Codice di Procedura Penale art. 421 - Discussione.

Alessio Scarcella

Discussione.

1. Conclusi gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti, se rileva una violazione dell'articolo 417, comma 1, lettera b), il giudice, sentite le parti, invita il pubblico ministero a riformulare l'imputazione. Qualora il pubblico ministero non provveda, il giudice, sentite le parti, dichiara anche d'ufficio la nullità della richiesta di rinvio a giudizio e dispone, con ordinanza, la restituzione degli atti al pubblico ministero1.

1-bis. L'imputazione modificata è inserita nel verbale di udienza e contestata all'imputato se presente in aula, anche mediante collegamento a distanza. In caso contrario, il giudice sospende il processo e rinvia a una nuova udienza e dispone che il verbale sia notificato all'imputato entro un termine non inferiore a dieci giorni dalla data della nuova udienza2.

2. Se non dispone la restituzione degli atti al pubblico ministero, il giudice dichiara aperta la discussione.Il pubblico ministero espone sinteticamente i risultati delle indagini preliminari e gli elementi di prova che giustificano la richiesta di rinvio a giudizio [417]. L'imputato può rendere dichiarazioni spontanee e chiedere di essere sottoposto all'interrogatorio, per il quale si applicano le disposizioni degli articoli 64 e 65. Su richiesta di parte, il giudice dispone che l'interrogatorio sia reso nelle forme previste dagli articoli 498 e 499. Prendono poi la parola, nell'ordine, i difensori [96, 97, 100] della parte civile [76 s.], del responsabile civile [83 s.], della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria [89] e dell'imputato che espongono le loro difese. Il pubblico ministero e i difensori possono replicare una sola volta 3.

3. Il pubblico ministero e i difensori formulano e illustrano le rispettive conclusioni utilizzando gli atti contenuti nel fascicolo trasmesso a norma dell'articolo 416, comma 2, nonché gli atti e i documenti ammessi dal giudice prima dell'inizio della discussione [419 2-3].

4. Se il giudice ritiene di poter decidere allo stato degli atti, dichiara chiusa la discussione [33-quinquies, 33-sexies 1, 421-bis, 422].

 

[1] [1] Comma sostituito dall'articolo 23, comma 1, lett. g) num. 1)  d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, il  testo precedente era il seguente: <<1. Conclusi gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti [420], il giudice dichiara aperta la discussione.>>.

[3] [3] Comma dapprima modificato dall'art. 2, comma 2, l. 7 agosto 1997, n. 267, successivamente dall'art. 20 l. 16 dicembre 1999, n. 479  e, da ultimo, dall'articolo 23, comma 1, lett. g) num. 3)  d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 che prima del primo periodo, ha inserito il seguente: «Se non dispone la restituzione degli atti al pubblico ministero, il giudice dichiara aperta la discussione.»

Inquadramento

L'udienza preliminare è caratterizzata da uno svolgimento molto semplice, in quanto non consiste in una fase dibattimentale, ma piuttosto in un passaggio indispensabile per verificare il corretto esercizio dell'azione penale. Si tratta di una fase regolata dal principio dell'oralità, in cui il P.M. ed i difensori delle parti sono chiamati ad esporre le rispettive posizioni e pretese. La norma prevede il giudice, conclusi gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti, se rileva che l'imputazione sia “generica”, in quanto elevata in violazione dell'articolo 417, comma 1, lettera b), c.p.p., sentite le parti, invita il pubblico ministero a riformularla. In caso di mancato accoglimento dell'invito, il giudice, sentite le parti, dichiara anche d'ufficio la nullità della richiesta di rinvio a giudizio, disponendo, con ordinanza, la restituzione degli atti al PM. Ove, diversamente, l'invito venga accolto, l'imputazione come modificata viene inserita nel verbale di udienza e contestata all'imputato se presente in aula, anche mediante collegamento a distanza. In caso contrario, il giudice sospende il processo e rinvia a una nuova udienza, disponendo che il verbale sia notificato all'imputato entro un termine non inferiore a dieci giorni dalla data della nuova udienza. Ove il giudice non disponga la restituzione degli atti al pubblico ministero, il giudice dichiara aperta la discussione. Il pubblico ministero espone sinteticamente i risultati delle indagini preliminari e gli elementi di prova che giustificano la richiesta di rinvio a giudizio. L'imputato può rendere dichiarazioni spontanee e chiedere di essere sottoposto all'interrogatorio, per il quale si applicano le disposizioni di garanzia previste degli articoli 64 e 65 Su richiesta di parte, il giudice dispone che l'interrogatorio sia reso nelle forme previste della cross examination (artt. 498 e 499). Prendono poi la parola, nell'ordine, i difensori della parte civile, del responsabile civile, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e dell'imputato che espongono le loro difese. Il pubblico ministero e i difensori possono replicare una sola volta. Il pubblico ministero e i difensori formulano e illustrano le rispettive conclusioni utilizzando gli atti contenuti nel fascicolo trasmesso dal p.m. nonché gli atti e i documenti ammessi dal giudice prima dell'inizio della discussione. Se il giudice ritiene di poter decidere allo stato degli atti, dichiara chiusa la discussione.

