Codice di Procedura Penale art. 483 - Sottoscrizione e trascrizione del verbale.

Sergio Beltrani

Sottoscrizione e trascrizione del verbale.

1. Subito dopo la conclusione dell'udienza [477] o la chiusura del dibattimento [524], il verbale, sottoscritto alla fine di ogni foglio dal pubblico ufficiale che lo ha redatto [137], è presentato al presidente per l'apposizione del visto1.

1-bis. Il verbale redatto in forma di documento informatico è sottoscritto dal pubblico ufficiale che lo ha redatto secondo le modalità di cui all'articolo 111 e sottoposto al presidente per l'apposizione del visto con firma digitale o altra firma elettronica qualificata2.

2. Salvo quanto previsto dall'articolo 528, i nastri impressi con i caratteri della stenotipia sono trascritti in caratteri comuni non oltre tre giorni dalla loro formazione [138].

3. I verbali e le trascrizioni sono acclusi al fascicolo per il dibattimento [431, 432].

[1] Per talune disposizioni per favorire  l'esercizio dell’attività  giurisdizionale  nella  vigenza dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, in particolare per il collegamento da remoto per la partecipazione alle udienze o nel corso delle indagini preliminari vedi l’art. 23, comma 5, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv., con modif., in l. 18 dicembre 2020, n. 176. 

[2] Comma inserito dall'art. 30, comma 1, lett. b), n. 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. Per  le disposizioni  transitorie in materia di processo penale telematico, v. art. 87, comma 5, d.lgs. n. 150, cit., che prevede: «Le disposizioni di cui agli articoli 111, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, 111-bis, 111-ter, 122, comma 2-bis, 172, commi 6-bis e 6-ter, 175-bis, 386, comma 1-ter, 483, comma 1-bis, 582, comma 1-bis, del codice di procedura penale, così come introdotte dal presente decreto, si applicano a partire dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3, ovvero a partire dal diverso termine previsto dal regolamento di cui al comma 3 per gli uffici giudiziari e per le tipologie di atti in esso indicati. Sino alle stesse date, la dichiarazione e l'elezione di domicilio prevista dal comma 2 dell'articolo 153-bis del codice di procedura penale, come introdotto dall'articolo 10, comma 1, lettera e), del presente decreto, nonché le comunicazioni previste dal comma 3 dello stesso articolo 153-bis sono effettuate con le forme ivi previste in alternativa al deposito in via telematica».

Inquadramento

Il verbale di udienza, sottoscritto alla fine di ogni foglio dal pubblico ufficiale che lo ha redatto, deve essere presentato, subito dopo la conclusione dell'udienza o la chiusura del dibattimento, al presidente del collegio (od al giudice monocratico) per l'apposizione del visto, ex art. 483, comma 1: ciò comporta necessariamente che esso debba essere redatto contestualmente allo svolgersi dell'udienza, anche per consentire al presidente (od al giudice), ed alle parti, di verificarne il contenuto (Beltrani, 166).

L'ausiliario deve firmare ogni foglio del verbale, mentre il presidente (od il giudice) deve semplicemente apporre un « visto » in calce all'ultimo foglio, con funzione di mera verifica e certificazione della regolare e fedele compilazione del verbale (che è, e resta, atto del solo ausiliario).

La ratio della previsione della necessità della sottoscrizione del verbale da parte del pubblico ufficiale che lo ha compilato mira al conferimento del valore di autenticità e di fede pubblica all'atto.

Peraltro, la giurisprudenza, premesso che per “dibattimento” si intende il complesso (unitario) di attività processuali che si inizia con le formalità di apertura e termina con la lettura del dispositivo della sentenza o dell'ordinanza di rinvio a nuovo ruolo, e che non vale ad incrinare tale unità l'eventuale sospensione, poiché essa dà luogo ad una continuazione del dibattimento in corso, e non ad un nuovo dibattimento, ha ritenuto che « il relativo verbale deve essere considerato un atto unico e che, pertanto, ai fini della sua validità, è sufficiente che esso venga sottoscritto, alla fine, dal segretario che abbia assistito fin dall'inizio al dibattimento » (Cass. VI, n. 3016/1991).

Si è posto il problema della necessità, o meno, della redazione di una pluralità di verbali nel caso in cui il dibattimento si protragga per più udienze: in proposito, si è ritenuto che, dal coordinato disposto degli artt. 134 ss., 480, 481 e 483, sia possibile desumere che, pur se il dibattimento si concretizza in un complesso unitario di attività processuali, nei casi in cui esso si articoli in più udienze, per ciascuna di esse dev'essere redatto un verbale dotato di propria rilevanza ed autonomia, con la conseguenza che la relativa validità dev'essere accertata in relazione a ciascuno dei suddetti verbali, non essendo sufficiente la sottoscrizione dell'ultimo di essi da parte del segretario che li abbia redatti (Cass. I, n. 11077/1993; Cass. II, n. 2503/2007).

Il verbale redatto con l'ausilio della stenotipia

Secondo la giurisprudenza, l'art. 138 non prevede che il presidente del collegio (od il giudice monocratico) ed il cancelliere sottoscrivano anche le trascrizioni dei verbali redatti con l'ausilio della stenotipia (Cass. V, 26 giugno 2001, M.).

L'orientamento ha sollevato notevoli perplessità in parte della dottrina, potendosi « intravvedere macroscopiche violazioni sotto il profilo delle garanzie di autenticità dei verbali »: la disciplina dettata dall'art. 135, che faculta il giudice ad autorizzare l'ausiliario che non possiede le necessarie competenze, a farsi assistere da personale tecnico, anche esterno all'amministrazione dello Stato, prevede, in concreto, l'assistenza, e quindi la « formazione congiunta, sia pure di atti separati, che però sono in stretta connessione (...) anche per garantirne provenienza ed autenticità. È logico che tali atti debbano necessariamente recare la sottoscrizione di chi risponde di questa formazione assistita connessa di documentazione diretta a trasporre con segni grafici il contenuto delle registrazioni di un verbale che non può non essere un unicum, sia ai fini dell'individuazione formale che di quella del relativo contenuto sostanziale » (Favino, 453 s.).

Termini di deposito

Salvo il caso in cui sia necessaria la lettura del verbale in camera di consiglio (ai sensi dell'art. 528), i nastri impressi con i caratteri della stenotipia devono essere trascritti, ai sensi dell'art. 483, comma 2, in deroga alla previsione di cui all'art. 138, comma 1, non oltre tre giorni dalla loro formazione: trattasi di termine univocamente considerato ordinatorio. La previsione ha suscitato perplessità, soprattutto in ambito forense, per una presunta, indebita compressione del diritto di difesa, ma la giurisprudenza di merito (App. Venezia II, 13 ottobre 1992, nt. Zaffalon 69 s.) ha chiarito che detta disciplina non viola il diritto all'assistenza difensiva, in quanto è ricollegabile al diritto di immediata verifica della fedeltà e completezza del verbale (sancito dall'art. 482, comma 2): la prima presuppone i nastri già impressi e, quindi, un dibattimento già esaurito, mentre il secondo riguarda, al contrario, un verbale in formazione. Conseguentemente, è stata ritenuta infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 483, comma 2, e 482, comma 2, in relazione agli artt. 3 e 24, comma 2, Cost., poiché « la trascrizione del verbale stenotipico entro tre giorni non altera (...) il diritto di difesa, comunque esercitabile con i rimedi esperibili, né viola il principio di razionalità e parità di trattamento, in quanto la facoltà di richiedere l'immediata interpretazione del verbale (prevista dal citato art. 528) spetta solo al giudice (e non anche alla parte), poiché è proprio e soltanto il giudice a dover deliberare, mentre le parti hanno già concluso ».

Il regime delle sottoscrizioni

La giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che le trascrizioni delle fonoregistrazioni e dei nastri stenotipici di deposizioni testimoniali costituiscono parte integrante del verbale di udienza al quale le stesse sono allegate e, pertanto, ai fini della loro validità ed utilizzabilità, è sufficiente la sottoscrizione di detto verbale da parte dell'ausiliario del giudice, senza che occorra la sua sottoscrizione per ogni atto di trascrizione (Cass. III, n. 3050/2008; Cass. II, n. 24929/2013).

