Codice di Procedura Penale art. 456 - Decreto di giudizio immediato.

Andrea Pellegrino

Decreto di giudizio immediato.

1. Al decreto che dispone il giudizio immediato [464] si applicano le disposizioni dell'articolo 429, commi 1 e 2 [132 att.].

2. Il decreto contiene anche l'avviso che l'imputato può chiedere il giudizio abbreviato [438, 458],  l'applicazione della pena a norma dell'articolo 444 ovvero la sospensione del procedimento con messa alla prova. Il decreto contiene altresì, a pena di nullità, l'avvertimento all'imputato che non comparendo sarà giudicato in assenza.12.

2-bis. Con il decreto l'imputato è informato che ha facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa3.

3. Il decreto è comunicato [153] al pubblico ministero e notificato all'imputato e alla persona offesa [90, 91] almeno trenta giorni prima della data fissata per il giudizio [172 5] 4.

4. All'imputato e alla persona offesa, unitamente al decreto, è notificata la richiesta del pubblico ministero.

5. Al difensore dell'imputato è notificato avviso della data fissata per il giudizio entro il termine previsto dal comma 3 5.

 

[1] Comma modificato dall'art. 27, comma 1, lett. a), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che ha sostituito segno di interpunzione: «,» alla parola «ovvero» e ha inserito le parole «ovvero la sospensione del procedimento con messa alla prova» dopo le parole «dell'articolo 444»., e da ultimo dall'art. 2, comma 1, lett. r) l. 19 marzo 2024, n. 31 che ha aggiunto il secondo periodo.

[2] La Corte cost., con sentenza 14 febbraio 2020, n. 19, aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma, «nella parte in cui non prevede che il decreto che dispone il giudizio immediato contenga l’avviso della facoltà dell’imputato di chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova». Per l'infondatezza «nei sensi di cui in motivazione», di una questione di costituzionalità del combinato disposto degli artt. 456, comma 2  e 458, comma 1, nella parte in cui non prevede che l'avviso contemplato dalla prima di dette disposizioni, comprensivo dell'indicazione del termine entro cui richiedere il giudizio abbreviato, debba essere tradotto nella lingua conosciuta dall'imputato straniero che ignora la lingua italiana, v. Corte cost. 19 gennaio 1993, n. 10, sub art. 143.

[4] Comma così modificato dall'art. 14, comma 1,  l. 1° marzo 2001, n. 63.

[5] La Corte cost., con sentenza 13 maggio 2004, n. 148 nel dichiarare non fondata nei sensi di cui in motivazione una questione di costituzionalità sollevata in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., ha affermato che il presente articolo deve essere applicato, in combinato disposto con l'art. 178 , comma 1, lett. c), «nel senso che l'omissione o l'insufficienza dell'avviso circa la facoltà di chiedere i riti alternativi determina una nullità di ordine generale».

Inquadramento

Il decreto che dispone il giudizio immediato realizza la vocatio in iudicium ed è sostanzialmente assimilabile, nel contenuto, al decreto di rinvio a giudizio emesso a seguito dell'udienza preliminare. Con la notifica del decreto, l'imputato viene effettivamente a conoscenza della vicenda giudiziale e posto nelle condizioni di accedere al giudizio abbreviato o all'applicazione pena ex art. 444.

Il contenuto del decreto di giudizio immediato

Il richiamo all'art. 429, commi 1 e 2, contenuto nell'art. 456, comma 1, adatta al decreto che dispone il giudizio immediato, il modello previsto per il decreto di rinvio a giudizio emesso nell'udienza preliminare. Dunque, esso deve contenere le generalità dell'imputato e le indicazioni personali idonee alla sua identificazione; le generalità delle altre parti private; l'indicazione dei difensori, l'eventuale identificazione della persona offesa; l'enunciazione in forma chiara e precisa del fatto, delle circostanze aggravanti, di quelle che possono comportare l'applicazione delle misure di sicurezza, l'indicazione dei relativi articoli di legge; la sommaria indicazione delle fonti di prova e dei fatti cui si riferiscono il dispositivo e l'indicazione del giudice competente per il giudizio; l'indicazione del giorno e dell'ora della comparizione con l'avviso del giudizio contumaciale in caso di omessa comparizione; la data, la sottoscrizione del giudice e dell'ausiliario.

