Codice di Procedura Penale art. 521 bis - Modifiche della composizione del giudice a seguito di nuove contestazioni 1.

Alessandro Trinci

Modifiche della composizione del giudice a seguito di nuove contestazioni 1.

1. Se, in seguito ad una diversa definizione giuridica o alle contestazioni previste dagli articoli 516, commi 1-bis e 1-ter, 517, comma 1-bis, e 518, il reato risulta tra quelli attribuiti alla cognizione del tribunale per cui è prevista l'udienza preliminare [416 s.] e questa non si è tenuta, il giudice dispone con ordinanza la trasmissione degli atti al pubblico ministero 2.

2. L'inosservanza della disposizione prevista dal comma 1 deve essere eccepita, a pena di decadenza, nei motivi di impugnazione [581].

 

[1] Articolo aggiunto dall'art. 189 d.lg. 19 febbraio 1998, n. 51, con effetto dal 2 giugno 1999 ai sensi dell'art. 247, comma 1 d.lg. n. 51, cit.

[2] Comma così sostituito dall'art. 47, comma 7 l. 16 dicembre 1999, n. 479.

Inquadramento

L'articolo in esame prevede la regressione del procedimento alla fase investigativa qualora, a seguito di riqualificazione giuridica o di nuova contestazione, il fatto oggetto di imputazione venga, durante il dibattimento instaurato a seguito di citazione diretta, definito come reato per il cui accertamento occorre celebrare l'udienza preliminare.

Mutamento dell'imputazione e difetto di attribuzione

Qualora in seguito alle contestazioni di una circostanza aggravante, di un reato connesso ex art. 12, comma 1, lett. b), ovvero in conseguenza di una diversa qualificazione giuridica o di un fatto nuovo, il reato risulta tra quelli attribuiti alla cognizione del tribunale per cui è prevista l'udienza preliminare e questa non si è tenuta, il giudice deve disporre la trasmissione degli atti al pubblico ministero, restando esclusa la possibilità di pronunciare sentenza assolutoria per il reato originariamente indicato (Cass. I, n. 47111/2009).

La regressione del processo alla fase delle indagini preliminari è un espediente che serve ad assicurare all'imputato la possibilità di avvalersi, dopo la riconsiderazione del titolo di reato, delle garanzie difensive legate allo svolgimento dell'udienza preliminare.

La disposizione in esame ha carattere eccezionale, in quanto costituisce deroga al principio della non regressione del procedimento e, come tale, è di stretta interpretazione. Ne consegue che ne è esclusa l'operatività allorché un reato concorrente sia contestato per la prima volta in dibattimento nell'ambito di un processo per il quale, in relazione agli altri reati, si è tenuta l'udienza preliminare ed è stato disposto il rinvio a giudizio (Cass. I, n. 25258/2004).

Nel caso di trasmissione degli atti al pubblico ministero gli atti compiuti restano validi e le prove acquisite utilizzabili, dovendosi ritenere operante l'art. 33-nonies, anche se dedicato alla diversa ipotesi del vizio di composizione del tribunale (Achiluzzi, 181).

Se il giudice di primo grado, in seguito a riqualificazione dei fatti originariamente contestati, abbia deciso nel merito, anziché trasmettere gli atti al pubblico ministero ai sensi dell'art. 521-bis, la sentenza è affetta da nullità. Tuttavia, questa invalidità, pur se tempestivamente dedotta, non può essere dichiarata dal giudice di appello, né preclude allo stesso di decidere nel merito la regiudicanda, quando nella decisione di seconde cure è data al fatto la definizione giuridica enunciata nell'originaria imputazione e il giudizio su di essa spetta, secondo le regole generali, all'organo monocratico (Cass. II, n. 31474/2014).

Se, invece, è il giudice di appello a dare al fatto una nuova e diversa qualificazione giuridica che comporti la celebrazione dell'udienza preliminare, l’eventuale pronuncia sul merito dell'imputazione dovrà essere annullata dalla Suprema Corte con trasmissione degli atti al pubblico ministero al fine di consentire il recupero dell'udienza preliminare (Cass. VI, n. 8141/2019).

Se, poi, la riqualificazione del fatto nei termini sopra indicati viene effettuata dalla Corte di Cassazione in seguito all'accoglimento del ricorso immediato del pubblico ministero, la Corte deve annullare senza rinvio la sentenza del tribunale, in composizione monocratica, e trasmettere gli atti al P.m. (Cass. I, n. 43230/2009).

Anche in sede di giudizio abbreviato il giudice deve trasmettere gli atti al pubblico ministero ai sensi dell'art. 521-bis se ravvisa un'erronea qualificazione giuridica del fatto ed inquadrare lo stesso in una fattispecie criminosa in relazione alla quale risulta necessaria la celebrazione dell'udienza preliminare (Cass. I, n. 30827/2006, ad avviso della quale tale provvedimento non è precluso dall'eventuale decreto di archiviazione emesso in riferimento al reato come diversamente ritenuto dal giudice).

Nel giudizio direttissimo, invece, la disposizione in esame non trova applicazione, con la conseguenza che, in caso di contestazione suppletiva di una circostanza aggravante che determini l'attribuzione del reato alla cognizione del Tribunale in composizione collegiale, il giudice monocratico deve disporre la trasmissione degli atti in via orizzontale a quest'ultimo e non al pubblico ministero, anche quando, a seguito della diversa configurazione, il reato rientra fra quelli per cui è prevista l'udienza preliminare, e ciò in quanto il giudizio direttissimo è instaurabile anche per i reati per cui tale udienza è prevista, mentre la trasmissione degli atti al tribunale in composizione collegiale non comporta il mutamento del rito già regolarmente instaurato (Cass. II, n. 42742/2015).

Il capoverso della norma in commento prevede che l'inosservanza delle disposizioni enunciate nel primo comma debba essere dedotta, a pena di decadenza, attraverso i motivi d'impugnazione. Le parti, quindi, a pena di decadenza, devono eccepire nell'atto d'impugnazione la nullità che colpisce, a norma degli artt. 521, comma 1 e 522, la sentenza con cui il tribunale in composizione monocratica abbia qualificato il fatto descritto nell'imputazione come reato ricompreso tra quelli attribuiti alla cognizione del collegio. Qualora il tribunale in composizione monocratica abbia, invece, ritenuto di non dover dichiarare il difetto di attribuzione emerso in conseguenza di nuove contestazioni, disattendendo eventuali eccezioni formulate nei termini previsti dagli artt. 516, comma 1-bis e 1-ter, e 517, comma1-bis, da almeno una delle parti, queste ultime sono comunque tenute, a norma dell'art. 586, ad impugnare, unitamente alla sentenza, l'ordinanza con cui il giudice ha rigettato l'eccezione.

Per concludere occorre rilevare che la disposizione in esame non regola l'ipotesi in cui il tribunale in composizione monocratica, durante il dibattimento instaurato a seguito di udienza preliminare, accerti che il reato emerso a seguito di modifica o ampliamento dell'imputazione ovvero di mutamento della definizione giuridica del fatto appartiene alla cognizione del tribunale in composizione collegiale. Si ritiene che in questa ipotesi debba trovare applicazione l'art. 33-septies, comma 1, c.p.p. laddove impone al giudice monocratico di trasmettere gli atti al collegio (Lozzi, 488; Rigo, 142).

Secondo altri autori, invece, sarebbe sempre necessaria la regressione del processo, quantomeno alla fase dell'udienza preliminare, per salvaguardare le prerogative del pubblico ministero nell'esercizio dell'azione penale e quelle dell'imputato nell'esplicazione del diritto di difesa (Chinnici, in Gaito, 3310).

Bibliografia

V. sub Artt. 516, 518, 521. Rigo, Le nuove disposizioni in tema di competenze penali del tribunale nel quadro della riforma del giudice unico, in Peroni (a cura di), Il processo penale dopo la riforma del Giudice unico, Padova, 2000, 115.

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