Codice di Procedura Penale art. 424 - Provvedimenti del giudice.

Enrico Campoli

Provvedimenti del giudice.

1. Subito dopo che è stata dichiarata chiusa la discussione [421, 422 3], il giudice procede alla deliberazione pronunciando sentenza di non luogo a procedere [425, 426] o decreto che dispone il giudizio [429].

2. Il giudice dà immediata lettura del provvedimento. La lettura equivale a notificazione per le parti presenti.

3. Il provvedimento è immediatamente depositato in cancelleria [128]. Le parti hanno diritto di ottenerne copia.

4. Qualora non sia possibile procedere alla redazione immediata dei motivi della sentenza di non luogo a procedere [426], il giudice provvede non oltre il trentesimo giorno da quello della pronuncia [544].

Inquadramento

L'art. 424 è la norma di cesura tra quanto accade nell'udienza preliminare prima e dopo la discussione delle parti.

La fase decisionale dell'udienza preliminare è caratterizzata solo da un'apparente linearità in quanto, fatti salvi gli approfondimenti istruttori determinati dall'applicazione degli artt. 421-bis e 422, i provvedimenti di vocatio in ius (art. 429) e di non luogo a procedere (art. 425) non costituiscono, affatto, gli unici sbocchi processuali della stessa.

Sebbene collocato nell'ambito dell'art. 421, – e, quindi, immediatamente dopo il momento della costituzione delle parti –, con la riforma Cartabia si è provveduto a tradurre, normativamente, il lungo dibattito sviluppatosi in merito al controllo dell'imputazione da parte del giudice dell'udienza preliminare introducendo il potere di quest'ultimo, una volta sentite le parti, di invitare il pubblico ministero d'udienza a modificare l'imputazione (laddove ritenga che la stessa non sia corrispondente ai fatti del procedimento o presenti, complessivamente, dei vizi) e, nell'eventualità che questo non si adegui (ovvero non si adegui nei termini dettati) a dichiarare la nullità della richiesta di rinvio a giudizio con contestuale restituzione degli atti – (così intaccando, finalmente, il tabù della regressione dell'esercizio dell'azione penale, implicitamente statuito dall'art. 50 cod. proc. pen.)

La chiusura della discussione

Profili generali

L'udienza preliminare, a differenza di quanto è previsto per il dibattimento, (art. 491), non ha una fase deputata alla trattazione delle questioni preliminari.

Diretta conseguenza di tale principio è che, fermo restando la libertà da parte del giudice dell'udienza preliminare di dare spazio ad una trattazione bi-fasica, e cioè, dapprima, delle questioni preliminari e, successivamente, di quelle di merito, la discussione delle parti può (melius, dovrebbe) racchiudere le une e l'altra.

Va da sé che ogni eventuale decisione del giudice dell'udienza preliminare è assorbente rispetto alle questioni preliminari poste ma nulla vieta, — anzi, rientra nel corretto esercizio deontologico della propria funzione —, rispondere (con autonoma ordinanza ovvero nel corpo stesso dei diversi provvedimenti adottati) alle eccezioni sollevate esponendo le ragioni della loro fondatezza e/o irrilevanza, fossero anche quest'ultime parziali.

È per tali ragioni che, non è stato dichiarato abnorme il provvedimento del G.u.p. che, disattendendo le richieste di declaratoria immediata di estinzione di uno o più reati per sopravvenuta prescrizione, abbia, in modo assorbente, disposto il rinvio a giudizio dell'imputato in quanto le questioni (poste preliminarmente) possono sempre essere riproposte dinanzi al giudice del dibattimento (Cass. VI, n. 2325/2014).

Il confine per le richieste alternative

Anche dopo che il pubblico ministero si è determinato con le proprie richieste conclusive l'imputato presente, ovvero il difensore munito di procura speciale, può formulare richiesta di rito alternativo.

Il motivo di consentire la scelta di optare per un rito alternativo, (abbreviato — “condizionato/secco” — o patteggiamento), fino al momento antecedente alle proprie conclusioni risiede nell'evidente circostanza che ben può l'ufficio del pubblico ministero, nella sua discussione, determinarsi in modo diverso rispetto all'esercizio dell'azione penale e di tale determinazione l'imputato, ovvero il difensore per esso, può tenerne debitamente conto per orientare le proprie scelte.

La chiusura della discussione, intesa come conclusione di ogni singolo soggetto processuale che partecipa all'udienza preliminare, è il limite oltre il quale l'imputato non può più determinarsi per una definizione con rito alternativo.

Le richieste di rito alternative parziali

Qualora il pubblico ministero in sede di discussione, in presenza di più capi d'imputazione, abbia chiesto, contestualmente, sia l'emissione del decreto che dispone il giudizio per alcuni che la sentenza di non luogo a procedere per altri ben può l'imputato, o il difensore munito di procura speciale, determinarsi per la scelta del rito alternativo in modo parziale riguardo agli uni ed agli altri ovvero alternativamente per essi.

Il termine per la discussione nei processi con più imputati

La richiesta di rito alternativo trova preclusione per l'imputato, ovvero per il difensore munito di procura speciale, fino al momento delle proprie conclusioni non avendo alcuna incidenza ostativa le conclusioni rassegnate dai difensori dei coimputati.

Le decisioni da assumere in camera di consiglio

Profili generali

Sebbene, la lettura formale del combinato disposto degli artt. 424 e 421, comma 4, sembrerebbe precludere, una volta dichiarata chiusa la discussione, la possibilità di dare ingresso agli approfondimenti istruttori previsti dagli artt. 421-bis e 422, nulla vieta al giudice dell'udienza preliminare, all'esito della camera di consiglio, di emettere i provvedimenti da ultimo menzionati.

Lo stato degli atti

La lettura sistemica delle norme riguardanti l'udienza preliminare evidenzia che il giudice deputato alla celebrazione di essa tutte le volte in cui lo stato degli atti non gli consente di adottare una delle decisioni di cui all'art. 424 si determini per un ulteriore approfondimento istruttorio, approfondimento che potrebbe al suo esito, essere posto a fondamento o della celebrazione ordinaria ovvero di richieste di rito alternativo.

Una volta dato corso agli stessi, secondo la diversa scansione procedimentale prevista dal codice, l'udienza preliminare, stante la già avvenuta costituzione delle parti, “riprende” il proprio corso dalle conclusioni del pubblico ministero, fermo restando il “rinnovo” dell'opzione per i riti alternativi concessa agl'imputati sino al momento della discussione dei propri difensori.

Del resto, i due strumenti istruttori affidati alla discrezionalità del giudice dell'udienza preliminare, quelli cioè dettati dall'articolo 421 bis e dall'articolo 422, ben possono combinarsi ed integrarsi (sia pur in momenti diversi) tra loro e senza che nessuno di essi possa essere ritenuto propedeutico o alternativo all'altro ovvero escludente.

La dichiarazione di nullità della richiesta di rinvio a giudizio

Nell'ampio spettro decisionale dell'udienza preliminare rientra anche la dichiarazione di nullità della richiesta di rinvio a giudizio sancita dall'art. 416, nullità che va tutte le volte in cui la stessa « non è preceduta dall'avviso previsto dall'art. 415-bis nonché dall'invito a presentarsi per rendere l'interrogatorio qualora la persona sottoposta alle indagini » lo abbia richiesto.

Di recente, lo spazio della nullità ex art. 416 si è ulteriormente allargato avendo il legislatore previsto, per alcune figure di reato legate alla violenza di genere (artt. 572 e 612-bis c.p.), la necessità della notifica dell'avviso ex art. 415-bis anche nei confronti della persona offesa.

