Codice di Procedura Penale art. 554 - Atti urgenti 1 .

Sergio Beltrani

Atti urgenti1.

1. Il giudice per le indagini preliminari è competente ad assumere gli atti urgenti a norma dell'articolo 467 e provvede sulle misure cautelari fino a quando il decreto, unitamente al fascicolo per il dibattimento [431], non è trasmesso al giudice a norma dell'articolo 553, comma 1 [33-sexies].

[1] [1] Il libro VIII del codice, comprendente gli articoli da 549 a 567, è stato interamente sostituito dall'art. 44 l. 16 dicembre 1999, n. 479

Inquadramento

La fase degli « atti preliminari al dibattimento » nel procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica è regolata:

a) nei casi in cui si procede con rinvio a giudizio all'esito dell'udienza preliminare, dagli artt. 465-469 (richiamati dall'art. 549 in quanto applicabili);

b) nei casi in cui si procede con citazione diretta a giudizio da parte del p.m., dagli artt. 554 e 555 comma 1, oltre che dagli artt. 465-469 in quanto applicabili: la normativa speciale non introduce significative modifiche rispetto alla disciplina generale.

L'art. 554, che si applica unicamente al rito monocratico con citazione diretta a giudizio da parte del p.m., « mira ad evitare possibili incertezze e vuoti di competenza in una situazione di transizione tra una fase processuale e l'altra, fissando la competenza per gli atti urgenti sulla base del criterio della concreta disponibilità degli atti propri del fascicolo per il dibattimento, stabilendo che, sino a quando il giudice non abbia ricevuto tale fascicolo, insieme al decreto che dispone il giudizio, permane la competenza del giudice per le indagini preliminari in ordine alle prove non rinviabili ed alle misure cautelari » (Fidelbo-Gallucci, 338).

La giurisprudenza ha ritenuto che, ai fini dell'attribuzione delle competenze prevista dall'art. 554, è del tutto irrilevante la circostanza che un procedimento sia regredito al p.m., per avere il giudice dibattimentale ritenuto l'inapplicabilità del rito alternativo richiesto, o che il p.m. non abbia trasmesso il fascicolo per il dibattimento a causa della mancata ricezione delle copie notificate del decreto di citazione a giudizio (argomenta da Cass. I, n. 167/1994).

La prorogatio della competenza del g.i.p. è considerata eccezionale e, pertanto, limitata alle attività urgenti tassativamente previste dalla norma.

La competenza in ordine agli atti urgenti

Con riguardo al rito monocratico, il legislatore, nel nuovo art. 554 (come sostituito dall'art. 44 l. n. 479/1999), ha espressamente collegato alla disponibilità del fascicolo la competenza a provvedere in ordine agli atti urgenti di cui all'art. 467, attribuendola al g.i.p. fino a quando il decreto di citazione diretta a giudizio ed il fascicolo per il dibattimento non siano trasmessi al giudice del dibattimento ex art. 553. 

La dottrina ha evidenziato che la disposizione rinvia all'art. 467 unicamente allo scopo di individuare i casi e le modalità di assunzione delle prove non differibili, diverso essendo il momento del processo in cui tale attività si colloca, ovvero, rispettivamente, prima (nel caso di cui all'art. 554 ) o dopo (nel caso di cui all'art. 467) la ricezione degli atti da parte del giudice del dibattimento: in quest'ultimo caso, si versa nella fase degli atti preliminari al dibattimento, e la relativa disciplina — anche quanto alla competenza — trova diretta applicazione in forza del generale rinvio di cui all'art. 549 (Garuti, 163). Si è anche osservato che « il momento attributivo della competenza in relazione agli atti urgenti tra il G.i.p. ed il giudice del dibattimento va individuato con riferimento alla trasmissione materiale del fascicolo e del decreto nella cancelleria del giudice » (Fidelbo-Gallucci, 339).

Nel medesimo senso, in giurisprudenza, si è ritenuto che « il momento attributivo della competenza in relazione agli atti urgenti tra il G.i.p. della pretura e il pretore deve essere stabilito con riferimento alla trasmissione materiale del fascicolo e del decreto nella cancelleria del pretore ») (Cass. I, n. 3136/1997).

Con riguardo alla tipologia degli atti urgenti assumibili, e dei soggetti legittimati a farne richiesta di assunzione, si rinvia, amplius, al commento dell'art. 467. 

La competenza in materia cautelare

Con riguardo al rito monocratico, il legislatore, nel nuovo art. 554 (così come sostituito dall'art. 44 l. n. 479/1999), ha espressamente collegato alla disponibilità del fascicolo anche la competenza a provvedere in ordine alle misure cautelari. La giurisprudenza è ferma nel ritenere che non può sorgere competenza a provvedere senza la relativa investitura formale, che avviene solo con la materiale trasmissione degli atti al giudice competente (argomenta da Cass. I, n. 1267/1998).

Pertanto, in virtù del chiaro disposto dell'art. 554, la competenza a disporre il sequestro preventivo, dopo che sia stato emesso il decreto che dispone il giudizio e prima che gli atti siano stati trasmessi al giudice competente, spetta al G.i.p. anche per i reati di competenza del tribunale in composizione monocratica ex art. 554, , spettando inoltre a chi eccepisca l'incompetenza funzionale, l'onere di allegare gli elementi dai quali desumere che, al momento della decisione, il G.i.p. avesse perso la competenza a provvedere in ragione dell'intervenuta trasmissione degli atti al giudice del dibattimento (Cass. III, n. 47684/2014), ciò in quanto si vuole evitare « che si debba occupare di un atto urgente, qual è il sequestro preventivo, un giudice che ancora non abbia la disponibilità degli atti » (Cass. II, n. 2388/2009); nel medesimo senso anche Cass. I, n. 40524/2008 Cass. II, n. 12366/2021 che, peraltro — pur in presenza della disposizione di cui all'art. 554 —, pongono ultroneamente a sostegno del principio l'applicazione analogica del disposto dall'art. 317, comma 2, ult. parte c.p.p., specificamente riguardante il sequestro conservativo. Analoga competenza del G.i.p. sussiste in ordine all'istanza di restituzione di cosa sottoposta a sequestro probatorio (Cass. I, n. 576/1994, con più ampio riferimento alla restituzione di cose a qualunque titolo tratte in sequestro, e Cass. IV, n. 521/1999).

Con specifico riferimento al sequestro conservativo, previsto dall'art. 316, si è anche affermato che la competenza in ordine all'emissione del relativo provvedimento permane in capo al G.i.p. anche dopo il provvedimento che dispone il giudizio, finché gli atti non siano trasmessi al giudice competente per il dibattimento: « tale regime trova ragione nel carattere di urgenza inerente alla misura, preordinata ad impedire la dispersione delle garanzie sui beni: il principio si applica anche nel caso di decreto di citazione diretta a giudizio, ex art. 554, ai sensi del quale il G.i.p. è competente ad assumere gli atti urgenti fino a quando il decreto non sia materialmente trasmesso, insieme al fascicolo per il dibattimento, al giudice competente » (Cass. II, n. 11740/2008).

È stata attribuita al G.i.p., in applicazione analogica del disposto dell'art. 554, relativo alla competenza in materia cautelare, la competenza a provvedere in materia di ricoveri per necessità diagnostiche o terapeutiche e di permessi in favore di imputati detenuti in custodia cautelare, nell'intervallo di tempo intercorrente tra l'emissione del decreto per il giudizio da parte del p.m. e la trasmissione del decreto e del fascicolo per il dibattimento al giudice (argomenta da Cass. I, n. 4598/1992).

Nel caso in cui il giudice dibattimentale monocratico abbia dichiarato la nullità del decreto di citazione diretta a giudizio dell'imputato (per qualunque causa), il procedimento, fino a che il relativo provvedimento non sia eventualmente dichiarato abnorme, regredisce, in ossequio alla regola di cui all'art. 185, comma 3, c.p.p., alla fase delle indagini preliminari: in tal caso, rivive la competenza in materia cautelare del giudice per le indagini preliminari, fino a quando un nuovo decreto di citazione non sia trasmesso al giudice dibattimentale (argomenta. da Cass. I, n. 1890/1992).

Questioni di costituzionalità

Secondo la giurisprudenza (da ultimo, Cass. II, n. 12366/2021), eventuali ritardi nella formazione del fascicolo per il dibattimento e nella sua trasmissione al giudice competente per il giudizio non incidono sulla competenza per gli atti urgenti, ed, in particolare, in materia cautelare, potendo l'inerzia, se ingiustificata, rilevare esclusivamente ai fini disciplinari.

La dottrina ha manifestato condivisibili perplessità in ordine alla conformità del criterio di attribuzione delle competenze di cui all'art. 554 alla garanzia del giudice naturale precostituito per legge, poiché l'attribuzione di competenza dipende dalla maggiore o minore sollecitudine con la quale avviene — in via meramente amministrativa — la trasmissione del decreto e del fascicolo dalla segreteria del p.m. a quella del giudice dibattimentale (Garuti, 168 s., a parere del quale, peraltro, sarebbe stato possibile, in alternativa, unicamente prevedere la generalizzata anticipazione della competenza di quest'ultimo, con l'inconveniente che egli sarebbe stato chiamato a decidere in materia cautelare soltanto in base alla scarne risultanze del fascicolo per il dibattimento. Quest'ultima affermazione è, peraltro, all'evidenza, non condivisibile, poiché, come avviene normalmente nel corso del dibattimento, ove necessario, al giudice non potrebbe essere preclusa la consultazione degli atti del fascicolo del p.m., in via incidentale, nell'ambito del sub-procedimento cautelare).

Gli atti preliminari al dibattimento

 

L’anticipazione o differimento dell’udienza

In difetto di una disciplina ad hoc, trova applicazione in materia (sempre in virtù del generale rinvio di cui all'art. 549), la disciplina dettata dall'art. 465 (al cui commento, amplius, si rinvia).

Il proscioglimento prima del dibattimento

La giurisprudenza ha ritenuto che, nel caso in cui, dopo la notificazione del decreto di citazione diretta a giudizio, l'imputato avanzi richiesta di proscioglimento immediato ai sensi dell'art. 129 su tale richiesta deve, in ogni caso, provvedere, una volta ricevuti gli atti (ove questi non gli siano ancora pervenuti), il giudice dibattimentale, e non il G.i.p., il cui l'intervento, ai sensi dell'art. 554, è limitato ai soli “atti urgenti” ivi menzionati, tra i quali rientrano unicamente quelli aventi finalità eminentemente istruttorie (argomenta da Cass. I, n. 2221/1998; conforme). Nessuna disposizione richiama espressamente l'art. 469 (al cui commento, amplius, si rinvia), una volta abrogato il riferimento in precedenza contenuto nell'art. 558, comma 3: l'applicabilità della disposizione può ritenersi, peraltro, pacifica in virtù del generale rinvio di cui all'art. 549 (Cass. III, n. 129/1996, e Cass. I, n. 10142/1997).

In virtù del principio di irretrattabilità dell'azione penale, al p.m. non è consentito chiedere al g.i.p. il proscioglimento dell'imputato una volta emesso il decreto di citazione diretta a giudizio: a seguito della citazione diretta a giudizio dell'imputato, l'unica possibilità di proscioglimento anticipato per quest'ultimo discende dall'applicazione dell'art. 469 (Cass. III, n. 129/1996 e Cass. I, n. 6999/2000).

Bibliografia

Garuti, Il procedimento per citazione diretta a giudizio, Milano, 2015; Grilli, Il dibattimento penale, Padova, 2007; Rigo, Le nuove disposizioni in tema di competenze penali del tribunale nel quadro della riforma del giudice unico, in Peroni (a cura di), Il processo penale dopo la riforma del giudice unico, Padova, 2000; Sgromo, Sulla competenza ad emanare i provvedimenti de libertate dopo l'emissione del decreto che dispone il giudizio, in Giur. it. 1996, II, 135; Ubertis, Il procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica in Cass. pen. 2000, 2140;

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