, dall'altro, omette di considerare che la nullità per mancato avvertimento, prevista all'art. 552, comma 2, ripropone il contenuto della declaratoria di illegittimità costituzionale del previgente art. 555, comma 2, di cui alla sentenza n. 497 del 1995, né chiarisce se, nel mutato quadro normativo, quelle stesse ragioni siano riferibili alla disciplina nella quale si vorrebbe introdurre un avviso analogo a quello previsto dall'attuale art. 552, comma 1, lett. f), sicché sussiste il difetto di motivazione circa i requisiti della pregiudizialità e della rilevanza della questione nel giudizio «a quo» (Corte cost. n. 484/2002);

i) manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 419, comma 1, nella parte in cui non prevede che l'avviso di fissazione dell'udienza preliminare debba contenere, a pena di nullità, l'avvertimento che l'imputato, qualora ne ricorrano i presupposti, può presentare, prima delle conclusioni delle parti, richiesta di giudizio abbreviato o di applicazione della pena, sollevata in riferimento all'art. 3 Cost. Ed invero, non sussiste la prospettata ingiustificata diversità della disciplina censurata rispetto a quella prevista dall'art. 552, comma 1, lettera f), che, nell'elencare i requisiti del decreto di citazione a giudizio nel procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, stabilisce che l'imputato deve essere avvertito della facoltà di presentare richiesta dei riti alternativi prima della dichiarazione di apertura del dibattimento e nel comma 2 sanziona con la nullità la mancanza o l'insufficienza dell'avvertimento. Infatti, la disciplina contenuta nell'art. 552, comma 2,  non può essere utilmente richiamata quale 'tertium comparationis' per sostenere la necessità di estenderla, nel rispetto dell'art. 3 Cost., al decreto di fissazione dell'udienza preliminare (Corte cost. n. 309/2005);

l) manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 419, censurato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., nella parte in cui non prevede che l'avviso di fissazione dell'udienza preliminare debba contenere, a pena di nullità, l'avvertimento all'imputato che egli ha la facoltà di richiedere i riti alternativi del giudizio abbreviato e del patteggiamento, previsti dagli artt. 438 e 444. Infatti, con riferimento ad analoghe questioni, la Corte, ha ripetutamente affermato che l'omessa previsione dell'avvertimento circa la facoltà di chiedere i riti alternativi nell'avviso dell'udienza preliminare non viola gli artt. 3 e 24 Cost., in quanto l'informazione è comunque assicurata dalla presenza obbligatoria e dall'assistenza del difensore, essendo il termine di decadenza dalla menzionata facoltà posto all'interno di un'udienza a partecipazione necessaria, sia essa dibattimentale o preliminare. Neppure la medesima disposizione viola l'art. 111 Cost., atteso che il diritto di difesa va inteso anche come possibilità di ricorrere all'assistenza tecnica del difensore, e che tale diritto risulta violato in ogni caso in cui, ai fini dell'esercizio di facoltà processuali — come quella in esame — che comportano «la cognizione di elementi tecnici rientranti nelle specifiche competenze professionali del difensore», venga posto soltanto all'imputato e non anche al difensore, un termine di decadenza decorrente dalla notificazione dell'atto processuale (Corte cost. n. 8/2007).

Le declaratorie di manifesta infondatezza o inammissibilità della Cassazione

Non sono mancate anche le declaratorie di inammissibilità o manifesta infondatezza della Cassazione relativamente alla norma processuale in esame.

La Corte di Cassazione ha anzitutto dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 419, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3 e 24 Cost., nella parte in cui non prevede che l'avviso della fissazione dell'udienza preliminare, con la possibilità di richiedere riti alternativi, debba essere tradotto nella lingua dell'imputato straniero che non conosce la lingua italiana, diversamente da quanto disposto dall'art. 169 riguardo all'invito ad eleggere domicilio in Italia. Diversa è, invero, la situazione di fatto presupposta e disciplinata dalle due norme, poiché nel caso previsto dall'art. 169 si tratta della notifica del primo atto del processo ad uno straniero che non risiede in Italia e che non conosce la lingua italiana, e che, quindi, potrebbe trovarsi in serie difficoltà nell'individuare la lingua stessa nella quale l'atto è scritto e nel reperire qualcuno che glielo possa tradurre, mentre nel secondo caso o si tratta di persona che ha già in Italia un punto di riferimento per la sua difesa o si tratta di persona che si trova in Italia e che non incontra, pertanto, difficoltà a comprendere l'atto ed a procurarsene adeguata conoscenza (Cass. V, n. 2642/1993).

Si noti, tuttavia, che la nullità conseguente alla mancata traduzione, nella lingua dell'imputato, dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare, in quanto non rientrante tra quelle specificamente previste dagli artt. 178 e 179 ha carattere relativo e resta sanata, se non eccepita tempestivamente (Cass. I, n. 825/1996).

Trattasi di giurisprudenza che mantiene inalterata la sua validità nonostante le modifiche apportate all'art. 143 come sostituito dall'art. 1, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 32/2014.

Ed infatti, l'art. 143, comma 2, indica espressamente quegli atti per i quali l'A.G. deve disporre la traduzione scritta, entro un termine congruo tale da consentire l'esercizio dei diritti e della facoltà della difesa (informazione di garanzia; informazione sul diritto di difesa; provvedimenti che dispongono misure cautelari personali; avviso di conclusione delle indagini preliminari; decreti che dispongono l'udienza preliminare e la citazione a giudizio; sentenze; decreti penali di condanna), atti tra cui non compare l'avviso ex art. 419. Pare quindi applicabile per tale atto la sola previsione dell'art. 419, comma 3, che prevede la possibilità e non l'obbligo per il giudice di disporre “anche su richiesta di parte, con atto motivato, impugnabile unitamente alla sentenza” la traduzione gratuita di “altri atti o anche solo di parte di essi, ritenuti essenziali per consentire all'imputato di conoscere le accuse a suo carico”.

Ancora, la Cassazione ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 419, nella parte in cui non prevede che tra gli atti introduttivi da notificare in vista dell'udienza preliminare vi sia anche l'avviso all'imputato della facoltà di fare richiesta dei riti speciali, dovendosi escludere ogni ipotesi di disparità di trattamento, ex art. 3 Cost., rispetto alla disciplina prevista nel procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, in cui tale avviso è contenuto nella citazione diretta a giudizio (art. 552 comma 1, lett. f), dal momento che la scelta del legislatore appare del tutto ragionevole in rapporto alle diverse situazioni in cui l'imputato è chiamato ad effettuare tale scelta e considerando il diverso ruolo della «vocatio in iudicium» nei due procedimenti (Cfr., Corte cost. n. 231/2003; Cass. VI, n. 23246/2003).

Infine, ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., dell'art. 419, nella parte in cui non prevede, tra gli atti introduttivi da notificare in vista dell'udienza preliminare, l'avviso all'imputato della facoltà di fare richiesta dei riti speciali (Cass. I, n. 4491/2008, che ha richiamato le argomentazioni svolte dall'ord. n. 309 del 2005 della Corte costituzionale).

Il contenuto: gli avvisi e gli avvertimenti alle parti

In merito ai destinatari degli avvisi, si è già detto delle modifiche apportate dalla c.d. riforma Cartabia (d.lgs. n. 150/2022) consistite nell'inserimento di una modifica formale di ordine organizzativo nel comma 1 dell'art. 419, che ha determinato l'esclusione dell'art. 420-sexies dal novero delle norme di rinvio, oltre che l'inserimento di altra modifica al comma 5 dell'art. 419 che determina l'applicazione dell'art. 111-bis, c.p.p. qualora la dichiarazione venga presentata da un procuratore speciale (sulla novità costituita dall'inserimento del nuovo comma 3-bis, si veda infra). Più di recente, a seguito dell'entrata in vigore in data 6 gennaio 2024 del d.lgs. n. 203/2023, il comma 1 dell'art. 419 è stato ulteriormente integrato prevedendo, infine, un ulteriore avvertimento, in particolare consistente nel fatto che “potranno essere disposte, ove ne ricorrano le condizioni, le sanzioni e le misure, anche di confisca, previste dalla legge in relazione al reato per cui si procede”. Si tratta di inciso il cui inserimento si è reso necessario per l'adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) 2018/1805 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 novembre 2018 relativo al riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e di confisca. Segnatamente, nel ribadire il motivo rifiuto (facoltativo) relativo ai provvedimenti di confisca emessi all'esito di processi celebrati in absentia, l'articolo 19, paragrafo 1, lettera g) del predetto regolamento ne prevede tuttavia l'inopponibilità allorquando l'interessato, oltre che «della data e del luogo fissati per il processo terminato con il provvedimento di confisca», fosse stato altresì «informato in tempo utile del fatto che un tale provvedimento di confisca poteva essere emesso in caso di sua mancata comparizione in giudizio» (punto i)). In conseguenza di tale nuova previsione, si è quindi provveduto all'adeguamento delle disposizioni del codice di procedura penale relative al contenuto dell'avviso per l'udienza preliminare (articolo 419, comma 1), del decreto che dispone il giudizio (articolo 429, comma 1, lettera f) e del decreto di citazione diretta a giudizio (articolo 552, comma 1, lettera d), e ciò - naturalmente - al fine di garantire la piena compliance alla norma eurounitaria e, dunque, la più spedita esecuzione dei provvedimenti ablatori emessi dalle autorità giudiziarie italiane da parte degli altri Stati membri.