Generalità

La discussione: gli interventi della Corte costituzionale

Pochi gli interventi della Corte costituzionale sulla norma processuale, nessuno dei quali ne ha intaccato la sostanza.

In particolare, la Corte costituzionale ha dichiarato:

a) manifestamente infondata, in quanto basata su erronea interpretazione della disposizione impugnata, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 421, nella parte in cui non prevede una disciplina sul contraddittorio processuale anteriore alla discussione svolta nell'udienza preliminare e sul deposito della consulenza tecnica di parte ed il relativo contraddittorio, in riferimento agli art. 2, 3 e 24 Cost. (Corte cost. n. 238/1991; la Corte osservò che l'apparente mancanza di regole sul deposito della consulenza tecnica di parte e sul relativo contraddittorio nella fase anteriore alla discussione nell'udienza preliminare, non viola il diritto di difesa delle parti processuali, in quanto, nel caso, (a differenza da quanto ritenuto dal giudice a quo) è applicabile il disposto dell'art. 121, che prevede la facoltà delle parti e dei difensori di presentare al giudice memorie o richieste scritte «in ogni stato e grado del procedimento». Come già affermato dalla Corte, infatti, l'espressione «procedimento» non è riferibile solo alle indagini, ma anche all'udienza preliminare. E del resto lo stesso art. 421 prevede, al comma 3, che la discussione, in detta udienza, si svolga anche sulla base di «atti e documenti», preventivamente ammessi dal giudice, diversi da quelli contenuti nel fascicolo trasmesso a norma dell'art. 416, comma 2, il che implica che in essa pertinenti documenti e memorie — ivi comprese quelle del consulente tecnico di parte ben possono essere prodotti dalle parti e formare oggetto del contraddittorio);

b) manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, esaminata per la prima volta, dell'art. 421, comma 2 (e non comma 1 come, per un evidente errore materiale, è detto nel dispositivo dell'ordinanza), denunciato nella parte relativa a quello che sembra un obbligo per il p. m. di richiedere il rinvio a giudizio, in difetto di coordinamento con il comma 3 della citata norma, stante la disparità di trattamento con la figura del P.M. quale inquadrata dagli art. 326 e 358, in riferimento agli art. 2, 3 e 112 Cost. (quest'ultimo asseritamente violato in quanto in tal modo il P.M. verrebbe a perdere la titolarità autentica dell'azione penale, non finalizzata alla condanna del cittadino, bensì tendente all'accertamento della verità materiale: Corte cost. n. 303/1991; v. nello stesso senso, Corte cost. n. 434/1991).

Si segnala, inoltre, che la Cassazione ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 416 ss. per contrasto con l'art. 24 Cost., nella parte in cui non prevedono coma causa di rinvio l'impedimento legittimo dei difensori di fiducia che tempestivamente hanno dedotto tale loro impossibilità a presenziare. Infatti, la disparità di disciplina stabilita dagli artt. 421 e 486 per la comune ipotesi di impedimento del difensore è frutto di una precisa scelta di politica giudiziaria, che trova la sua logica spiegazione nella profonda diversità funzionale delle due fasi processuali e, quindi, nella minore possibilità del verificarsi di effetti negativi e dannosi per l'imputato rimasto privo del difensore di fiducia all'udienza preliminare: i poteri del giudice sono in questa fase assai limitati, poiché la sua decisione non riguarda l'oggetto principale del giudizio, cioè l'accertamento della responsabilità, ma — salvo i casi previsti dall'art. 425 (sentenza di non luogo a procedere), che postulano, però, una decisione favorevole all'imputato — la quale ha per suo unico scopo il controllo del corretto esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero (Cass. I, n. 2551/1993).

I rimedi ai vizi dell'imputazione: le modifiche introdotte dalla riforma “Cartabia”

L'art. 1, comma 9, lett. n) della legge delega n. 134/2021 ha inserito un criterio di delega specifico: «prevedere che, in caso di violazione della disposizione dell'articolo 417, comma 1, lettera b), del codice di procedura penale, il giudice, sentite le parti, quando il pubblico ministero non provvede alla riformulazione dell'imputazione, dichiari, anche d'ufficio, la nullità e restituisca gli atti; prevedere che, al fine di consentire che il fatto, le circostanze aggravanti e quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza, nonché i relativi articoli di legge, siano indicati in termini corrispondenti a quanto emerge dagli atti, il giudice, sentite le parti, ove il pubblico ministero non provveda alle necessarie modifiche, restituisca, anche d'ufficio, gli atti al pubblico ministero».

