Codice di Procedura Penale art. 548 - Deposito della sentenza.

Donatella Perna

Deposito della sentenza.

1. La sentenza è depositata in cancelleria immediatamente dopo la pubblicazione [545] ovvero entro i termini previsti dall'articolo 544, commi 2 e 3. Il pubblico ufficiale addetto vi appone la sottoscrizione [110] e la data [111] del deposito.

2. Quando la sentenza non è depositata entro il trentesimo giorno o entro il diverso termine indicato dal giudice a norma dell'articolo 544, comma 3, l'avviso di deposito è comunicato al pubblico ministero [153] e notificato alle parti private cui spetta il diritto di impugnazione. È notificato altresì a chi risulta difensore dell'imputato al momento del deposito della sentenza [585 2c] 1.

3. L'avviso di deposito con l'estratto della sentenza è in ogni caso comunicato al procuratore generale presso la corte di appello [585 2d] 2.

 

[1] Comma modificato dall'art. 5, comma 5 d.l. 13 maggio 1991, n. 152, poi soppresso in sede di conversione in l. 12 luglio 1991, n. 203. 

[2] Comma modificato dall'art. 10, l. 28 aprile 2014, n. 67.

Inquadramento

L'art. 548 stabilisce che la sentenza è depositata immediatamente dopo la pubblicazione, se la motivazione è contestuale, oppure nei termini di cui all'art. 544: all'atto del deposito, ovvero all'atto della consegna dell'originale della sentenza da parte del giudice, il cancelliere vi appone data del deposito e firma. La violazione da parte del giudice del termine per il deposito della sentenza, stabilito dall'art. 544, non determina la nullità del provvedimento, né tanto meno la sua inutilizzabilità o inammissibilità, pur potendo produrre conseguenze diverse sul piano disciplinare per il magistrato, e ciò in quanto, diversamente, risulterebbe vanificato il diritto dello Stato all'amministrazione della giustizia ed alla repressione dei reati (Cass. V, n. 15660/2020); la cancelleria è però tenuta a comunicare avviso di deposito della sentenza al pubblico ministero, sia a quello presso il tribunale, sia a quello presso la corte d'appello, ed a notificarlo a tutte le altre parti a cui spetta il diritto d'impugnarla, tra le quali il difensore dell'imputato che risulta incaricato al momento del deposito; questi  può essere diverso dal difensore che ha patrocinato l'imputato nel corso del giudizio, ed anche dal difensore  nominato per i successivi gradi del processo. L'omissione o l'errore nella comunicazione o notificazione dell'avviso determina la non decorrenza del termine per l'impugnazione nei confronti del soggetto titolare del relativo diritto, e conseguentemente l'inidoneità della sentenza ad acquisire autorità di giudicato; se il giudizio prosegue in altri gradi, i relativi atti sono nulli nei confronti della parte che non ha ricevuto l'avviso, ma si tratta di nullità di ordine generale a regime intermedio, suscettibile di sanatoria nei casi di legge.

Le modalità di deposito della sentenza

Il deposito della sentenza in cancelleria si esegue mediante l'apposizione della data e della sottoscrizione da parte del cancelliere addetto ed è l'atto con cui, secondo la dottrina, la sentenza entra nel circuito giudiziario (Cordero, 1024). Quando la motivazione è redatta contestualmente al dispositivo, il deposito segue senza soluzione di continuità la pubblicazione, mentre nel caso di motivazione differita, la sentenza è depositata allorché il giudice o il presidente del collegio ne consegni al cancelliere l'originale sottoscritto ai sensi di legge.

Quando il deposito avviene nel termine previsto dalla legge o assegnato dal giudice, e dunque noto alle parti che hanno diritto all'impugnazione, nessun avviso è dovuto.

Quando, invece, come pure talvolta accade, la sentenza sia depositata in epoca successiva allo spirare del termine noto alle parti, il cancelliere è tenuto a dare avviso, a tutte le parti titolari del diritto all'impugnazione, dell'avvenuto deposito della sentenza, per consentire loro di esercitare, ove lo ritengano, il diritto d'impugnazione; in tal caso il termine per impugnare non decorre, per gli aventi diritto all'avviso, finché tale comunicazione o notificazione non sia stata eseguita; con l’ulteriore precisazione che l'avviso è comunicato al pubblico ministero, sia quello presso il tribunale, sia quello presso la corte d'appello, perché entrambi titolari del potere di impugnazione.

Va poi ricordato che quando il termine di deposito della sentenza, previsto dalla legge o dal giudice, cada in giorno festivo, è prorogato di diritto al primo giorno successivo non festivo, atteso che la regola posta dall'art. 172, comma 3, secondo cui il termine stabilito a giorni, che cade in giorno festivo, è prorogato di diritto al giorno successivo non festivo, si applica anche agli atti e ai provvedimenti del giudice, e si riferisce, pertanto, anche al termine per la redazione della sentenza (Cass. S.U., n. 155/2011). Va altresì ricordato che tale ultimo termine - alla scadenza del quale decorre l'ulteriore termine per l'impugnazione, ai sensi dell'art. 585 - non è soggetto alla sospensione nel periodo feriale prevista dall'art. 1, l. 7 ottobre 1969, n. 742, sicchè ove venga a cadere in detto periodo, il termine per proporre impugnazione comincia a decorrere dalla fine del periodo di sospensione (Cass. S.U., n. 7478/1996).

In considerazione dell’affinità dell’argomento, si ricorda in questa sede che la mancata traduzione della sentenza e dell’avviso di deposito nella lingua nota all'imputato alloglotta, anche dopo la modifica dell'art.143 per effetto del d.lgs. n. 32/2014, non integra ipotesi di nullità ma, se vi è stata specifica richiesta di traduzione, i termini per impugnare decorrono dal momento in cui la motivazione della decisione sia stata messa a disposizione dell'imputato nella lingua a lui comprensibile (Cass. II, n. 13697/2016); tale previsione tuttavia non opera per il difensore dell’imputato (Cass. VI, n. 35571/2011), nè per il responsabile civile, atteso che le garanzie previste dall'art. 143  sono previste per il solo imputato (Cass. V, n. 29205/2016).

Il deposito della sentenza fuori termine

Quando la sentenza sia depositata fuori termine (oltre il quindicesimo giorno, ovvero oltre il termine stabilito in dispositivo dal giudice, o quello prorogato ex art. 154 bis disp. att.)  le parti titolari del diritto all'impugnazione hanno diritto a ricevere la comunicazione (se pubblico ministero) o la notificazione (se altre parti, private o pubbliche, ad es. Avvocatura dello Stato) dell'avviso di deposito (CERQUA, in Giarda-Spangher, 2010), ed è da questo che decorrono i termini di cui all’art. 585 per proporre impugnazione.

In linea generale, l'avviso non è dovuto alle parti vittoriose, che in tale qualità non hanno interesse ad impugnare la sentenza, sebbene non di rado, stante la multiformità delle forme d'interesse ad impugnare, nella prassi l'avviso sia comunicato e notificato a tutte le parti, onde evitare il formarsi di situazioni di incertezza delle posizioni giuridiche soggettive potenzialmente ineliminabile per lunghi periodi. Tra queste, occorre sottolineare che titolare del diritto all'avviso non è il difensore che ha patrocinato l'imputato nel corso del giudizio, ma il difensore che risulta nominato al momento del deposito della sentenza e, ove si tratti di collegio difensivo, a tutti i difensori nominati (Rigo, 676).

Pertanto, se il difensore è diverso da quello nominato durante il giudizio, come pure se in data successiva al deposito della sentenza viene depositata la nomina di un nuovo difensore, il titolare del diritto all'avviso resta esclusivamente il difensore nominato nel momento in cui la sentenza è stata depositata, ed è a questi che va disposto l'inoltro dell'avviso, (Cass. III, n. 5096/2013), senza alcun diritto  in capo al difensore successivamente nominato.

La stabilità dell’incarico difensivo permane anche quando occorra sostituire il difensore di fiducia o d’ufficio  in situazioni che, di per sè, non comportano la revoca del mandato fiduciario per l'uno, o la dispensa dall'incarico per l'altro (e che si possono individuare, secondo il disposto dell'art. 97, comma 4, nelle ipotesi in cui il difensore non è stato reperito, non è comparso o ha abbandonato la difesa), sicchè  il titolare dell'ufficio di difesa rimane sempre l'originario difensore designato il quale, cessata la situazione che alla sostituzione ha dato causa, può riprendere immediatamente il suo ruolo e ricominciare a svolgere le sue funzioni. Ciò comporta che unico destinatario della notifica di atti destinati alla difesa, ed in particolare dei provvedimenti soggetti ad impugnazione, è il difensore che risulti titolare dell'ufficio, con esclusione, quindi, del difensore chiamato a sostituire il già nominato difensore di ufficio, o quello incaricato della difesa dallo stesso imputato (Cass. S.U. n.  22/1994).

Tale disciplina, va qui rimarcato,  vale solo per l’imputato.

Le conseguenze di errori ed omissioni

La conseguenza più rilevante dell'omessa o erronea comunicazione o notificazione dell'avviso di deposito al soggetto che ne è titolare, è che nei suoi confronti non decorrono i termini per impugnare, la sentenza non è suscettibile di passare in giudicato, e, conseguentemente, è impedita la formazione di un valido titolo esecutivo.

Nel caso che la irrevocabilità sia stata ugualmente dichiarata, può essere proposta impugnazione, facendo rilevare la circostanza, ed incidente di esecuzione per scongiurare, o sospendere, l'esecuzione della sentenza nei confronti di chi abbia proposto impugnazione in apparente ritardo, non avendo ricevuto la notificazione dell'avviso che gli era dovuta.

Ciò premesso, va anche precisato che l'omessa o erronea notificazione dell'avviso di deposito della sentenza a uno dei difensori dell'imputato comporta una nullità che è sanata se l'imputato proponga personalmente impugnazione o se a tanto provveda l'altro difensore, in quanto il diritto dell'imputato ad impugnare ha natura unitaria e fa capo esclusivamente all'interessato, anche se al difensore è attribuita facoltà di esercitarlo (Cass. IV, n. 31290/2013).

L'omessa o erronea notificazione dell'avviso di deposito della sentenza integra una nullità di ordine generale "a regime intermedio" che deve ritenersi sanata per il raggiungimento dello scopo, a norma dell'art. 183, quando i motivi di impugnazione siano stati tempestivamente presentati dal difensore e riguardino il provvedimento effettivamente impugnato ed il suo contenuto motivazionale (Cass. V, n. 4457/2020; Cass. III, n. 38193/2017); per un diverso orientamento, si pone Cass. V, n. 13803/2020, per la quale - alla luce della sentenza della Corte cost. n. 317/2009 - la proposizione dell'appello da parte del difensore non sana la causa di nullità, permanendo una sospensione o comunque una dilazione del termine per proporre impugnazione in capo all'imputato, fintanto che questi non abbia avuto compiuta conoscenza dell'atto.

La notificazione è equipollente alla comunicazione e può dunque sostituirla, producendo gli stessi effetti, mentre la comunicazione, che è meno garantita della notificazione, non può ritenersi equipollente a quest'ultima, sicché ove l'avviso di deposito sia comunicato alla parte che ha diritto a riceverne la notificazione, quest'ultima non è legittima, e non determina la decorrenza del termine per proporre impugnazione. In giurisprudenza è stato opportunamente chiarito che se l'avviso di deposito è notificato quando non avrebbe dovuto esserlo, esso non spiega alcun effetto sul regime dei termini per proporre impugnazione (Cass. III, n. 4855/2012).

Nel caso in cui il giudizio prosegua in altri gradi, nei confronti di chi aveva diritto all'avviso i relativi atti sono affetti da nullità di ordine generale a regime intermedio, sanabile nei casi di legge.

L’imputato assente

L'art. 9 della l. n. 67/2014 ha completamente riscritto l'art. 420-bis  che disciplinava l'istituto della contumacia il quale, dopo la novella, non compare più nel codice di procedura penale.

In dottrina si è osservato che l'aspetto principale della riforma è costituito dalla circostanza che la dichiarazione di assenza, diversamente dalla dichiarazione di contumacia, non determina la notifica dell'estratto della sentenza, il che può comportare la scadenza dei termini per l'impugnazione, senza che sia nemmeno previsto il rimedio della restituzione in termini. Gli istituti della notifica dell'estratto contumaciale e della restituzione in termini avevano infatti un ruolo di garanzia fondamentale: la restituzione in termini, in particolare, consentiva al contumace, senza che fosse questi a dover dare la prova di non aver avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento, di attivare quanto meno un giudizio di impugnazione, per il quale erano già decorsi i termini.

Poiché all'imputato dichiarato assente  non spetta alcuna notifica del deposito della sentenza, essa, laddove venga effettuata, non produce alcun effetto sulla decorrenza del termine per impugnare (Cass. III, n. 19618/2017).

Le disposizioni vigenti prima dell'entrata in vigore della l. n. 67/2014 continuano invece ad applicarsi ai procedimenti in corso alla data in vigore della legge quando l'imputato è stato dichiarato contumace e non è stato emesso decreto di irreperibilità; la S.C. ha più volte evidenziato che le disposizioni degli artt. 420-bis e 420-quater c.p.p., introdotte dalla legge 28 aprile 2014, n. 67, non si applicano ai processi in corso nei quali l'imputato sia già stato dichiarato contumace, dal momento che gli stessi, ai sensi dell'art. 15-bis della citata legge n. 67 del 2014, continuano ad essere disciplinati dalle previsioni normative anteriormente vigenti, con ogni conseguenza in ordine alla dichiarazione di contumacia ed ai suoi effetti. Ciò significa che all'imputato rimasto contumace deve essere notificato l'avviso di deposito della sentenza di secondo grado, sicché l'omessa notifica dell'estratto contumaciale determina la mancata decorrenza del termine per proporre impugnazione da parte dello stesso imputato; egli, infatti, mantiene la titolarità del diritto di ricorrere in cassazione in via del tutto autonoma rispetto al proprio difensore, pur essendo solo quest'ultimo, ai sensi dell'art. 613, comma 1, cit., il soggetto legittimato alla proposizione dell'atto di impugnazione. Ne consegue che, qualora non sia eseguita la notifica dell'estratto contumaciale all'imputato e sia stato presentato ricorso per cassazione dal solo difensore, la S.C. trasmette gli atti al giudice a quo affinché provveda all'incombente omesso (Cass. II, n. 7303/2019

; per un diverso orientamento, cfr. Cass. V, n. 40413/2019, secondo la quale l'omessa notifica all'imputato dell'estratto contumaciale della sentenza di appello non impedisce la decorrenza del termine per impugnare, quando sia stata conferita al difensore procura speciale per proporre ricorso per cassazione, presupponendo tale iniziativa la conoscenza del provvedimento, tanto più che l'art. 613 c.p.p., nel testo modificato dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, non consente all'imputato di proporre ricorso personale).

Nel caso, poi, di giudizio di primo grado iniziato nel vigore della disciplina sulla contumacia, qualora il giudice abbia successivamente rilevato l'irregolarità della citazione a giudizio dell'imputato e ne abbia disposto la rinnovazione nella vigenza della legge n. 67/2014, trovano integrale applicazione le nuove disposizioni sull'assenza, per effetto delle quali l'imputato assente non ha diritto alla notifica dell'estratto contumaciale della sentenza di primo grado (Cass. II, n. 21454/2019).

Allo stesso modo, in caso di riunione del procedimento nel quale l'imputato sia stato presente alla prima udienza e, successivamente non comparso o assente nell'accezione vigente prima delle modifiche introdotte dalla legge 28 aprile 2014, n. 67, e quindi considerato rappresentato dal difensore ai sensi dell'art. 420-bis c.p.p., ad altro, posteriore, in cui, invece, lo stesso imputato sia stato dichiarato contumace, tale ultimo "status" perde autonoma rilevanza, assumendo quindi egli la posizione giuridica, unitaria e indivisibile, di "non comparso" nel "simultaneus processus", sicchè non gli è dovuta la notifica dell'estratto contumaciale (Cass. V, n. 11542/2022).

È stato superato il contrasto giurisprudenziale sul se fosse dovuto l'avviso di deposito all'imputato rimasto assente, della sentenza resa all'esito del rito abbreviato (art. 442 comma 3), all'indomani dell'entrata in vigore della l. n. 67/2014: le Sezioni Unite della S.C. hanno infatti statuito che la sentenza emessa nel giudizio abbreviato non deve essere notificata per estratto all'imputato assente, poiché, a seguito della riforma della disciplina sulla contumacia, non trovano più applicazione le disposizioni di cui agli artt. 442, comma 3  e 134 disp. att., già tacitamente abrogate dalla l. n. 479/1999 che, estendendo al giudizio abbreviato l'istituto della contumacia, ne aveva determinato la sostituzione con la previsione dell'art. 548, comma 3, c.p.p., in seguito espressamente abrogata dalla disciplina del processo "in absentia", introdotta con l. n. 67/2014 (Cass. S.U., n. 698/2020).

La suddetta disciplina è stata anche sospettata di incostituzionalità per contrasto con gli artt. 101 e 11 Cost., ma la S.C. ha dichiarato manifestamente infondata la questione (Cass. III, n. 47049/2022).

Pare  difficile che il nuovo rimedio della rescissione del giudicato, il quale prevede un onere per il condannato di provare l'incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo, possa estendersi a tutti i casi in cui poteva essere disposta la restituzione in termini. La nuova disciplina ha il suo cardine nell'art. 420-bis, e prevede che da alcune circostanze, quali la pregressa nomina del difensore di fiducia, e la regolarità delle notifiche, si possa desumere la volontà dell'imputato di non partecipare all'udienza. Poiché non è prevista la notifica dell'estratto di sentenza, emessa dopo la dichiarazione di assenza, ne deriva una maggiore responsabilità del difensore, nel garantire la conoscenza effettiva degli atti processuali, e ciò particolarmente  nel caso di domiciliazione dell'imputato presso il difensore medesimo: in tal caso questi dovrà utilizzare ogni mezzo disponibile per informare l'imputato delle notifiche ricevute, essendo egli, in sostanza, il “garante” della conoscenza effettiva, da parte dell'imputato, della celebrazione del processo (MAZZI, L'assenza dell'imputato nel processo penale, dopo la legge 28 aprile 2014, n. 67)

Casistica

L'avviso di deposito non deve contenere tutti i requisiti della sentenza ma soltanto gli elementi necessari a comprendere che è stata depositata una sentenza nei confronti del destinatario dell'avviso (Cass. V, n. 14581/2014).

Non è consentito alla cancelleria del giudice effettuare comunicazioni o notificazioni al pubblico ministero mediante l'utilizzo della posta elettronica personale o anche certificata (PEC), atteso il mancato richiamo dell'art. 153 c.p.p. da parte dell'art. 16, co. 4 e 9, lett. c-bis), d.l. 12 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, sicchè i termini per la proposizione dell'appello decorrono dal giorno in cui la parte pubblica ha avuto materiale consegna del provvedimento da impugnare o dell'avviso di deposito dello stesso (Cass. II, n. 38184/2022).

Gli atti del giudizio successivi alla omessa notificazione della sentenza all'avente diritto sono affetti da nullità di ordine generale a regime intermedio (Cass. V, n. 3881/2014), suscettibile di sanatoria (Cass. I, n. 43711/2007), e l'omessa notifica comporta  la mancata decorrenza nei suoi confronti del termine per l'impugnazione (Cass. V, n. 50980/2014).

Quando  il giudice abbia indicato in dispositivo, per il deposito della sentenza, un termine superiore a novanta giorni (nella specie: "tre mesi", corrispondenti a novantadue giorni): il termine per impugnare decorre dalla data di notificazione dell'avviso di deposito della sentenza, ai sensi dell'art. 548, comma 2;   ne deriva che, in mancanza di tale adempimento, l'impugnazione proposta deve considerarsi senz'altro tempestiva (Cass. VI, n. 3914/2016).

In caso di camera di consiglio protrattasi per più giorni, non spetta alcuna comunicazione al difensore di fiducia dell'imputato assente al momento della lettura del dispositivo avvenuta in giorno diverso da quello di inizio della relativa deliberazione, trattandosi di attività processuale che accede alla medesima udienza che prosegue senza soluzione di continuità tra la conclusione della discussione e tale adempimento; pertanto detta assenza non integra un'ipotesi di caso fortuito o forza maggiore legittimante la restituzione nel termine ad impugnare (Cass. I, n. 40711/2018).

Bibliografia

Rigo, Giudizio, in Spangher, Trattato di procedura penale, Torino, 2009.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario