Codice di Procedura Penale art. 429 - Decreto che dispone il giudizio 1 .

Enrico Campoli

Decreto che dispone il giudizio1.

1. Il decreto che dispone il giudizio contiene:

a) le generalità dell'imputato e le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonché le generalità delle altre parti private, con l'indicazione dei difensori [96, 97, 100];

b) l'indicazione della persona offesa dal reato [90, 91] qualora risulti identificata;

c) l'enunciazione in forma chiara e precisa del fatto, delle circostanze aggravanti [61 c.p.] e di quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza [199 s. c.p.], con l'indicazione dei relativi articoli di legge [417, 423, 521] 2;

d) l'indicazione sommaria delle fonti di prova e dei fatti cui esse si riferiscono;

d-bis) l'avviso all'imputato e alla persona offesa che hanno facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa3;

e) il dispositivo, con l'indicazione del giudice competente per il giudizio [132 att.];

f)  l'indicazione del luogo, del giorno e dell'ora dell'udienza per la prosecuzione del processo davanti al giudice del dibattimento4con l'avvertimento all'imputato che potranno essere disposte, ove ne ricorrano le condizioni, le sanzioni e le misure, anche di confisca, previste dalla legge in relazione al reato per cui si procede5;

g) la data [111] e la sottoscrizione [110] del giudice e dell'ausiliario che l'assiste [126; 1 reg.].

2. Il decreto è nullo se l'imputato non è identificato in modo certo ovvero se manca o è insufficiente l'indicazione di uno dei requisiti previsti dal comma 1, lettere c) e f).

2-bis. [Se si procede per delitto punito con la pena dell'ergastolo e il giudice dà al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata nell'imputazione, tale da rendere ammissibile il giudizio abbreviato, il decreto che dispone il giudizio contiene anche l'avviso che l'imputato può chiedere il giudizio abbreviato entro quindici giorni dalla lettura del provvedimento o dalla sua notificazione. Si applicano le disposizioni dell'articolo 458.]6

3. Tra la data del decreto e la data fissata per il giudizio deve intercorrere un termine non inferiore a venti giorni.

3-bis. Qualora si proceda per i reati di cui agli articoli 589, secondo comma, e 589-bis del codice penale, il termine di cui al comma 3 non può essere superiore a sessanta giorni 7.

4. [Il decreto è notificato all'imputato contumace nonché all'imputato e alla persona offesa comunque non presenti alla lettura del provvedimento di cui al comma 1 dell'articolo 424 almeno venti giorni prima della data fissata per il giudizio] 8.

 

[1] Per la responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato, v. art. 61, comma 2,  d.lg. 8 giugno 2001, n. 231.

[2] Lettera così modificata dall'art. 18, comma 2,  l. 16 dicembre 1999, n. 479.

[3] Lettera aggiunta dall'articolo 23, comma 1, lett. n) num. 1) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. Per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199. Per l'applicazione vedi lart. 92, comma 2-bis, d.lgs. n. 150 cit., come aggiunto, in sede di conversione, dall’art. 5-novies d.l. n. 162, cit.

[4] Lettera sostituita dall'articolo 23, comma 1, lett. n) num. 2) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. Per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199. Il testo precedente alla sostituzione era il seguente:<< f) l'indicazione del luogo, del giorno e dell'ora della comparizione, con l'avvertimento all'imputato che non comparendo sarà giudicato in contumacia;>>.

[5] Le parole «con l'avvertimento all'imputato che potranno essere disposte, ove ne ricorrano le condizioni, le sanzioni e le misure, anche di confisca, previste dalla legge in relazione al reato per cui si procede» sono state aggiunte dall'articolo 4, comma 1, lett. b), d.lgs. 7 dicembre 2023, n. 203.

[6] Comma inserito dall'art. 4, l. 12 aprile 2019, n. 33. L'art. 5 l. n. 33, cit. prevede che: «1. Le disposizioni di cui alla presente legge si applicano ai fatti commessi successivamente alla data di entrata in vigore della medesima legge. 2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.». ( 20 aprile 2019) e successivamente abrogato dall'articolo 98, comma 1, lett. a) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150.

[7] Comma inserito dall'art. 4 , comma 3,  l. 21 febbraio 2006, n. 102. Successivamente comma modificato dall'art. 1, comma 5 lett. e), l. 23 marzo 2016, n. 41 che ha sostituito le parole «per il reato di cui all'articolo 589, secondo comma, del codice penale» con «per i reati di cui agli articoli 589, secondo comma, e 589-bis del codice penale», a decorrere dal 25 marzo 2016, come disposto dall'articolo 1, comma 8, l. 41, cit.

[8] Comma sostituito dapprima dall'art. 24 l. n. 479, cit., successivamente dall'art. 2-septies d.l. 7 aprile 2000, n. 82, conv., con modif., nella l. 5 giugno 2000, n. 144 e da ultimo abrogato dall'articolo 98, comma 1, lett. a) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150Per le disposizioni transitorie in materia di termini per la costituzione di parte civile vedi l'art. 85-bis del citato d.lgs. n. 150/2022 come aggiunto dall’art. 5-ter d.l. n. 162, cit., secondo cui «Nei  procedimenti  nei  quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono già stati ultimati gli accertamenti  relativi  alla  costituzione  delle  parti nell'udienza preliminare, non si applicano  le  disposizioni  di  cui all'articolo  5,  comma  1,  lettera  c),  del  presente  decreto   e continuano  ad  applicarsi  le  disposizioni  dell'articolo 79».Con riferimento alla precedente formulazione del comma,  per la citazione del responsabile civile che non sia stato presente all'udienza preliminare, v. la sentenza interpretativa di rigetto Corte cost. 10 novembre 1992, n. 430, sub art. 83.

Inquadramento

L'art. 429 è uno dei due snodi canonici legati alla conclusione dell'udienza preliminare.

Esso detta i requisiti formali del provvedimento con il quale si dispone la vocatio in ius dell'imputato, requisiti che ove mancanti e/o carenti solo in alcuni casi determinano la nullità dell'atto.

I requisiti (formali) del decreto che dispone il giudizio

Profili generali

Il decreto che dispone il giudizio, — che, a differenza del decreto di citazione a giudizio emesso dal pubblico ministero, è delibato dal giudice all'esito di un'udienza a contraddittorio necessario —, è composto da una serie di requisiti, alcuni di mera natura formale ed alla cui carenza non è collegata alcuna sanzione processuale, altri, invece, sanzionati a pena di nullità.

Requisiti formali

I requisiti indicati dall'art. 429, comma prima, che hanno solo valenza formale sono quelli dettati dalle lettere b), d), d bis) ed e): la loro carenza e/o imprecisione non comporta che una mera irregolarità, priva di sanzione processuale.

Identificazione dell'imputato

Nel decreto che dispone il giudizio l'identificazione dell'imputato deve essere certa.

Nel rimando alle norme generali in materia, — artt. 66 e 68 —, non può non evidenziarsi che prim'ancora della certa individuazione dell'imputato nel provvedimento che dispone il giudizio assume significato quella svolta ex art. 415-bis e, quindi, secondo la scansione procedimentale, quella in sede di fissazione dell'udienza preliminare.

Tutto ciò comporta che eventuali erroneità nell'individuazione dell'imputato risiedono in momenti antecedenti alla emissione del decreto ex art. 429 ma anche ove esse fossero superate in ogni caso tale provvedimento necessita di una corretta e precisa individuazione, ed ove così non fosse ciò comporta la nullità del provvedimento di rinvio a giudizio e la regressione del procedimento all'udienza preliminare.

Indicazione delle parti private e dei difensori

A differenza di quanto è previsto per l'identificazione dell'imputato quella riguardante le altre parti private del procedimento ovvero i difensori (tutti) non comportano che mere irregolarità.

Ovviamente, per quanto attiene i difensori ciò che fuoriesce dall'ambito della nullità attiene alla mera indicazione formale nell'atto che dispone il giudizio mentre quello della loro partecipazione all'udienza preliminare ha tutt'altro oggetto e spazio normativo (art. 178, comma 1, lett. c).

Persona offesa

Per quanto riguarda il requisito sub lett. b), avente ad oggetto l'indicazione della persona offesa (ovviamente laddove non costituita parte civile), il legislatore precisa che essa va menzionata, nel decreto che dispone il giudizio, solo “qualora risulti identificata”: tale espressione, nella sua genericità, lascerebbe pensare che il giudice può ometterla in tutti i casi in cui l'ufficio del pubblico ministero nella sua richiesta di rinvio a giudizio abbia dimenticato di individuarla, e/o meramente di indicarla, mentre appare opportuna un'interpretazione che estenda tale potere al giudice dell'udienza preliminare laddove già in sede di fissazione, — o successivamente —, sia in grado di evincerla colmando tale lacuna.

Non può non evidenziarsi, in ordine a tale punto, che in seguito alla riforma prevista per i reati della cd. violenza di genere, l'individuazione della persona offesa assume una connotazione fondamentale essendo alla stessa attribuiti specifici poteri sia in sede di archiviazione e sia nella formulazione dell'avviso ex art. 415-bis.

La nullità derivante dall'omessa citazione della persona offesa ex art. 178 c.p.p. non può essere eccepita dall'imputato essendo l'osservanza della disposizione violata tesa a consentire l'eventuale costituzione di parte civile al destinatario della stessa – (Cass., II, n. 51556/2019).

La motivazione

Il decreto che dispone il giudizio, che è un atto del giudice dell'udienza preliminare, — sebbene, nella prassi, invalga l'uso di farlo materialmente redigere dalla cancelleria per poi sottoscriverlo —, presenta quale fondamentale peculiarità quello di essere volutamente privo di motivazione — (Analoga caratteristica è sancita per il decreto di giudizio immediato, — anche laddove emesso a seguito di opposizione a decreto penale di condanna —, ma lo stesso è pronunciato dal giudice per le indagini preliminari de plano).

Tale scelta legislativa - mantenuta anche con la riforma Cartabia nonostante la profonda innovazione della regola di giudizio che presiede l’udienza preliminare - viene giustificata dal fatto che essendo tale atto destinato ad essere inserito nel fascicolo per il dibattimento ciò finirebbe per ledere la “verginità probatoria” del giudice dibattimentale.

È del tutto evidente che tale motivazione è priva di ogni seria concretezza in quanto laddove si proceda nei confronti di imputato detenuto nel fascicolo per il dibattimento risulta già inserita l'ordinanza restrittiva, spesso ampiamente diffusa sul merito delle condotte contestate, mentre nei casi in cui la vocatio in ius riguarda imputati liberi tale obiezione potrebbe essere facilmente superata da una disposizione che impedisse di inserire la “sola” motivazione del decreto ex art. 429, limitando l'inserimento agli aspetti formali dello stesso (nome, imputazione, data, luogo, giudice competente, etc.).

Al di là di tali osservazioni, quello che più rileva, de iure condendo, è che la previsione della motivazione inciderebbe, più di mille riforme, sulla responsabilizzazione del giudice dell'udienza preliminare in merito alla effettiva funzione di filtro affidata a tale occasione giurisdizionale.

Per come, invece, è allo stato formulata l'indicazione “sommaria delle fonti di prova e dei fatti cui esse si riferiscono” costituisce un inutile simulacro motivazionale sigillando l'identificazione dell'udienza preliminare quale unica occasione che non determina, nell'ordinamento italiano, una decisione motivata.

Non è abnorme il decreto che dispone il giudizio emesso dal giudice dell'udienza preliminare contestualmente ad un'ordinanza che contenga valutazioni sulla responsabilità dell'imputato, in quanto tale atto non determina stasi processuale – (Cass., VI, n. 8836/2020).

Giustizia riparativa

Con la riforma Cartabia è stato inserito (lett. d bis) “l'avviso all'imputato ed alla persona offesa della facoltà di accedere ai programmi della giustizia riparativa”, istituto di nuova introduzione che riguarda anche altri momenti di verifica giurisdizionale e che entrerà in vigore una volta creati gli organismi di riferimento.

Con il decreto legge n. 162/2022 – che ha, complessivamente, rinviato l'entrata in vigore della riforma Cartabia (decreto legislativo n. 150/2022) al 30/12/2022 – l'art. 92 ha posticipato di sei mesi l'efficacia delle norme sulla giustizia riparativa.

Data e sottoscrizione del giudice e dell'ausiliario

Entrambi i requisiti individuati dalla lett. g) dell'art. 429, comma 1,- data e sottoscrizione del giudice e dell'ausiliario -, non sono sanzionati a pena di nullità in quanto gli stessi sono evincibili dagli atti di svolgimento dell'udienza preliminare ragion per cui, ogni qualvolta se ne dovesse ravvisare la necessità, il giudice dibattimentale ha la possibilità di richiedere, d'ufficio, gli atti presenti nel fascicolo del pubblico ministero e provvedere ad ogni verifica.

Individuazione del giudice competente

Il requisito di cui alla lett. e) dell'art. 429 rimanda, implicitamente, all'art. 132 disp. att., il quale prevede i criteri di determinazione per l'individuazione del giudice competente.

Fatte salve le vocatio in ius dinanzi alle Corti d'Assise, che sono da ritenersi nell'ambito dei sistemi di assegnazione certamente residuali, e quelle per i reati di competenza distrettuale, destinate a celebrarsi presso le sedi del circondario, la disposizione ex art. 132 disp. att. appare, invero, anacronistica in quanto la designazione del giudice dibattimentale viene oramai svolta, soprattutto nelle grandi realtà metropolitane ovvero anche in quelle di media grandezza, a mezzo di sistemi informatici che predeterminano sezioni, collegi e giudici in base a precisi algoritmi destinati, astrattamente, ad una perequazione razionale del lavoro.

I casi tassativi di nullità del decreto che dispone il giudizio : requisiti sostanziali

Profili generali

A fianco dei requisiti formali il legislatore individua con nettezza quelli che, invece, in caso di loro omissione ovvero di rilevante imprecisione, sono sanzionati da nullità.

Nei casi in cui il giudice del dibattimento dovesse pronunciare la nullità del decreto che dispone il giudizio per uno dei requisiti fondamentali dell'art. 429 si determina la regressione del procedimento nuovamente dinanzi al giudice dell'udienza preliminare — (Laddove la pronuncia di nullità del giudice del dibattimento dovesse avere ad oggetto l'avviso di conclusione delle indagini preliminari il procedimento regredisce alla fase delle indagini preliminari e dovrà essere trasmesso all'ufficio del pubblico ministero).

In caso di regressione del procedimento alla fase dell'udienza preliminare i due fascicoli a suo tempo formati, quello del pubblico ministero e quello per il dibattimento, tornano nuovamente a riunirsi, salvo separarsi in caso di rinnovato decreto ex art. 429

Il giudice destinato a celebrare la “nuova” udienza preliminare deve essere necessariamente diverso da quello che si è pronunciato nella prima occasione essendo stata sancita dalla Corte Costituzionale la sua incompatibilità.

Imputazione

A differenza dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari (art. 415-bis, comma 2) in cui è contenuta la “sommaria enunciazione del fatto per il quale si procede, delle norme di legge che si assumono violate, della data e del luogo del fatto” nell'art. 429, comma 1, lett. c), il capo d'imputazione, nullo laddove mancante o insufficiente, deve essere formulato con “l'enunciazione, in forma chiara precisa, del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza, con l'indicazione dei relativi articoli di legge”.

La discrasia tra le due norme necessita di trovare ragguaglio nella adeguata specificità con cui l'imputazione deve essere formulata nel decreto che dispone il giudizio.

La giurisprudenza di legittimità ha sempre scrutinato con grande circospezione l'incertezza dell'imputazione affermando, in più circostanze, che è sufficiente che essa contenga i tratti essenziali del fatto di reato contestato in modo da consentire un adeguato contraddittorio ed il pieno esercizio del diritto di difesa con la conseguenza che la contestazione non prende in considerazione solo il capo d'imputazione in senso stretto bensì anche tutti gli atti che, inseriti nel fascicolo processuale, consentano all'imputato di conoscere l'addebito nella sua forma più ampia (Cass. II, n. 2741/2015).

La Sezione Feriale della Corte di Cassazione, con la sentenza Cass. fer., n. 38526/2018, ribalta l'orientamento da ultimo menzionato circoscrivendo la possibilità di invitare l'ufficio del pubblico ministero a provvedere alle integrazioni del capo d'imputazione generico o indeterminato alla sola udienza preliminare.

Si afferma, difatti, in tale pronuncia che, in sede dibattimentale, il giudice, laddove la difesa eccepisca la nullità del decreto che dispone il giudizio, per genericità o indeterminatezza della contestazione, non può “respingere l'eccezione invitando il pubblico ministero a precisare l'imputazione” bensì deve “dichiarare la nullità del decreto di citazione a giudizio...con restituzione degli atti….” a quell'ufficio.

In consapevole, e chiaro, contrasto, con il filone giurisprudenziale che estende anche alla fase dibattimentale la necessità per il giudice, prima di dichiarare la nullità della contestazione, di invitare l'ufficio del pubblico ministero alle correzioni/integrazioni necessarie, - tanto da dichiarare abnorme il provvedimento di regressione che non tenga conto di tale passaggio intermedio -, questa diversa impostazione confina tale potere-dovere di interlocuzione unicamente all'udienza preliminare in considerazione della “funzione peculiare” della stessa “rispetto al dibattimento” e della sua diversità strutturale: in tale fase v'è, difatti, una fluidità dell'imputazione “finalizzata da un lato, ad assicurare l'adeguamento dell'addebito a quanto emerge dagli atti, anche attraverso i meccanismi correttivi fisiologici, e, dall'altro, a condurre ad un'imputazione definitiva, “stabilizzata”, un addebito che si cristallizza solo con il decreto che dispone il giudizio, che fissa il thema decidendum in termini idonei a reggere l'urto della verifica preliminare di validità della fase introduttiva del dibattimento”, come del resto confermato dalla coerente previsione dell'art. 423 intitolato proprio alla espressa previsione, in tale frangente processuale, della modifica della stessa. 

Tale possibilità non è, invece, contemplata nella fase dibattimentale allorquando “si è di fronte ad una imputazione non più modificabile”, cristallizzata, in relazione alla quale va unicamente rilevata, e pronunciata, la nullità della vocatio in ius.

Appare, quindi, evidente il contrasto tra le due impostazioni giurisprudenziali e la necessità di un componimento dinanzi alle Sezioni Unite rispondendo esse a logiche argomentative del tutto contrapposte : una secondo cui l'imputazione è “liquida” solo in sede di udienza preliminare e, quindi, ivi correggibile a mezzo dell'interlocuzione con l'ufficio del pubblico ministero e solo in caso di inerzia da parte di quest'ultimo risolvibile con la restituzione degli atti (senza neanche la pronuncia della nullità) e l'altra che, in forza del fatto che con la vocatio in ius l'imputazione si è ormai cristallizzata, “obbliga” il giudice dibattimentale, – senza necessità di alcuna mediazione -, a dichiararne la nullità.

La mancata individuazione degli articoli di legge violati è irrilevante e non determina nullità purché non si traduca in una compressione dell'esercizio del diritto di difesa: occorre, difatti, avere quale punto di riferimento fondamentale la contestazione precisa e puntuale del fatto più che l'indicazione delle norme di legge violate (Cass., III, n. 5469/2013).

Attiene strettamente alla questione relativa alla qualificazione dell'imputazione quanto statuito dalla legge n. 33 del 12 aprile 2019 la quale, nel sancire il divieto di definire con il rito abbreviato tutti i delitti puniti con la pena dell'ergastolo (art. 438, 1° comma bis, c.p.p.), - per tutti i fatti commessi successivamente alla data di entrata in vigore della legge -, ha previsto che se il giudice, all'esito dell'udienza preliminare, “dà al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata nell'imputazione, tale da rendere ammissibile il giudizio abbreviato, il decreto che dispone il giudizio contiene l'avviso che l'imputato può chiedere il giudizio abbreviato entro quindici giorni dalla lettura del provvedimento o dalla sua notificazione” trovando applicazione, sul punto, “le disposizioni dell'art. 458” – (così, ora l'art. 429, comma 2 bis, c.p.p.).

La prima considerazione da svolgere è che non si comprende per quale ragione il legislatore non abbia anche provveduto a raccordare il contenuto dell'art. 456, comma 1, c.p.p. (decreto di giudizio immediato) nella parte in cui richiama l'applicabilità delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 429 c.p.p. e che ora risulta, invece, inspiegabilmente, monco del riferimento al comma 2 bis dell'art. 429 c.p.p.

Tale omissione parrebbe relegarsi a mera dimenticanza in ragione del fatto che sono, sul punto, espressamente richiamate le disposizioni dettate dall'art. 458 c.p.p., le quali riguardano proprio la trasformazione del giudizio immediato nel rito abbreviato, lasciando così intendere che anche al giudice per le indagini preliminari, investito da una richiesta di giudizio immediato per un delitto punibile con la pena dell'ergastolo, è concessa la medesima possibilità del giudice dell'udienza preliminare, e cioè quella di dare “al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata nell'imputazione”.

Una interpretazione diversa, – che neghi al giudice per le indagini preliminari investito da una richiesta di giudizio immediato per un reato punibile con la pena dell'ergastolo il suddetto potere di modifica dell'imputazione sulla base del fatto che in questa circostanza non v'è stato un contraddittorio in udienza –, condurrebbe ad una lettura incostituzionale della norma negando essa un accesso al rito premiale sulla base di una impostazione formalistica e poco attenta al principio di legalità obbligando, da un lato, il giudice a disporre il giudizio (immediato) per un'imputazione che ritiene non corretta e non potendo ritenersi, dall'altro, che nei casi di rigetto contemplati dall'art. 453 c.p.p. rientri anche quello di non condividere la qualificazione giuridica del fatto, così facendo indebitamente regredire il procedimento.

Calando tale novità legislativa nel potere di vocatio in ius del giudice dell'udienza preliminare (e del giudice per le indagini preliminari) ancora una volta non si è colta l'occasione per stabilire a mezzo di quale specifico provvedimento l'organo giudicante deve dirimere ogni valutazione sulla qualificazione giuridica del fatto : dall'assenza di ogni riferimento sul punto sembra confermarsi che la mera opzione per l'una o l'altra figura di reato (es: da omicidio aggravato a omicidio semplice) o la mera elisione di una specifica aggravante direttamente svolta nel decreto che dispone il giudizio (o nel decreto di giudizio immediato) sia idonea allo scopo sebbene, soprattutto allorquando la scelta è operata all'esito del contraddittorio tra le parti, sarebbe sempre preferibile, pur non essendovi obbligato, che il giudice motivi succintamente sul punto anche in considerazione del fatto che si tratta di provvedimento non impugnabile. Con la riforma Cartabia (a mezzo della modifica dell'art. 421, con il suo rimando all'art. 417, comma 1, lett. b) il lungo, e tormentato, iter giurisprudenziale avente ad oggetto i vizi dell'imputazione e gli strumenti idonei atti a rimuoverli ha posto un punto fermo riconoscendo, pienamente, sia il potere di intervento del giudice dell'udienza preliminare – che può invitare il pubblico ministero d'udienza alle modifiche necessarie – e sia quello di sanzionare eventuali inottemperanze – con la dichiarazione di nullità della richiesta di rinvio a giudizio e la restituzione degli atti all'ufficio inquirente.

Quel che è certo è che una volta modificata l'imputazione il giudice, nel formare il decreto che dispone il giudizio, deve darne espressamente conto (art. 429, comma 1, lett. c), c.p.p.) provvedendo nei confronti dell'imputato anche a dargli avviso (nelle forme immediate della lettura, ove presente in udienza, ovvero in quelle della notificazione, in caso di assenza) di potere accedere – entro il termine di decadenza dei quindici giorni - al rito abbreviato, così innestando la trasformazione dinanzi a se stesso della definizione richiesta (art. 458, comma 2, c.p.p. : - “Il giudice fissa con decreto l'udienza in camera di consiglio………”).

Indicazione del luogo, del giorno e dell'ora della comparizione

La vocatio in ius necessita di certezze riguardo al luogo, al giorno ed all'ora in cui si svolgerà il processo tant'è che la modifica della lett. f) – operata con la riforma Cartabia – è stata svolta in coerenza con le modifiche intervenute in merito allo status dell'assenza dell'imputato, per il quale la notifica viene regolamentata a mezzo della (nuova) norma generale di cui all'art. 157 ter.

Con il decreto legislativo n. 203 del 7 dicembre 2023 è stato introdotto, – tra i requisiti formali del decreto che dispone il giudizio (art. 429, comma 1, lett. f) –, l'avvertimento all'imputato “che potranno essere disposte, ove ne ricorrono le condizioni, le sanzioni e le misure, anche di confisca, previste dalle legge in relazione al reato per cui si procede”.

A tale innovazione si è provveduto, parallelamente, all'integrazione dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare ex art. 419, comma 1, cod. proc. pen. da notificare alle Parti interessate alla celebrazione della stessa - (Appare, quantomeno anomalo, che non si sia provveduto ad integrare, nei medesimi sensi, l'altra forma di vocatio in ius, quale il decreto di giudizio immediato).

Tale adeguamento si è reso necessario, ad uso interno, alla luce della ratifica delle disposizioni del regolamento UE in materia di provvedimenti di congelamento e di confisca dei beni in termini di reciproco riconoscimento delle normative nazionali in tali materie “indipendentemente dagli elementi costitutivi o dalla qualifica ad essi attribuita nell'ordinamento giuridico dello Stato di emissione

Le citazioni in giudizio – a prescindere dal momento processuale dalle quali derivano – necessitano di una certezza riguardo alla conoscenza del procedimento da parte dell'imputato, certezza che viene rigorosamente scandita e che trova nella sentenza di non doversi procedere per assenza impediente uno dei fondamentali momenti di verifica.

L'incertezza sul giorno della comparizione comporta la nullità del decreto (sia esso emesso all'esito dell'udienza preliminare ex art. 429 sia esso quello di citazione nel giudizio di appello ex art. 601, comma 6) in quanto si tratta di una nullità di ordine generale ed assoluta compresa tra quelle che riguardano il diritto di difesa dell'imputato ex artt. 178, lett. c), 179, comma 1 (Cass. III, n. 26507/2015).

Traduzione del decreto che dispone il giudizio

Il decreto che dispone il giudizio, — ma, prim'ancora, l'avviso di conclusione delle indagini e gli atti di fissazione dell'udienza preliminare nei casi in cui la non conoscenza della lingua italiana da parte dell'imputato sia stata accertata sin da quei momenti processuali —, va tradotto all'imputato straniero.

L'omessa traduzione della richiesta di rinvio a giudizio e degli atti introduttivi dell'udienza preliminare nei confronti dell'imputato che non conosce la lingua italiana comporta una nullità di ordine generale di tipo intermedio che, in caso di comparizione dell'interessato e di non tempestiva deduzione, è sanata ex art. 182 (Cass. III, n. 37364/2015).

Nullità del decreto che dispone il giudizio e cautela

Nei casi in cui viene pronunciata la dichiarazione di nullità del decreto che dispone il giudizio, — per una delle situazioni individuate dall'art. 429 —, qualora il procedimento abbia ad oggetto un imputato sottoposto a custodia cautelare i termini di fase, in forza del disposto di cui all'art. 303, comma 2, decorrono nuovamente, fatto salvo il doppio del termine di fase di cui all'art. 304, comma 6.

L'intervallo temporale tra il rinvio a giudizio e la data di celebrazione dibattimentale

Profili generali

I termini dettati dai commi 3 e 3-bis dell'art. 429, — quest'ultimo recentemente interpolato per il delitto di cui all'art. 589-bis c.p. (c.d. omicidio stradale) —, sono di natura ordinatoria.

Termine minimo e massimo

In nessun caso tra la pronuncia del decreto che dispone il giudizio e la data dibattimentale può intercorrere un termine inferiore ai venti giorni in quanto, nel caso di assenza delle parti alla lettura dello stesso, la notifica deve essere svolta nei confronti del soggetto interessato con il rispetto del medesimo spazio temporale.

Per alcuni reati, — delitti ex artt. 589 e 589-bis c.p. —, oltre al termine minimo dei venti giorni è stabilito anche un termine massimo della prima comparizione, termine che non può mai essere superiore ai sessanta giorni.

Fermo restando la natura ordinatoria di tali termini e la valenza solo disciplinare della loro eventuale violazione (art. 124), gli intervalli temporali stabiliti dal legislatore, oltre a legittimare il fatto che per tutti i reati diversi dagli artt. 589 e 589-bis c.p. non vi è un termine massimo, appaiono solo di facciata in quanto, allo stato, in molte sedi giudiziarie, essi non possono essere rispettati, se non in modo inutilmente formale.

La violazione del termine a comparire previsto dall'art. 429, comma 4, conseguente alla intempestiva notifica del decreto di rinvio a giudizio determina una nullità di ordine generale a regime intermedio che deve essere eccepita, a termine di decadenza, nei termini di cui agli artt. 180 e 182 - (Cass., V, n. 44109/2019).

La notifica del decreto che dispone il giudizio agli assenti

Profili generali

Con la riforma Cartabia l'intero comma 4 dell'art. 429 cod. proc. pen. è stato cassato in seguito alla introduzione della nuova disciplina dell'assenza.

In tal modo si è sancito che, all'esito dell'udienza preliminare, il decreto che dispone il giudizio non andrà più notificato alle parti dichiarate assenti.

Parti assenti

Per parti assenti vanno individuati solo l'imputato e la persona offesa nei casi in cui, sia pure regolarmente citati, erano assenti all'udienza preliminare.

L'imputato è da considerarsi assente, – soprattutto nel caso di svolgimento dell'udienza preliminare in più occasioni –, anche nel caso in cui pur presente ad una delle udienze sia assente in quella definitoria, così come può accadere nella prassi il contrario, e cioè che assente allo svolgimento dell'udienza, ovvero ad una delle udienze in cui il procedimento si è snodato, sia presente (e di ciò deve darsi atto a verbale) nell'ultima, nel qual caso la lettura del provvedimento ex art. 429 in sua presenza equivale a notifica. Con la riforma Cartabia è da considerarsi presente (art. 420, 2 ter) anche l'imputato “che ha richiesto per iscritto, nel rispetto delle forme di legge, di essere ammesso ad un procedimento speciale o che è rappresentato in udienza da un procuratore speciale nominato per la richiesta di un procedimento speciale”.

Per quanto riguarda la persona offesa laddove rappresentata dal difensore, – e quest'ultimo sia stato presente alla lettura della decisione –, essa non avrà diritto ad alcuna notifica, mentre l'assenza del difensore non determinerà più la la notifica allo stesso ex art. 33 disp. att.

Compiutezza delle notifiche

Una volta terminata l’udienza preliminare, ed una volta formato il fascicolo per il dibattimento, il giudice dispone la trasmissione dei fascicoli agli organi competenti.

Relativamente a tale attività occorre precisare che il giudice dell’udienza preliminare, essendo obbligato alla trasmissione immediata, non dovrà più, in seguto alla riforma Cartabia, a mezzo della propria cancelleria, attendere la compiutezza delle notifiche, atteso che tale dato processuale trova compimento con la costituzione delle parti.

Contumace

Con la riforma della l. n. 67/2014 l'istituto della contumacia è stato del tutto cassato dall'udienza preliminare.

Se il legislatore si era dimenticato di coordinare l'art. 439, comma 4, con l'abrogazione del regime della contumacia con la riforma Cartabia si è posto rimedio a tale difetto.

Casistica

Il decreto che dispone il giudizio non è autonomamente impugnabile ed eventuali censure possono essere fatte valere nella successiva fase dibattimentale (Cass. V, n. 29492/2018).

Il giudice per l'udienza preliminare che erroneamente omette di trascrivere nel decreto di rinvio a giudizio alcune delle condotte descritte nella richiesta formulata dal pubblico ministero può procedere alla correzione dell'errore materiale ai sensi dell'art. 130 (Cass. VI, n. 29912/2018).

Non è abnorme la decisione con la quale il giudice del dibattimento dichiari la nullità del decreto che dispone il giudizio per nullità della notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare, e degli atti conseguenti, pur se erronea o illegittima, in quanto emessa nell'ambito dei poteri concessi allo stesso dall'ordinamento e che non comportano la stasi del procedimento: di conseguenza, la stessa non può essere fatta oggetto di un conflitto di competenza da parte del giudice dell'udienza preliminare trovando applicazione il disposto di cui all'art. 28, comma 2, secondo cui “in caso di contrasto fra giudice dell'udienza preliminare e giudice del dibattimento prevale la decisione di quest'ultimo” – (Cass. I, n. 14981/2019).

In seguito all'entrata in vigore della nuova disciplina integrale della cd. confisca allargata (d.lgs. n. 21/2018), – che ha codificato l'entrata in vigore degli artt. 240-bis c.p., art. 578-bis e art. 104-bis disp. att. c.p.p. –, è stato statuito che, a tutela degli interessi di cui sono portatori, “nel processo di cognizione devono essere citati i terzi titolari dei diritti reali o personali di godimento sui beni in sequestro di cui l'imputato risulti avere la disponibilità a qualsiasi titolo” (comma 1-quinquies dell'art. 104-bis cit.) con la conseguenza che già in sede di formulazione della richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero (art. 416) essi dovrebbero essere indicati e così, di seguito, (avvisati) per la fissazione dell'udienza preliminare (art. 418) e per il decreto che dispone il giudizio (art. 429). Ciò comporta che per i procedimenti anteriormente vigenti all'entrata in vigore del d.lgs. n. 21/2018 (maggio 2018) “l'assenza di qualsiasi disposizione transitoria [...] impedisce che nel giudizio di appello e di cassazione in corso di svolgimento [...] debbano essere citati soggetti che non abbiano partecipato al giudizio di primo grado” – (Cass., II, n. 45105/2019).  

Bibliografia

Aprile - Saso, L'udienza preliminare, Milano, 2005; Cassibba, L'udienza preliminare, Milano, 2007; DE Robbio, L'udienza preliminare, Milano, 2013.

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