Codice di Procedura Penale art. 455 - Decisione sulla richiesta di giudizio immediato.

Andrea Pellegrino

Decisione sulla richiesta di giudizio immediato.

1. Il giudice, entro cinque giorni, emette decreto con il quale dispone il giudizio immediato [456] ovvero rigetta la richiesta ordinando la trasmissione degli atti al pubblico ministero.

1-bis. Nei casi di cui all'articolo 453, comma 1-bis, il giudice rigetta la richiesta se l'ordinanza che dispone la custodia cautelare è stata revocata o annullata per sopravvenuta insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza (1).

(1) Comma inserito dall'art. 2 d.l. 23 maggio 2008, n. 92, conv., con modif., dalla legge 24 luglio 2008, n. 125.

Inquadramento

Il controllo sull'ammissibilità del rito si svolge senza le formalità che caratterizzano i procedimenti camerali, in un'udienza priva di contraddittorio reale ed immediato. La mancanza di uno dei presupposti determina l'inammissibilità della domanda e l'obbligo della trasmissione degli atti al P.m.

Il controllo giurisdizionale sulla scelta del rito immediato

Nel giudizio immediato tipico il P.m. richiedente sottopone la propria richiesta al vaglio preliminare del G.i.p. alla cui cancelleria vanno trasmessi, entro il termine di legge la richiesta, il fascicolo processuale contenente la notizia di reato e tutti gli atti di indagine nonché i verbali relativi ad attività eventualmente compiute dinanzi al giudice per le indagini preliminari.

Il passaggio al momento successivo del controllo giurisdizionale è caratterizzato dalla previsione di un termine di cinque giorni, sebbene di natura ordinatoria non essendo prevista alcuna conseguenza processuale per la sua inosservanza (Cass. VI, n. 10932/1992), di eccessiva esiguità, entro il quale il giudice dovrà decidere se accogliere la richiesta, emettendo il relativo decreto, o rigettarla, ritrasmettendo gli atti al P.m. perché proceda nelle forme del giudizio ordinario.

Va preliminarmente evidenziato come la decisione con la quale il G.i.p. dispone il giudizio immediato non possa essere oggetto di ulteriore sindacato (Cass. S.U., n. 42979/2014, nella quale la S.C. ha osservato che il provvedimento adottato dal G.i.p. chiude una fase di carattere endoprocessuale priva di conseguenze rilevanti sui diritti di difesa dell'imputato, salva l'ipotesi in cui il giudice del dibattimento rilevi che la richiesta del rito non è stata preceduta da un valido interrogatorio o dall'invito a presentarsi, integrandosi in tal caso la violazione di una norma procedimentale concernente l'intervento dell'imputato, sanzionata di nullità a norma degli artt. 178, comma 1, lett. c) e 180). E, in ogni caso, il decreto che dispone il giudizio immediato non è impugnabile, avendo — come il decreto che dispone il giudizio, ai sensi dell'art. 429 — natura di mero atto di impulso processuale (Cass. VI, n. 51216/2014).

Il controllo giurisdizionale riveste una forma semplificata ed investe, preliminarmente, la verifica della propria competenza, e, successivamente, quella della sussistenza dei presupposti per la legittima instaurazione del rito alternativo richiesto dal P.m., sia riguardo ai requisiti, formali e sostanziali sia riguardo al rispetto dei termini.

Caratteristica di tale controllo è quella di avere ad oggetto una prospettazione assolutamente unilaterale della vicenda processuale senza l'ausilio del contraddittorio, finalizzata a decidere sulla alternativa tra emissione del decreto e restituzione degli atti al P.m.

Per quanto concerne il controllo sul giudizio di evidenza probatoria, raggiunta nei tempi e nei modi indicati dal legislatore, il giudice dovrà verificare, analogamente a quanto accade nella udienza preliminare, la sussistenza di quei requisiti di completezza e concludenza delle indagini e la loro conseguente idoneità a sostenere l'accusa in giudizio, con il limite di non poter ordinare al P.m. di compiere attività investigativa integrativa né disporla d'ufficio.