Un orientamento riteneva che, quando il verbale è redatto in forma stenotipica, ed alla sua formazione non abbia provveduto l'ausiliario del giudice, bensì un tecnico autorizzato, è sufficiente che esso sia sottoscritto da chi lo ha redatto (essendo il tecnico — limitatamente alla redazione ed eventuale trascrizione dell'atto — considerato pubblico ufficiale), e non è, per contro, necessaria la sottoscrizione anche dell'ausiliario del giudice atteso che il tecnico assume, limitatamente alla redazione e trascrizione dell'atto, la qualifica di pubblico ufficiale (Cass. VI, n. 8128/2000; Cass. IV, n. 31307/2004); è, peraltro, ricorrente l'affermazione che l'omessa sottoscrizione da parte del tecnico non dà luogo a nullità del verbale redatto in forma stenotipica o con altro strumento meccanico, ai sensi dell'art. 50 disp. att. (Cass. VI, n. 26018/2008; Cass. V, n. 45506/2008).

In realtà, le applicazioni più avvedute (Cass. IV, n. 19487/2014; Cass. V, n. 6785/2015) distinguono, in tema di documentazione degli atti, il verbale riassuntivo, che deve necessariamente essere sottoscritto a pena di nullità ai sensi dell'art. 142 dall'ausiliario del giudice, dalla trascrizione stenotìpica delle udienze o dal testo della relativa registrazione, documenti che devono essere uniti agli atti del processo insieme ai nastri, ma con riferimento ai quali l'omessa sottoscrizione da parte del tecnico non è prevista a pena di nullità, il che trova una convincente giustificazione nel rilievo che (diversamente dalle attività di verbalizzazione sintetica di quanto avvenuto in udienza) è sempre possibile procedere ad una nuova trascrizione dei nastri allegati agli atti.

Da ultimo, Cass. I, n. 857/2020 ha ritenuto che le carenze od omissioni nella trascrizione o sottoscrizione dei verbali stenotipici delle udienze dibattimentali non danno luogo ad alcuna nullità, atteso che l'art. 142 c.p.p. prevede come causa di nullità della documentazione delle attività processuali soltanto la mancata sottoscrizione del verbale riassuntivo d'udienza da parte dell'ausiliario del giudice che lo ha redatto, mentre la trascrizione stenotipica delle udienze o il testo delle relative registrazioni costituiscono documenti che devono essere uniti agli atti del processo insieme ai nastri e, come tali, è sempre possibile procedere a una loro rilettura o trascrizione.

La discordanza tra verbale redatto in forma riassuntiva e verbale stenotipico

Un risalente orientamento (Cass. VI, n. 3784/1995), premesso: che l'impiego del mezzo tecnico della registrazione fonografica, cui deve farsi ricorso tutte le volte in cui non si provvede in forma integrale con il mezzo stenotipico (ex art. 134, comma 3), si accompagna alla redazione del verbale in forma riassuntiva; che, con riferimento al contenuto di detto verbale, l'art. 139, comma 2, stabilisce che in esso è indicato il momento di inizio e di cessazione delle operazioni di riproduzione; che il rapporto tra contenuto del verbale e risultato della registrazione è disciplinato dall'art. 139, comma 3, nel senso che, se il prodotto della registrazione si è formato in modo compiuto ed intellegibile, è ad esso che occorre dare la prevalenza rispetto al verbale riassuntivo, suscettibile di errori ed omissioni estranei alla documentazione fonografica, laddove, nei casi in cui la registrazione fonografica in tutto o in parte non abbia avuto effetto, o risulti non comprensibile, sarà inevitabile attribuire al verbale convenzionale piena efficacia probatoria, sicché in concreto il contenuto del verbale in forma riassuntiva, cui occorrerà attenersi, dipenderà dalla maggiore o minore affidabilità delle operazioni di registrazione; aveva concluso nel senso che, in caso di discordanza tra il verbale redatto in forma riassuntiva e quello redatto in forma fonografica o stenotipica, debba sempre prevalere il secondo.