Quanto all'interpretazione giurisprudenziale, si segnala che la Cassazione ha innanzitutto affermato che al privato danneggiato dal reato è assegnato un potenziale ruolo processuale, con facoltà di costituzione di parte civile, soltanto quando il procedimento sia pervenuto alla fase indicata dall'art. 79 e non nel corso delle indagini preliminari.

 Poiché la persona offesa dal delitto di falsa testimonianza va individuata esclusivamente nello Stato, titolare dell'interesse cui la norma è finalizzata, e non anche nel privato che si ritenga danneggiato dalla falsità, quest'ultimo non è destinatario della notificazione dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare, di cui all'art. 419, e non è perciò legittimato al ricorso per cassazione teso a denunciarne la violazione (Cass. VI, n. 2853/1997; Cass. VI, n. 1260/1996).

Si è poi affermato che in tema di patteggiamento, qualora l'accordo sulla pena intervenga nella fase delle indagini preliminari, la persona offesa non è legittimata né a costituirsi parte civile né ad essere citata, poiché, ai sensi dell'art. 419, tale diritto sorge solo all'udienza preliminari (Cass. V, n. 3564/2003).

La nullità dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare non contenente l'avvertimento all'imputato che, non comparendo, sarà giudicato in contumacia (art. 419, comma 1, come modificato dall'art. 2-quinquies del d.l. n. 82/2000 convertito con modificazioni nella l. n. 144/2000) secondo la Cassazione è sanata dalla rinuncia espressa a comparire formulata dall'imputato, indipendentemente dalla conoscenza del vizio. In caso di discrepanza tra la condotta processuale dell'imputato che, rinunziando a comparire, abbia sanato la nullità dell'avviso e il comportamento processuale del difensore, che tale nullità abbia eccepito, prevale la volontà della parte privata rispetto a quella del difensore (Cass. I, n. 26012/2003; Cass. II, n. 34737/2010).

Le Sezioni Unite della Cassazione hanno, infine, ritenuto legittima la notificazione dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare, quando la rilevata mancanza delle persone abilitate a ricevere il piego non sia stata riferita dall'ufficiale giudiziario, o dall'agente postale, mediante l'utilizzo di formule sacramentali o la pedissequa ripetizione della dizione normativa, trattandosi di una situazione di fatto che può essere certificata o risultare in modo inequivocabile da numerose altre attestazioni, relative al fatto di avere trovato il domicilio chiuso, di non avere avuto risposta, di non avere trovato alcuno, ovvero di essere stati costretti a procedere mediante deposito dell'atto e immissione dell'avviso nella cassetta postale (Cass. S.U.n. 155/2012).

I termini di comparizione e le conseguenze in caso di inosservanza

Gli avvisi sono notificati e comunicati almeno dieci giorni prima della data ed entro lo stesso termine è notificata la citazione del responsabile civile e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria.

Trattasi evidentemente di termini dilatori, suscettibili di prolungamento quanto all'imputato in base all'art. 174, da considerarsi «liberi», con la conseguenza che non vanno computati il giorno di avvenuta notifica (o comunicazione) e quello corrispondente alla data d'udienza.

Secondo la Cassazione, il mancato rispetto del termine di dieci giorni entro il quale deve essere notificato il relativo avviso integra nullità a regime intermedio che, se dedotta, non comporta l'obbligo, per il giudice, di fissare una nuova udienza con la concessione dell'intero termine, potendo essere quest'ultimo integrato mediante rinvio dell'udienza di tanti giorni quanti sono necessari ad assicurarne il rispetto, giacché è sufficiente che l'imputato abbia a disposizione, per l'esercizio dell'attività difensiva, un periodo di tempo che, computato dalla data del primo avviso, risulti complessivamente corrispondente a quello prescritto (Cass. I, n. 427/2002).

La notificazione dell'avviso di udienza preliminare all'imputato, effettuata presso la sede dell'unità locale di una società, anziché nel domicilio dichiarato presso la sede legale della medesima, non determina una nullità assoluta, se la notifica sia stata comunque idonea a consentire l'effettiva conoscenza dell'atto (Cass. VI, n. 30762/2009). Ciò si giustifica laddove si consideri che la nullità assoluta ed insanabile della citazione dell'imputato, ai sensi dell'art. 179, ricorre soltanto nel caso in cui la notificazione della citazione sia stata omessa o quando, eseguita in forme diverse da quelle prescritte, risulti inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell'atto da parte dell'imputato, mentre non ricorre nei casi in cui risultino violate le regole relative alla modalità di esecuzione della notifica, per i quali è applicabile la sanatoria di cui all'art. 184 (Cass. VI, n. 34170/2008).

Il principio è stato ribadito dalle Sezioni Unite della Cassazione le quali hanno ribadito che la nullità assoluta e insanabile prevista dall'art. 179 ricorre soltanto nel caso in cui la notificazione della citazione sia stata omessa o quando, essendo stata eseguita in forme diverse da quelle prescritte, risulti inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell'atto da parte dell'imputato; la medesima nullità non ricorre invece nei casi in cui vi sia stata esclusivamente la violazione delle regole sulle modalità di esecuzione, alla quale consegue la applicabilità della sanatoria di cui all'art. 184 (Cass. S.U.n. 119/2005).

Peraltro, la mancata o erronea indicazione, nell'avviso previsto dall'art. 419, dell'aula nella quale verrà tenuta l'udienza preliminare non determina alcuna nullità, qualora sia stato correttamente indicato ai sensi dell'art. 132 disp. att. l'ufficio del Gup procedente, in quanto un atto non può considerarsi nullo qualora contenga tutte le indicazioni necessarie a raggiungere lo scopo al quale è preordinato (Cass. I, n. 22700/2004).

Sempre con riferimento alle conseguenze dell'omesso avviso, la Cassazione aveva affermato che l'omessa notifica all'imputato dell'avviso di cui al comma 1 dell'art. 419 non costituisce ipotesi di nullità assoluta ai sensi dell'art. 179, bensì rientra nel regime di cui all'art. 180, ciò in quanto, mentre l'udienza preliminare ha funzioni di «filtro» del rinvio a giudizio, permane la primaria importanza del decreto che dispone il giudizio, atto cui segue il passaggio processuale della presentazione dell'imputato al dibattimento. Ne consegue la diversità del regime delle nullità previste dall'art. 419 comma 7, rispetto a quello riguardante il decreto che dispone il giudizio (art. 429 comma 2), in relazione alla diversa funzione dell'atto nella dinamica del procedimento. Pertanto, con riferimento all'art. 179 quando la norma parla «dell'omessa citazione dell'imputato» (con un'espressione certamente in funzione specificativa rispetto a quella generica di «intervento dell'imputato» ex art. 178 lettera c), essa non può non riferirsi anche alla notifica del decreto che dispone il giudizio. L'«avviso» per l'udienza preliminare, invece, pur rientrando (come la notifica del decreto per il giudizio) tra gli atti che determinano un «intervento» dell'imputato, non è una «citazione», termine per lo più inteso come chiamata in sede dibattimentale, in connessione con il «giudizio» (Cass. V, n. 9389/1998).

La questione, dopo alcune oscillazioni giurisprudenziali, è stata risolta dalle Sezioni Unite, le quali hanno affermato che l'omessa notificazione all'imputato dell'avviso per l'udienza preliminare determina la nullità assoluta e insanabile, deducibile e rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento, dell'udienza medesima e di tutti gli atti successivi (Cass. S.U.., n. 35358/2003, che, nell'enunciare tale principio, hanno sottolineato che, per la verifica dell'esistenza di una valida notificazione di tale avviso, il giudice dibattimentale ha facoltà di accesso al fascicolo del P.M. nel quale è inserito il verbale dell'udienza preliminare, senza che ciò comporti il venir meno della sua posizione di terzietà). Si noti, tuttavia, che nonostante la chiara indicazione delle Sezioni Unite, si registrano ancora oggi decisioni difformi che ritengono detta nullità di ordine generale ma non assoluta (Cass. IV, n. 46991/2015).

Per quanto concerne la persona offesa, la Cassazione ritiene che l'omessa notifica dell'avviso dell'udienza preliminare alla persona offesa è causa di nullità anche dell'eventuale sentenza di non luogo a procedere, perché detta nullità, a differenza dell'ordinario regime delle nullità relative delle indagini preliminari e dell'udienza preliminare, non è sanata se non eccepita prima della conclusione dell'udienza stessa (Cass. II, n. 30524/2009; da ultimo, conf.: Cass. VI, n. 50384/2014).

Diversamente, è pacifico che il mancato avviso dell'udienza preliminare al difensore di fiducia dell'imputato determina una nullità assoluta ed insanabile, ai sensi dell'art. 179, in relazione all'art. 420, comma 1, stesso codice (Cass. I, n. 32778/2002). Tuttavia, l'omessa notificazione dell'avviso della data fissata per l'udienza dibattimentale ad uno dei due difensori nominati dall'imputato dà luogo ad una nullità a regime intermedio, inquadrabile tra quelle previste dall'art. 180, la quale, a norma dell'art. 182, comma 2, stesso codice, è sanata quando la parte che assiste al compimento dell'atto non sollevi specifica eccezione nei termini indicati dal citato art. 182, comma 2 (Cass. IV, n. 5484/1994).

Si è ancora aggiunto però che l'omessa notifica del decreto di fissazione dell'udienza preliminare al difensore di fiducia dell'imputato che abbia depositato, diversamente da quanto previsto dall'art. 96, comma 2, la sua nomina ad una autorità giudiziaria diversa da quella procedente, non costituisce causa di nullità se il difensore non dimostra che, al momento in cui è disposta la notificazione dell'avviso dell'udienza preliminare, l'atto di nomina è già nella disponibilità dell'autorità giudiziaria procedente (Cass. V, n. 2804/2015).