L'art. 456, comma 1, nel richiamare l'art. 429, comma 1, include, fra gli elementi che deve contenere il decreto di giudizio immediato «l'enunciazione in forma chiara e precisa» non solo del fatto, ma anche delle circostanze aggravanti. Nel sistema processuale, tale enunciazione assume il rilievo di una componente essenziale e indefettibile della contestazione dell'accusa, in conformità alla previsione dell'art. 6, comma 3, lett. a) Cedu per la quale «ogni accusato ha diritto soprattutto ad essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico», ove detta informazione non può che comprendere le circostanze aggravanti nella loro incidenza sull'entità del fatto contestato e sulle conseguenze sanzionatorie che ne derivano. Lo stesso indirizzo giurisprudenziale ammissivo della contestazione in fatto delle circostanze aggravanti consente tale forma di contestazione, delimitandone la legittimità, nei termini in cui l'imputazione riporti in maniera sufficientemente chiara e precisa gli elementi di fatto che integrano la fattispecie circostanziale, permettendo all'imputato di averne piena cognizione e di espletare adeguatamente la propria difesa sugli stessi. Su questi presupposti, la S.C. (Cass. S.U., n. 24906/2019) ha ritenuto che l'ammissibilità della contestazione in fatto delle circostanze aggravanti deve essere verificata rispetto alle caratteristiche delle singole fattispecie circostanziali e, in particolare, alla natura degli elementi costitutivi delle stesse: aspetto che determina inevitabilmente il livello di precisione e determinatezza che rende l'indicazione di tali elementi sufficiente a garantire la puntuale comprensione del contenuto dell'accusa da parte dell'imputato. In questa prospettiva, la contestazione in fatto non dà luogo a particolari problematiche di ammissibilità per le circostanze aggravanti le cui fattispecie, secondo la previsione normativa, si esauriscono in comportamenti descritti nella loro materialità, ovvero riferiti a mezzi od oggetti determinati nelle loro caratteristiche oggettive. Diverso è il caso delle circostanze aggravanti in cui, in luogo dei fatti materiali o in aggiunta agli stessi, la previsione normativa includa componenti valutative: ove il risultato di questa valutazione non sia esplicitato nell'imputazione, con la precisazione della ritenuta esistenza di particolari connotazioni qualitative o quantitative, la contestazione risulterà priva di una compiuta indicazione degli elementi costitutivi della fattispecie circostanziale. E pertanto, la necessità dell'enunciazione in forma chiara e precisa del contenuto dell'imputazione impone che la scelta operata dalla pubblica accusa fra le (diverse ed alternative) possibili conclusioni sia portata a conoscenza della difesa, non potendosi ravvisare una valida contestazione della circostanza aggravante nella mera prospettazione in fatto degli elementi materiali della relativa fattispecie.

L'art. 456, comma 2, dispone che il decreto di giudizio immediato deve contenere l'avviso che l'imputato può chiedere il giudizio abbreviato ovvero l'applicazione della pena ovvero la sospensione del procedimento con messa alla prova.

L'omissione dell'avviso della facoltà di chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova nel decreto di giudizio immediato emesso prima del deposito della sentenza della Corte cost. n. 19 del 2020 - che ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 456, comma 2, nella parte in cui non prevedeva che il decreto debba contenere tale avviso - determina una nullità di ordine generale non assoluta (Cass.  V, n. 18130/2024 in fattispecie in cui la Corte, considerando irrilevante che non fosse stata avanzata, in concreto, una richiesta di messa alla prova, ha ritenuto tempestivamente eccepita la predetta nullità, dedotta dalla difesa alla prima udienza dibattimentale, riproposta con l'atto di appello e ribadita, dopo il deposito della sentenza della Consulta, con le conclusioni del giudizio di impugnazione).

Tuttavia, a differenza di quanto previsto dall'art. 552, l'omissione di tale avviso non è espressamente sanzionata con la previsione della nullità del decreto. È peraltro opinione pacifica che la violazione di tale dovere d'informazione o l'erronea indicazione del termine per la formulazione dell'istanza di rito abbreviato determinino altrettanti casi di nullità di ordine generale a regime intermedio ai sensi degli artt. 178 lett. c) e 180 (Cass. IV, n. 36745/2004; Cass. IV, n. 3649/2004).

Anche la violazione del termine a comparire (nella specie almeno trenta giorni, stabiliti dall'art. 456, comma 3 per il giudizio immediato) comporta una nullità di ordine generale a regime intermedio che, se non sanata ai sensi dell'art. 184, impone al giudice la rinnovazione dell'atto ex art. 185, a seguito della quale non è consentito integrare il termine originario insufficiente, occorrendo provvedere alla sua integrale rinnovazione, di modo che sia sempre garantito un termine libero di pari durata (Cass. V, n. 16732/2018).

