Codice di Procedura Penale art. 555 - Udienza dibattimentale a seguito della citazione diretta 1 2 .1. Almeno sette giorni prima della data fissata per l'udienza dibattimentale, le parti devono, a pena di inammissibilità, depositare in cancelleria le liste dei testimoni, periti o consulenti tecnici nonché delle persone indicate nell'articolo 210 di cui intendono chiedere l'esame [468]3. [2. Prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, l'imputato o il pubblico ministero può presentare la richiesta prevista dall'articolo 444, comma 1; l'imputato, inoltre, può richiedere il giudizio abbreviato o presentare domanda di oblazione.]4 [3. Il giudice, quando il reato è perseguibile a querela, verifica se il querelante è disposto a rimettere la querela e il querelato ad accettare la remissione.]5 4. Le parti dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento, indicano i fatti che intendono provare e chiedono l'ammissione delle prove [4931], illustrandone esclusivamente l'ammissibilità, ai sensi degli articoli 189 e 190, comma 1; inoltre, le parti possono concordare l'acquisizione al fascicolo per il dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, nonché della documentazione relativa all'attività di investigazione difensiva [4933]6. 5. Per tutto ciò che non è espressamente previsto si osservano le disposizioni contenute nel libro settimo, in quanto compatibili.
[1] Rubrica modificata dall'art. 32, comma 1, lett. e), n. 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 che sostituito la parola «dibattimentale» alle parole «di comparizione». Per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199. [2] Il libro VIII del codice, comprendente gli articoli da 549 a 567, è stato interamente sostituito dall'art. 44 , comma 1, l. 16 dicembre 1999, n. 479. Precedentemente, l'articolo era stata modificato dall'art. 192, comma 1, d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, per l'applicazione v. l'art. 247, d.lgs. n. 51 cit., come modificato dall'art. 1, comma 1, l. 16 giugno 1998, n. 188. La Corte Cost., con sentenza 23 novembre 1995, n. 479, aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale del secondo comma, nella parte in cui non prevedeva la nullità del decreto di citazione a giudizio per mancanza o insufficiente indicazione del requisito previsto dal comma 1, lettera e). Comma modificato dall'art. 2, comma 3, l. 16 luglio 1997, n. 234. Per l'applicazione v. l'art. 3, comma 1, l. n. 234, cit. [3] Comma modificato dall'art. 32, comma 1, lett. e), n. 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 che sostituito la parola «dibattimentale» alle parole «di comparizione». Per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199. [4] Comma abrogato dall'art. 98, comma 1, lett. a), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. Per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199. [5] Comma abrogato dall'art. 98, comma 1, lett. a), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. Per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199. [6] Comma modificato dall'art. 32, comma 1, lett. e), n. 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 che sostituito le parole «Le parti» alle parole «Se deve procedersi al giudizio le parti» e ha inserito le «, illustrandone esclusivamente l'ammissibilità, ai sensi degli articoli 189 e 190, comma 1» dopo le parole «l'ammissione delle prove». Per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199. InquadramentoA seguito della previsione, da parte della c.d. “riforma Cartabia” (d.lgs. n. 150 del 2022) della celebrazione di una udienza predibattimentale (cfr. sub artt. 554-bis ss.), l'art. 555 disciplina attualmente le attività destinate a svolgersi nella prima ed eventualmente successiva udienza dibattimentale, come evidenziato dalla sopravvenuta modifica del primo comma, appunto riferito alla “udienza dibattimentale” e non più a quella “di comparizione”. La novella ha anche abrogato i previgenti commi 2 e 3, che disciplinavano attività (accesso ai riti alternativi; verifica, nei reati procedibili a querela di parte, della disponibilità della parti private, a conciliarsi) attualmente destinate a svolgersi in udienza predibattimentale. Il deposito delle liste testimonialiL'art. 555, comma 1, replicando in larga parte la disciplina di cui all'art. 468 (al cui commento amplius si rinvia) stabilisce che le parti devono, a pena di inammissibilità, depositare le liste testimoniali almeno sette giorni prima della data fissata per l'udienza di comparizione. La disciplina stabilita dall'art. 555 non è applicabile in caso di giudizio direttissimo, nel quale le parti non hanno l'onere di specificare le circostanze sulle quali si intendono escutere i testimoni: si ritiene, in proposito, che la specifica formulazione dell'art. 451 (che prevede la presentazione, al dibattimento, senza citazione, di testimoni, ad iniziativa delle parti) sia indicativa della voluntas legis di assicurare la semplicità e la celerità del giudizio direttissimo, anche attraverso l'eliminazione di formalità prescritte nel giudizio ordinario; d'altro canto, la mancanza dell'obbligo di specificare le circostanze sulle quali i testimoni “presentati” dovranno essere escussi non realizza alcuna lesione del diritto di difesa, in quanto le parti si trovano in una posizione “paritaria”, assicurata dall'uguale diritto di « presentazione diretta » (e, pertanto, “a sorpresa”) dei testimoni (Cass. II, n. 5791/1993 e Cass. III, n. 8314/1994). La generale clausola di rinvio di cui all'art. 555, comma 5, consente di ritenere richiamata, poiché senz'altro compatibile, anche la disposizione di cui all'art. 468 comma 4-bis. Profili attuativi e regolamentari in tema di citazione dei testimoni, periti, consulenti sono disciplinati dagli artt. 142 e 144 disp. att. c.p.p. e 22 reg. esec. c.p.p., ai quali si rinvia. Soggetti legittimati In giurisprudenza di merito, si era inizialmente ritenuto che, ai sensi dell'art. 78, comma 2, la costituzione di parte civile presentata fuori udienza e non notificata alle altre parti, non facesse assumere alla persona offesa la qualità di “parte” in senso tecnico, con conseguente inammissibilità, per difetto di legittimazione attiva all'esercizio della relativa facoltà, della presentazione della lista testimoniale operata da tale soggetto (cfr. Pret. Torino, 10 gennaio 1992, Difesa pen. 1992, n. 36, 111). La giurisprudenza di legittimità è giunta a conclusioni opposte; si è, infatti, affermato, che, in tema di diritti e facoltà della persona offesa, è ammissibile la richiesta di testi, mediante il deposito della relativa lista, da parte della persona offesa, costituitasi fuori dell'udienza, in data precedente rispetto alla notifica della dichiarazione di costituzione di parte civile, in quanto tale richiesta è compresa nella facoltà di indicazione di elementi di prova di cui all'art. 90, con la conseguenza che la persona offesa dal reato, divenuta parte processuale a mezzo dell'atto di costituzione di parte civile, può certamente avvalersi del mezzo di prova già proposto, senza necessità di ripresentare la lista testimoniale già depositata in tempo utile rispetto a quello indicato dall'art. 468, comma 1 mentre gli effetti della costituzione di parte civile, formalizzata fuori udienza, riguardano, ai sensi dell'art. 78, comma 2 l'instaurazione del contraddittorio civile nella sede penale (Cass. V, n. 28748/2005 e Cass. IV, n. 4372/2011, relativa al procedimento dinanzi al giudice di pace). Con specifico riferimento al rito monocratico con citazione diretta, è stata ritenuta legittima la presentazione della lista testi (nella specie, con l'indicazione, tra l'altro, del nominativo del proprio consulente di parte) prima della formale costituzione di parte civile avvenuta alla prima udienza dibattimentale: « deve ritenersi corretta la presentazione della lista testi a cura delle parti offese, le quali, ai sensi dell'art. 90 comma 1 c.p.p., possono presentare memorie ed indicare mezzi di prova, secondo le modalità ed i termini processuali: è evidente che siffatte iniziative delle parti offese potranno concretarsi in un formale apporto probatorio con la rituale costituzione di parte civile » (Cass. IV, n. 7401/2000: con riguardo al caso di specie, in applicazione del principio, si è ritenuto che non fosse, quindi, necessario che la parte offesa, la quale aveva poi formalizzato la costituzione di parte civile, ripresentasse la lista dei testi già prodotta in tempo ampiamente utile rispetto a quanto disposto dagli artt. 468 e 567 [ora 555] c.p.p). In argomento, in un caso nel quale la parte offesa, che non aveva ancora avuto la possibilità di costituirsi parte civile per l'assenza dell'udienza preliminare, aveva provveduto a depositare memoria ai sensi dell'art. 90, comma 1, ben prima del termine di sette giorni antecedenti l'udienza fissato dalla legge per il deposito di liste testimoniali, così permettendo la discovery prevista dall'art. 468, comma 4, cui è finalizzata la previsione dell'inammissibilità della prova indicata oltre il richiamato termine, in quanto ha consentito alla controparte di conoscere i testi di cui avrebbe chiesto l'escussione, si è ritenuto che « deve ritenersi del tutto priva di conseguenze la mancata osservanza della forma della presentazione delle liste, prevista dall'art. 468, stante il riconoscimento nel concreto dei diritti di difesa, con conoscibilità per l'imputato delle prove sollecitate dalla controparte, ed effetti identici a quelli previsti per il caso di deposito della lista a cura della parte civile »; tuttavia, la presentazione delle liste nelle forme richiamate era preclusa all'interessato, « in ragione della mancanza, alla data del deposito, della qualifica formale di parte civile, per la scansione del procedimento seguito nel caso di specie, sicché l'utilizzazione della forma della memoria allo stesso fine ha avuto la funzione di permettere la definizione del procedimento in tempi ragionevoli, e nel contempo di tutelare i diritti della difesa dell'imputato di conoscere anticipatamente il campo di indagine sul quale la controparte intendeva confrontarsi, dal che deve necessariamente escludersi la violazione di qualsiasi diritto processuale dell'imputato ». La giurisprudenza, in argomento, è univoca, « nel senso di equiparare le liste che la parte civile potrebbe depositare ai sensi dell'art. 468 c.p.p. a quelle indicate dalla parte offesa nella memoria [...], sancendo la piena equiparabilità degli effetti dei due atti, con conseguente assenza del profilo di illegittimità rilevato ». La decisione ha anche ricordato, per completezza, « che, anche ove si sia giunti all'assunzione di prove non indicate dalle parti, come non è avvenuto in questo caso, il sistema processuale non prevede una sanzione di inutilizzabilità della prova, non essendo tale previsione contenuta nella disposizione dettata in argomento dall'art. 191 c.p.p. » (Cass. VI, n. 43211/2010). Termini La giurisprudenza è ormai consolidata nel ritenere che, nell'ipotesi in cui il dibattimento venga rinviato (pur impropriamente) “a nuovo ruolo” (cfr. sub art. 477, § 1), la parte riacquista interamente i diritti che non sono espressamente preclusi da specifiche disposizioni normative; ne deriva che la lista dei testi, non presentata precedentemente, può essere depositata per la prima volta — entro il termine finale stabilito dalla legge — antecedentemente alla nuova udienza: « il termine di presentazione della lista dei testimoni per il dibattimento va riferito alla prima udienza di trattazione e non anche alle successive udienze di rinvio; ne consegue che, soltanto nella ipotesi in cui il dibattimento sia stato rinviato a “nuovo ruolo”, la parte riacquista il diritto di presentare la predetta lista, in quanto il termine decorre nuovamente » (Cass. V, n. 41129/2001; Cass. IV, n. 31483/2002; Cass. VI, n. 5418/1995). Altro orientamento , con più ampia portata applicativa, e ormai prevalente, nel ribadire che il termine di presentazione della lista dei testimoni per il dibattimento va riferito alla prima udienza di trattazione e non anche alle successive udienze di rinvio, riconosce alle parti (inclusa la parte civile: la costituzione di parte civile effettuata nel giorno fissato per l'udienza poi rinviata, non comporta, infatti, la decadenza prevista dall'art. 79, comma 3, c.p.p.) il diritto di presentare la propria lista, fino a sette giorni prima della data della nuova udienza, non soltanto nell'ipotesi in cui il dibattimento sia stato rinviato a “nuovo ruolo”, ma anche in caso di rinvio ad udienza fissa disposto prima dell'apertura del dibattimento, ovvero prima che sia esaurita la fase degli atti introduttivi (Cass. II, n. 6024/2016): in tal caso infatti le parti riacquistano interamente i diritti non espressamente esclusi da specifiche disposizioni normative e, quindi, anche quello di depositare la lista dei testi antecedentemente all'udienza di rinvio, in relazione alla quale va computato il relativo termine finale; nel medesimo senso, la S.C. aveva avuto modo di pronunziarsi in precedenza, affermando che « non essendo stato aperto il dibattimento alla prima udienza, a seguito della presentazione di un'istanza di ricusazione dei giudici togati, dies ad quem per il calcolo dei giorni stabiliti per l'indicazione tempestiva dei testimoni deve considerarsi quello relativo alla seconda udienza » (Cass. I, n. 1762/1993). Tale conclusione è stata ritenuta conforme alla ratio dell'istituto in esame, che è quella di « evitare l'introduzione di prove a sorpresa prima che il dibattimento abbia concretamente inizio » (Cass. VI, n. 498/1997): invero, la sanzione di inammissibilità per violazione del termine di cui all'art. 555, comma 1, ha sicuramente carattere di eccezionalità (perché regolamenta il diritto alla libera acquisizione delle prove, sancito, in generale, dall'art. 190) ed è, pertanto, insuscettibile di trovare applicazione fuori dai casi espressamente considerati dalle stesse norme, che fanno generico riferimento “alla data fissata per il dibattimento”, ovvero “per l'udienza fissata per la comparizione”, senza precisare “per la prima volta”: si deve, conseguentemente, ritenere che, in caso di differimento dell'udienza originariamente fissata (sempre che ciò avvenga prima della dichiarazione di apertura del dibattimento), il dies ad quem per il deposito della lista vada determinato con riguardo alla data della nuova udienza. Una diversa interpretazione porrebbe problemi di costituzionalità della norma per eccesso di delega, poiché l'art. 2 dir. 3 l. del. non contempla la previsione di una siffatta decadenza delle parti dal potere di indicare testimoni (Trib. Genova, 24 settembre 1991, Giur. merito 1993, 767). In applicazione del principio, si è ritenuto che il giudice, quando provvede a rinnovare la citazione a giudizio di alcuni coimputati — in esito alla separazione dei loro processi a causa dell'accertata inosservanza, nei loro confronti, del termine di comparizione — può ammettere una lista testimoniale aggiuntiva depositata nel termine di cui all'art. 468, riferito alla nuova data fissata per il dibattimento a carico dei predetti imputati (Cass. II, 12 maggio 1994, C. ed altri). Nel caso in cui il giudice monocratico, con ordinanza dibattimentale, abbia dichiarato inefficace per omessa notificazione alla controparte la costituzione di parte civile mediante deposito in cancelleria ed abbia dichiarato efficace quella avvenuta in apertura di dibattimento, la lista depositata in riferimento alla prima ed inefficace costituzione non può consentire l'ammissione dei testi ivi indicati, con la conseguenza che l'eventuale ordinanza ammissiva sarebbe nulla (cfr., in relazione al rito pretorile, Cass. I, n. 8224/1994: con riferimento al caso esaminato, la S.C. ha anche osservato che la suddetta nullità non viene meno per la possibilità che il giudice ammetta successivamente gli stessi mezzi di prova ai sensi dell'art. 507). La citazione della persona offesa Si discuteva, in relazione al rito pretorile (ma il problema è tuttora attuale ove si proceda con citazione diretta dinanzi al giudice monocratico, ex art. 552), sulla necessità o meno dell'inserimento nella lista testimoniale del nominativo della persona offesa. Un orientamento riteneva che l'indicazione della persona offesa nel decreto di citazione a giudizio davanti al pretore, unitamente alla contestazione del reato che specifica la condotta lesiva nei riguardi della stessa persona offesa, determinandone anche l'ambito della relativa deposizione, soddisfa, limitatamente all'offeso dal reato, le esigenze alla base del precetto di cui all'(allora vigente) art. 567, comma 2, (in particolare, quella di assicurare la parità tra le parti); a tale conclusione, si perveniva tenendosi anche conto delle caratteristiche del giudizio pretorile, improntato a maggiore agilità e semplicità rispetto al giudizio davanti al tribunale od alla corte d'assise, nonché della circostanza che, diversamente da quanto avviene in quest'ultimo procedimento, ove la citazione dei testimoni e, quindi, anche della persona offesa, deve essere autorizzata dal presidente, nel giudizio pretorile la citazione della persona offesa da parte del pubblico ministero è obbligatoria (Cass. VI, n. 4234/1991 e Cass. VI, n. 6023/1992). L'orientamento preferibile (tenuto conto sia della ratio della norma in questione che della sua formulazione, che non consente indebite distinzioni tra il rito dinanzi al giudice monocratico e quello dinanzi al giudice collegiale) ritiene, al contrario, che le parti, pubblica e private, quando chiedono l'esame della persona offesa in qualità di testimone, debbono inserire il nominativo dell'offeso dal reato nelle liste testimoniali; alla mancata inserzione nelle liste testimoniali non può sopperire la citazione della persona offesa, disposta ai sensi dell'art. 552, comma 3, essendo questa finalizzata esclusivamente all'esercizio dei diritti e delle facoltà spettanti alla persona offesa nella fase dibattimentale, e non assolvendo essa alla funzione di discovery propria dell'indicazione in lista (Cass. V, n. 12343/1990 e Cass. V, n. 8852/1992). In verità, il primo orientamento non considerava che l'indicazione e la citazione della persona offesa sono previste anche nel decreto che dispone il giudizio dinanzi al tribunale in composizione collegiale, e nondimeno non si è mai dubitato della necessità della sua indicazione in lista, per poterne chiedere l'esame testimoniale; la citazione in giudizio della persona offesa dal reato, prevista a pena di nullità dall'art. 178, comma 1, lett. c), c.p.p. ha l'esclusivo fine di consentire alla