La nullità di ordine generale a regime intermedio, derivante dall'omesso avviso ad uno dei due difensori di fiducia, deve essere eccepita a opera dell'altro difensore al più tardi immediatamente dopo gli atti preliminari, prima delle conclusioni qualora il procedimento non importi altri atti, in quanto il suo svolgersi (in udienza preliminare, riesame cautelare o giudizio) presume la rinuncia all'eccezione (Cass. S.U.n. 39060/2009, che hanno ulteriormente affermato che non è possibile far valere successivamente l'interesse dell'imputato non comparso ad essere assistito anche dal difensore non avvisato, in quanto tale interesse non è riconoscibile in sede di impugnazione del provvedimento conclusivo del giudice).

Con riferimento al difensore della persona offesa, invece, si afferma che il difensore della persona offesa non ha diritto all'avviso della fissazione dell'udienza preliminare, per cui l'omessa notifica non determina alcun tipo di nullità (Cass. VI, n. 41104/2013). A sua volta, si afferma che la nullità prevista dall'art. 419, comma 7, prodotta dalla violazione dell'art. 419, comma 1, stesso codice, ha natura relativa e, di conseguenza, essa può essere dedotta solo dalla parte che vi abbia interesse ai sensi dell'art. 181, comma 1, di norma la parte destinataria dell'atto. L'imputato, pertanto, non è legittimato a proporre eccezione di nullità del decreto del G.I.P. che dispone il suo rinvio a giudizio, fondandola sull'omessa notifica dell'avviso dell'udienza preliminare alla persona offesa. L'udienza preliminare, invero, volta a controllare la legittimità della domanda di giudizio, è normalmente modellata come procedimento «allo stato degli atti», cui solo eventualmente può far seguito un regime, eccezionale, imperniato su limitate, acquisizioni probatorie comunque caratterizzate da un 'efficacia interna alla fase e non utilizzabili come prove per il giudizio. L'assenza della parte offesa, perciò, da un lato non incide in sé in modo significativo sullo svolgimento dell'udienza preliminare e, dall'altro, non pregiudica alcun interesse dell'imputato (Cass. I, n. 483/1992). Perché possa configurarsi la legittimazione dell'imputato alla deduzione di tale nullità occorre un interesse concreto ed attuale, che non può, comunque, identificarsi con quello di conseguire il risarcimento del danno, dal momento che la citazione non annovera questa finalità tra quelle proprie ed al risarcimento può provvedersi indipendentemente dalla citazione stessa (Cass. I, n. 1773/1993).

Peraltro, si ribadisce che al privato danneggiato dal reato il codice di procedura penale assegna un potenziale ruolo processuale, con la possibilità di costituzione di parte civile, soltanto quando il procedimento sia pervenuto alla fase indicata dall'art. 79, mentre alla parte offesa sono riconosciute facoltà e diritti sin dalla fase delle indagini preliminari. Soltanto alla parte offesa, pertanto, e non anche alla persona solamente danneggiata dal reato, spetta ex art. 419, l'avviso di fissazione dell'udienza, con la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pubblico ministero (in applicazione di tale principio è stata dichiarato inammissibile, per mancanza di legittimazione, il ricorso per Cassazione del privato danneggiato, diverso dalla persona offesa, volto a denunciare violazione dell'art. 419 c.p.p, nell'ipotesi di procedimento per di falsa testimonianza (art. 372 c.p.), reato previsto tra quelli contro l'amministrazione della giustizia, nei quali parte offesa va considerata soltanto lo Stato, titolare dell'interesse tutelato dalla norma, e non anche il privato che si ritenga processualmente danneggiato dalla falsa testimonianza: Cass. VI, n. 1998/1995).

Tuttavia, è stato ritenuto  inammissibile per difetto di legittimazione il ricorso per cassazione proposto dalla persona offesa, costituita parte civile, avverso la sentenza di non luogo a procedere emessa dal giudice per l'udienza preliminare, atteso che, ai sensi dell'art. 428, comma 2, c.p.p., novellato dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, alla persona offesa è consentito proporre esclusivamente appello nei soli casi di nullità previsti dall'art. 419, comma 7, c.p.p. (In applicazione di tale principio la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso della parte civile senza procedere alla conversione in appello, ai sensi dell'art. 568, comma 5, c.p.p., in quanto fondato su censure non consentite attinenti al merito della decisione: Cass. VI, n. 2723/2018; Cass. IV, n. 14674/2018).