L'avviso all'imputato della facoltà di richiedere i procedimenti speciali. La notificazione

Il decreto che dispone il giudizio immediato contiene l'avviso all'imputato della facoltà di chiedere il giudizio abbreviato ovvero il patteggiamento.

In giurisprudenza è stato precisato che l'obbligo di informazione risulta correttamente assolto anche ove non siano stati indicati tutti gli incombenti previsti per tali eventuali richieste (Cass. VI, n. 1887/1993).

La Consulta ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 456 in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., nel caso di mancanza, insufficienza o inesattezza dell'avviso di cui al comma 2 (fattispecie relativa ad erronea indicazione del termine entro il quale l'imputato poteva chiedere i riti alternativi) stabilendo in via interpretativa che “la norma censurata deve essere applicata in combinato disposto con l'art. 178, comma 1, lett. c), nel senso che l'omissione o l'insufficienza dell'avviso circa la facoltà di chiedere i riti alternativi determina una nullità di carattere generale” (Corte cost. n. 148/2004).

La Corte costituzionale ha invece dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 456, comma 2, nella parte in cui non prevede che il decreto che dispone il giudizio immediato contenga l'avviso della facoltà dell'imputato di chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova (Corte cost. n. 19/2020). Invero, come più volte riconosciuto dal giudice delle leggi, la sospensione del procedimento con messa alla prova, di cui agli artt. 168-bis e ss. c.p., si configura come un istituto di natura sia sostanziale, laddove dà luogo all'estinzione del reato, sia processuale, consistente in un nuovo procedimento speciale, alternativo al giudizio (sent. n. 131 del 2019, n. 91 del 2018, n. 201 del 2016 e n. 240 del 2015). E la medesima giurisprudenza costituzionale ha costantemente affermato che la richiesta di riti alternativi costituisce anch'essa una modalità, tra le più qualificanti (sent. n. 148 del 2004), di esercizio del diritto di difesa (ex plurimis, sentenze n. 201 del 2016 e n. 237 del 2012; nello stesso senso, sentenze n. 219 del 2004 e n. 497 del 1995).

Da tali premesse, la Corte costituzionale già in passato aveva tratto la conclusione per cui, «quando il termine entro cui chiedere i riti alternativi è anticipato rispetto alla fase dibattimentale, sicché la mancanza o l'insufficienza del relativo avvertimento può determinare la perdita irrimediabile della facoltà di accedervi, "[l]a violazione della regola processuale che impone di dare all'imputato (esatto) avviso della sua facoltà comporta [...] la violazione del diritto di difesa" (sent. n. 148 del 2004)» (sent. n. 201 del 2016). La medesima conclusione è stata sostanzialmente ribadita con riferimento al giudizio immediato nel quale, come nel procedimento per decreto, il termine entro cui chiedere i riti alternativi a contenuto premiale è anticipato rispetto al dibattimento, così che l'eventuale omissione del relativo avviso può determinare un pregiudizio irreparabile per l'imputato che, non venendo avvisato, finirebbe per avanzare la richiesta in questione solo nel corso dell'udienza dibattimentale, e quindi tardivamente. Anche in questo caso discende - come già precisato dalla Corte costituzionale con riferimento all'omesso o inesatto avviso della facoltà di chiedere il giudizio abbreviato nel decreto che dispone il giudizio immediato - che l'omissione dell'avviso de quo non potrà che integrare una nullità di ordine generale ai sensi dell'art. 178, comma 1, lett. c).

A norma dell'art. 456, comma 3, il decreto di giudizio immediato deve essere comunicato al P.m. e notificato all'imputato e alla persona offesa almeno trenta giorni prima della data fissata per il giudizio (termine così ampliato dall'art. 14 l. 1 marzo 2001, n. 63); unitamente al decreto, deve essere notificata all'imputato e alla persona offesa, la richiesta del P.m. (art. 456, comma 4), mentre al difensore viene notificato, nel medesimo termine, l'avviso della data fissata per il giudizio (art. 456, comma 5).

Il difetto di notifica all'imputato del decreto di giudizio immediato non rende invalidi gli atti successivi del giudizio abbreviatosi incardinatosi, su richiesta del procuratore speciale, su tale procedimento, non essendovi reciproca dipendenza tra i decreti da cui promanano i relativi riti ai fini dell'art. 185  e restando il giudizio di primo grado insensibile alla validità delle vicende intervenute tra l'esercizio dell'azione penale e la richiesta di rito alternativo (Cass. V, n. 11222/2019).

Pur nel silenzio normativo, la giurisprudenza riconosce la necessità della nomina di un difensore d'ufficio all'imputato che ne sia privo, rilevando che l'omissione della nomina e, di conseguenza, dell'avviso al difensore, pregiudica l'adeguata assistenza dell'imputato determinando nullità di ordine generale e a regime intermedio del decreto (Cass. III, n. 12414/1991).

Casistica

In tema di rito abbreviato condizionato richiesto nell'ambito del giudizio immediato, la valutazione in ordine all'ammissibilità dell'istanza, quale antecedente necessario del decreto di fissazione dell'udienza, riguarda unicamente i requisiti formali della richiesta e, quindi la sua tempestività, la legittimazione del richiedente e la riferibilità all'intero processo a carico dell'imputato, restando demandata all'udienza ogni valutazione in ordine alla compatibilità della integrazione probatoria con il rito speciale ( Cass. I, n. 22136/2016).

La richiesta di giudizio abbreviato effettuata a seguito della notificazione del decreto di giudizio immediato deve essere depositata nell'ufficio del G.i.p., non essendo ammesse forme equipollenti (nella specie, spedizione a mezza posta), diversamente da quanto avviene per il regime delle impugnazioni, ispirato al principio del favor impugnationis (Cass. III, n. 18505/2015).

È inammissibile per mancanza di interesse ad impugnare il ricorso per cassazione proposto dall'imputato avverso il provvedimento con cui il G.u.p. corregge con procedura «de plano» il decreto che dispone il giudizio immediato (nella specie, sostituendo il Tribunale, quale organo competente per la celebrazione del giudizio, con la indicazione della Corte di Assise), in difetto di allegazione della deduzione difensiva che non è stato possibile proporre nell'omessa udienza camerale (Cass. II, n. 4257/2015).

Non è abnorme il provvedimento con il quale il giudice del dibattimento dichiara la nullità del decreto di giudizio immediato e dispone la restituzione degli atti del P.m. per mancanza dell'imputazione nei confronti di alcuno dei coimputati nel medesimo giudizio (Cass. IV, n. 4629/2015).

Invece, è abnorme, per la sua attitudine a determinare un'indebita regressione del procedimento, l'ordinanza del giudice del dibattimento che, nel caso di genericità o d'indeterminatezza dell'imputazione, restituisce gli atti al pubblico ministero senza preventivamente sollecitarlo ad integrare o precisare la contestazione (Cass. II, n. 30440/2024, in cui la Corte ha precisato che il principio di economia e di ragionevole durata del processo impone che il giudice non adotti una declaratoria di nullità prima di avere svolto l'attività necessaria a rimuoverne la causa).

La decisione con la quale il G.i.p. dispone il giudizio immediato, in presenza di prognosi di sostenibilità dell'accusa, non può essere oggetto di ulteriore sindacato, a meno che non ricorra una nullità ex artt. 178 comma 1, lett. c) e 180 ove la richiesta non sia stata preceduta da valido interrogatorio o dall'invito a presentarsi (Cass. III, n. 1482/2018).

La dichiarazione di nullità del decreto di giudizio immediato non comporta la necessità della reiterazione della già effettuata costituzione di parte civile (Cass. I, n. 54604/2018).

Non è causa di nullità del decreto di citazione al giudizio di appello l'omesso avvertimento della possibilità per l'imputato di accedere al concordato sui motivi, atteso che l'art. 601, con riferimento ai requisiti dell'atto, fa rinvio solo a quelli previsti dall'art. 429, comma 1, lett. a), f) e g) (Cass. II, n. 43117/2021).

Le modifiche introdotte dal “collegato Cartabia”

Il d.lgs. n. 31/2024, c.d. “collegato Cartabia”, interpolando, il comma 2 dell'art. 456 ed introducendo il comma 2-bis, ha previsto che il decreto contenga altresì, a pena di nullità, l'avvertimento all'imputato che, non comparendo sarà giudicato in assenza, nonché l'informativa che lo stesso ha facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa.

Bibliografia

Bricchetti, Termini più ampi per accedere al giudizio abbreviato, in Guida dir. 2001, n. 13; 63; Fiorio, Scelta del rito, giudizio immediato e garanzie difensive, in Giur. cost. 2002, 3017; Giunchedi, La giustizia penale differenziata, I procedimenti speciali, vol. I, Torino, 2010; Rivello, Il giudizio immediato, Padova, 1993; Zanetti, Il giudizio immediato, in Pisani (a cura di ), I procedimenti speciali in materia penale, Milano, 2003.

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