Codice di Procedura Penale art. 454 - Presentazione della richiesta del pubblico ministero.

Andrea Pellegrino

Presentazione della richiesta del pubblico ministero.

1. Entro novanta giorni [258 2 trans.] dalla iscrizione della notizia di reato nel registro previsto dall'articolo 335, il pubblico ministero trasmette la richiesta di giudizio immediato [453] alla cancelleria del giudice per le indagini preliminari [328].

2. Con la richiesta è trasmesso il fascicolo [139 att.] contenente la notizia di reato [330 s.], la documentazione relativa alle indagini espletate [357, 373] e i verbali degli atti compiuti davanti al giudice per le indagini preliminari [294, 391]. Il corpo del reato e le cose pertinenti al reato, sono allegati al fascicolo, qualora non debbano essere custoditi altrove [373 5, 416 2].

2-bis. Qualora non abbia proceduto ai sensi dell'articolo 268, commi 4, 5 e 6, con la richiesta il pubblico ministero deposita l'elenco delle intercettazioni di comunicazioni o conversazioni o dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche rilevanti ai fini di prova. Entro quindici giorni dalla notifica prevista dall'articolo 456, comma 4, il difensore può depositare l'elenco delle ulteriori registrazioni ritenute rilevanti e di cui chiede copia. Sull'istanza provvede il pubblico ministero con decreto motivato. In caso di rigetto dell'istanza o di contestazioni sulle indicazioni relative alle registrazioni ritenute rilevanti il difensore può avanzare al giudice istanza affinché si proceda nelle forme di cui all'articolo 268, comma 6. Il termine di cui al presente comma può essere prorogato di dieci giorni su richiesta del difensore1.

[1]  L'art. 2, comma 1 lett. o), d.l. 30 dicembre 2019, n. 161, conv. con modif. in l. 28 febbraio 2020, n. 7, ha aggiunto il comma 2-bis. A norma dell'art. 2, comma 8, d.l. n. 161, cit., conv. con modif. in l. 28 febbraio 2020, n. 7, come modificato dall'art. 1, comma 2, d.l. 30 aprile 2020, n. 28, conv., con modif., in l. 25 giugno 2020, n. 70, ​ le disposizioni del citato articolo si applicano « ai procedimenti penali iscritti successivamente al 31 agosto 2020, ad eccezione delle disposizioni di cui al comma 6 che sono di immediata applicazione.».

Inquadramento

La ratio dell'art. 454 è l'astratta valutazione di incompatibilità operata dal legislatore tra indagini preliminari protratte per più tempo — e, quindi, presumibilmente complesse — e sussistenza dell'evidenza probatoria richiesta per il rito in questione.

Termine per la presentazione della richiesta del P.m.

Ulteriore presupposto per la instaurazione del giudizio immediato è che il P.m. pervenga alla richiesta del rito alternativo entro novanta giorni dalla iscrizione della notizia di reato nel registro previsto dall'art. 335.

Tuttavia, la previsione di tale ulteriore presupposto non sembra limitarsi ad una mera volontà legislativa di soluzione della vicenda processuale in tempi brevi, ma è espressione, in un'analisi sistematica ad ampio raggio, di un parametro oggettivo di valutazione della evidenza della prova, tale da far ritenere superflua una attività di indagine complessa in assenza di un quadro probatorio controverso. Nel caso in cui le indagini dovessero, invece, travalicare tale limite temporale oggettivo, si porrebbe una «sorta di presunzione di non evidenza della prova», tale da escludere la compatibilità con la opzione alternativa di tutte quelle investigazioni che non si prestino ad essere concluse entro il termine stabilito dal legislatore all'art. 454, comma 1.

In tal senso, anche il presupposto del limite temporale, presenta profili di connessione con quello della evidenza probatoria, contribuendo a fornire un ulteriore elemento di riempimento di tale indefinito concetto, tracciandone, in particolare, una linea di confine: la valutazione di evidenza probatoria potrà riguardare solo una indagine completata nel ristretto termine temporale dei novanta giorni, che rappresenta il dato oggettivo e non discrezionale della stessa.

Tuttavia, affinché il presupposto in esame conservi la sua natura oggettiva, è necessario che il computo dello stesso sia ancorato alla contestuale certezza del dies a quo, al fine di non esporlo a manipolazioni tali da vanificare la tassatività dei tempi voluta dal legislatore, introducendo dilatazioni solo apparentemente legittime.

L'operazione che maggiormente consente il verificarsi di tale rischio è, appunto, quella relativa ad uno spostamento cronologico in avanti del momento della iscrizione nel registro ex art. 335, individuando tale momento non nella iscrizione genetica della notitia criminis, ma in quello della iscrizione del nominativo dell'indagato.

L’annoso contrasto interpretativo sul se e in che termini sia rilevabile l’inosservanza dei termini di novanta e centottanta giorni, previsti, rispettivamente, per la richiesta di giudizio immediato “ordinario” e per quello “custodiale”, è stato risolto dalle Sezioni Unite (Cass. S.U., n.42979/2014: da ultimo, v. Cass. S.U., n. 12778/2020), che hanno affermato i seguenti principi:

-l'inosservanza dei termini di novanta e centottanta giorni, assegnati al P.m. per la richiesta, rispettivamente, di giudizio immediato ordinario e cautelare, è rilevabile dal G.i.p. (in motivazione si è precisato che il rispetto dei termini per la formulazione della richiesta costituisce un presupposto di ammissibilità del rito, in virtù del nesso che lega, in tale tipo di giudizio, la non particolare complessità delle indagini, l'evidenza della prova o lo stato detentivo dell'accusato, e le peculiari esigenze di celerità e di risparmio di risorse processuali che ispirano l'istituto);

-la decisione con la quale il G.i.p. dispone il giudizio immediato non può essere oggetto di ulteriore sindacato, salvo il vizio derivante dall’omesso interrogatorio dell’accusato prima della formulazione della richiesta di giudizio immediato che è rilevabile dal giudice del dibattimento in quanto violazione di una norma procedimentale concernente l’intervento dell’imputato, sanzionata di nullità a norma dell’art. 178, comma 1, lett. c) e dell’art. 180 e non in quanto carenza di un presupposto del rito.

Nonostante la chiarezza del legislatore nella indicazione della coincidenza del dies a quo del termine con il momento genetico del procedimento che impone alla durata delle indagini nel rito immediato un carattere oggettivo, la giurisprudenza si è orientata per una interpretazione diversa e volta ad una dilatazione dei tempi caratterizzanti il rito speciale, spostando, di fatto, la decorrenza del termine di novanta giorni al momento della iscrizione del nominativo della persona alla quale il reato è attribuito (Cass. III, n. 19665/2018, nella quale è stato escluso che si possa compiere alcun sindacato sulla sua decorrenza, pur potendo l’eventuale tardiva iscrizione dar luogo a responsabilità disciplinare del P.m.).

In sostanza, la tassatività del termine riguarderebbe soltanto il completamento delle indagini sulle quali si fonda il giudizio di evidenza della prova, e non anche i tempi di avanzamento della richiesta di giudizio immediato da parte del P.m., rispetto alla quale il termine manterrebbe natura meramente ordinatoria: termine che, in ipotesi di plurimi imputati iscritti in tempi diversi, decorrerà in modo autonomo per ciascuno di essi (Cass. II, n. 33836/2006).

Da tale duplice natura del termine consegue la legittimità della richiesta di rito immediato presentata ben oltre la decorrenza dei novanta giorni, a condizione che entro tale termine il P.m. abbia completato le indagini e formulato il giudizio di valutazione di evidenza della prova anche per il tramite delle contestazioni all'indagato a mezzo dell'interrogatorio o dell'invito a renderlo. Tali precisazioni, tuttavia, sono sufficienti solo in parte a mitigare il forte impatto della interpretazione giurisprudenziale illustrata sullo spirito del rito, in quanto rende concreto il rischio di tempi lunghi e di incerta durata e considerato che è stato dal legislatore previsto il sacrificio e l'elusione di garanzie difensive solo in nome di una effettiva accelerazione dei tempi processuali.

Nel caso di una richiesta oltre i novanta giorni in cui, tuttavia, il completamento del procedimento di valutazione e contestazione della evidenza probatoria sia stato completato, l'istanza di giudizio immediato potrà considerarsi, al massimo, affetta da una mera irregolarità priva di sanzione e di effetti sulla decisione di ammissibilità da parte del giudice.

Nel caso, invece, di un ritardo che riguardi anche il completamento delle indagini a sostegno della evidenza della prova, si concretizzerà una nullità ex art. 178, comma 1, lett. c), avendo il ritardo inciso sul diritto di intervento dell'imputato che, tramite la richiesta in violazione del requisito temporale, è privato delle garanzie difensive connesse all'avviso di cui all'art. 415-bis e all'udienza preliminare.

Trasmissione del fascicolo

L'art. 454, comma 2 prescrive che, unitamente alla richiesta di giudizio immediato, sia trasmesso il fascicolo contenente la notizia di reato, gli atti delle indagini espletate e quelli eventualmente assunti dinanzi al G.i.p.

Il dovere di mettere a disposizione del giudice l'intero fascicolo processuale, ostandovi il principio di tassatività delle nullità, non consente al P.m. selezioni di sorta, sebbene non sia prevista alcuna sanzione processuale nelle ipotesi di deposito tardivo o incompleto del fascicolo (Cass. III, n. 36631/2017) ma solo la restituzione in termini per l'indagato in relazione alla possibilità di richiedere i riti premiali.

Le modifiche introdotte dal D.L. 30 dicembre 2019, n. 161 e dal D.L. 30 aprile 2020, n. 28

 

All'art. 1 del D.l. n. 161/2019, conv. con modif. in L. n. 7/2020 si stabiliva che il termine di entrata in vigore della riforma in tema di intercettazioni di conversazioni e di comunicazioni introdotta con D.Lgs. 29 dicembre 2017, n. 216 (cd. Riforma delle intercettazioni) venisse prorogato al 30 aprile 2020, con conseguente applicazione delle nuove disposizioni in tema di intercettazioni per tutti i procedimenti relativi a notizie di reato iscritte nel registro ex art. 335 a partire dal 1° maggio 2020, rimanendo invece ancorati alla disciplina ante-riforma i procedimenti iscritti anteriormente alla suddetta data.

Il D.l. 30 aprile 2020, n. 28, rubricato “Misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazione di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l’introduzione del sistema di allerta Covid-19”,  convertito, con modificazioni, in L. n. 70 del 25 giugno 2020, ha ulteriormente prorogato l’applicazione delle disposizioni del D.Lgs. n. 216/2017, stabilendo che la nuova disciplina in materia di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni si applichi ai procedimenti penali iscritti dopo il 31 agosto 2020, ad eccezione delle disposizioni di cui all’art. 2, comma 6 D.l. n. 161/2019 che sono di immediata applicazione.

Si evidenzia in breve che, la nuova disciplina in tema di intercettazioni di conversazioni o di comunicazioni preveda tre differenti, e alternative fra loro, disposizioni dirette a consentire al difensore dell'imputato (rectius, indagato) di esaminare gli atti, ascoltare le registrazioni ovvero prendere cognizione dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche. Il primo meccanismo di discovery degli atti di intercettazione è previsto all'art. 268 comma 6 laddove si introduce l'obbligo in capo al P.m. di depositare presso l'archivio digitalizzato di cui all'art. 269  gli atti relativi alle intercettazioni e di darne avviso ai « difensori dell'imputato », salvo il possibile differimento del deposito, non oltre la chiusura delle indagini preliminari, in caso di « grave pregiudizio per le indagini »; tale avviso autorizza il difensore dell'indagato a esaminare gli atti, ascoltare le registrazioni ovvero prendere cognizione dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche entro il termine fissato dal P.m. che ha disposto le intercettazioni (o prorogato dal giudice su richiesta del difensore) . Il primo periodo dell'art. 268, comma 6, appare simile a quanto già previsto dal legislatore del 1988: viene dunque riproposto dalla riforma il vulnus normativo circa la facoltà del difensore di estrarre copia degli atti visionati, ponendo così l'accusa in netto vantaggio rispetto alla posizione dell'indagato. Dal disposto normativo si ricava che il difensore avrebbe la legittimazione ad estrarre copia degli atti investigativi relativi alle intercettazioni solo a seguito della trascrizione (art. 268 comma 8) o dell'acquisizione (art. 89-bis comma 4 disp. att.). Tale compressione del diritto di difesa assume particolare rilevanza in relazione alla facoltà delle parti di indicare al giudice le conversazioni e/o i flussi di comunicazioni informatiche/telematiche da acquisire (art. 268 comma 6); non si comprende, peraltro, quale sia la ratio sottesa alla mancata previsione della facoltà del difensore dell'indagato di poter estrarre copia del materiale intercettativo a cui consegue necessariamente uno svantaggio giuridico ed ingiustificato per l'indagato, impedito della possibilità di una preliminare analisi completa di quanto raccolto dall'accusa. L'art. 268 comma 6 prima parte presenta però una differenza sostanziale rispetto a quanto previsto ante-riforma: il legislatore del 2019 ha inspiegabilmente ridotto i soggetti a cui è destinato l'avviso di deposito degli atti, con contestuale facoltà di prenderne cognizione per via telematica; infatti, sebbene il “vecchio” art. 268 si esprimesse in termini di « difensori delle parti »,  dalla novella legislativa si evince espressamente che i soli « difensori dell'imputato » sono i destinatari del summenzionato avviso. In conseguenza di ciò e dal combinato disposto degli artt. 268 comma 8 e 89-bis disp. att. così come novellati con il d.l. n. 161/2019, si deduce che i difensori delle “parti” (dunque non solo i «difensori dell'imputato») sono autorizzati ad accedere all'archivio digitale delle intercettazioni solo quando queste ultime siano già state trascritte o acquisite. La seconda disposizione che si occupa di disciplinare il primo contatto della difesa con gli atti delle intercettazioni è contenuta nel comma 2-bis dell'art. 415-bis; secondo detta disposizione infatti, qualora non si sia proceduto ai sensi dell'art. 268 commi 4, 5 e 6, l'avviso di conclusione delle indagini per reati iscritti a partire dal 1 maggio 2020 (ora dal 1 settembre 2020) dovrà contenere l'avvertimento che l'indagato e il suo difensore avranno la facoltà di esaminare per via telematica gli atti depositati presso l'archivio delle intercettazioni ed estrarre copia delle registrazioni o dei flussi indicati come rilevanti dal P.m.. Entro venti giorni dalla notifica dell'avviso di cui all'art. 415-bis, il difensore potrà inoltre depositare l'elenco di ulteriori registrazioni ritenute rilevanti al dominus delle indagini, e, qualora il P.m. dovesse rigettare tale istanza, il difensore sarà legittimato a richiedere al giudice di procedere nelle forme di cui all'art. 268 comma 6. Il legislatore del 2019 si è altresì premurato - per quanto qui d'interesse - di disciplinare la discovery degli atti di intercettazione anche nel caso di giudizio immediato: all'art. 454 è stato infatti introdotto il comma 2-bis che prevede l'obbligo in capo al P.m. di depositare l'elenco delle intercettazioni di comunicazioni o conversazioni dei flussi unitamente alla richiesta di giudizio immediato nel caso in cui non abbia proceduto ai sensi dell'art. 268 commi 4, 5 e 6. Tale disposizione prevede le stesse facoltà garantite al difensore previste dall'art. 415-bis comma 2-bis con la differenza di una notevole compressione dei termini: in questo caso, infatti, il difensore potrà depositare l'elenco di ulteriori registrazioni ritenute rilevanti non già nel termine di venti giorni, bensì in quello più limitato di 15 giorni, termine che, su richiesta del difensore, potrà essere prorogato di dieci giorni. Anche in questo caso, il titolare legittimato a decidere sull'istanza del difensore risulta essere il P.m., e solo in caso di rigetto potrà essere adito dalla difesa il giudice, affinché si proceda nelle forme di cui all'art. 268 commi 6. Appare evidente che, sebbene non espressamente previsto dalla norma, la richiesta di procedersi nelle forme del giudizio immediato faccia sorgere in capo al difensore la facoltà di esaminare per via telematica gli atti relativi alle intercettazioni, presupposto indispensabile affinché la difesa possa eventualmente depositare l'istanza di acquisizione di nuove e ulteriori intercettazioni.

Casistica

L'instaurazione del giudizio immediato per reati per i quali l'esercizio dell'azione penale deve avvenire con citazione diretta integra una ipotesi di nullità assoluta, in quanto, oltre a precludere all'imputato il diritto a ricevere la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini ex art. 415-bis, determina un indebito mutamento del giudice naturale all'esito del giudizio abbreviato (Cass. IV, n. 3805/2015).

La competenza a provvedere sulla richiesta del P.m. di emissione del decreto che dispone il giudizio immediato per un reato rispetto al quale è prevista la citazione diretta appartiene al G.i.p. (Cass. I, n. 31927/2023; Cass. I, n. 49273/2023).

Bibliografia

Dalia, Giudizio immediato, in I procedimenti speciali, Napoli, 1989; Dean, Sul rispetto del termine per l'instaurazione del giudizio immediato, in Giur. it. 1992, II, 523; Marandola, Violazione del termine di 90 giorni per il rito immediato e nullità del decreto di rinvio a giudizio, in Dir. pen. e proc. 2002, 1013; Ramajoli, I procedimenti speciali nel codice di procedura penale, Padova, 1996; Rivello, Il giudizio immediato, Padova, 1993.

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