Infine, si è affermato che in base al principio di tassatività di cui all'art. 177 non può ravvisarsi alcuna nullità nel fatto che la lettura da parte del Gip del dispositivo dell'ordinanza che dispone il rinvio a giudizio avvenga senza soluzione di continuità con la chiusura dell'udienza preliminare. Nè è ravvisabile una nullità di carattere generale ai sensi dell'art. 178, lett. c), non assumendo — in sé — un tal comportamento del Gip alcun rilievo sull'intervento, l'assistenza o la rappresentanza dell'imputato (Cass. VI, n. 10547/2000). La giurisprudenza sul punto, si spinge sino ad affermare che stante il principio di tassatività delle impugnazioni e non essendo previsto nessun gravame contro gli atti relativi all'udienza preliminare, ad eccezione della sentenza di non luogo a procedere, anche le nullità assolute verificatesi in detta fase devono essere rilevate e dichiarate solo in quella successiva, in sede di trattazione delle questioni preliminari ai sensi dell'art. 491 (Cass. V, n. 2366/1992, riguardante una fattispecie relativa ad inammissibilità di ricorso avverso l'avviso di cui all'art. 419 per la fissazione dell'udienza preliminare nonché avverso gli atti conseguenti, ossia il verbale di udienza preliminare e decreto che disponeva il giudizio).

Le indagini suppletive

L'art. 419, comma 3, prevede che l'avviso contiene inoltre l'invito a trasmettere la documentazione relativa alle indagini eventualmente espletate dopo la richiesta di rinvio a giudizio.

La giurisprudenza di legittimità, chiamata a pronunciarsi sulla questione, ha affermato che in materia di termini di durata massima delle indagini preliminari, la sanzione di inutilizzabilità degli atti ai sensi del comma 3 dell'art.407, riguarda unicamente il compimento di indagini svolte dal P.M. nel periodo compreso tra la scadenza del termine massimo delle indagini preliminari e la richiesta di rinvio a giudizio. La sua «ratio» infatti è di impedire al P.M. che non abbia esercitato l'azione penale nei termini fissati di proseguire indagini utili ai fini dell'azione stessa, avendo egli viceversa il dovere di trasmettere gli atti al G.I.P. con richiesta di archiviazione o di decreto penale, ovvero di emissione del decreto di citazione a giudizio. Ma tale inutilizzabilità non si estende all'ulteriore attività di indagine eventualmente svolta dal P.M. dopo la richiesta di rinvio a giudizio o dopo l'emissione del relativo decreto.

L'ulteriore svolgimento di tale attività è infatti espressamente previsto da norme del codice di rito, come l'art.419, comma 3 e l'art.430, che resterebbero prive di concreta applicabilità se il divieto investisse qualsiasi attività di indagine svolta successivamente alla richiesta di rinvio a giudizio o al decreto di citazione (Cass., V, n. 2687/1998).

Inoltre, rientrano tra gli atti di indagine suppletiva, e sono dunque acquisibili nell'udienza preliminare, anche gli atti relativi ad indagini espletate in un procedimento diverso ed in data precedente a quella della richiesta di rinvio a giudizio (Cass. V, n. 8353/2013).

Muovendo dal rilievo che il Pubblico Ministero è legittimato, dopo la chiusura delle indagini preliminari e la richiesta di rinvio a giudizio, formulata nei termini stabiliti dall'art. 407 c.p.p, a compiere ulteriori indagini allo scopo di acquisire fonti di prova, come si evince dall'art. 419, comma 3, che stabilisce che l'avviso della data dell'udienza preliminare contenga anche l`invito a trasmettere la documentazione relativa alle «indagini espletate dopo la richiesta di rinvio a giudizio», e dal 407, comma 3, che prevede, nel caso in cui il pubblico ministero non abbia esercitato l'azione penale o richiesto l'archiviazione nel termine stabilito dalla legge o prorogato dal giudice, la sanzione dell'inutilizzabilità per i soli «atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine», la Cassazione ha affermato che non è precluso al pubblico ministero di disporre il sequestro ex art. 253, se pur nel periodo precedente l'emissione del decreto che dispone il giudizio, stante il limite stabilito dall'art. 430 per gli atti garantiti (Cass. IV, n. 25404/2003; conf.: Cass. III, n. 35311/2011). 

L’informativa dell’accesso ai programmi di giustizia riparativa

L'art. 419, comma 3-bis, introdotto dall'art. 23, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 150 del 2022 (c.d. riforma Cartabia), ha introdotto la previsione secondo cui l'imputato e la persona offesa sono altresì informate che hanno facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa. La disposizione intende dare attuazione all'articolo 1, comma 18, lett. d), della legge delega (l. n. 134/2021), che ha dettato al legislatore delegato i criteri da rispettare nella previsione della disciplina relativa all'informazione rispetto ai programmi di giustizia riparativa nel procedimento penale.

Al fine di dare attuazione al predetto criterio, sono state introdotte norme specifiche e coordinate nel codice di procedura penale, che prevedono, accanto all'informazione della facoltà, per la persona sottoposta alle indagini, sin dal primo contatto con l'autorità procedente, di accedere ai programmi di giustizia riparativa, come disciplinati nel complesso normativo organico di nuova creazione, analoghi avvisi al medesimo ed alla persona offesa, nella specie in occasione della notifica dell'avviso della fissazione dell'udienza preliminare, in uno alla richiesta di rinvio a giudizio.

La Corte di cassazione, intervenuta successivamente alla entrata in vigore della disposizione in esame, ha affermato che la possibilità, per il giudice, di disporre "ex officio" l'invio delle parti ad un centro di mediazione è rimessa a una sua valutazione discrezionale, non sussistendo un obbligo in tal senso, né dovendo tale scelta essere motivata, sicché, ove non risulti attivato il percorso riparativo di cui all'art. 129-bis c.p.p. sia stato omesso l'avviso alle parti della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa previsti dall'art. 419, comma 3-bis, c.p.p, non è configurabile alcuna nullità, né di ordine generale, né speciale, non essendo compromesso alcuno dei diritti o delle facoltà elencati dall'art. 178, lett. c), c.p.p. (Cass. VI, n. 25367/2023). 

Si è poi affermato che la sola richiesta di accesso non fa sorgere in capo all'interessato il diritto ad essere avviato presso un centro per lo svolgimento del programma richiesto, non sussistendo alcun automatismo tra la presentazione delle domanda e l'avvio del programma, in quanto è rimessa al giudice la valutazione della sua utilità (Cass. IV, n. 646/2024).

La rinuncia all’udienza preliminare e la richiesta di giudizio immediato

L'art. 419 prevede infine che l'imputato può rinunciare all'udienza preliminare e richiedere il giudizio immediato con dichiarazione presentata in cancelleria, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, almeno tre giorni prima della data dell'udienza. L'atto di rinuncia è notificato al pubblico ministero e alla persona offesa dal reato a cura dell'imputato. In tal caso, il giudice emette decreto di giudizio immediato.

Il d.lgs. n. 150/2022 (c.d. riforma Cartabia), ha introdotto la previsione secondo cui, quando la dichiarazione è presentata a mezzo di procuratore speciale, si osservano le modalità previste dall'articolo 111-bis, commi 1 e 2. La previsione si è resa necessaria a seguito delle modifiche introdotte in materia di informatizzazione degli atti giudiziari, introdotte dalla recente riforma. La scelta di inserire disposizioni generali su redazione e sottoscrizione degli atti processuali in forma di documento informatico e deposito telematico ha consentito infatti di evitare interpolazioni generalizzate sulle norme del codice processuale. In tale prospettiva, non si è ritenuto necessario intervenire per eliminare i tradizionali riferimenti alla cancelleria del giudice o alla segreteria del pubblico ministero, che, evidentemente, con la riforma a regime, non andranno intesi più (o non più soltanto) come luoghi fisici, ma come punto di riferimento virtuale dove far convergere il deposito delle richieste, degli atti e dei documenti, in modalità esclusivamente telematica, tali da renderne più immediata, semplice e razionale la circolazione. Peraltro, il residuo ambito di operatività del deposito non telematico conferma la ragionevolezza di tale scelta. In particolare, è stato necessario il raccordo con la disposizione generale sul deposito telematico di cui all'art. 111-bis per escludere ogni dubbio interpretativo circa la necessità del ricorso alle modalità previste dalla norma per quelle disposizioni il cui tenore letterale era tale da non rimandare, in maniera intuitiva, alle nuove modalità di deposito.

Tra le modifiche puntiformi resesi necessarie, ove il raccordo con le regole generali imponeva un passaggio ulteriore, una è, appunto, quella costituita dalla modifica del comma 5 dell'art. 419, c.p.p. In particolare, si è interpolato il comma 5 prevedendo che la rinuncia da parte dell'imputato all'udienza preliminare possa avvenire tanto con dichiarazione presentata personalmente in cancelleria, quanto con le modalità telematiche previste dall'articolo 111-bis c.p.p.: tali ultime modalità divengono obbligatorie quando (e solo quando) la richiesta sia presentata a mezzo di procuratore speciale.

Il giudizio immediato su richiesta dell'imputato, che rinuncia alla udienza preliminare si differenzia da quello richiesto dal pubblico ministero poiché, diversamente da questo, non esige particolari condizioni, ma si basa unicamente sulla richiesta stessa, cui di regola segue, ex art. 419, comma 6, il decreto che dispone il giudizio immediato. Peraltro, se il giudizio immediato è richiesto con riferimento ad un processo riunito ad altri, il giudice non è obbligato a disporre la separazione.

Egli conserva, infatti, il potere di valutazione conferitogli dall'art. 18 e se ritiene che, per l'accertamento dei fatti, sia assolutamente necessario mantenere la riunione dei processi, deve escludere il giudizio immediato (Cass. V, n. 1740/1995).

Per la Cassazione è inammissibile il ricorso per cassazione avverso il provvedimento del giudice per le indagini preliminari, con il quale sia stata respinta la richiesta di giudizio immediato, trattandosi di atto in sé inoppugnabile. Nè i vizi dell'ordinanza che si risolvano nell'erroneo esercizio dei poteri di verifica dei presupposti dell'istanza dell'imputato, che si traduce nella rinuncia ad una garanzia posta a suo favore, quale quella dell'udienza preliminare, possono considerarsi tali da renderla incompatibile con i principi generali del sistema e, quindi, abnorme (Cass. VI, n. 1701/1999). Analogamente si è ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione avverso il provvedimento del giudice per le indagini preliminari che abbia rigettato la richiesta di giudizio immediato, previa rinuncia dell'udienza preliminare, presentata dall'imputato ex artt. 419, comma 5, e 453, comma 3, provvedimento motivato dal cumulo dei processi dai quali doveva essere separato, in caso di giudizio immediato, quello relativo all'imputato richiedente. Trattasi difatti di provvedimento non abnorme, sia perché l'art. 455 consente al giudice per le indagini preliminari di emettere decreto di diniego di giudizio immediato ancorché all'evidenza per motivi diversi dalla mancanza dei presupposti e delle condizioni cui è subordinata la richiesta del pubblico ministero, sia perché, favorendo la celebrazione dell'udienza preliminare, si risolve a vantaggio dell'imputato a garanzia del quale tale udienza è stata prevista dal codice di rito in ossequio al modello accusatorio (v., Corte Cost. n. 234/1991, cit.; Cass. VI, n. 1035/1992).

In applicazione del principio di tassatività delle impugnazioni, è dunque inammissibile il ricorso per cassazione proposto avverso il provvedimento del giudice per le indagini preliminari con il quale sia stata respinta la richiesta di giudizio immediato, con rinuncia all'udienza preliminare, avanzata dall'imputato ai sensi dell'art. 419, comma 5, trattandosi di provvedimento avverso il quale la legge non prevede alcun mezzo di gravame (Cass. I, n. 3524/1994).

Si è, poi, affermato che la rinuncia dell'imputato all'udienza preliminare, con la richiesta del suddetto giudizio, a norma dell'art. 419, comma 5, ha valore di non contestazione dell'esistenza degli elementi che al termine dell'udienza preliminare imporrebbero il rinvio a giudizio, sicché al decreto che dispone il giudizio immediato deve riconoscersi un effetto preclusivo analogo a quello del decreto ex art. 429: il decreto determina cioè un effetto preclusivo sul riesame dei gravi indizi di colpevolezza (Cass. V, n. 1652/1994; sul punto, tuttavia, si registra giurisprudenza anche difforme: v., Cass. I, n. 4768/1995).

Casistica

Atti introduttivi

Con riferimento alla disciplina dettata dall'art. 419, la stessa può così sintetizzarsi:

a ) il giudice ha l'obbligo per il giudice di notificare all'imputato e alla persona offesa – della quale risulti agli atti l'identità e il domicilio –, l'avviso del giorno, dell'ora e del luogo dell'udienza, con la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pubblico ministero;

b ) il decreto di fissazione dell'udienza deve contenere l'avvertimento all'imputato che, qualora non compaia, si applicheranno le disposizioni in materia di assenza (artt. 420-bis, 420-ter, 420-quater e 420-quinquies) e di revoca della sentenza di non doversi procedere per mancata conoscenza della pendenza del processo (art. 420-sexies);

c ) l'avviso è altresì comunicato al pubblico ministero e notificato al difensore dell'imputato, il quale deve essere avvertito della facoltà di prendere visione degli atti e delle cose trasmessi dal p.m. all'atto del deposito della richiesta di rinvio a giudizio e di presentare memorie e produrre documenti;

d ) l'avviso deve contenere inoltre l'invito a trasmettere la documentazione relativa alle indagini eventualmente espletate dopo la richiesta di rinvio a giudizio;

e ) con l'avviso, l'imputato e la persona offesa sono altresì informate che hanno facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa;

f ) gli avvisi sono notificati e comunicati almeno dieci giorni prima della data dell'udienza ed, entro lo stesso termine, è notificata la citazione del responsabile civile e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria;

g ) è data facoltà all'imputato di rinunciare all'udienza preliminare (rinuncia che va notificata al p.m. e alla persona offesa dal reato a cura dell'imputato), e richiedere il giudizio immediato con dichiarazione presentata in cancelleria, personalmente o a mezzo di procuratore speciale (in quest'ultimo caso osservandosi le modalità previste dall'art. 111-bis, commi 1 e 2, c.p.p.) almeno tre giorni prima della data dell'udienza;

h ) in quest'ultimo caso il giudice emette decreto di giudizio immediato;

i ) solo l'omessa notifica dell'avviso ed il mancato rispetto del termie di dieci giorni sono previste a pena di nullità.  

Bibliografia

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