Successivamente, premesso che il verbale di udienza nel processo penale fa piena prova fino a querela di falso di quanto in esso attestato, si era ritenuto, in senso contrario, che, in caso di divergenza di detto verbale con quello redatto in forma stenotipica, ed in assenza della querela, deve darsi prevalenza al verbale redatto dall'ausiliario che assisteva il giudice in udienza, trattandosi di atto redatto da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni il cui regime di efficacia è sancito dalla norma generale di cui all'art. 2700 c.c. (Cass. I, n. 20993/2004).

Un orientamento intermedio aveva, invece, evidenziato che il principio di cui all'art. 139, comma 2, c.p.p. (secondo il quale, in caso di discordanza tra i due verbali, si deve dare valore al verbale stenotipico, per la maggiore affidabilità del mezzo tecnico), prevale soltanto nel caso in cui la registrazione abbia avuto effetto o sia chiaramente intelligibile, mentre è il verbale riassuntivo a fare fede quando dagli atti del processo emergono elementi fattuali o logici in tal senso (Cass. VI, n. 42761/2005: in applicazione del principio, la S.C. condivise la decisione del Tribunale del riesame, a parere del quale la richiesta del P.M. di applicazione della misura cautelare a seguito di rito direttissimo — non rinvenibile nel verbale redatto con la stenotipia, ma solo in quello redatto in forma riassuntiva — doveva ritenersi essere stata effettivamente formulata, e ciò sulla base degli elementi presenti nel fascicolo processuale — tra i quali il dispositivo della sentenza, la parte motiva dell'ordinanza di custodia cautelare, dove si dava atto dell'iniziativa del P.M. — e della considerazione che la richiesta di provvedimento cautelare viene, di regola, presentata subito dopo la chiusura del dibattimento e rimane per tanto al di fuori del verbale stenotipico).

Quest'ultimo orientamento, che risolve i casi di contrasto tra i due verbali non facendo ricorso ad un criterio assoluto di prevalenza dell'uno o dell'altro, ma privilegiando una maggior flessibilità, ovvero ritenendo che occorra tenere conto delle diverse situazioni del caso concreto, appare ormai dominante in giurisprudenza, attualmente orientata nel senso che, ai fini della documentazione delle dichiarazioni rese nel corso dell'udienza dibattimentale, è legittimo far ricorso al verbale redatto in forma riassuntiva, allorché la verbalizzazione con il mezzo della stenotipia non sia tecnicamente chiara, e la valutazione effettuata dal giudice di merito in ordine alla maggiore affidabilità di uno dei due documenti sia adeguatamente argomentata, e per tale ragione insindacabile in sede di legittimità (Cass. I, n. 19511/2010; Cass. IV, n. 1517/2014: fattispecie riguardante l'effettuazione o meno degli avvisi ex art. 64, comma 3 — peraltro, in concreto, non dovuti, il che avrebbe consigliato di evitare ulteriori considerazioni —, con riferimento alla quale la S.C., in applicazione del principio, ha ritenuto incensurabili le considerazioni espresse dalla Corte di Appello quanto alla maggiore affidabilità — nel caso in esame — del verbale redatto in forma riassuntiva dall'ausiliario che assisteva il giudice in

udienza, rispetto al verbale redatto in forma stenotipia).

Il verbale redatto in forma di documento informatico

L'art. 30, comma 1, lett. b), d. lgs. n. 150 del 2022 (c.d. “riforma Cartabia”) ha introdotto, all'interno dell'art. 483, il nuovo comma 1-bis, che disciplina le formalità di sottoscrizione del verbale redatto in forma di documento informatico, prevedendo che esso sia sottoscritto dal p.u. che lo ha redatto secondo le modalità di cui all'art. 111 c.p.p., cui si rinvia, nonché vistato dal presidente (o dal giudice monocratico) con forma digitale o con firma elettronica qualificata.

Profili di diritto intertemporale

In difetto di disposizioni transitorie ad hoc, la predetta modifica deve ritenersi regolata dal principio tempus regit actum, ed è quindi operante per le udienze dibattimentali che si celebreranno a partire dal 30/12/2022, data di entrata in vigore del d. lgs. n. 150 del 2022.

L'allegazione al fascicolo per il dibattimento

I verbali di udienza e le trascrizioni dei nastri impressi con i caratteri della stenotipia sono acclusi, di diritto, al fascicolo per il dibattimento (art. 483, comma 3), ne costituiscono parte integrante, e sono sottoposti, quanto alla lettura, alla disciplina di cui all'art. 511 (cui si rinvia).

Le loro risultanze sono utilizzabili ai fini della decisione.

Nullità del verbale

In difetto di una specifica disciplina, la giurisprudenza (Cass. V, n. 6399/2010; Cass. VI, n. 45939/2015), tenuto conto del principio di tassatività delle nullità (ex art. 177), ritiene che il verbale sia nullo, ai sensi dell'art. 142:

a ) se vi è incertezza assoluta sulle persone intervenute;

b ) se manca la sottoscrizione del pubblico ufficiale che lo ha redatto.

Integrerebbe, pertanto, una mera irregolarità l'omessa sottoscrizione del verbale da parte dell'interprete (Cass. VI, n. 45939/2015).

Il difetto di sottoscrizione

Per quanto riguarda il difetto di sottoscrizione, si è già osservato che il verbale di dibattimento, ai sensi dell'art. 480, è atto del cancelliere e non del giudice, poiché è il cancelliere che attribuisce al verbale autenticità e pubblica fede, attraverso la sua sottoscrizione, mentre, al contrario, il visto del giudice certifica l'esercizio, da parte sua, della funzione di controllo che, se non esercitata, non incide sulla validità dell'atto: ne consegue, quanto all'omessa sottoscrizione prevista a pena di nullità dall'art. 142, che soltanto l'omessa sottoscrizione del pubblico ufficiale che ha compilato il verbale, e non anche del giudice, rende nullo il verbale (Cass. V, n. 1470/1992; Cass. II, n. 25652/2003; Cass. III, n. 43803/2008).

La giurisprudenza precisa che il verbale di dibattimento è nullo solo se la sottoscrizione del pubblico ufficiale che lo ha redatto manchi nell'ultima pagina, e non anche quando il verbale non sia sottoscritto su ogni foglio, non essendo prevista, tra le cause di nullità, l'inosservanza di tutte le formalità indicate dall'art. 137: il verbale dibattimentale costituisce un atto unico ed è, pertanto, sufficiente, per la sua validità, che esso venga firmato in calce all'ultimo foglio da parte dell'ausiliario di cancelleria che ha assistito al dibattimento atteso che la sanzione di nullità non riguarda ogni inosservanza delle formalità indicate dall'art. 137, ma soltanto quelle che determinano incertezza assoluta sulle persone intervenute nella formazione dell'atto (Cass. II, n. 5386/1994; Cass. VI, n. 38047/2002; Cass. V, n. 1740/2011).

Quanto ai caratteri che la sottoscrizione deve presentare per risultare valida, premesso che per « sottoscrizione » deve intendersi il segno grafico, comunque vergato, apposto dall'ausiliario al termine del verbale da lui redatto, identificativo della persona che ha provveduto alla sua redazione, onde assicurare che provenga da soggetto in possesso dei requisiti di legge per la formazione di quell'atto pubblico fidefaciente, si è ritenuto che non occorre che dal verbale risultino il nome ed il cognome dell'ausiliario, né che il verbale sia firmato in modo leggibile: il processo verbale è, infatti, nullo qualora non vi sia almeno in sigla la sottoscrizione del pubblico ufficiale che lo ha compilato, e non quando il nome e cognome di questo non risultino in alcuna parte del verbale medesimo; è, inoltre, irrilevante che, attraverso detta sigla, non possa individuarsi il nome del sottoscrittore, salvo che si contesti, con una precisa accusa di falsità, l'effettiva partecipazione del pubblico ufficiale al dibattimento (Cass. II, n. 3513/1997; Cass. I, n. 7474/1994). In un'interessante applicazione giurisprudenziale (Cass. I, n. 8864/1989) si è chiarito che, qualora il segretario di udienza abbia apposto in calce all'ultimo foglio, come firma, solo l'indicazione del proprio prenome, e non anche del cognome, il verbale non è nullo, purché la sottoscrizione identificativa del soggetto qualificato ad apporla figuri nell'intestazione del verbale.

Si è anche ritenuto che, ai fini della validità di un verbale ex art. 142, a nulla rileva che le sottoscrizioni del dichiarante e del pubblico ufficiale redigente non risultino anche sulla copia depositata dal competente ufficio in prossimità dell'udienza (nel caso di specie, non dibattimentale), sia perché è sufficiente che le sottoscrizioni siano presenti sull'originale del verbale, sia perché può risultare lecito ometterle, per ragioni di cautela processuale.

La natura giuridica della nullità

Trattasi di nullità non assoluta (sia perché non è definita come tale da alcuna disposizione, sia perché non offende alcuno dei beni del giusto processo garantiti dall'art. 179, comma 1: Cass. IV, n. 3917/1998), ma relativa, con il conseguente onere della parte interessata di eccepirla immediatamente dopo il compimento dell'atto, quando essa vi assiste o, al massimo, con l'impugnazione della sentenza emessa al termine del giudizio in cui la nullità si è verificata (Cass. VI, n. 38658/2010: fattispecie in cui dal verbale di udienza non risultava l'identità del difensore che vi aveva partecipato; Cass. I, n. 40700/2015).

In particolare, la nullità relativa del verbale per difetto di sottoscrizione da parte del pubblico ufficiale va eccepita dal soggetto interessato tempestivamente, e cioè:

a ) con l'impugnazione della sentenza che definisce il giudizio, se questo si è articolato in una sola udienza;

b) all'udienza successiva rispetto a quella cui si riferisce il vizio, nel caso in cui il dibattimento si articoli in più udienze (se non eccepita all'udienza successiva, la nullità, secondo Cass. II, n. 2503/2007, sarebbe da ritenere sanata per accettazione degli effetti dell'atto, ex art. 183, comma 1, lett. a).

La parte che intende eccepire la nullità in oggetto deve essere mossa dall'interesse di porre in discussione o l'autenticità del verbale, oppure il suo stesso valore di atto pubblico (facente fede fino a querela di falso): ove manchi tale intento dell'interessato, il quale, invece, abbia formulato l'eccezione soltanto per uno scopo esclusivamente formale, difetterebbe l'interesse all'eccezione, ed il vizio degraderebbe a mera irritualità formale (priva di conseguenze processuali).

La giurisprudenza (Cass. I, n. 11077/1993) ha anche ritenuto che al p.m. (il quale, ai sensi dell'art. 73 Ord. giud., deve vigilare sulla corretta osservanza delle leggi) debba essere riconosciuto l'interesse, ai sensi dell'art. 182, comma 1, all'osservanza della disciplina dettata dall'art. 142 in tema di sottoscrizione del verbale di udienza, e che, d'altro canto, nei suoi confronti (come, peraltro, anche nei confronti delle altre parti) non possa operare la preclusione di cui all'art. 182, comma 2, non assistendo egli alla redazione del verbale; nondimeno, se il p.m. (come nel caso concreto all'esame della S.C.) non eccepisce la nullità del verbale di udienza nelle udienze successive a quella in cui il vizio si è prodotto (ed, anzi, produce documentazione, acquisita agli atti, e più in generale svolge regolarmente le sue attività processuali, come se le precedenti udienze fossero state regolari), con ciò egli dimostra di accettare, pur se solo implicitamente, ma inequivocabilmente, gli effetti degli atti nulli, con la conseguenza che deve ritenersi verificata la sanatoria di cui all'art. 183, comma 1, lett. a).

Casistica

Non costituisce motivo di nullità (neanche di ordine generale ex art. 178):

a ) l'omissione della trascrizione delle registrazioni di cui all'art. 139, pur in difetto del consenso delle parti previsto dall'art. 139, comma 5 (Cass. IV, n. 39656/2002; Cass. III, n. 514/2010: nella specie, il deposito delle trascrizioni delle fonoregistrazioni delle deposizioni testimoniali era avvenuto dopo il deposito della sentenza e della scadenza del relativo termine di impugnazione, presenti in atti i soli verbali redatti in forma riassuntiva, senza che su tale modalità di redazione vi fosse stato il consenso delle parti: nonostante ciò, la S.C. ha ribadito che non è causa di nullità o di altra sanzione processuale il tardivo deposito delle trascrizioni delle fonoregistrazioni). Il rigore dell'orientamento, non agevolmente giustificabile (soprattutto con riguardo all'applicazione appena esaminata) è stato, peraltro, gradualmente mitigato: si è, infatti, ammesso che — fermo restando il principio — la parte interessata abbia facoltà di richiedere un termine allo scopo di verificare la corrispondenza tra il contenuto della trascrizione e quello della registrazione (Cass. VI, n. 6140/2013: fattispecie nella quale la difesa lamentava che le trascrizioni erano state poste a sua disposizione soltanto all'udienza di discussione, con conseguente privazione della possibilità da parte sua di espletare una idonea difesa tecnica, ma non aveva fatto ricorso alla facoltà predetta); successivamente, sia pur con riferimento al giudizio di appello, si è anche ammesso che il tardivo deposito della trascrizione dei verbali dibattimentali delle udienze di primo grado non determina la nullità della sentenza e non costituisce causa che possa legittimare la presentazione dell'atto di impugnazione oltre i termini previsti a pena di decadenza, in quanto le parti possono esercitare i propri diritti richiedendo copia dei nastri magnetici oppure utilizzando i verbali redatti in forma riassuntiva, con riserva di presentare al deposito delle trascrizioni motivi nuovi o aggiunti (Cass. III, n. 956/2015);

b ) il mancato deposito della trascrizione dei verbali stenotipici nel termine di tre giorni: trattasi di termine come detto ( supra) meramente ordinatorio, pur se appare opportuno vigilare scrupolosamente sul suo rispetto sia per consentire alle parti, in vista di successive udienze in prosecuzione, l'adeguata predisposizione delle proprie difese (che non può non postulare la conoscenza delle trascrizioni dei verbali delle udienze precedenti), sia per consentire la redazione delle motivazioni nei termini previsti dalla legge (cfr. art. 544);

c ) l'effettuazione della verbalizzazione in forma riassuntiva senza il rispetto delle disposizioni previste dall'art. 134, comma 3, ovvero in difetto della riproduzione fonografica (Cass. II, n. 9663/1992: la S.C., in applicazione del principio, ha rigettato il ricorso dell'imputato che aveva dedotto la nullità del dibattimento di primo grado, e con essa la nullità delle sentenze del Tribunale e della Corte d'appello, perché il verbale di dibattimento di primo grado, redatto manualmente in forma riassuntiva, non era stato riprodotto fonograficamente; Cass. VI, n. 1400/2010; Cass. I, n. 13610/2012).

Bibliografia

Aprile- Silvestri, Il giudizio dibattimentale, Milano, 2006; Beltrani, Il dibattimento penale monocratico, Torino, 2003; Bianchi, Le modalità di verbalizzazione delle attività svolte in udienza, in Arch. n. proc. pen. 2007, 411; Favino, Trascrizione di verbali stenotipici e garanzie della difesa, in Arch. n. proc. pen. 2002, 453; Plotino, Il dibattimento nel nuovo codice di procedura penale, Milano, 1996; Rivello, Il dibattimento nel processo penale, Torino, 1997; Voena, voce Udienza penale, in Enc. dir., XLV, Milano, 1992, 495; Zaffalon, Trascrizione del verbale stenotipico entro tre giorni: è legittimo l'ostacolo all'immediata verifica della parte in ordine alla fedeltà e completezza?, in Riv. pen. 1993, 69.

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