medesima l'esercizio dei diritti e delle facoltà che le sono propri, mentre, se le parti intendono chiederne l'esame come teste, devono includerla in lista, altrimenti l'esame risulterà inammissibile ex artt. 468, comma 1, e 555, comma 1, e la persona offesa, se non costituita parte civile, non potrà neppure essere esaminata come parte ai sensi dell'art. 503 (in dottrina, in senso conforme, cfr. Fraioli, 1095 ss. e Melillo, 378 ss.). La sanzione di inammissibilità Le liste dei testimoni, periti, consulenti tecnici e soggetti indicati ex art. 210, di cui le parti intendono chiedere l'esame a norma degli artt. 468, comma 1, e art. 555, comma 1, devono, a pena di inammissibilità, essere depositate in cancelleria almeno sette giorni prima della data fissata per il dibattimento. Secondo la dottrina, « la formulazione dell'art. 555 comma 1 impone, inequivocabilmente, di ritenere che la sanzione di inammissibilità operi, ove si proceda con citazione diretta a giudizio da parte del p.m., soltanto con Riguardo all'omesso od al tardivo deposito della lista, non potendosi ritenere richiamato sul punto, in presenza di espressa disciplina in deroga, quanto stabilito dall'art. 468 comma 1: la sanzione di inammissibilità, come ogni altra sanzione processuale, deve essere testuale, e non può essere desunta analogicamente, tanto più in presenza di una disciplina speciale contraria » (Beltrani, 129). Nel medesimo senso, in giurisprudenza, nella vigenza dell'art. 567 c.p.p. [ora art. 555, comma 1], premesso che, in tema di prova per testi, la sanzione dell'inammissibilità è collegata all'omesso od intempestivo deposito delle liste in cancelleria, ovvero all'omessa indicazione delle circostanze oggetto dell'esame, e non anche alla formulazione generica delle stesse, si era, infatti, ritenuto che la sanzione di inammissibilità per omessa indicazione delle circostanze, non si applicasse al rito (all'epoca) pretorile, « posto che l'art. 567 comma 2, il quale richiama l'art. 468, parla di inammissibilità solo in relazione all'omesso o intempestivo deposito, senza in alcun modo menzionare la mancata indicazione delle circostanze » (Cass. III, n. 12072/1992). Si ammette, tuttavia, che la parte che abbia omesso di depositare la lista dei testimoni nel termine di legge ha la facoltà di chiedere la citazione a prova contraria dei testimoni, periti e consulenti tecnici, considerato che il termine perentorio per il deposito della lista dei testimoni è stabilito, a pena di inammissibilità, dall'art. 468, comma 1, soltanto per la prova diretta, e non anche per quella contraria, e che l'opposta soluzione vanificherebbe il diritto alla controprova, il quale costituisce espressione fondamentale del diritto di difesa (Cass. V, n. 41662/2016 e Cass. VI, n. 26048/2016; appare ormai superato il contrario orientamento espresso da Cass. VI, n. 17222/2010). Il dibattimentoNel caso in cui il tentativo di conciliazione abbia esito vano, e l’imputato non manifesti ritualmente l’intenzione di accedere a riti alternativi, il comma 4 della disposizione in commento ribadisce (come già desumibile dalla disciplina generale, da intendersi richiamata in forza del generale rinvio di cui all’art. 549, reiterato dall’art. 555, comma 5) che dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento (si rinvia, in proposito, sub art. 492), le parti indicano i fatti che intendono provare e chiedono l’ammissione delle prove (si rinvia, in proposito, sub artt. 493 e 495), limitandosi peraltro – come previsto dal d. lgs. n. 150 del 2022, che in parte qua ha interpolato il comma 4 della disposizione in commento – ad illustrarne l’ammissibilità ai sensi degli artt. 189 e 190, senza, quindi, operare alcun ulteriore riferimento di merito al contenuto di esse, in accordo con quanto stabilito dal nuovo art. 493, comma 1, cui si rinvia; esse hanno facoltà di concordare l’acquisizione al fascicolo per il dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, nonché della documentazione relativa all’attività di investigazione difensiva (si rinvia, in proposito, sub art. 493, comma 3). La disposizione è priva di contenuto precettivo innovativo, riproducendo in parte qua la disciplina stabilita per i giudizi dinanzi al tribunale in composizione collegiale, come novellata, cui si rinvia. Le disposizioni applicabiliIl comma 5 dell'art. 555 rinvia, per tutto quanto non espressamente disciplinato dalla norma, alle disposizioni contenute nel libro VII, con la consueta clausola di compatibilità: la disposizione appare pleonastica, consistendo in una mera duplicazione del più generale rinvio di cui all'art. 549. 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