La giurisprudenza di legittimità ha ancorato tale potere dichiarativo della nullità da parte del giudice dell'udienza preliminare all'esito della celebrazione della stessa ma, evidenti ragioni di celerità, legate sia alla ragionevole durata del processo e sia a contingenti necessità determinate dalla decorrenza della prescrizione ovvero dalla scadenza dei termini custodiali, imporrebbero di assumerla preliminarmente alla sua trattazione, e cioè sin dal momento del deposito della richiesta di rinvio a giudizio.

Con la interpolazione dell'art. 421 (nel suo rimando all'art. 417, comma 1, lett. b) è stata introdotta un'ulteriore fattispecie della nullità della richiesta di rinvio a giudizio (vedi paragrafo 3.1) qualora il pubblico ministero non si adegui alla richiesta di riformulazione del capo d'imputazione : anche in tal caso, sebbene non sia stato indicato uno specifico modello, appare evidente, stante la preventiva audizione delle parti, che il giudice dell'udienza preliminare si pronunci con apposita ordinanza – di cui dà lettura alle parti presenti in udienza – nella quale argomenti le ragioni del provvedimento.

È per tale ragione che, in sede di legittimità, si è ritenuta non abnorme la decisione del giudice dell'udienza preliminare che, in un procedimento con più imputati e più imputazioni connesse tra loro, rilevata l'omessa notifica dell'avviso ex art. 415 bis nei confronti di alcuni di essi, abbia dichiarato la nullità ex art. 416 della richiesta di rinvio a giudizio e disposto la restituzione degli atti all'ufficio del pubblico ministero, separando le specifiche posizioni processuali (Cass. II, n. 36933/2011).

Tutte le volte in cui il giudice dell'udienza preliminare si determina alla dichiarazione di nullità della richiesta di rinvio a giudizio in procedimenti con più imputati può accadere, nel momento in cui quelle posizioni ritornano alla valutazione dello stesso giudice, che siano maturate situazioni di incompatibilità dovute alle decisioni nelle more assunte, situazioni da valutare caso per caso ed in relazione al tipo di definizioni intervenute.

L'incompetenza

A differenza di quanto semplicisticamente rappresentato dall'art. 424, una volta dichiarata chiusa la discussione, il giudice dell'udienza preliminare può anche dar luogo alla dichiarazione di incompetenza, per “qualsiasi causa”, prevista dall'art. 22, comma 3, disponendo la trasmissione del procedimento al pubblico ministero presso il giudice individuato. La riforma Cartabia ha inserito, in materia di competenza territoriale, una norma speciale (art. 24 bis) che sancisce l'obbligatorio rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione tutte le volte che il giudice, d'ufficio o su eccezione delle parti, ha la necessità di individuare l'esatta competenza territoriale.

La decisione d'incompetenza del giudice dell'udienza preliminare determina, in presenza di misure cautelari, anche la decorrenza del termine previsto dall'art. 27 per la loro rinnovazione.

L'inosservanza funzionale

Ulteriore possibilità prevista dal legislatore per la conclusione dell'udienza preliminare è quella sancita dall'art. 33sexies.

Quest'ultimo, che non a caso richiama, nel suo corpo, i commi 2 e 3 dell'art. 424, impone al giudice di dichiarare l'inosservanza delle norme sulla composizione funzionale del giudice tutte le volte in cui ritiene che per l'ipotesi di reato davanti a lui contestata non sia prevista la celebrazione dell'udienza preliminare: in tali casi, egli dovrà dare lettura della decisione e disporre la trasmissione degli atti all'ufficio del pubblico ministero affinché provveda nelle forme della citazione diretta a giudizio (art. 550).

Ci si è posti il problema se tale strumento possa essere utilizzato dal giudice dell'udienza preliminare anche antecedentemente alla celebrazione dell'udienza preliminare e non vi sono motivi ostativi a tale interpretazione, sebbene la stessa sia limitata a casi di scuola in cui il pubblico ministero sia incorso in un abbaglio edittale.

