Codice di Procedura Penale art. 572 - Richiesta della parte civile o della persona offesa.

Sergio Beltrani

Richiesta della parte civile o della persona offesa.

1. La parte civile [76 s.], la persona offesa [90], anche se non costituita parte civile, e gli enti e le associazioni [91] intervenuti a norma degli articoli 93 e 94, possono presentare richiesta motivata al pubblico ministero di proporre impugnazione a ogni effetto penale.

2. Il pubblico ministero, quando non propone impugnazione, provvede con decreto motivato da notificare al richiedente.

Inquadramento

L'art. 572 prevede, in forma più ampia e convincente che nell'abrogato codice di rito, « la possibilità di un'istanza della parte offesa al pubblico ministero per la proposizione dell'impugnazione avverso la sentenza di proscioglimento dell'imputato, sia nel senso di consentire l'esperimento non solo ai fini dell'accertamento del reato, ma anche ad ogni effetto penale (direttiva n. 87) sia con riguardo alla legittimazione, estesa anche, in omaggio alla direttiva n. 39, agli enti ed alle associazioni intervenuti nel processo (a norma degli artt. 93 e 94). E, per evitare che le determinazioni del pubblico ministero possano esaurirsi in una formula di stile destinata a restare agli atti, è stato disposto che esse debbano essere tradotte in un decreto, da notificarsi al richiedente, che serva a responsabilizzare il pubblico ministero» (Relazione al Progetto preliminare del codice di procedura penale, 287).

La possibilità di sollecitare l'impugnazione del P.M. « ad ogni effetto penale » evidenzia, come osservato dalla dottrina, che la richiesta di proporre impugnazione può riguardare anche sentenza di condanna, ove dall'accoglimento dell'impugnazione possano derivare effetti utili al richiedente (Marandola, in Spangher, 92).

La giurisprudenza ha chiarito che, data l'impersonalità dell'ufficio del pubblico ministero, legittimati a proporre impugnazione sono sia il titolare dell'ufficio sia i suoi sostituti, in quanto delegati, anche informalmente, dal capo, non rilevando, quindi, la mancanza agli atti di una delega scritta (Cass. VI, n. 21969/2013); né valgono regole particolari per il caso in cui il pubblico ministero sia stato sollecitato ad impugnare dalla parte civile ex art. 572, perché tale norma, che non ha affatto natura eccezionale, con il riferimento al « pubblico ministero », rinvia implicitamente alla disciplina generale dell'art. 570 dello stesso codice.

Il diritto di impugnazione della parte civile e della persona offesa

Diversamente da quanto previsto in favore dalla parte civile costituita (art. 576), nessuna disposizione attribuisce alla persona offesa che non sia costituita parte civile il generale diritto di impugnazione: ne consegue che tale soggetto ha unicamente facoltà di fornire impulso all'impugnazione del P.M. nei modi di cui all'art. 572, non di presentare direttamente impugnazione che andrebbe dichiarata inammissibile perché proposta da persona non avente diritto (Cass. V, n. 887/1992; Cass. VII, n. 48896/2012Cass. V, n. 17802/2017, con la precisazione che il ricorso per cassazione presentato da persona offesa che non sia costituita parte civile va dichiarato inammissibile perché proposto da soggetto non avente diritto).

L'unica eccezione a tale principio è data dall'art. 428, comma 2, che consente alla persona offesa non costituita parte civile di proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di non luogo a procedere, ma nei soli casi di nullità previsti dall'art. 419, comma 7, (cui si rinvia): a ben vedere, peraltro, non sarebbe corretto considerare tale possibilità di impugnazione suscettibile di assumere rilevanza agli effetti penali (così, al contrario, Gialuz, in Giarda e G. Spangher, II, 7058, per il quale la legge avrebbe in questo caso riconosciuto alla p.o., pur non costituita parte civile « un inedito potere di impugnazione agli effetti penali della sentenza di non luogo a procedere »), riguardando essa unicamente i casi di nullità cui all'art. 419, commi 1 e 4, che si concretizzano in violazioni del diritto al contraddittorio della p.o. (per omessa citazione o violazione del termine a comparire), nei quali in ipotesi risulta illegittimamente compresso proprio il diritto della p.o. di comparire e formalizzare la costituzione di parte civile.

Il procedimento

 

L'impugnazione del P.M.

Nulla quaestio naturalmente se il P.M. propone la sollecitata impugnazione: in questo caso, la giurisprudenza ritiene ammissibile l'appello del pubblico ministero che abbia trascritto nel proprio atto d'appello, testualmente e per esteso, le censure proposte dalle parti civili nella richiesta allo stesso presentata ai sensi dell'art. 572, poiché anche in tal caso risulta rispettato il requisito di specificità dei motivi (Cass. V, n. 41782/2016 e Cass. III, n. 15205/2020: nella motivazione di entrambe la S.C. ha sottolineato la differenza dell'ipotesi in esame con quella in cui l'appello del pubblico ministero si limiti a rinviare per relationem alle censure mosse dalla parte civile nella propria impugnazione, senza indicare le ragioni del dissenso sulla sentenza appellata: in questo caso, l'impugnazione sarebbe inammissibile per difetto di specificità ex art. 581).

Il diniego di impugnazione del P.M.

Se non propone impugnazione, il P.M. ha l'onere (disciplinarmente perseguibile, ex art. 124) di indicare le ragioni della propria decisione in un decreto motivato, che va notificato al richiedente; in deroga alla generale previsione di cui all'art. 121, comma 2 (peraltro diretta al giudice), riteniamo che il termine finale entro il quale il P.M. debba esprimersi coincida con l'ultimo giorno utile per proporre la sollecitata impugnazione.

Questo decreto non è impugnabile: la giurisprudenza ha, in proposito, chiarito che i soggetti indicati nell'art. 572, comma 1, non possono proporre neanche il ricorso per cassazione (di cui all'art. 111, comma 7, Cost.) avverso il citato decreto motivato emesso dal pubblico ministero di non proposizione di impugnazione, sia in virtù del generale principio di tassatività dei mezzi di gravame, sia in quanto il provvedimento menzionato non ha natura giurisdizionale, ma meramente amministrativa (Cass. VI, n. 889/1996; Cass. II 21224/2003).

Il decreto motivato non ci appare dovuto quando la richiesta di impugnazione non sia motivata (come previsto dall'art. 572, comma 1), ma meramente generica.

Esso è, al contrario, dovuto, quando il P.M. abbia presentato l'impugnazione per ragioni diverse da quelle oggetto di richiesta, oppure accogliendo soltanto parte delle ragioni indicate dal richiedente.

La prevista forma del decreto evidenzia, comunque, che la motivazione richiesta al P.M. non impugnante può essere estremamente succinta.

Profili di costituzionalità

È stata ritenuta manifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalità degli artt. 572 e 585, comma 2, lett. d), sollevata per contrasto con l'art. 24 Cost., nella parte in cui non prevede che la parte civile sia posta a conoscenza al fine di sollecitarne l'esercizio del potere di impugnazione, della data in cui l'avviso di deposito della sentenza viene comunicato al procuratore generale: si è, in proposito, osservato che la scelta del legislatore di imporre ai soggetti privati, interessati all'impugnazione ai fini penali, un onere di vigilanza, e di non prevedere, pertanto, un termine per la comunicazione alla parte civile della data dell'avviso al procuratore generale di deposito della sentenza, discende ragionevolmente dal principio che la titolarità della pretesa punitiva compete esclusivamente allo Stato (Cass. VI, n. 3791/2000).

Casistica

La sollecitazione dell'iniziativa impugnatoria del P.M. ex art. 572 non consente il superamento della presunzione del conferimento del mandato alle liti per un solo grado del processo; detta presunzione può essere superata soltanto da una diversa ed espressa manifestazione di volontà, che deve emergere dal mandato previsto dall'art. 100 e non può essere ritratta né dal contenuto delle procure previste dagli artt. 76 e 122 né da circostanze esterne, quali quella in premessa indicata (Cass. III, n. 37220/2013).

Premesso che, nei procedimenti per reati commessi con violenza alla persona, la persona offesa non è legittimata ad impugnare, neanche con il ricorso per cassazione, l'ordinanza che, in violazione del diritto di intervento per mezzo di memorie riconosciutole dall'art. 299, comma 3, c.p.p., abbia disposto la revoca o la sostituzione della misura cautelare coercitiva (diversa da quelle del divieto di espatrio o dell'obbligo di presentazione alla P.G.), la giurisprudenza ha ritenuto che, cionondimeno, essa, ai sensi dell'art. 572 c.p.p., inteso quale norma generale valida per tutte le iniziative processuali aventi natura impugnatoria,  possa chiedere al p.m. di proporre l'appello cautelare ex art. 310 c.p.p.(Cass. S.U., n. 36754/2022).

Bibliografia

AA.VV., Le impugnazioni, coordinato da Aimonetto, in Giurisprudenza sistematica di diritto processuale penale, diretta da Chiavario-Marzaduri, Torino, 2005.

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