Codice di Procedura Penale art. 544 - Redazione della sentenza 1 .

Donatella Perna

Redazione della sentenza1.

1. Conclusa la deliberazione [525-528], il presidente redige e sottoscrive il dispositivo [546 1b]. Subito dopo è redatta una concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la sentenza è fondata [546 1e].

2. Qualora non sia possibile procedere alla redazione immediata dei motivi in camera di consiglio [548], vi si provvede [154 att.] non oltre il quindicesimo giorno da quello della pronuncia [617]2.

3. Quando la stesura della motivazione è particolarmente complessa per il numero delle parti o per il numero e la gravità delle imputazioni, il giudice, se ritiene di non poter depositare la sentenza nel termine previsto dal comma 2, può indicare nel dispositivo un termine più lungo, non eccedente comunque il novantesimo giorno da quello della pronuncia [585].

3-bis. Nelle ipotesi previste dall'articolo 533, comma 3-bis, il giudice provvede alla stesura della motivazione per ciascuno dei procedimenti separati, accordando precedenza alla motivazione della condanna degli imputati in stato di custodia cautelare. In tal caso il termine di cui al comma 3 è raddoppiato per la motivazione della sentenza cui non si è accordata precedenza3.

 

[1] Per la sospensione dei termini per il deposito della motivazione nell’ambito delle misure urgenti adottate per contrastare l’emergenza epidemiologica da Covid-19, v. art. 83, comma 2, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, conv., con modif., in l. 24 aprile 2020, n. 27 .

[2] Comma modificato dall'art. 6 d.l. 1° marzo 1991, n. 60, conv., con modif., nella l. 22 aprile 1991, n. 133. V. anche sub art. 548.

[3] Comma aggiunto dall'art. 4, comma 2 d.l. 24 novembre 2000, n. 341, conv., con modif., in l. 19 gennaio 2001, n. 4.

Inquadramento

L'art. 544 dispone che appena conclusa la deliberazione in camera di consiglio, il giudice, o il presidente del collegio, scrive e firma il dispositivo, facendolo seguire da una concisa esposizione dei motivi di fatto e diritto. Il  dispositivo costituisce la parte conclusiva della sentenza, attraverso cui si dà concreta attuazione alla volontà della legge, e deve contenere una delle formule tassativamente previste nel codice: se il giudice ha deciso il proscioglimento, esso dovrà contenere una delle formule tipiche previste dagli artt. 529-531; se ha deciso la condanna, dovrà contenere il capo penale relativo alla applicazione della pena e, se vi è stata costituzione di parte civile, il capo civile con la decisione sul risarcimento del danno. La mancanza o la incompletezza del dispositivo con riferimento a detti requisiti minimi dà luogo ad un vizio non emendabile con la procedura di correzione ex art. 130, trattandosi di adempimenti previsti a pena di nullità. Se non è possibile procedere in camera di consiglio all'estensione dei motivi, essi devono essere depositati in cancelleria entro quindici giorni dalla pubblicazione del dispositivo, salvo il caso in cui la motivazione sia assai complessa per numero delle parti o per numero e gravità delle imputazioni, e di conseguenza il giudice o il presidente  indicherà nel dispositivo un termine più esteso (vedi infra).

Le modalità di deposito della motivazione

Il principio di immediatezza che governa il processo penale impone, in linea generale, che le motivazioni della sentenza, che devono essere concise sebbene tale caratteristica non sia prevista a pena di nullità (Cass. IV, n. 24732/2010), siano scritte in camera di consiglio di séguito al dispositivo, e lette alle parti in udienza insieme con quest'ultimo. La giurisprudenza ha opportunamente precisato che le parti possano concordare di “dare per letta” la motivazione della sentenza contestualmente redatta, ed in tal caso il termine per proporre impugnazione decorre da tale momento; tuttavia , anche in assenza di accordo, tale modalità di pubblicazione non impedisce l'immediato accesso alla motivazione, sicchè  è pienamente legittima (Cass. VII, n. 39812/2015).

Inoltre, ben può il presidente del collegio, relatore ed estensore della sentenza penale, depositare la motivazione dopo il suo collocamento a riposo, in quanto l'accertamento delle condizioni di capacità del giudice deve essere compiuto con riferimento alla emissione della decisione, non incidendo sulla sostanza dell'atto ormai emanato il venir meno delle suddetta capacità al momento della redazione della motivazione (Cass. V, n. 17795/2017).

Si è ulteriormente precisato a tal proposito, che il giudice conclude la sua attività giurisdizionale con la lettura del dispositivo in udienza, mentre la redazione della motivazione ha lo scopo di rendere edotte le parti delle ragioni che lo hanno indotto a prendere la decisione già pubblicata (Cass. III, n. 4692/2020).

Dalla lettura congiunta degli artt. 544  e 545 si evince una netta preferenza del legislatore per la stesura contestuale della motivazione, che dovrebbe consentire un immediato controllo sociale da parte della pubblica opinione  sulla decisione, azzerare la divaricazione cronologica tra dispositivo e motivazione, attuare pienamente il principio di immediatezza e garantire una minore artificiosità del procedimento decisorio (Siracusano).

Termini di deposito della motivazione

Quando il giudice ritenga di non poter estendere i motivi contestualmente al dispositivo, a norma dell'art. 544, comma 2,  può pubblicare il solo dispositivo mediante lettura di esso alle parti in udienza, in tal caso restando obbligato a depositare i motivi entro i successivi quindici giorni (il dies a quo non si computa, Cass. VI, n. 23608/2022). La delibazione del giudice circa l'impossibilità di estendere i motivi in camera di consiglio non deve essere assunta in contraddittorio, non richiede l'assunzione di pareri, non deve essere motivata e nemmeno specificamente espressa, sicché nessuna nullità è ricollegata alla decisione del giudice di non darne alcuno specifico conto. Infatti, tale ipotesi di differimento nel deposito dei motivi, a differenza di quella prevista nel comma successivo, prescinde da valutazioni di tipo quantitativo ed è rimessa alla completa discrezionalità del giudice, essendo chiara la voluntas legis di riconoscere all'organo giudicante la possibilità di scegliere tra motivazione contestuale e motivazione differita (Pisapia).  

Quando invece il giudice ritenga di non poter depositare la motivazione entro il termine di quindici giorni, in quanto essa si presenta particolarmente complessa a causa del numero delle parti o del numero e della gravità delle imputazioni, può fissare, con l'onere di indicarlo nel dispositivo ma anche nel verbale di udienza (Cass. V, n. 32737/2010), un termine maggiore,, comunque non superiore al novantesimo giorno dalla lettura del dispositivo.

In considerazione della particolare estensione della discrezionalità riconosciuta al giudice nella materia (Pisapia, 116), il maggior termine assegnato va indicato nel dispositivo (Cass. III, n. 36549/2008) e le ragioni di tale decisione vanno esplicitate nella motivazione della sentenza, sebbene nessuna nullità sia ricollegata alla violazione di alcuno di tali obblighi, se non potenziali conseguenze di carattere disciplinare.

In caso di divergenza tra dispositivo e motivazione in ordine al termine per il deposito della sentenza, deve accordarsi prevalenza al termine indicato nel dispositivo letto in udienza, non essendo ammessa alcuna successiva modifica dello stesso se non mediante la procedura di cui all'art. 154, co. 4-bis, disp. att. c.p.p. (Cass. II, n. 46856/2021).

Va peraltro rammentato che tutti i termini di deposito sono meramente ordinatori, non essendo previste cause di decadenza o di nullità connesse alla loro inosservanza (Cass. V, n. 15660/2020), sebbene possano ovviamente mutare i termini per eventuali impugnazioni. A prescindere  dal caso della motivazione contestuale, in cui il termine per proporre impugnazione è di giorni quindici, decorrenti dalla lettura del provvedimento in udienza, possono presentarsi le seguenti ipotesi:

a)     I motivi sono depositati entro gli ordinari quindici giorni dalla decisione: in tal caso opera una presunzione legale di conoscenza nei confronti delle parti interessate, e il termine di trenta giorni per proporre impugnazione (art. 585, comma 1, lett. b) decorre dal sedicesimo giorno successivo alla decisione.

b)    I motivi sono depositati oltre gli ordinari quindici giorni dalla decisione, ma nel dispositivo non è stato indicato alcun maggior termine: il termine di trenta giorni per proporre impugnazione  decorre dalla notificazione o comunicazione  dell'avviso di avvenuto deposito della sentenza (S.U. n. 5878/1997; Cass. III, n. 36549/2008). Dunque non opera il termine più lungo di quarantacinque giorni previsto per il caso in cui il maggior termine sia indicato nel dispositivo di sentenza.

c)     I motivi sono depositati nel termine maggiore di quindici giorni, ritualmente indicato nel dispositivo: l'impugnazione va proposta entro quarantacinque giorni, decorrenti dalla scadenza del termine medesimo  (art. 585, comma 2, lett. b”), ancorché il deposito sia poi concretamente avvenuto in anticipo (Cass. III, n. 35149/2017).

d)    I motivi sono depositati in ritardo rispetto al termine fissato dal giudice in dispositivo: l'impugnazione va proposta entro quarantacinque giorni dal giorno della notificazione o comunicazione dell'avviso di deposito.

Va da ultimo ricordato che il termine per la redazione della sentenza non è soggetto alla sospensione feriale prevista dall'art. 1, l. n. 742/1969, diversamente da quello assegnato per l'impugnazione della sentenza depositata nel corso di tale periodo, il quale inizia a decorrere una volta che la sospensione feriale si sia conclusa (Cass. V, n. 18328/2017); ad esso si applica la regola posta dall'art. 172, comma  3, secondo cui il termine stabilito a giorni, che cade in giorno festivo, è prorogato di diritto al giorno successivo non festivo (Cass. S.U. n. 155/2011): in tal caso non sarà necessaria la notificazione o comunicazione dell'avviso di deposito, che invece sono necessarie se il dispositivo abbia indicato un termine non rispettato (Cass. IV,  n. 51325/2018).

Il termine di deposito deve intendersi pari a giorni novanta, laddove nel dispositivo di sentenza sia richiamato l'art. 544 senza ulteriori indicazioni; nessuna nullità discende dalla circostanza che non sia riportato in motivazione o nel testo depositato dopo la redazione della motivazione (Cass. I, n. 40282/2013).

Nel caso, poi,  di proroga del termine per la redazione della motivazione, disposta ai sensi dell'art. 154, comma 4-bis, disp. att. c.p.p., il dies a quo per l'impugnazione del pubblico ministero decorre dalla scadenza del termine risultante dal provvedimento di proroga, qualora questo gli sia stato comunicato, e, in caso contrario, dalla comunicazione dell'avviso di deposito della sentenza (Cass. IV, n. 58249/2018).

L'omessa traduzione della sentenza nei confronti dell'imputato alloglotta incide sul termine per impugnare, che (ri)decorre dalla comunicazione della sentenza in lingua nota all'imputato; e a tal fine deve procedersi con il rimedio di cui all'art. 175 c.p.p.: scaduto il termine per l'impugnazione della sentenza non tradotta l'imputato, preso atto dell'omessa traduzione, potrà chiedere la restituzione del termine per impugnare, sollecitando la traduzione. Il nuovo termine decorrerà dalla comunicazione del provvedimento tradotto (Cass., II, n. 22465/2022).

Procedimento innanzi al Giudice di pace

A norma dell'art. 32 d.lgs. n. 274/2000 la motivazione della sentenza è redatta dal giudice in forma abbreviata e depositata nel termine di quindici giorni dalla lettura del dispositivo, ma questi può anche dettare la motivazione direttamente a verbale.

Ha precisato la giurisprudenza che la sentenza depositata dal giudice di pace oltre il quindicesimo giorno deve ritenersi fuori termine, anche quando il deposito avvenga entro il maggior termine indicato nel dispositivo, con la conseguenza che, in tal caso, il termine per impugnare è quello di giorni trenta, decorrenti, per le parti presenti, dal quindicesimo giorno successivo all'emissione della sentenza e, per le parti non presenti e, comunque, nel caso di deposito della sentenza oltre il quindicesimo giorno, dalla data in cui è avvenuta la notificazione dell'avviso di deposito ai sensi dell'art. 548, comma 2: la previsione di cui all'art. 32 cit., secondo cui il giudice di pace deve depositare la motivazione entro 15 giorni qualora non la detti a verbale - implica che quest'ultimo non può autoassegnarsi un termine diverso e maggiore, trattandosi di deroga all'art. 544, sicchè non può trovare applicazione l'art. 2 d.lgs. n. 274/2000, che prevede l'estensione delle norme del codice di rito nei procedimenti dinanzi al giudice di pace a meno che non sia diversamente stabilito (Cass., IV, n. 36767/2020; Cass. II, n. 50391/2019 ).

Proroga del termine differito

Il termine differito può essere prolungato in due casi:

a)     Nell’ipotesi di motivazione frazionata, laddove il giudice abbia applicato l'art. 533, comma 3-bis, e abbia separato le posizioni degli imputati in custodia cautelare i cui termini di carcerazione siano prossimi alla scadenza: in tal caso le motivazioni relative alle posizioni per cui è applicata custodia cautelare resteranno soggette al termine massimo di novanta giorni, mentre quelle relative alle altre posizioni potranno essere depositate nel maggior termine di centottanta giorni.

b)     Nell’ipotesi di autorizzazione ex art. 154 bis disp. att., su richiesta del giudice estensore, da parte del Presidente del Tribunale o della Corte d’Appello, che può essere concessa una sola volta e per un periodo massimo di novanta giorni, e  comprendere, se del caso, anche l’esonero del giudice estensore da altri incarichi. In tal caso il relativo provvedimento, sia che neghi sia che accordi l’autorizzazione, deve essere comunicato al C.S.M.

Quanto all’ipotesi sub a), essa è stata prevista dal d.l. n. 341/2000, conv. con modif.,  nella l. n. 4/2001, che ha introdotto nell’art. 544  il comma 3-bis, in relazione alle modalità di redazione dei motivi della sentenza nell’ambito dei processi di cui all’art. 407 comma 2 lett. a), tra cui rientrano quelli di criminalità organizzata. Come si è detto, è qui previsto che il giudice possa a sua discrezione separare le posizioni degli imputati in stato di custodia cautelare (cui sono equiparati quelli agli arresti domiciliari ex art. 284, comma 5), qualora i termini custodiali siano prossimi alla scadenza (art. 533, comma 3-bis), e dare la priorità alla motivazione delle sentenze di condanna relative ai cautelati. In tal caso, il termine per il deposito delle motivazioni relative alle sentenze degli imputati non detenuti è automaticamente raddoppiato a giorni centottanta. Il provvedimento di separazione va adottato normalmente in dispositivo, ma nulla vieta che sia adottato anche successivamente, e ritualmente notificato alle parti. La scelta legislativa di consentire il raddoppio del termine massimo in relazione ai motivi riguardanti le posizioni di imputati separate rispetto alle posizioni di imputati sottoposti a custodia cautelare, è coerente con la ratio di consentire al giudice di concentrarsi sulla tempestiva estensione dei motivi da cui dipende il rispetto del termine di custodia cautelare, rinviando ad epoca successiva al soddisfacimento di tale primaria esigenza l'estensione dei motivi relativi alle posizioni non gravate dall'applicazione della custodia cautelare. In dottrina è stato precisato che al termine già raddoppiato all'esito della separazione delle pronunzie, non trova applicazione il raddoppio previsto dall'articolo 154 bis disp. att. (Lorusso, 1580).

Quanto all’ipotesi sub b), in giurisprudenza è stato precisato che si tratta di una deroga dettata dalla particolare complessità del procedimento,  vuoi per il numero degli imputati, vuoi per la particolarità delle questioni trattate, che vale ovviamente solo per il giudice, dovendo egli attendere personalmente alla stesura della motivazione e nel contempo occuparsi degli altri provvedimenti a lui affidati. Si è giustamente rilevato che la stesura della motivazione della sentenza non è delegabile da parte del giudice ad altri, mentre il difensore incaricato della stesura dell'atto di impugnazione può certamente avvalersi della collaborazione di altri professionisti facenti parte del suo studio, ed ha quindi un'ampia libertà organizzativa che non si ritrova per il giudice (Cass. III, n. 3114/2016). Il provvedimento di proroga va notificato alle parti, (Cass. VI, n. 15477/2014), tuttavia, l'omessa comunicazione non costituisce causa di nullità e non incide sull'efficacia della conseguente ordinanza di sospensione dei termini di custodia cautelare emessa dal giudice ex art. 304, comma 1, per il tempo necessario alla redazione della sentenza (Cass. II, n. 50142/2017), sempre che tale ordinanza sia adottata prima della scadenza del termine di durata della misura (Cass. VI, n. 29150/2017).

Termini di deposito della motivazione della sentenza di non luogo a procedere

L’art. 424 comma 4 dispone espressamente che qualora non sia possibile procedere alla motivazione immediata dei motivi della sentenza di non luogo a procedere, il giudice provvede non oltre il trentesimo giorno dalla pronuncia. Le S.U. hanno precisato che è irrilevante l'eventualità che il giudice abbia irritualmente stabilito un termine più ampio per il deposito della suddetta motivazione (Cass. S.U. n. 21039/2011); tuttavia in tal caso, come in quello in cui, a prescindere dalla apposizione di un  termine in dispositivo, la motivazione sia depositata oltre i trenta stabiliti dalla legge, il termine di giorni quindici per impugnare (art. 585 comma 1, lett. a) decorre dalla comunicazione o dalla notificazione dell'avviso di deposito della motivazione medesima (S.U. cit.; Cass. VI, n. 47565/2013).

Termini di deposito della motivazione della sentenza resa all’esito di giudizio abbreviato

L’art. 442, comma1, rinvia espressamente agli artt. 529 e ss., sicché la disciplina applicabile è quella del giudizio dibattimentale, compresa quella sui termini di deposito e di impugnazione.

Termini di deposito della motivazione delle altre sentenze camerali

Le altre sentenze camerali, come ad es. quella predibattimentale di non doversi procedere per la particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis c.p., vanno depositate integralmente (motivazione e dispositivo) entro il termine di cinque giorni stabilito dall’art. 128. 

Deposito della motivazione della sentenza di patteggiamento

La motivazione della sentenza di applicazione della pena su richiesta deve essere depositata contestualmente alla sua pronuncia e, in caso di mancato deposito contestuale, anche per l'irrituale indicazione in dispositivo di un termine a tale scopo, il termine di quindici giorni per l'impugnazione della sentenza pronunciata in camera di consiglio, ai sensi degli artt. 585, comma primo, lett. a), e 585, comma secondo, lett. a), c.p.p., decorre - esclusa qualsiasi nullità della sentenza stessa ed indipendentemente dall'osservanza del predetto termine – dall'ultima notificazione o comunicazione dell'avviso di deposito del provvedimento (Cass. S.U., n. 40986/2018).

In motivazione, le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno osservato che l'art. 448, comma 1, stabilisce che la sentenza è pronunciata «immediatamente»: formulazione, questa, espressiva di una regola che non prevede un termine legale per il deposito della sentenza di applicazione della pena su richiesta, ma la motivazione contestuale alla decisione.

La sospensione dei termini di custodia cautelare e della prescrizione

A  mente dell'art. 304,  comma 1 lett. c), i termini di custodia cautelare sono sospesi nella fase del giudizio, durante la pendenza dei termini per la stesura della motivazione ex art. 544 comma 2 e 3, con ordinanza appellabile a norma dell'art. 310.

Nel caso, poi, di proroga straordinaria del termine di deposito della motivazione della sentenza, ai sensi dell'art. 154, comma 4-bis, disp. att. c.p.p., la S.C. ha affermato che è legittima la motivazione "per relationem" dell'ordinanza di sospensione che richiami il provvedimento del capo dell'ufficio di proroga straordinaria, poiché la predetta norma è sistematicamente correlata all'art. 544, comma 3, c.p.p.; pertanto il rinvio operato a detta disposizione dall'art. 304, comma 1 lett. c),  ai fini della sospensione dei termini di custodia cautelare nella fase del giudizio ed in pendenza del tempo necessario alla redazione della sentenza, comprende anche il periodo eventualmente prorogato con provvedimento presidenziale, il quale integra a pieno titolo l'originario termine assegnato al giudice per la stesura della motivazione (Cass. II, n. 12809/2020).

L'omessa comunicazione alle parti del provvedimento presidenziale di proroga, non costituisce causa di nullità e non incide sull'efficacia della conseguente ordinanza emessa dal giudice del processo, di sospensione ex art. 304, comma 1, dei termini di custodia cautelare per il tempo necessario alla redazione della sentenza (Cass. II, n. 50143/2017).

Componendo un contrasto insorto in seno alle sezioni semplici, le Sezioni Unite hanno recentemente affermato che tale sospensione cessa alla scadenza del termine stabilito dalla legge o determinato dal giudice nel dispositivo, con la conseguenza che da tale data riprendono a decorrere i termini di fase della custodia cautelare, sicchè è irrilevante a questi fini l'effettivo deposito della motivazione in un termine eventualmente più breve (Cass. S.U., n 33217/2016).

Va altresì ricordato che durante la pendenza del termine per redigere la motivazione, è sospesa anche la prescrizione, qualora vi siano imputati sottoposti a misura custodiale e sia stata disposta la sospensione del termine di custodia: l'art. 159 comma 1 c.p., prevede che "il corso della prescrizione rimane sospeso in ogni caso in cui la sospensione (...) dei termini di custodia cautelare è imposta da una particolare disposizione di legge” (uno di tali casi è appunto quello del tempo in cui vengono redatti i motivi della sentenza: cfr. l'art. 304, comma 1, lett. c: Cass. II, n. 677/2014), e a nulla rileva l'eventuale revoca - nelle more del termine fissato per il deposito della motivazione - della misura custodiale il cui termine di durata era sospeso (Cass. II, n. 52316/2016).

È stato altresì precisato che ai fini del computo della prescrizione rileva il momento della lettura del dispositivo della sentenza di condanna e non quello successivo del deposito della stessa (Cass. II, 46261/2019, in fattispecie nella quale  la Corte ha escluso che il reato si fosse prescritto, in quanto il termine relativo era decorso nelle more tra la lettura del dispositivo e il deposito della sentenza). 

Casistica

La disciplina dei termini di deposito della sentenza, in caso di successione di legge nel tempo, va individuata in quella vigente all'epoca della pronunzia del dispositivo (Cass. II, n. 29489/2003).

È stato altresì affermato che integra fatto costituente forza maggiore, che può giustificare la restituzione nel termine per l'impugnazione, l'errata informazione ricevuta dalla cancelleria circa l'omesso tempestivo deposito della sentenza nei termini di rito; tuttavia, l'istante ha l'onere di provare rigorosamente - mediante attestazione di cancelleria o altro atto o fatto certo - il verificarsi della circostanza ostativa al tempestivo esercizio della facoltà di impugnazione e non può limitarsi ad allegare a sostegno del proprio assunto dichiarazioni provenienti da lui o da altri difensori interessati (Cass. II, n. 44509/2015).

La mancata sottoscrizione del dispositivo pubblicato mediante lettura in udienza non determina alcuna nullità, non essendo dubbi la provenienza né il contenuto della decisione (Cass. III, n. 38355/2013).

L'indicazione del maggior termine per il deposito della sentenza entro il novantesimo giorno può essere validamente eseguita a verbale (Cass. V, n. 32737/2010); inoltre, l'indicazione del termine per il deposito della motivazione, rilevante al fine della determinazione della decorrenza del termine per impugnare, deve essere contenuta nel dispositivo letto in udienza, ma non è necessario che sia riportata anche nel testo della sentenza dopo la redazione della motivazione, né la sua omissione in questa sede determina la nullità della sentenza (Cass. III, n. 42452/2015).

La violazione da parte del giudice del termine per il deposito della sentenza, stabilito dall'art. 544, può avere conseguenze di altro genere, ad es. di carattere disciplinare, ma non determina la nullità del provvedimento, né tanto meno la sua inutilizzabilità o inammissibilità; tanto meno emergono in tal caso profili di incostituzionalità per violazione del diritto di difesa, atteso che il diritto dello Stato all'amministrazione della giustizia ed alla repressione dei reati verrebbe vanificato se si prevedesse la nullità dei provvedimenti per i casi di ritardato deposito - ossia per comportamenti addebitabili a singoli magistrati, comunque perseguibili in sede disciplinare - mentre il rischio di "oblio" della discussione orale, prospettato dalla difesa, sarebbe agevolmente evitabile attraverso una tempestiva attività di sintesi ed archiviazione per iscritto (Cass. III, n. 33386/2015; Cass. II, n. 15660/2020).

Bibliografia

Pisapia, Lineamenti del nuovo processo penale, Padova, 1989; Lorusso, Art. 544, in Giarda-Spangher, Codice di procedura penale commentato, Milano, 2010.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario