Codice di Procedura Penale art. 557 - Procedimento per decreto1.Procedimento per decreto1. 1. Con l'atto di opposizione l'imputato chiede al giudice di emettere il decreto di citazione a giudizio [552; 160 att.; 20 1 reg.] ovvero chiede il giudizio abbreviato o l'applicazione della pena a norma dell'articolo 444 o presenta domanda di oblazione [141 4 att.; 162, 162-bis c.p.]. 2. Nel giudizio conseguente all'opposizione, l'imputato non può chiedere il giudizio abbreviato o l'applicazione della pena su richiesta, né presentare domanda di oblazione. In ogni caso il giudice revoca il decreto penale di condanna. 3. Si osservano le disposizioni del titolo V del libro sesto, in quanto applicabili.
InquadramentoL'art. 557 disciplina l'opposizione a decreto penale di condanna nel procedimento monocratico, stabilendo che, con l'atto di opposizione, l'imputato può chiedere, come di consueto, l'emissione del decreto di citazione a giudizio, l'accesso al giudizio abbreviato, il “patteggiamento”, ovvero presentare domanda di oblazione. L’opposizione a decreto penale di condanna nel procedimento monocraticoIl procedimento per decreto relativo a reati attribuiti al tribunale in composizione monocratica non differisce rispetto a quello ordinario disciplinato dagli artt. 459 ss. c.p.p.(ai cui commenti si rinvia). In giurisprudenza, il contrasto insorto quanto all'individuazione del giudice competente a decidere sulla richiesta di restituzione nel termine per l'opposizione a decreto penale di condanna, è stato risolto nel senso che essa spetta al giudice per le indagini preliminari, non a quello del dibattimento (Cass. S.U., n. 4445/2006). La giurisprudenza di merito (Trib. Roma, 16 febbraio 2004, n. 2183, in Merito 2004, n. 4, 90) ha esaminato una particolare fattispecie, nella quale l'imputato, a mezzo del difensore procuratore speciale, aveva ritualmente chiesto, con l'opposizione a decreto penale di condanna, di “patteggiare”, ma il g.i.p., invece di fissare il termine per l'acquisizione del consenso del p.m., così come prescritto dall'art. 464, comma 1 aveva immediatamente emesso il decreto di citazione a giudizio: in proposito, si è osservato che il “patteggiamento” era stato comunque chiesto tempestivamente, in ossequio a quanto richiesto a pena di inammissibilità dall'art. 557, e quindi l'imputato, ove avesse riproposto la richiesta al giudice del dibattimento prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, aveva acquisito il diritto di accedere al rito (ed, in caso di dissenso ingiustificato del p.m., avrebbe avuto diritto, all'esito del giudizio dibattimentale, ad ottenere l'irrogazione della pena della quale aveva chiesto l'applicazione). Si è quindi ritenuto che competente all'acquisizione del consenso del P.m., ed — ove questo fosse prestato — alla valutazione della richiesta di patteggiamento, fosse il giudice del dibattimento, non il g.i.p., perché, una volta emesso il decreto di citazione a giudizio dibattimentale, la regressione sarebbe inammissibile: l'assunto appare, invero, non condivisibile, ben potendo ritenersi che il decreto di citazione a giudizio, reso, nella specie, in assoluta carenza di potere (poiché il g.i.p. avrebbe potuto unicamente procedere come impostogli dall'art. 464, comma 1, e solo successivamente emettere il decreto di citazione in caso di dissenso del p.m.), costituisca atto abnorme, come tale improduttivo di effetti. Successione di leggi nel tempo La giurisprudenza ha ritenuto che la disciplina applicabile all'opposizione al decreto penale di condanna ed al conseguente giudizio deve essere individuata con riferimento alla legge vigente al momento della presentazione dell'opposizione e non a quello della notifica del decreto: « proprio in forza del principio tempus regit actum, [...] doveva applicarsi la disciplina vigente nel momento in cui, con l'atto di opposizione [...] e con la conseguente citazione a giudizio, veniva introdotto il processo penale dinanzi al giudice. L'atto introduttivo, rientrante nella potestà dell'imputato, è l'opposizione al decreto penale: solo se questo atto viene compiuto, si instaura il processo davanti al giudice competente, cui si ricollegano le facoltà e i diritti processuali delle parti. È quindi ovvio che tali facoltà e tali diritti debbono essere individuati e valutati secondo la disciplina (comprendente eventuali limitazioni e termini di decadenza) vigente nel momento in cui il processo viene instaurato e, quindi, nel momento dell'opposizione; del resto, l'art. 557 ricollega la facoltà di presentare domanda di oblazione proprio all'atto di opposizione, con la conseguenza che anche per la domanda di oblazione deve farsi riferimento all'opposizione, da ritenersi disciplinata, alla luce dei principi generali, secondo la normativa vigente al momento della sua presentazione (Cass. I, n. 25227/2001: in applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto corretta la dichiarazione di inammissibilità dell'istanza di oblazione, presentata in dibattimento, perché l'opposizione al decreto — notificato nella previgente disciplina — era stata proposta quando era già in vigore la l. n. 479/1999, che impone di formulare con tale atto l'istanza di oblazione). Il decreto di citazione a giudizio dinanzi al giudice monocratico a seguito di opposizione a decreto penale di condannaNel silenzio della legge, può ritenersi che, in forza di una lettura combinata degli artt. 429 e 550, il decreto di citazione emesso dal g.i.p. a seguito di opposizione a decreto penale di condanna ai sensi dell'art. 557 debba contenere: a ) le generalità dell'imputato o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo, nonché le generalità delle altre parti private, con l'indicazione dei difensori; b ) l'indicazione della persona offesa dal reato, qualora questa risulti identificata; c ) l'enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza, con l'indicazione dei relativi articoli di legge; d ) l'indicazione del giudice competente per il giudizio, nonché del luogo, del giorno e dell'ora della comparizione, con l'avvertimento all'imputato che, non comparendo, egli sarà giudicato in contumacia; e ) l'avviso che l'imputato ha facoltà di nominare un difensore di fiducia e che, in mancanza, sarà assistito dal difensore di ufficio; f ) la data e la sottoscrizione del g.i.p. e dell'ausiliario che lo assiste. Non occorre l'avviso della possibilità di accedere ai riti alternativi, in quanto tale avvertimento fa già parte del decreto (cfr. art. 460, comma 1, lett. e, c.p.p.) e, d'altro canto, è lo stesso imputato, con l'atto di opposizione, a dover presentare richiesta, ove lo ritenga, di accesso ad un rito alternativo. Il termine per comparire Vi è stato contrasto in giurisprudenza in ordine alla durata del termine per comparire per la prima udienza dibattimentale dinanzi al giudice dibattimentale monocratico a seguito di opposizione a decreto penale. L'orientamento preferibile, ed attualmente dominante, ritiene che, nel giudizio conseguente all'opposizione a decreto penale che si svolga davanti al giudice monocratico, il termine dilatorio per la comparizione della parte in giudizio è quello di trenta giorni, previsto dall'art. 456, comma 3, richiamato dall'art. 464 che disciplina il giudizio conseguente all'opposizione, e non quello di sessanta giorni previsto dall'art. 552, comma 3, c.p.p., atteso che la ratio della previsione di un termine tanto lungo va individuata nella concessione all'imputato, quando egli viene citato a giudizio, di un tempus deliberandi in ordine alla valutazione circa la richiesta di accesso ai riti speciali, che ovviamente non è più necessario quando la scelta sia necessariamente già stata operata nel momento della proposizione dell'atto di opposizione a decreto penale. Tale interpretazione sarebbe altresì imposta dalla considerazione per cui il maggior termine è previsto in relazione ad un atto del p.m. — il decreto di citazione a giudizio ex art. 552 — laddove, nella fattispecie, il decreto è emesso dal giudice ai sensi dall'art. 464, che, in tal senso, richiamando l'art. 456, comma 3, fa riferimento, prevedendo il più breve termine, ad altro atto del giudice (Cass. IV, n. 43366/2003 e Cass. n. 23278/2016; Cass. II, n. 6377/2008); nell'ambito del medesimo orientamento, si è anche osservato che il richiamo operato dal nuovo comma terzo dell'art. 557 alle disposizioni che regolano il procedimento per decreto davanti al tribunale in composizione collegiale in quanto compatibili, non esclude l'utilizzo del termine previsto per il giudizio immediato, che pure è di per sé incompatibile con il rito davanti al giudice monocratico, in quanto il procedimento monitorio deve essere improntato a criteri di economicità e speditezza (Cass. III, n. 24346/2003 e Cass. III, n. 23615/2005). Altro orientamento, ormai superato, riteneva, al contrario, che nel giudizio conseguente ad opposizione a decreto penale che si svolge davanti al giudice monocratico, dopo la riforma operata con la l. n. 479/1999, il termine dilatorio per la comparizione fosse quello di sessanta giorni stabilito dall'art. 552, comma 2, atteso che il disposto del nuovo art. 557 (secondo il quale per il procedimento monitorio si osservano le disposizioni che regolano il procedimento per decreto davanti al tribunale in composizione collegiale) opererebbe solo in quanto le norme richiamate siano applicabili anche al rito davanti al giudice monocratico, con la conseguenza che non può ritenersi richiamato, nella disciplina del rito davanti al giudice monocratico, l'art. 464, il quale regolamenta il giudizio conseguente all'opposizione, prevedendo, per il giudizio immediato, un termine dilatorio di trenta giorni (Cass. III, n. 32418/2001 e Cass. III, n. 2639/2004; Cass. IV, n. 3993/2003, per la quale, in particolare, il giudizio di compatibilità richiesto dall'art. 557 ai fini dell'operatività del rinvio alle norme generali ivi disposto, escluderebbe strutturalmente il rito immediato e comporterebbe, quindi, l'applicabilità del termine di sessanta giorni previsto dall'art. 552, comma 3 — ridotto a quarantacinque giorni nei casi di urgenza — e quello di cinque giorni ai sensi dell'art. 464, nel caso in cui sia stato richiesto il giudizio abbreviato). Invero, considerato che l'udienza di comparizione cui il decreto di citazione a giudizio (che consegue all'opposizione al decreto penale nel procedimento monocratico) è finalizzata, non corrisponde all'udienza di comparizione ex art. 555, comma 2, per l'impossibilità di accedere a riti alternativi (non richiesti con l'opposizione), risulterebbe irragionevole, ed in contrasto con le connotazioni di celerità cui il rito si ispira, ritenere applicabile il termine “lungo” di cui all'art. 552, comma 3. È, al contrario, pacifico che il termine minimo di comparizione, necessario per preparare la difesa, deve essere rispettato soltanto con riferimento alla prima notificazione del decreto che dispone il giudizio ed alla prima udienza originariamente fissata per la comparizione; si è anche osservato che, « considerato che le parti sono già a conoscenza, col dovuto preavviso, dell'udienza di comparizione, il legislatore ha imposto, inoltre, che, ove tale udienza venga anticipata per giustificati motivi organizzativi, il relativo decreto di anticipazione sia notificato e comunicato almeno sette giorni prima della nuova udienza. Quest'ultimo termine, che il legislatore considera sufficiente per preavvisare le parti della anticipazione dell'udienza, non interferisce con il termine generale di comparizione come sopra determinato (Cass. III, n. 24346/2003, cit.). La rinnovazione della citazione Può dirsi ormai pacifico che la competenza a procedere alla rinnovazione del decreto di citazione a giudizio emesso a seguito di opposizione a decreto penale di condanna, in presenza di cause di nullità, spetti al giudice, « in quanto nel procedimento monitorio il pubblico ministero esaurisce le sue competenze con la richiesta di emissione del decreto » (Fidelbo-Gallucci, 363). La competenza alla rinnovazione spetta, in particolare, al giudice del dibattimento, « in tutti quei casi in cui il vizio rilevato o denunciato non investa lo stesso atto genetico del rapporto processuale » (Cass. n. 41733/2004 e Cass. VI, n. 453/2005). L’oblazioneIn tema di oblazione, il mancato esame dell'istanza di ammissione proposta in fase di indagini preliminari non comporta alcuna invalidità degli atti del procedimento, considerata la regola di tassatività dei casi di nullità ed atteso che, comunque, la domanda può essere riproposta in sede di opposizione al decreto penale di condanna oppure, ove non si proceda per decreto, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado (Cass. I, n. 40055/2008 e Cass. III, n. 23873/2002). Si è ritenuto che l'errore quoad poenam contenuto nel decreto penale di condanna, consistente nella irrogazione, da parte del giudice, di una pena cumulativa anziché alternativa in relazione a contravvenzione oblabile ex art. 162-bis c.p., legittima l'imputato a richiedere l'ammissione all'oblazione speciale nel termine di giorni dieci dalla notifica contestualmente all'atto di opposizione: questo termine è insuscettibile di restituzione ex art. 175, in quanto al suo inutile decorso consegue la preclusione processuale derivante dal combinato disposto degli artt. 141 disp. att. c.p.p., 464, comma 3, e 557, comma 2 (Cass. III, n. 12914/2008). Con l'opposizione a decreto penale di condanna non è consentito all'imputato presentare domanda di oblazione nel giudizio instaurato a seguito dell'opposizione (senza alcuna distinzione tra oblazione ordinaria ed oblazione discrezionale ex art. 162-bis c.p.), atteso che, in materia, rilevano le disposizioni di cui all'art. 141 disp. att. c.p.p. e le modificazioni introdotte, con la l. n. 479/1999, agli artt. 464, comma 3, e 557, comma 2, in base alle quali la domanda di oblazione deve essere presentata entro il termine di giorni quindici dalla notificazione del decreto penale, contestualmente all'atto di opposizione (Cass. III, n. 12939/2006). Tuttavia, la sentenza di proscioglimento per intervenuta oblazione pronunciata a seguito di domanda di oblazione non presentata contestualmente all'opposizione a decreto penale di condanna, pur essendo emessa in violazione di legge, è definitiva, ai fini penali, in assenza di impugnazione da parte del P.M., ferma restando la possibilità di un suo annullamento con rinvio limitatamente alle statuizioni civili, ex art. 622, in accoglimento del ricorso della parte civile (Cass. I, n. 749/2013). La domanda di oblazione discrezionale proposta, ex art. 162-bis c.p., nella fase delle indagini preliminari, può essere ripresentata nel giudizio conseguente all'opposizione a decreto penale di condanna, atteso che, mentre l'imputato, in sede dibattimentale, non può, ai sensi dell'art. 464, comma 3, chiedere la definizione del processo con l'oblazione, diversamente, ove la richiesta sia stata tempestivamente presentata, questa può essere rinnovata ai sensi dell'art. 162-bis, comma 5, c.p., ripresentata (Cass. III, n. 12341/2005); sarebbe, pertanto, ammissibile la riproposizione, nel corso del giudizio conseguente all'opposizione, della domanda di oblazione discrezionale proposta con l'opposizione al decreto penale di condanna, ove respinta dal giudice, « purché non vi siano mutamenti della richiesta e della situazione di fatto cui la stessa si riferisce, perché, in tal caso, la rinnovazione costituisce strumento per un sindacato sulla precedente decisione di rigetto, e non concreta quella domanda “presentata” nel giudizio che, come tale, è preclusa espressamente dal terzo comma dell'art. 464 c.p.p. » (Cass. III, n. 17631/2005: in applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto che, ove la rimozione delle conseguenze dannose o pericolose del reato costituisca una condizione di ammissibilità dell'oblazione, la stessa debba essere già stata effettuata al momento dell'opposizione al decreto penale e della domanda contestuale di oblazione, a nulla rilevando una condotta in tal senso intervenuta nelle more del giudizio di opposizione). È stata ritenuta inammissibile la domanda di oblazione presentata in sede di opposizione a decreto penale di condanna in subordine rispetto alla richiesta di definizione con rito abbreviato: essa è, infatti, incompatibile con la disposizione di cui all'art. 464, comma 2, secondo cui il giudice deve decidere sulla richiesta di oblazione prima di emettere i provvedimenti previsti dal comma primo della medesima disposizione (Cass. III, n. 39350/2006: nella specie, il ricorrente aveva, in sede di opposizione al decreto penale di condanna, richiesto la celebrazione di rito abbreviato e, solo quale subordinata, per l'ipotesi che il giudice non pronunciasse sentenza di assoluzione, richiesto l'estinzione del reato mediante oblazione). Successione di leggi nel tempo È ammissibile la domanda di oblazione, ex art. 162-bis c.p., anche se proposta successivamente alla presentazione dell'opposizione a decreto penale, nell'ipotesi in cui tale domanda non avrebbe potuto essere tempestivamente proposta, poiché non era ancora entrato in vigore il d.lgs. n. 274/2000, istitutivo del giudice di pace, il quale, all'art. 52, comma 2, lett. c), dispone che i reati, precedentemente puniti con la pena della reclusione o dell'arresto congiuntamente a quella della multa o dell'ammenda, siano puniti, alternativamente, con la pena pecuniaria o con la permanenza domiciliare ovvero con il lavoro di pubblica utilità (Cass. IV, n. 29978/2003). Nel medesimo senso, si è successivamente precisato che l'imputato originariamente condannato con decreto a pena illegale per una contravvenzione originariamente punibile con pena congiunta, ma divenuta nel frattempo punibile con pena alternativa in forza dell'attribuzione del reato alla competenza del giudice di pace, ha diritto, nel giudizio di opposizione, ad essere restituito nel termine per presentare istanza di oblazione (Cass. IV, n. 38540/2007). Il giudizio conseguente all’opposizioneSecondo la dottrina, nel giudizio monocratico che si instaura a seguito dell’opposizione a decreto penale di condanna, il giudice provvede immediatamente alla revoca del decreto opposto: « peraltro, poiché l’effetto caducatorio del decreto deriva ope legis dalla semplice presentazione dell’opposizione giudicata ammissibile, si ritiene che la mancata revoca del decreto penale prima di procedere al giudizio conseguente all’opposizione non integra alcuna causa di nullità » (Fidelbo-Gallucci, 364). L’imputato non ha la facoltà di accedere ai riti alternativi, già “consumata” attraverso l’opzione per il giudizio ordinario. L’esito del giudizio di opposizione, come di consueto, non è vincolato dal divieto di reformatio in pejus, con la conseguenza che l’imputato potrà riportare un trattamento sanzionatorio deteriore, e gli potranno essere negati benefici che il decreto opposto gli aveva in precedenza concesso. Le disposizioni applicabiliL'art. 557, comma 3, contiene l'ennesimo rinvio alle disposizioni ordinarie, nella specie a quelle del libro V, in quanto applicabili: rinvio, ancora una volta, pleonastico, consistendo in una mera reiterazione di quello generale, già previsto, in apertura del libro VIII, dall'art. 549. BibliografiaBuzzelli, Opposizione a decreto penale e termine per comparire dinanzi al giudice monocratico: un contrasto giurisprudenziale, in Cass. pen. 2005, 489; Colamussi, Il procedimento per decreto dinanzi al tribunale in composizione monocratica, in Cass. pen. 2001, 2248; Piziali Il procedimento per decreto, in Pisani, I procedimenti speciali in materia penale, Milano, 2003; Ubertis, Il procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, in Cass. pen. 2000, 2140; Vigoni, L'applicazione della pena su richiesta delle parti, Milano, 2000. |