Codice di Procedura Penale art. 524 - Chiusura del dibattimento.Chiusura del dibattimento. 1. Esaurita la discussione, il presidente dichiara chiuso il dibattimento. InquadramentoTra la dichiarazione di chiusura dell'istruttoria dibattimentale e la deliberazione della sentenza vi è la fase della discussione e della precisazione delle conclusioni. L’art. 524 dispone che, appena esaurita la discussione (e rassegnate le conclusioni), il presidente dichiara chiuso il dibattimento, tuttavia l’omessa verbalizzazione della chiusura del dibattimento, al pari dell’omessa verbalizzazione dell’apertura del dibattimento, non determina alcuna nullità (SIRACUSANO, 1999). È possibile ripartire su diverse udienze la discussione, ma non la dichiarazione di chiusura del dibattimento: una volta esaurita la discussione non è ammesso il rinvio dell’udienza. Effetto della dichiarazione di chiusura del dibattimento è che il giudice, monocratico o collegiale, è da quel momento in camera di consiglio per la decisione, sicché nessun'altra attività processuale può essere svolta in assenza di nuovo ordine del giudice (Cordero, 950). La dichiarazione di chiusura del dibattimento è nulla se interviene prima che la discussione sia conclusa, e determina la nullità delle attività successive; si tratta di nullità di ordine generale a regime intermedio. L'esaurimento della discussioneLa discussione è esaurita non appena abbiano preso la parola tutte le parti presenti o rappresentate, siano state svolte le repliche richieste e sia stata data la parola per ultimo, se richiesta, all'imputato e/o al suo difensore. Non appena l'ultima persona ammessa alla discussione conclude il proprio intervento, il giudice monocratico, o il presidente del collegio, dichiara chiuso il dibattimento e l'organo giudicante si ritira immediatamente in camera di consiglio per la decisione. La cronologiaLa dichiarazione di chiusura del dibattimento deve seguire immediatamente l'esaurimento della discussione, sicché non è consentito il rinvio, nemmeno orario, di tale dichiarazione. È possibile che la discussione, per ragioni legate alla complessità della stessa o al numero di parti chiamate a rassegnare le proprie conclusioni, venga ripartita su più udienze, ma tale evenienza è vietata con riferimento alla dichiarazione di chiusura del dibattimento che deve necessariamente seguire immediatamente l'esaurimento della discussione. Nella prassi si assiste talvolta al rinvio dell'udienza per consentire, alla parte che ne abbia diritto e ne abbia fatto richiesta, di svolgere repliche in altra data, in occasione della quale la parte interessata rende repliche assai modeste o addirittura vi rinunzia. Tale evenienza, che di fatto si traduce nel rinvio della dichiarazione di chiusura del dibattimento e del conseguente inizio della camera di consiglio, non deve confondere, perché il rinvio, come indicato, non segue l'esaurimento della discussione, ma interviene allorché la discussione è ancora in corso perché una parte viene ammessa a svolgere repliche, sia pure ad una udienza successiva. La conseguenza è che la fase della discussione è ancora aperta e pertanto, all'inizio dell'udienza di rinvio, la dichiarazione di chiusura del dibattimento conseguente all'esaurimento della discussione, non è ancora stata pronunziata, e le parti conservano le relative facoltà non ancora esercitate, tra cui in particolare quelle di chiedere la parola per ultime e di richiedere l'assunzione di nuove prove assolutamente necessarie. Tuttavia, è da considerarsi intempestivo il deposito di una memoria successivo alla già avvenuta discussione, con la quale - ferme ovviamente le già rassegnate conclusioni - s'intendano introdurre nuovi temi probatori: in un caso in cui il processo era stato differito per l'eventuale esercizio della facoltà di replica, poi oggetto di rinuncia, il giudice a quo aveva rigettato la richiesta di acquisizione di una memoria non meramente riepilogativa della tesi difensiva, ma contenente nuovi temi di prova in precedenza non sviluppati; la S.C., nel rigettare le doglianze della difesa, ha affermato che in tal modo si realizza una evidente lesione del contraddittorio, e si incide sull'ordinato svolgimento della discussione. Pertanto, l'omessa valutazione della memoria tardivamente depositata non determina la nullità della sentenza, né rileva ai fini della correttezza della motivazione della decisione (Cass. VI, n. 38757/2016). La natura del provvedimento di chiusura del dibattimentoLa dichiarazione di chiusura del dibattimento è un provvedimento presidenziale e non già collegiale, sicché esso è assunto dal giudice monocratico o dal presidente del collegio, pertanto a nulla vale, formalmente, l'eventuale diverso parere dei giudici a latere, né è ammissibile che si svolga una camera di consiglio circa l'opportunità di dichiarare chiuso il dibattimento. Tale dichiarazione si distingue dalla dichiarazione di chiusura dell'istruttoria dibattimentale, che prelude all'inizio della discussione, perché mentre questa dichiara chiusa esclusivamente quella fase del dibattimento, dedicata all'assunzione delle prove, la prima determina la chiusura dell'intera fase dibattimentale. La dichiarazione di chiusura del dibattimento, inoltre, assume natura formale, sicché mentre la dichiarazione di chiusura dell'istruttoria può desumersi per fatti concludenti dalla decisione del presidente di dare la parola alle parti per la discussione, tanto non vale per la dichiarazione di chiusura del dibattimento, che deve essere oggetto di formale dichiarazione dettata a verbale dal giudice monocratico o dal presidente del collegio, anche in ragione degli effetti che ne derivano. Gli effettiUna volta pronunziata la dichiarazione di chiusura del dibattimento, il giudice monocratico o il collegio devono ritirarsi immediatamente in camera di consiglio per la deliberazione e nessuna attività processuale può essere svolta in assenza di nuovo ordine dell'organo giurisdizionale. Non è dunque ammesso il differimento ad altra udienza né il differimento orario e le parti non possono esercitare alcun diritto o facoltà processuale (Plotino, 192). Dopo la chiusura del dibattimento non può essere contestata alcuna circostanza aggravante (Cass. V, n. 19008/2014), e le prove ammesse ma non assunte devono intendersi implicitamente revocate; tuttavia, è legittima la contestazione di una circostanza aggravante al termine dell'escussione testimoniale disposta, ai sensi dell'art. 507, subito dopo le conclusioni formulate dalle parti nella discussione finale, ferma restando la concedibilità all'imputato di un termine a difesa (Cass. fer., 36717/2013; Cass. VI, n. 42182/2012). Nella prassi, può accadere che al fine di non sottoporre il pubblico in attesa della chiamata di altri giudizi a lunghe attese, l'organo giurisdizionale dichiari chiuso il dibattimento e si intrattenga in aula per celebrare altri giudizi calendarizzati per la medesima udienza. Anche in questo caso le parti non possono esercitare alcuna facoltà o diritto processuale fino a che l'organo giurisdizionale abbia pubblicato la propria decisione. Può essere senz'altro dato atto a verbale, tuttavia, che una o più parti sono comparse dopo la chiusura del dibattimento e che la camera di consiglio non ha avuto inizio immediatamente dopo detta chiusura. La patologiaQualora la dichiarazione di chiusura del dibattimento intervenga prima che sia esaurita la discussione, essa è nulla e la nullità travolge gli atti successivi, tra cui la sentenza. Si tratta di nullità di ordine generale a regime intermedio, attenendo all'assistenza ed alla rappresentanza dell'imputato e delle altre parti private nonché alla partecipazione del pubblico ministero al procedimento, e trattandosi di nullità consistente proprio nell'avere impedito ad una o più di tali parti di rassegnare le proprie conclusioni o le richieste repliche o di prendere la parola per ultime nel caso dell'imputato e del suo difensore, essa va eccepita o rilevata di ufficio entro la deliberazione della sentenza del successivo grado di giudizio. CasisticaLa dichiarazione di chiusura del dibattimento adottata all'esito dell'esaurimento della discussione può essere revocata e la revoca può essere adottata formalmente o per fatti concludenti, qualora il presidente del collegio, o il giudice monocratico, assuma provvedimenti incompatibili con l'inizio della deliberazione ed orientati al compimento di ulteriori attività dibattimentali, come l'assunzione di nuove prove ai sensi dell'art. 507 dell'art. 495 (Cass. VI, n. 49567/2003); nel caso di specie, il giudice si era limitato a dichiarare la necessità di “fare un passo indietro” esaurita la discussione. La dichiarazione di chiusura del dibattimento successiva all'esaurimento della discussione impedisce ogni ulteriore attività processuale e sana l'omissione di ogni attività istruttoria ammessa ma non compiuta che non sia stata richiamata in sede di discussione o comunque in tal sede coltivata dalla parte interessata (Cass. V, n. 19008/2014). Quando sia stata chiusa l'istruttoria dibattimentale senza un formale autonomo provvedimento di revoca di una prova richiesta ma non assunta, la parte presente che aveva l'interesse alla assunzione, ha l'onere di avanzare apposita eccezione nella fase delle precisazioni delle conclusioni, in ossequio al principio di diritto per cui, quando la parte vi assiste, le nullità di cui agli artt. 180 e 181 concernenti la deliberazione di esaurimento dell'assunzione delle prove debbono essere eccepite, a pena di decadenza, in sede di formulazione e precisazione delle conclusioni; ne consegue che un tale rilievo, avanzato per la prima volta in sede d'appello, deve considerarsi tardivo (Cass. VI, n. 42182/2012; Cass. III, n. 29649/2018). Il principio è stato ribadito in tema di testimonianza indiretta: laddove il giudice dichiari la chiusura dell'istruttoria dibattimentale senza procedere all'esame del teste di riferimento richiesto dalla difesa dell'imputato, quest'ultima deve eccepire il vizio, a pena di decadenza, in sede di formulazione e precisazione delle conclusioni, configurandosi altrimenti una rinuncia tacita all'adempimento, che rende utilizzabili le dichiarazioni "de relato" anche al di fuori delle ipotesi tassativamente previste dall'art. 195, comma 3, (Cass. V, n. 8434/2020). BibliografiaPlotino, Il dibattimento nel nuovo codice di procedura penale, Milano, 1991; Spangher, Atti processuali penali, Milano, 2013. |