Per quanto concerne, invece, il controllo del giudice sul requisito in negativo del «grave pregiudizio per le indagini», occorre distinguere l'ipotesi in cui tale controllo verta sulla sola ipotesi di reato per la quale è stato richiesto di procedere con giudizio immediato, ipotesi in cui tale giudizio resta semplicemente assorbito in quello stesso di evidenza probatoria, da quella, più complessa, in cui la richiesta di rito alternativo riguardi una soltanto di più ipotesi di un procedimento cumulativo, di più procedimenti connessi o di procedimenti collegati.

Deve ritenersi senz'altro rientrante nei poteri di controllo del giudice la valutazione sulla sussistenza del vincolo della connessione e del collegamento, nonché la valutazione dell'eventuale vulnus che potrebbe derivare alle investigazioni dalla richiesta di procedere con il rito alternativo.

La questione è tuttavia relativa, essendo tale potere di controllo del giudice subordinato alla circostanza che, in concreto, l'inquirente palesi, in sede di richiesta del rito alternativo, l'esistenza di procedimenti connessi o collegati, lo stato delle relative indagini e le ragioni per le quali sia inesistente il rischio del grave pregiudizio alle stesse.

In merito, quindi, il G.i.p. potrà, nel caso in cui il P.m. ne palesi ed illustri la prospettiva, riscontrare un concreto rischio che lo stralcio finalizzato a procedere con il rito alternativo solo per alcune posizioni danneggi le investigazioni e, di conseguenza, rigettare la richiesta del P.m.; al contrario, lo stesso non potrà in alcun caso disporre la riunione dei vari procedimenti, sebbene ravvisi tra questi vincoli di connessione, dovendo la sua pronuncia limitarsi alla imputazione formulata dal P.m.

All'esito della suddetta attività di controllo, nei limiti e con le modalità accennate, il G.i.p. potrà, pertanto, accogliere o rigettare la richiesta.

Nel caso in cui il G.i.p. decida per l'accoglimento della stessa, emetterà decreto di giudizio immediato. L'accoglimento della richiesta dell'organo di accusa e di contestuale emissione del decreto di giudizio immediato, segna il primo momento di intervento nella vicenda processuale da parte dell'imputato che, mediante la notifica di detto decreto, verrà posto a conoscenza della avvenuta mutazione genetica del rito.

In base all'art. 456, al decreto di giudizio immediato si applicano le disposizioni di cui al comma 1 e 2 dell'art. 429, e lo stesso deve essere comunicato al P.m. e notificato all'imputato ed alla persona offesa almeno trenta giorni prima della data fissata per il giudizio.

Esso, inoltre, deve contenere l'avviso che l'imputato può chiedere il giudizio abbreviato o l'applicazione della pena e la mancanza o l'insufficienza di tale avviso comporterà la nullità del decreto stesso, ex art. 178, comma 1, lett. c) (Corte cost. n. 108/2004).

L'instaurazione del giudizio immediato per reati per i quali l'esercizio dell'azione penale deve avvenire con citazione diretta, determina una nullità di ordine generale a regime intermedio ai sensi dell'art. 178, comma 1, lett. c) e 180, che trova la sua ragione nella violazione del diritto di difesa conseguente alla mancata ricezione dell'avviso di conclusione delle indagini ex art. 415-bis , con la conseguenza che, ove tale avviso sia stato, comunque, notificato all'interessato detta nullità si sana, rimanendo la comminatoria della suddetta sanzione priva di difettando, in assenza di un concreto “vulnus” alle prerogative della difesa (Cass. I, n. 41930/2016).

Nel caso in cui, invece, il giudice rilevi la mancanza di uno dei presupposti per l'instaurazione del giudizio immediato, rigetterà la richiesta e restituirà gli atti al P.m..

Al riguardo, occorre analizzare la questione, di particolare interesse, riguardante l'ampiezza e, di conseguenza, i limiti di tale potere, in quanto la struttura normativa del giudizio immediato prevede che, eventuali anomalie processuali, debbano essere rilevate proprio nella fase deputata alla valutazione da parte del giudice della legittimità della richiesta avanzata dall'organo di accusa.

Tale controllo assume notevole rilevanza in quanto esso sancisce, nel caso di esito positivo, la legittimità del sacrificio delle prerogative della difesa, rappresentate dalla privazione dell'avviso di cui all'art. 415-bis e dell'udienza preliminare, e determina l'approdo diretto alla fase dibattimentale.

Eventuali errori del giudice nella valutazione della sussistenza dei presupposti per l'instaurazione del giudizio e relative illegittime compressioni del diritto di difesa, infatti, si ripercuoterebbero direttamente sulla fase dibattimentale, essendo assente, nell'attuale codificazione, la previsione di un esplicito rimedio.

Deve ritenersi, tuttavia, che l'eventuale individuazione di vizi conseguenti alla mancanza di uno dei presupposti di ammissibilità del rito immediato, in virtù dei quali l'imputato è stato privato di un momento oggettivamente deputato all'esercizio del diritto di difesa, renda il decreto di giudizio immediato affetto da nullità di ordine generale ex art. 178, lett. c).

A seguito del rigetto della propria richiesta di procedere nelle forme del giudizio immediato e della conseguente restituzione da parte del G.i.p., il P.m. non può procedere a richiesta di archiviazione, essendo stata già esercitata l'azione penale, ma non può, altresì, completare le indagini ritenute dal giudice inidonee a sostenere la evidenza probatoria: unica possibilità che residua allo stesso è pertanto quella della richiesta di giudizio ordinario, con conseguente celebrazione dell'udienza preliminare, sede ove potrà essere svolta quella attività integrativa necessaria a sanare l'errore di valutazione dell'inquirente.

Dubbia resta la possibilità che, nella ipotesi in cui non sia decorso il termine dei novanta giorni, il P.m. possa riproporre la richiesta di giudizio immediato qualora ne risultino realizzati i presupposti.

In ordine alle determinazioni che il giudice può adottare sulla richiesta del P.m. occorre, inoltre, stabilire se lo stesso possa o meno pronunciare sentenza ai sensi dell'art.129.

La S.C. è intervenuta sull'art. 129 affermando che ‹‹esso è regola di condotta che deve essere modellata ed adeguata, di volta in volta, ai caratteri ed alle peculiarità della fase processuale in cui è chiamata ad operare e non può legittimarsene l'applicazione tout court, svincolata dalle forme e dai principi che presidiano il processo ed in spregio alla fondamentale garanzia del contraddittorio›› (così Cass. S.U., n. 12283/2005).

Sulla base del dato meramente letterale, l'art. 455 sembrerebbe attribuire al giudice una competenza funzionale limitata all'accoglimento od al rigetto della richiesta, non menzionando espressamente la possibilità di emettere sentenza ai sensi dell'art. 129, diversamente da quanto accade, ad esempio, nelle previsioni degli artt. 444 e 459.

Tale differenza, secondo i sostenitori della soluzione negativa, sarebbe frutto di una precisa scelta del legislatore poiché nelle ipotesi citate il giudice ha il compito di definire il processo mentre nella ipotesi di giudizio immediato, come detto, il G.i.p. deve unicamente accertare la sussistenza dei presupposti per il rito alternativo che sarà, invece, celebrato nel merito dal giudice del dibattimento.

Tuttavia sulla base di una lettura sistematica dell'art. 129 e di esigenze di economia processuale, deve ritenersi che non sia preclusa al G.i.p. la possibilità di immediata declaratoria di proscioglimento per uno dei motivi di merito previsti dalla citata norma.

Inoltre, si osserva, come tale pronuncia si innesti in una fase di passaggio dalla fase procedimentale a quella processuale conseguente all'esercizio dell'azione penale del P.m. per il tramite della richiesta di giudizio immediato e quindi con la relativa trasmissione al G.i.p. dell'intero fascicolo comprensivo di notizia di reato, verbali e reperti.

Il limitato spazio difensivo

Nel rito immediato l'imputato non viene a conoscenza della richiesta del P.m. e non ha, pertanto, alcuna teorica possibilità di contrastare, argomentando con proprie ragioni, la richiesta medesima neanche mediante la presentazione di memorie da depositare presso la cancelleria del giudice chiamato a decidere sulla sua sorte processuale.

Invero l'imputato, in assenza di una discovery, non ne avrebbe neanche la concreta possibilità non essendo a conoscenza degli atti di indagine ed apparendo oltremodo rischioso sottoporre al giudice una argomentazione difensiva formulata al buio.

Inoltre, va osservato come le ristrette cadenze procedimentali previste per l'imputato ed il suo difensore allorquando questi debbano valutare se proseguire nel giudizio ordinario od optare per la trasformazione del rito, minano alla base le condizioni per una scelta responsabile circa la maggiore proficuità di un rito anziché di un altro: scelta che costituisce un'espressione diretta del diritto di difesa tale da modificare sensibilmente il destino processuale dell'imputato e la sua costrizione in tempi non ragionevoli, in quanto incidente sulla piena consapevolezza dei mezzi probatori dell'accusa, non può che limitare le concrete chance difensive.

Analogamente, nel caso in cui si prosegua con il giudizio ordinario, la brevità dei termini di fissazione dell'udienza dibattimentale rispetto alla notifica del decreto di giudizio immediato all'imputato ed al suo difensore, incide concretamente sulla attività di preparazione di una difesa attiva da esercitare in giudizio, in particolare sull'individuazione e sulla ricerca di testi da escutere a discarico o a prova contraria, ma anche sulla possibilità di conferire incarichi di natura tecnica per confutare assunti di tipo tecnico-scientifico contenuti in consulenze o atti dell'accusa.

È, infatti, notevole il divario esistente tra i tempi concessi all'imputato che abbia usufruito del beneficio dell'avviso di conclusione delle indagini e quelli dell'imputato di giudizio immediato ed appare altresì sproporzionato il discrimine che si viene a creare tra la pubblica accusa e la difesa rispetto ai tempi ed ai mezzi di cui questi dispongono per la elaborazione della propria strategia processuale in ordine ai mezzi di prova.

Ulteriore vulnus difensivo può essere individuato nella disciplina relativa alla formazione del fascicolo del dibattimento che sembra inesorabilmente escludere la partecipazione difensiva.

In merito, l'art. 457 prevede che il decreto che dispone il giudizio immediato, decorsi i termini previsti dall'art. 458, sia trasmesso al giudice competente per il giudizio, unitamente al fascicolo formato a norma dell'art. 431. Si discute se tale riferimento all'art. 431, disciplinante il contenuto e la formazione del fascicolo per il dibattimento, sia limitato alla tipologia degli atti che esso debba contenere o, anche, alle modalità di formazione dello stesso nel contraddittorio delle parti.

La giurisprudenza, più volte, si è espressa in favore della prima ipotesi, ritenendo che può parlarsi di contraddittorio nella formazione del fascicolo del dibattimento solo quando vi sia un contraddittorio anche in ordine all'esercizio dell'azione penale così come accade nella udienza preliminare e, ove tale fase manchi, a tale adempimento deve provvedere direttamente il giudice (così, ex multis, Cass. III, n. 5349/2011, secondo cui la regola della formazione nel contraddittorio delle parti del fascicolo per il dibattimento non si applica al caso in cui sia disposto il giudizio immediato).

La delibazione del giudice per le indagini preliminari

Con riferimento alla richiesta di immediato custodiale, il G.i.p. riveste un ruolo quasi notarile: il provvedimento di avvio del rito in esame si configura come un decreto di rinvio a giudizio iussu accusatoris, nel quale l'organo giurisdizionale è chiamato unicamente a ratificare sul piano formale la scelta del P.m. Ed invero, ai sensi del citato art. 455, comma 1-bis, il G.i.p. rigetta la richiesta di immediato (soltanto) «se l'ordinanza che dispone la custodia cautelare è stata revocata o annullata per sopravvenuta insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza».

Sebbene l'assenza di spazi di autonomia valutativa — prescritta dai novellatori in difformità dalla disciplina del modello tipico in cui al giudicante è chiesto di vagliare l'evidenza della prova — ponga dei dubbi circa la conformità della fattispecie con il principio di imparzialità e terzietà del giudice (art. 111, comma 2, Cost.), la legittimità dell'istituto trova conforto nell'orientamento maggioritario della giurisprudenza di legittimità, al punto che la S.C. ha ribadito che è affetta da abnormità, e pertanto ricorribile per cassazione, l'ordinanza con la quale il G.i.p. rigetti la richiesta di immediato custodiale ai sensi dell'art. 453, comma 1-bis e comma 1-ter «non per l'assenza dei presupposti previsti dalla legge, ma per la carenza del requisito dell'evidenza della prova» (Cass. VI, n. 7912/2011, secondo cui il provvedimento del G.i.p. «non solo è espressione di un potere valutativo non attribuito» a tale organo, ma ha altresì «determinato una situazione di stallo processuale, impedendo al P.m. di adempiere a un preciso obbligo»; conforme è Cass. II, n. 38727/2009, cit.; contra, Cass. I, n. 2321/2010).

Si potrebbe forse ritenere che lo scarso peso assegnato all'opinione del giudice in questo contesto sia dovuta all'identità di quest'ultimo con il soggetto che, con l'emanazione dell'ordinanza custodiale, si è già espresso sulla sussistenza della gravità indiziaria, anche se c'è il rischio che, con questo ragionamento, si finisca per ricadere nell'erronea equazione ”gravità indiziaria” uguale “evidenza della prova”.

Va, tuttavia, segnalato come la S.C. abbia statuito che non è incompatibile il G.i.p. che ha emesso l'ordinanza coercitiva «a provvedere in ordine alla richiesta di giudizio immediato nei confronti dello stesso imputato e per lo stesso fatto, dato che si tratta di valutazione che non definisce né una fase del procedimento né un grado di giudizio» (Cass. III, n. 5349/2011, cit.).

Né si può ritenere che al giudicante residui anche il compito di verificare se la richiesta del titolare dell'accusa «pregiudichi gravemente le indagini» atteso che la lettera dell'art. 455, comma 1-bis, non sembra consentire una simile valutazione la quale, in ogni caso, sarebbe priva di utilità con riguardo ai rischi riguardanti procedimenti connessi o collegati, dei cui atti il G.i.p. non dispone, e potrebbe avere significato unicamente qualora la istanza di immediato riguardi solo alcuni capi di un procedimento cumulativo.

Ciò che, invece, certamente il giudice non può fare è censurare la scelta del P.m. in merito al rito speciale adottato ove sussistano le condizioni sia per la celebrazione giudizio immediato, sia del direttissimo (Cass. II, n. 36656/2010). Così come, a sua volta, non potrà poi essere contestato l'avallo dato dal G.i.p. alla richiesta del P.m.: il decreto di citazione a giudizio immediato è infatti «immotivato, inoppugnabile e sottratto a qualsiasi sindacato da parte del giudice del dibattimento».

Per altro verso, l'eventuale rigetto da parte del giudice della domanda di immediato ha conseguenze di non poco conto. Essendo già stata esercitata l'azione penale con la richiesta presentata ai sensi dell'art. 453, comma 1-bis, la restituzione degli atti al P.m. non può infatti determinare una regressione alla fase procedimentale. La parte pubblica è perciò, comunque, costretta a formulare la richiesta di rinvio a giudizio secondo il rito ordinario «assumendo l'ineluttabile rischio di una azione penale ormai azzardatamente esercitata» e potendo “confidare” solo sulle eventuali investigazioni ex art. 421-bis in sede di udienza preliminare.

E’ da ritenersi abnorme il provvedimento con cui il G.i.p., dopo aver emesso il decreto che dispone il giudizio immediato, dichiari la nullità del decreto medesimo ed ordini la restituzione degli atti al P.m., atteso che il giudice, una volta adottato il provvedimento endoprocedimentale, consuma il suo potere di controllo anche nel caso in cui rilevi il difetto di uno dei presupposti della richiesta del rito speciale, rimanendo competente in via eccezionale – e finchè gli atti rimangono presso di lui – solo per i provvedimenti in materia di libertà (Cass. IV, n. 14784/2016).

Bibliografia

Amato, La tassatività per chi è in custodia cautelare è limitata al compimento delle indagini, in Guida dir. 2010, 8, 87; Aprile, I riti speciali: le prassi applicative tra logica originaria degli istituti e la disciplina integrata delle pronunce costituzionali, in Leg. pen. 1999, 593; Dean, Sul rispetto del termine per l'instaurazione del giudizio immediato, in Giur. it. 1992, II, 523; Marandola, Violazione del termine di 90 giorni per il rito immediato e nullità del decreto di rinvio a giudizio, in Dir. pen. e proc. 2002, 1013; Varraso, Il “doppio binario” del giudizio immediato richiesto dal pubblico ministero, in Aa.Vv., Il decreto sicurezza, in Scalfati (a cura di), Torino, 2008, 175.

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