Come chiarisce la Relazione illustrativa al decreto attuativo (d.lgs. 150/2022, art. 23, comma 1, lett. g), il criterio di delega di cui alla lettera n) distingue due ipotesi: la prima si riferisce ad una imputazione “generica”, formulata cioè in violazione dell'art. 417, lett. b), che richiede che l'imputazione contenga l'enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza, con l'indicazione dei relativi articoli di legge; la seconda attiene ad una imputazione che, anche solo in parte, non corrisponde alle risultanze degli atti di indagine, tanto in rapporto alla descrizione del fatto che con riferimento alle norme di legge ritenute applicabili. Nel caso di imputazione generica, il giudice è tenuto a sollecitare un “intervento integrativo” da parte del pubblico ministero e, laddove l'intervento stesso non sia operato, o non sia adeguato, a dichiarare anche d'ufficio la nullità della richiesta di rinvio a giudizio ai sensi dell'art. 180 c.p.p.

Sulla natura della nuova sanzione processuale introdotta dal nuoco co. 1 dell'art. 421, c.p.p, la dottrina (Filocamo) ha precisato che essa può qualificarsi come una nuova ipotesi di nullità di carattere speciale, non potendo essere ricompresa nella categoria di ordine generale prevista all'art. 178, comma 1, cod. proc. pen.

La nuova previsione sanzionatoria non è stata inserita nella norma che prevede altre ipotesi di nullità della richiesta di rinvio a giudizio (art. 416 c.p.p.), perché la rilevazione del vizio è condizionata alla mancata integrazione del capo d'accusa da parte del pubblico ministero o all'omesso recepimento dell'indicazione giudiziale, e dunque al verificarsi di una condizione negativa che integra il vizio originario dell'atto e si manifesta solo con l'apertura dell'udienza. Per questo motivo, seguendo l'ideale sviluppo cronologico dell'udienza preliminare, la relativa disciplina è stata inserita nell'art. 421, immediatamente dopo il controllo sulla regolare costituzione delle parti e prima della dichiarazione di apertura della discussione. In questa fase, infatti, il giudice può rilevare la violazione, di carattere formale, ed esercitare i poteri conferitigli dalla legge delega.

Ove il pubblico ministero ottemperi correttamente all'invito del giudice alla riformulazione, l'imputazione modificata sarà inserita nel verbale di udienza e – come già previsto dall'art. 423, comma 1 – contestata all'imputato, se presente. Altrimenti, diversamente da quanto avveniva prima della modifica dell'art. 421, c.p.p., e in conseguenza delle modifiche apportate in tema di processo in assenza, il giudice dovrà disporre rinvio ad una nuova udienza, disponendo la notifica del verbale all'imputato entro un termine non inferiore a dieci giorni dalla data della nuova udienza (co. 1-bis).

Ove, invece, il pubblico ministero non ottemperi, non potendo utilmente darsi corso alla discussione in assenza di una imputazione espressa in forma «chiara e precisa» (art. 417, lett. b), il giudice dovrà dichiarare la nullità e disporre la restituzione degli atti. A tale ultimo proposito, la modifica del secondo comma dell'art. 421 è stata operata in modo da introdurre la sequenza di celebrazione dell'udienza preliminare una volta esclusa la nullità dell'imputazione. La formulazione adottata, peraltro, consente di riferire il passaggio anche al caso in cui la nullità sia stata eccepita per ragioni diverse da quelle indicate nel nuovo primo comma, e in particolare per il vizio indicato al comma 1 dell'art. 416 (omissione dell'avviso di conclusione delle indagini o dell'interrogatorio tempestivamente chiesto dall'indagato): restituzione degli atti, nel caso in cui il giudice rilevi la sussistenza del vizio, prosecuzione dell'udienza nel caso concreto. Si ottiene quindi l'effetto di concentrare in apertura della sequenza ogni questione attinente alla validità dell'atto di esercizio dell'azione penale.

Quanto al secondo intervento richiesto dalla norma di delega, la disciplina relativa alla mancata corrispondenza tra le risultanze degli atti e l'imputazione è stata, invece, inserita nell'art. 423 c.p.p., dedicato alle modifiche della contestazione, su cui v. infra.

In sintesi, le modifiche introdotte, incentrate sulla necessaria completezza dell'imputazione e correttezza della sua formulazione in punto di fatto e di diritto, come evidenziato dalla relazione illustrativa, consentono di risolvere in via anticipata, nel contraddittorio delle parti, i possibili profili di invalidità dell'imputazione, evitando al massimo la possibilità di una regressione del procedimento, ai sensi dell'art. 429, comma 2, c.p.p., dalla fase dibattimentale. Al contempo, consente un più agevole accesso ai riti alternativi, soprattutto nei casi in cui sussista una preclusione normativa per la qualificazione giuridica (qual è quella prevista dalla l. 12 aprile 2019, n. 33, sull'inapplicabilità del giudizio abbreviato ai delitti puniti con la pena dell'ergastolo) ovvero sia incerta o generica la contestazione, per la sommaria descrizione del fatto o per l'incerta qualificazione giuridica. Questa ultima, infatti, poteva essere modificata – con tutte le conseguenze del caso - dal Gup con la sentenza resa all'esito del rito alternativo ovvero solamente con il decreto che dispone il giudizio, in assenza di una modifica in udienza da parte del pubblico ministero. La possibilità di accertare e correggere nel corso dell'udienza preliminare la giusta “messa a fuoco” dell'imputazione oggetto dell'azione penale, sotto i diversi aspetti comprensivi anche della qualificazione giuridica prima dell'emissione del decreto dispositivo del giudizio, ha provocato l'abrogazione del comma 2-bis dell'art. 429 cod. proc. pen., ritenuto ormai “superfluo”. Detta norma consentiva l'accesso al rito abbreviato, successivamente all'emissione del decreto che dispone il giudizio, quando il giudice avesse dato una qualificazione giuridica diversa, quindi compatibile con detto rito alternativo, da quella enunciata originariamente nell'imputazione per un delitto punito con la pena dell'ergastolo.

Si può, a questo punto, rilevare (Filocamo) che, a seguito della restituzione degli atti con relativa regressione del procedimento, il pubblico ministero potrebbe, in teoria, optare per una diversa definizione del procedimento preferendo la richiesta di archiviazione. In questo senso la giurisprudenza di legittimità si è espressa con più decisioni che hanno analizzato il principio di obbligatorietà dell'azione penale e la sua conseguente irretrattabilità alla luce delle diverse disposizioni che rendono possibile una retrocessione del procedimento alla fase delle indagini preliminari. Si sono così interpretate dette norme considerandole come una legittima deroga a detto principio, con conseguente riampliamento dei poteri del pubblico ministero, proprio per evitare una sovrapposizione del criterio di giudizio del giudice rispetto alle libere determinazioni dell'organo dell'accusa.

In particolare (Cass. III, n. 45708/2011), ha affermato che, nel caso di contestazione in dibattimento di un fatto diverso da quello descritto nell'imputazione e ritorno del procedimento alla fase delle indagini preliminari, consegue al pubblico ministero la piena facoltà di richiedere ed ottenere dal giudice per le indagini preliminari, nella ricorrenza dei presupposti di legge, l'archiviazione per il fatto diverso oggetto di contestazione. L'arresto chiarisce che la legittimità della regressione del procedimento alla fase iniziale escluda l'abnormità del provvedimento di archiviazione, senza alcuna incidenza sull'azione penale e sul principio di irretrattabilità della stessa poiché l'art. 521 c.p.p. la consente espressamente quando il giudice accerti che il fatto è diverso da quello descritto nel decreto che dispone il giudizio. In senso conforme si è espressa Cass. III, n. 42446/2015, con riferimento al caso in cui la richiesta di decreto penale di condanna fosse stata rigettata per errato calcolo della pena con restituzione degli atti al pubblico ministero, il quale, in seguito, aveva avanzato richiesta di archiviazione, poi rigettata dal giudice in considerazione del principio d'irretrattabilità. Tale conclusione è stata ritenuta dalla Corte in contrasto con la giurisprudenza prevalente in base alla quale con la restituzione degli atti il procedimento “retrocede fisiologicamente alla fase delle indagini preliminari e nessuno degli esiti propri di tale fase può ritenersi precluso”. Si è ritenuto (Cass. VI, n. 8063/2015), che non ricorra l'abnormità dell'atto quando il giudice, rilevato che il reato concorrente oggetto di contestazione suppletiva (art. 517 c.p.p.) appartiene alla competenza del tribunale piuttosto che del giudice di pace, dispone la trasmissione degli atti al pubblico ministero in applicazione dell'art. 521 c.p.p. Anche in questo caso la Corte ha evidenziato come, una volta che gli atti siano stati ritualmente restituiti al pubblico ministero, questi può legittimamente svolgere ulteriori indagini o comunque richiedere l'archiviazione del procedimento, non operando il principio dell'irretrattabilità dell'azione penale in presenza di una piena riespansione dei poteri dell'accusa. Da ultimo, Cass. II, n. 36186/2017, ha ribadito il principio, più volte affermato in passato, secondo il quale, dopo la sentenza dichiarativa di incompetenza da parte del tribunale e la conseguente trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice ritenuto competente, il pubblico ministero può liberamente determinarsi in ordine all'esercizio dell'azione penale, potendo formulare richiesta di archiviazione. In motivazione, si specifica come, sulla base della sentenza della Corte costituzionale n. 76 del 1993 si prevede una deroga al principio di irretrattabilità dell'azione penale, con apertura di una nuova e diversa fase procedimentale. La regressione del procedimento elimina di fatto la precedente fase di giudizio e la nuova fase di indagini preliminari non viene condizionata da quanto avvenuto nel primo giudizio (nello stesso senso, Cass. IV, n. 55129/2017).

La dottrina (Spangher), infine, si è interrogata se, a seguito della regressione del procedimento alla fase delle indagini preliminari per la riformulazione della richiesta di rinvio a giudizio, l'imputazione, così modificata e adeguata ai canoni di chiarezza e precisione, possa rappresentare una situazione d'incompatibilità del Gup, che ne abbia dichiarato la nullità, a tenere la nuova udienza. L'ipotesi viene considerata fondata sulla base della recente sentenza della Corte costituzionale n. 16 del 2022. Secondo il Giudice delle leggi, “le norme sulla incompatibilità del giudice, derivante da atti compiuti nel procedimento, sono poste a tutela dei valori della terzietà e della imparzialità della giurisdizione, presidiati dagli artt. 3,24, secondo comma, e 111, secondo comma, Cost., risultando finalizzate ad evitare che la decisione sul merito della causa possa essere o apparire condizionata dalla forza della prevenzione - ossia dalla naturale tendenza a confermare una decisione già presa o mantenere un atteggiamento già assunto - scaturente da valutazioni cui il giudice sia stato precedentemente chiamato in ordine alla medesima res iudicanda”. Da questa affermazione discende che l'incompatibilità può sussistere in tutti i casi in cui l'attività del giudice si atteggi come oggettivamente sostitutiva del potere-dovere di iniziativa del pubblico ministero. Laddove, quindi, il giudice si “sostituisce” al ruolo del PM si può realizzare una commistione dei diversi ruoli con evidenti ripercussioni sulla necessaria imparzialità del giudice. Nel caso di specie, secondo la Corte costituzionale si è realizzata una forma di incompatibilità cd. “orizzontale” di cui al comma 2 dell'art. 34 c.p.p., che potrebbe replicarsi nel caso in cui il giudice, che abbia ordinato la trasmissione degli atti al pubblico ministero ai sensi del nuovo art. 421, comma 1-bis, cod. proc. pen., a cui abbia fatto seguito nuovamente l'esercizio dell'azione penale con le modifiche richieste, si trovi a celebrare nuovamente l'udienza preliminare la cui valutazione di merito espressa nel precedente provvedimento potrebbe essere ritenuto “pregiudicante”. Una conferma per la dottrina (Filocamo) sembra rinvenirsi nella sentenza della Corte costituzionale n. 335 del 2002 in diversa fattispecie. La Corte ha, infatti, ivi affermato che «alla stregua della fisionomia che l'udienza preliminare è venuta assumendo – in relazione alla completezza del quadro probatorio di cui il giudice deve disporre e al potenziamento dei poteri riconosciuti alle parti in materia di prova - le decisioni che ne costituiscono l'esito devono essere annoverate tra quei “giudizi” idonei a pregiudicarne altri ulteriori e a essere a loro volta pregiudicati da altri anteriori, con la conseguenza che l'udienza preliminare deve essere compresa, al fine di assicurare la protezione dell'imparzialità del giudice, nel raggio d'azione dell'istituto dell'incompatibilità disciplinato dall'art. 34 del codice di procedura penale, anche al di là della limitata previsione del comma 2-bis dell'articolo stesso».

Le scansioni della discussione

La Cassazione ha affermato che il termine finale stabilito dalla legge a pena di decadenza per la costituzione di parte civile in sede di udienza preliminare è individuato nel momento in cui il giudice dichiara aperta la discussione ai sensi dell'art. 421, comma 1. Ne consegue che, ove il giudice, senza dichiarare l'apertura della discussione, rinvii ad altra udienza per consentire alla parte civile di regolarizzare la sua posizione, è da considerarsi tempestiva la costituzione di parte civile che avvenga regolarmente alla successiva udienza, prima dell'apertura della discussione (Cass. III, n. 21408/2002). È stata ritenuta tempestiva la richiesta di giudizio abbreviato proposta, nel corso dell'udienza preliminare, dopo le conclusioni del pubblico ministero, in quanto l'espressione «fino a che non siano formulate le conclusioni a norma degli artt. 421 e 422» utilizzata nell'art. 438, comma 2, è idonea a comprendere l'intera fase della discussione prevista dal citato art. 421, comma 2, fino al suo epilogo, sicché il termine finale per la rituale proposizione della domanda è rappresentato dal momento in cui si esaurisce, con la formulazione delle conclusioni di tutte le parti, tale discussione (Cass. I, n. 755/2003).

Analogamente è stata ritenuta tempestiva la costituzione di parte civile intervenuta in epoca successiva alla conoscenza dell'ordinanza che dispone il giudizio ex art. 441 comma 2 c.p.p., purchè antecedentemente alla dichiarazione di apertura della discussione ai sensi dell'art. 421, comma 1, c.p.p. (Cass. IV, n. 40923/2018).

Il principio è stato confermato dalle Sezioni Unite della Cassazione le quali, a composizione di un contrasto giurisprudenziale, hanno affermato che nell'udienza preliminare celebrata nei confronti di più imputati, il termine finale per la richiesta del giudizio abbreviato s'identifica con il momento nel quale il difensore di ciascuno di essi rassegna le proprie conclusioni definitive e non con quello nel quale l'ultimo difensore prende la parola (Cass. S.U., n. 20214/2014), precisando altresì che nell'udienza preliminare la richiesta di giudizio abbreviato può essere presentata dopo la formulazione delle conclusioni da parte del pubblico ministero, ma non oltre il momento in cui il difensore dell'imputato formula le proprie conclusioni definitive.

Nel giudizio abbreviato si è ritenuta invece ammissibile la richiesta dell'imputato di sottoporsi ad interrogatorio ai sensi dell'art. 421 comma 2, purché sia avanzata prima dell'inizio della discussione per non alterare le regole del contraddittorio in relazione agli elementi di difesa apportati dall'imputato, sui quali deve essere ammessa la facoltà delle altre parti di prendere la parola (Cass. VI, n. 937/2002). Ne consegue che il provvedimento con il quale il giudice rigetta la richiesta di rendere interrogatorio formulata dall'imputato è affetto da nullità a regime intermedio, a nulla rilevando che questa non sia stata formulata al momento della scelta del rito (Cass. III, n. 15444/2015).

Si è opportunamente puntualizzato che nel giudizio abbreviato, dovendosi fare applicazione, ai sensi dell'art. 441, comma 1, delle disposizioni previste per l'udienza preliminare, ivi comprese, in difetto di espressa esclusione, quelle di cui all'art. 421 stesso codice, sussiste il diritto dell'imputato ad essere sottoposto ad interrogatorio, qualora egli ne faccia richiesta, nulla rilevando che questa non sia stata formulata all'atto della scelta del rito. È quindi illegittimo, e costituisce causa di nullità (da qualificarsi a regime cosiddetto «intermedio»), il mancato accoglimento di detta richiesta, motivato dal fatto che, nel domandare l'applicazione del giudizio abbreviato, l'imputato non lo aveva subordinato all'effettuazione dell'incombente in questione (Cass. V., n. 19103/2004).

Nel giudizio abbreviato, pur implicando tale rito la rinuncia delle parti alla introduzione di nuovi mezzi di prova, è consentito all'imputato di sottoporsi all'interrogatorio, in quanto l'accettazione del giudizio allo stato degli atti non impone la compressione del diritto di autodifesa, di cui l'interrogatorio è espressione principale. La relativa richiesta deve peraltro essere avanzata personalmente dall'imputato, dato che l'interrogatorio impegna la disponibilità psicofisica del soggetto e lo espone a possibili conseguenze negative, come si ricava dall'art. 421 (richiamato dall'art. 441) che rinvia agli artt. 64 e 65 dello stesso codice. Da ciò consegue anche che non possono essere ammesse in tale rito le «spontanee dichiarazioni», che sono cosa diversa dall'interrogatorio e che non rispondono ai requisiti di forma e di contenuto degli artt. 64 e 65 (Cass. VI, n. 8442/1998).

Per quanto invece riguarda il diritto di rendere dichiarazioni spontanee, la S.C. ha affermato – sebbene in tema di giudizio abbreviato, ma con principio estensibile anche all'udienza di discussione per identità di ratio -, che il rigetto della richiesta dell'imputato di rendere dichiarazioni spontanee determina una nullità relativa, e non assoluta, cosicché la stessa deve essere immediatamente eccepita ai sensi dell'art. 182, comma 2 (Cass. I, n. 50430/2018). A tal proposito, peraltro, si è poi affermato che qualora, in sede di udienza preliminare a carico di più imputati, taluno di essi chieda ed ottenga il giudizio abbreviato senza formulare istanza di pubblica udienza, la contestuale celebrazione dell'udienza preliminare a carico dei coimputati, con separazione dei processi solo in fase deliberativa, non integra un'ipotesi di nullità, ma di mera irregolarità, salvo che l'imputato ammesso al rito speciale dimostri che la presenza dei coimputati abbia determinato in lui un tale condizionamento da impedirgli di rendere dichiarazioni spontanee che altrimenti avrebbe reso (Cass. I, n. 41934/2018).

La Cassazione ha ritenuto non abnorme il provvedimento con il quale il G.I.P. nell'udienza preliminare, richiesto di definire il processo allo stato degli atti, anziché decidere immediatamente in udienza, come prescrive l'art. 440, comma 2, riservi la decisione all'esito di questa e poi rigetti la richiesta, pronunciando contestualmente decreto che dispone il giudizio (Cass. IV., n. 265/1996).

Il mancato rispetto dell'ordine della discussione indicato dall'art. 421, al pari di quello previsto dall'art. 523, non integra una causa di nullità, prevista solo per l'ipotesi di violazione del diritto di replica spettante all'imputato e al difensore, contemplata dal comma 2 dello stesso articolo (Cass. V, n. 2641/2015).

L'illustrazione degli atti

L'art. 421 stabilisce che il pubblico ministero e i difensori formulano e illustrano le rispettive conclusioni utilizzando gli atti contenuti nel fascicolo trasmesso a norma dell'articolo 416, comma 2 nonché gli atti e i documenti ammessi dal giudice prima dell'inizio della discussione.

Non si pongono particolari problemi esegetici in relazione alla norma processuale in esame.

Si è precisato da parte della Cassazione che non è abnorme il provvedimento con il quale il giudice dell'udienza preliminare rigetta la richiesta avanzata dal P.M. di ammissione di atti e documenti prodotti dopo la richiesta di rinvio a giudizio (Cass. V, n. 32262/2003).

Nel corso dell'udienza preliminare, la produzione di nuovi documenti non soggiace al limite temporale di cui all'art. 127, fino a cinque giorni prima dell'udienza, essendo la produzione ammissibile fino all'inizio della discussione, ai sensi dell'art. 421, comma 3, senza che ciò comporti lesione del contraddittorio, potendo la controparte chiedere al giudice, a fronte della nuova produzione, un'attività di integrazione probatoria ex art. 422, comma 1 (Cass. III, n. 44011/2015;  Cass. II, n. 41012/2018).

Inoltre, l'istanza delle parti volta ad acquisire atti e documenti, ai sensi dell'art. 421, comma 3 formulata contestualmente alla richiesta di rito abbreviato cd. «secco», non determina la trasformazione della predetta richiesta da incondizionata a condizionata (Cass. V, n. 41174/2015).

Sulla scia di tale decisione, la S.C. ha poi puntualizzato che in tema di giudizio abbreviato, il divieto di ulteriori acquisizioni probatorie ha ad oggetto solo le prove concernenti la ricostruzione storica del fatto e l'attribuibilità del reato all'imputato, ma non i documenti riguardanti l'accertamento di responsabilità o l'accertamento di presupposti e condizioni per l'applicazione di attenuanti e benefici, come si desume dall'art. 421, comma 3, (richiamato dell'art. 441), secondo cui, ai fini delle conclusioni, le parti possono utilizzare anche "gli atti e i documenti ammessi dal giudice prima dell'inizio della discussione" (Cass. I, n. 13739/2020).

È stato infine ritenuto illegittimo il provvedimento con cui il giudice dell'udienza preliminare respinga l'istanza difensiva, formulata prima della discussione in funzione dell'eventuale richiesta di riti alternativi, di acquisire agli atti relazioni di consulenze tecniche, atteso che (come ritenuto da Corte Cost. n. 238/1991) la facoltà riconosciuta dall'art. 121 a difensori e parti di presentare al giudice memorie o richieste scritte in ogni stato e grado del procedimento si applica sia nel corso delle indagini sia nel corso dell'udienza preliminare e che, a detta udienza, stante l'art. 421, comma 3, la discussione può svolgersi anche sulla base di atti e documenti - previamente acquisiti - non contenuti nel fascicolo tramesso a norma dell'art. 416 c.p.p., comma 2, compresi, dunque, quelli prodotti dalle parti in contraddittorio (Cass. I, n. 12691/2020).

La decisione “allo stato degli atti”

L'ultimo comma dell'art. 421 stabilisce che solo se il giudice ritiene di poter decidere allo stato degli atti, dichiara chiusa la discussione.

Nessuna particolare questione esegetica si è posta in giurisprudenza sul punto. Deve solo ricordarsi che in sede di udienza preliminare, la modifica dell'imputazione ad opera del pubblico ministero può essere validamente compiuta fino alla formale dichiarazione di chiusura della discussione (Cass. VI, n. 29313/2015; Cass. V, n. 53701/2018). Inoltre, nell'udienza preliminare celebrata nei confronti di più imputati, il termine finale per la richiesta del giudizio abbreviato s'identifica con il momento nel quale il difensore di ciascuno di essi rassegna le proprie conclusioni definitive e non con quello nel quale l'ultimo difensore prende la parola (Cass. S.U., n. 20214/2014).

Si noti, poi, che l'udienza preliminare, al pari del dibattimento, può essere sospesa ove la decisione sull'esistenza del reato dipenda dalla risoluzione di una controversia civile o amministrativa di particolare complessità (Cass. V, n. 43981/2009).

È sorto un contrasto in giurisprudenza su una questione particolare. Mentre infatti, alcune decisioni sostengono che il giudice dell'udienza preliminare è chiamato ad una valutazione di effettiva consistenza del materiale probatorio posto a fondamento dell'accusa, eventualmente avvalendosi dei suoi poteri di integrazione delle indagini, e, ove ritenga sussistere tale necessaria condizione minima, deve disporre il rinvio a giudizio dell'imputato, salvo che vi siano concrete ragioni per ritenere che il materiale individuato, o ragionevolmente acquisibile in dibattimento, non consenta in alcun modo di provare la sua colpevolezza (Cass. VI, n. 33763/2015), altre decisioni sostengono invece che attesa la funzione di «filtro» svolta dall'udienza preliminare, ai fini della pronuncia della sentenza di non luogo a procedere, il Gup deve valutare, sotto il solo profilo processuale, se gli elementi probatori acquisiti risultino insufficienti, contraddittori o comunque inidonei a sostenere l'accusa in giudizio, esprimendo un giudizio prognostico circa l'inutilità del dibattimento, senza poter effettuare una complessa ed approfondita disamina del merito (Cass. II, n. 46145/2015, in cui la S.C. ha precisato che il proscioglimento deve essere escluso in tutti i casi in cui gli elementi acquisiti a carico si prestino a letture alternative o aperte, o comunque ad essere diversamente valutati in dibattimento, anche alla luce delle future acquisizioni probatorie).

Casistica

Discussione

Con riferimento alla disciplina dettata dall'art. 421, la stessa può così sintetizzarsi:

a) il giudice, conclusi gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti, se rileva che l'imputazione è generica, sentite le parti, invita il pubblico ministero a riformulare l'imputazione;

b) qualora il pubblico ministero non provveda, il giudice, sentite le parti, dichiara anche d'ufficio la nullità della richiesta di rinvio a giudizio e dispone, con ordinanza, la restituzione degli atti al pubblico ministero;

c) l'imputazione modificata è inserita nel verbale di udienza e contestata all'imputato se presente in aula, anche mediante collegamento a distanza. In caso contrario, il giudice sospende il processo e rinvia a una nuova udienza e dispone che il verbale sia notificato all'imputato entro un termine non inferiore a dieci giorni dalla data della nuova udienza;

d) se non dispone la restituzione degli atti al pubblico ministero, il giudice dichiara aperta la discussione.

e) la scansione processuale è assai semplice e richiama quella dibattimentale;

f) il pubblico ministero espone sinteticamente i risultati delle indagini preliminari e gli elementi di prova che giustificano la richiesta di rinvio a giudizio;

g) l'imputato può rendere dichiarazioni spontanee e chiedere di essere sottoposto all'interrogatorio, per il quale si applicano le disposizioni di garanzia previste degli articoli 64 e 65;

h) su richiesta di parte, il giudice dispone che l'interrogatorio sia reso nelle forme previste della cross examination (artt. 498 e 499);

i) prendono poi la parola, nell'ordine, i difensori della parte civile, del responsabile civile, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e dell'imputato che espongono le loro difese;

l) il pubblico ministero e i difensori possono replicare una sola volta;

m) il pubblico ministero e i difensori formulano e illustrano le rispettive conclusioni utilizzando gli atti contenuti nel fascicolo trasmesso dal p.m. nonché gli atti e i documenti ammessi dal giudice prima dell'inizio della discussione;

n) solo se il giudice ritiene di poter decidere allo stato degli atti, dichiara chiusa la discussione.

Bibliografia

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