Si è, invece, almeno allo stato, ostacolato da parte dei giudici di legittimità l'orientamento teso a qualificare diversamente il fatto da parte del giudice dell'udienza preliminare, tanto da farlo rientrare nella previsione dell'art. 550, circoscrivendo, invece, scolasticamente, l'utilizzo dello strumento processuale previsto dall'art. 33 sexies solo ai casi di inosservanza da parte del pubblico ministero delle regole di attribuzione funzionale (Cass., I, n. 10666/2015).

Di contrario avviso Cass., II, n. 23814/2020 secondo cui non è abnorme l'ordinanza con cui il giudice dispone la restituzione degli atti all'ufficio del pubblico ministero riqualificando il fatto in modo da determinarne l'esercizio dell'azione penale nelle forme di cui all'art. 550 cod. proc. pen.

La recente riforma dell'art. 421 che potenzia l'intervento del giudice dell'udienza preliminare nella formulazione dell'imputazione pare ricomprendere un orientamento assai più incisivo in merito ai vizi dell'imputazione, tra cui rientra pienamente anche un riqualificazione giuridica del fatto che determini una diversa competenza funzionale.

La qualificazione giuridica del fatto

Qualora il giudice dell'udienza preliminare condivida la contestazione in fatto svolta dal pubblico ministero nella formulazione del capo d'imputazione può ben accadere che non intenda, invece, avallare la qualificazione giuridica dello stesso.

Con la introduzione dell'art. 417, comma 1, lett. b) la riforma Cartabia (vedi paragrafi 3.1 e 3.3) ha messo fine ad un lunghissimo dibattito giurisprudenziale riguardo ai poteri del giudice dell'udienza preliminare in merito ai vizi dell'imputazione : tutte le volte in cui quest'ultima sia erroneamente qualificata in punto di diritto ovvero non corrispondente pienamente alle fattispecie concrete evincibili dagli atti si potrà espressamente intervenire invitando il pubblico ministero ad operare le modifiche necessarie e se alle stesse non si adempia a restituire gli atti dichiarando la nullità della richiesta di rinvio a giudizio.

In tali casi, il giudice, — sia sotto il profilo della qualificazione giuridica della condotta sia sotto quello della vestizione circostanziale della stessa —, nell'assumere le decisioni ex art. 424 può dar luogo ad una diversa configurazione con la conseguenza che la sentenza di non luogo a procedere emessa in relazione ad una fattispecie di reato che poteva essere diversamente qualificata va annullata con rinvio in quanto in quella situazione il giudice avrebbe dovuto provvedere all'emissione del decreto ex art. 429 per la ipotesi di reato conferente (Cass. VI, n. 36676/2015).

Per la stessa ragione non è stato dichiarato abnorme il provvedimento ex art. 429 emesso dal giudice distrettuale dell'udienza preliminare dinanzi al tribunale territorialmente competente secondo le regole ordinarie allorquando lo stesso ha escluso, nell'ambito dei procedimenti per i delitti indicati dall'art. 51, comma 3 bis, la circostanza aggravante di cui all'art. 7 l. n. 203/1991 (Cass. VI, n. 21840/2012).

L'intervento del giudice sull'imputazione

Per l'udienza preliminare non esiste una norma equivalente all'art. 521, comma 2, che prenda in considerazione i poteri del giudice riguardo all'imputazione formulata.

La Corte cost. con ord. n. 88/1994 ha aperto la strada ad una interpretazione dell’art. 424 che non costringa il giudice dell’udienza preliminare a scegliere “soltanto tra sentenza di non luogo a procedere e decreto che dispone il giudizio, senza la possibilità di sollecitare il P.M. ad apportare adeguate modifiche, in fatto, all'imputazione”.

Sia pur con molte resistenze anche la giurisprudenza di legittimità ha avallato la possibilità che il giudice, in fase decisionale, laddove rilevi che il fatto sia diverso da come contestato, solleciti il pubblico ministero d'udienza, con apposito provvedimento, alle modifiche necessarie e solo dinanzi all'inerzia dello stesso, ovvero al suo non ortodosso ottemperamento, si determini alla restituzione degli atti ed alla regressione del procedimento – (vedi ora commento ai paragrafi 3.1., 3.3. e 3.6).

Vocatio in ius e proscioglimento

La conclusione canonica dell'udienza preliminare trova la sua naturale estrinsecazione nella decisione di rinvio a giudizio (art. 429) ovvero in quella di non luogo a procedere (art. 425).

È del tutto ovvio che le due decisioni possono anche essere contestuali riguardo ad uno stesso imputato quando solo per alcuni capi d'imputazione il giudice ritenga necessario l'approfondimento dibattimentale ed in tal caso egli dovrà provvedere anche ad una separazione (stralcio) di quanto oggetto del proscioglimento.

Proprio nei casi in cui il giudice dell'udienza preliminare si determini ad una decisione articolata di contestuale rinvio a giudizio per alcuni capi e di proscioglimento per altri può accadere che per i primi residui solo la competenza del giudice monocratico: in tal caso, sia pure con orientamenti diversi, quello prevalente è disporre il rinvio a giudizio dinanzi al giudice funzionalmente competente e non a quello che avrebbe dovuto esserlo (collegiale).

Definizione dell'udienza preliminare ed incompatibilità dovuta ai riti alternativi

Assai più di quanti si potessero prevedere sono i casi in cui le decisioni dell'udienza preliminare (art. 429, 425), sono assunte contestualmente alle definizioni con rito alternativo (artt. 438 e 444).

Ci si intende riferire ai procedimenti con più imputati nei quali ognuno di essi può dar luogo differenziate richieste di definizione, con la conseguenza che il giudice dell'udienza preliminare così come procede ordinariamente per alcuni (artt. 429, 425) darà anche luogo a decisioni ex artt. 438 e 444 ss.

In tali ultimi casi appare sempre opportuno che il giudice, fermo restando le tempistiche dovute alle eventuali scadenze ex artt. 303 e 308, decida contestualmente le diverse ramificazioni onde evitare profili di potenziale incompatibilità scaturenti da valutazioni aventi ad oggetto concorrenti profili di merito.

L'incompatibilità ad assumere le decisioni ex art. 424 sussiste per il giudice dell'udienza preliminare solo nell'ipotesi in cui il precedente decreto ex art. 429 è stato dichiarato nullo e gli atti vengono restituiti dal giudice del dibattimento per la celebrazione di una nuova udienza preliminare.

Non costituisce, pertanto, causa di incompatibilità ex art. 34 l'avere disposto, da parte del giudice dell'udienza preliminare, contestualmente, decreto di rinvio a giudizio nei confronti di alcuni imputati e sentenza di condanna, in sede di giudizio abbreviato, per altri (Cass., IV, n. 22965/2014).

La lettura delle decisioni

Profili generali

Come sopra si è accennato le decisioni assunte all'esito dell'udienza preliminare possono essere ben più di quelle delineate dall'articolo 424, in ogni caso però esse necessitano dell'immediatezza della lettura.

L'equipollenza della lettura alla notificazione

Tutte le volte in cui le parti sono presenti alla lettura delle decisioni non andrà disposta alcuna notifica per le stesse: la lettura del provvedimento assunto all'esito della camera di consiglio da parte del giudice dell'udienza preliminare equivale alla sua notificazione.

Tale principio trova il suo ancoraggio generale in quanto stabilito dall'art. 148, comma 5 secondo cui “la lettura dei provvedimenti alle parti presenti... sostituiscono le notificazioni”.

Ciò sta a significare, ad esempio, che l'imputato, assente allo svolgimento della discussione ma presente alla lettura della decisione con la quale si dispone il suo rinvio a giudizio, — presenza di cui andrà comunque dato atto nel verbale d'udienza —, non riceverà la notifica del decreto che dispone il giudizio avendo già preso conoscenza in aula della contestazione, del giorno, del luogo e del giudice dinanzi al quale dovrà comparire.

Lo stesso è a dirsi per tutte le altre parti presenti, ivi compresa la persona offesa assente laddove rappresentata dal difensore, ex art. 33 att., presente alla lettura.

  L'omessa notifica del decreto che dispone il giudizio all'imputato non presente all'udienza preliminare determina la nullità assoluta ed insanabile, ex art. 179 c.p.p., degli atti del giudizio di primo e secondo grado – (Cass., V, n. 19716/2019).

Il deposito in cancelleria delle decisioni

Profili generali

Sebbene le prassi, molto spesso legate alla farraginosità delle individuazioni delle date dibattimentali, non sempre rispettino tale disposto le decisioni assunte devono essere immediatamente depositate nella cancelleria del giudice che le ha deliberate.

Accade, di sovente, che mentre il dispositivo della sentenza di non luogo a procedere è immediatamente depositato il provvedimento che dispone il giudizio venga redatto in un secondo momento allorché la data dibattimentale ed il giudice competente sia stato individuato. Il sistema normativo delineato dall'art. 132 disp. att. affidato al dato cartaceo è oramai, soprattutto nelle grandi realtà dei tribunali metropolitani, superato essendo la data dibattimentale affidata a sistemi informatici di pre-selezione.

La consegna della copia

Il dovere — non sanzionato processualmente — dell'immediato deposito delle decisioni comporta il diritto della parte ad ottenerne copia. Tale diritto ricade non solo in capo alla parte presente alla lettura della decisione ma anche nei confronti di chi sia stato assente con la conseguenza che in tal caso, ove la cancelleria provveda alla consegna della copia, ciò possa, diligentemente, equivalere a notificazione ai sensi dell'art. 148, comma 4, (“La consegna di copia dell'atto all'interessato da parte della cancelleria ha valore di notificazione. Il pubblico ufficiale addetto annota sull'originale dell'atto la eseguita consegna e la data in cui questa è avvenuta”).

La motivazione contestuale o differita della sentenza di non luogo a procedere

Profili generali

L'opzione preferenziale del legislatore, anche per la struttura agile prevista per la sentenza di non luogo a procedere, è quella della redazione immediata dei motivi posti a sostegno della stessa.

La lettura della decisione, e della contestuale motivazione, equivalgono alla notifica per le parti presenti.

Motivazione differita

Tutte le volte in cui il giudice dell'udienza preliminare ritiene di non potere dare luogo alla motivazione contestuale la stessa, — ope legis, senza la necessità che il termine sia specificato in dispositivo —, dovrà essere depositata non oltre il trentesimo giorno dalla decisione.

Termine dei trenta giorni

Il termine dei trenta giorni per il deposito della motivazione della sentenza di non luogo a procedere, — termine differenziato rispetto a tutti quelli previsti dalle decisioni dibattimentali —, ove non rispettato, determina sia la necessità della successiva notifica da parte della cancelleria dell'avviso di deposito alle parti interessate e sia lo slittamento dei termini d'impugnazione.

Nel caso in cui il termine dei trenta giorni vada a cadere in giorno festivo, lo stesso è prorogato ex art. 172 al primo giorno non festivo.

Durante il periodo feriale (1-31 agosto) il termine è sospeso ed inizia a decorrere alla cessazione dello stesso: fanno eccezione a tale regola ordinaria le sentenze in materia di criminalità organizzata.

Casistica

La pronuncia di non luogo a procedere nel merito, prevista dall'art. 425, non può mai essere prevalente rispetto all'accordo negoziale raggiunto dalle parti ex art. 444 in quanto quest'ultimo rinvia solo alle cause di proscioglimento dettate dall'art. 129, tra le quali non rientra quella per mancanza, insufficienza o contraddittorietà della prova (Cass., II, n. 1390/2014).

Bibliografia

De Robbio, L'udienza preliminare, Milano, 2013; Lombardo, Il controllo del giudice sull'imputazione ed i poteri del pubblico ministero, in Giur. mer. 2009, n. 10.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario