Codice di Procedura Penale art. 618 - Decisioni delle sezioni unite.

Vincenzo Tutinelli

Decisioni delle sezioni unite.

1. Se una sezione della corte rileva che la questione di diritto sottoposta al suo esame ha dato luogo, o può dar luogo, a un contrasto giurisprudenziale, su richiesta delle parti o di ufficio, può con ordinanza rimettere il ricorso alle sezioni unite [170, 172 att.].

1-bis. Se una sezione della corte ritiene di non condividere il principio di diritto enunciato dalle sezioni unite, rimette a queste ultime, con ordinanza, la decisione del ricorso 1.

1-ter. Il principio di diritto può essere enunciato dalle sezioni unite, anche d’ufficio, quando il ricorso è dichiarato inammissibile per una causa sopravvenuta 2.

[1] Comma aggiunto dall’art. 1, comma 66, l. 23 giugno 2017, n. 103. Ai sensi dell’art. 1, comma 95, l. n. 103, cit., la stessa legge entra in vigore il trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (G.U. n. 154 del 4 luglio 2017).

[2] Comma aggiunto dall’art. 1, comma 66, l. 23 giugno 2017, n. 103. Ai sensi dell’art. 1, comma 95, l. n. 103, cit., la stessa legge entra in vigore il trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (G.U. n. 154 del 4 luglio 2017).

Inquadramento

La rimessione alle Sezioni unite risulta la massima espressione della funzione nomofilattica che l'art. 65 dell'Ordinamento Giudiziario attribuisce alla Corte in tutte le espressioni.

La riforma del 2017 (l. n. 103/2017) ha introdotto i commi 1-bis e 1-ter che costituiscono di fatto la riproposizione di disposizioni già in precedenza introdotte nel codice di procedura civile dal d.lgs. n. 40/2006. Già in sede civile, l'introduzione di tali norme aveva destato qualche perplessità, posto che l'evidente fine di rafforzare la funzione nomofilattica della Corte poteva confliggere con i principi costituzionali. In primo luogo, l'art. 101 Cost., per cui giudici sono soggetti soltanto alla legge e che può portare a dubitare della legittimità del vincolo “gerarchico” che le decisioni rese a sezioni unite verrebbero ad avere. 

L'ordinamento processuale disciplina in sostanza tre modalità di rimessione:

- da una parte, infatti, vi è la  facoltà di rimessione, facente capo  al collegio giudicante in relazione a situazioni di contrasto, su richiesta delle parti o di ufficio;

- dall'altra, la facoltà (prevista dal secondo comma dell'art. 610 cui si rinvia) del Presidente della Corte, su richiesta del Procuratore Generale, dei difensori delle parti o anche di ufficio, di rimettere la questione qualora le questioni proposte siano di speciale importanza o ritenga opportuno dirimere contrasti insorti tra le decisioni delle singole sezioni;

- infine, la fattispecie di più recente introduzione prevista dal comma 1-bis della disposizione in commento qualora una sezione della Corte ritenga di non condividere il principio di diritto enunciato dalle sezioni unite.

Tale ultima previsione è stata letta dalla dottrina più attenta come un adeguamento dell'assetto interno della Cassazione, che deve essere tale da facilitare la realizzazione della funzione nomofilattica intesa alla stregua di valore costituzionale risultando altrimenti assurdo un ordinamento che imponga al giudice di merito di conoscere i principi di diritto affermati dalla Cassazione e di adeguarvisi, a meno che esprima ragioni per dissentire, e non imponga al giudice che esprime la giurisprudenza della Cassazione di rispettare la procedura organizzativa da esso predisposta per l'enunciazione stabile di quei principi. [Lupo, 933].

Non può del resto ignorarsi che la stessa Corte Costituzionale, fin dalla sentenza 364 del  1988, abbia segnalato come l'apporto giurisprudenziale – e quindi in particolare la qualificata funzione delle Sezioni Unite della Corte – possa avere incidenza sulla stessa conoscibilità della legge penale : “la più certa delle leggi ha bisogno di <letture> ed interpretazioni sistematiche che (dato il rapidissimo succedersi di <entrate in vigore> di nuove leggi e di abrogazioni, espresse o tacite, di antiche disposizioni) rinviano, attraverso la mediazione dei c.d. destinatari della legge, ad ulteriori <seconde> mediazioni. La completa, in tutte le sue forme, sicura interpretazione delle leggi penali ha, oggi, spesso bisogno di seconde, ulteriori mediazioni: quelle ad es. di tecnici, quanto più possibile qualificati, di organi dello Stato (soprattutto di quelli istituzionalmente destinati ad applicare le sanzioni per le violazioni delle norme)”.

Presupposto indispensabile per la rimessione di una questione alle Sezioni unite a norma dell'art. 618 è che assoluta inconciliabilità fra le diverse affermazioni di principio emerga, ictu oculi, dalla comparazione fra determinate massime, e non la mera possibilità che una certa pronuncia si riveli incompatibile con una delle interpretazioni – o delle implicazioni – che sia lecito attribuire ad un'altra.(Cass. VI, n. 865/1993). Tale obbligo sussiste quando la questione stessa abbia dato luogo o possa dar luogo ad indirizzi giurisprudenziali contrastanti; non, dunque, quanto tra sezioni ovvero all'interno di una singola sezione si registri un qualche dissenso inconsapevole che si presti ad essere agevolmente superato sulla base di più meditato esame e di un semplice coordinamento di non equivoche disposizioni di legge. (Cass. VI, n. 2801/1993).

Si deve trattare quindi di contrasto sufficientemente consolidato, sì che risulti superata la soglia dell'ordinario svolgimento di una riflessione giurisprudenziale in progressivo affinamento per essere sedimentate posizioni delle quali non è prevedibile l'ulteriore evoluzione (Cass. IV, n. 39766/2019).

Va tuttavia segnalata la tendenza – particolarmente recente negli ultimi anni – a devolvere alle sezioni unite questioni nuove e di notevole rilevanza che possano essere foriere di contrasti potenziali (si veda ad esempio Cass. II, 26654/2008 nella nota vicenda FISIA Italimpianti).

All'esito della rimessione, residua la possibilità della restituzione del ricorso rimesso alle sezioni unite ai sensi dell'art. 172 disp att c.p.p. qualora la questione sia stata già proposta ovvero il contrasto sia stato superato (o risulti insussistente).

Poiché l'art. 610, comma 2, nel contemplare i casi di assegnazione del ricorso alle Sezioni unite, non prevede la possibilità di separata definizione dei relativi motivi, come invece espressamente stabilito per il giudizio civile, sussistendone le condizioni, dalla norma, di natura eccezionale e specifica, di cui all'art. 142 disp. att., il ricorso, una volta assegnato alle Sezioni unite, deve essere da queste definito interamente, senza che sia possibile una decisione limitata ad alcune questioni dedotte e con la contestuale riserva di definizione di quelle residue alla sezione semplice, dal momento che il meccanismo di assegnazione predisposto dal citato art. 610, identico per la sezione semplice come per le Sezioni unite, induce a ritenere che nel sistema legislativo queste ultime altro non siano che una sezione, quantunque composta da magistrati provenienti dalle varie sezioni semplici, sicché l'assegnazione del ricorso comporta la decisione su di esso, e non su una o più questioni tra quelle con esso dedotte. (Cass. S.U., n. 17/2000; Cass. S.U., n. 27/2000; Cass. S.U., n. 28/2000).

All'esito, le sezioni unite enunciano il principio di diritto ex art. 173, comma 3, disp. att. c.p.p., definendone gli esatti confini, secondo un'ottica di razionalizzazione sistematica in funzione nomofilattica, sensibile alle possibili connessioni ed implicazioni anche in relazione a profili non specificamente devoluti, così che la regola enucleata possa essere esauriente e fungere da guida per orientare in maniera certa e, quindi, prevedibile, le future decisioni (Cass. V, n. 1757/2021).

Come visto, la sezione semplice che non condivida l'orientamento già espresso dalle sezioni unite ha l'obbligo di rimettere nuovamente la questione. Tale obbligo ha ad oggetto lo specifico principio di diritto enunciato dalle sezioni unite in relazione al quesito che aveva determinato l'originaria rimessione e tutti gli aspetti correlati e necessari per meglio delimitare il significato e la portata applicativa del principio stesso (Cass. VI, 23148/2021). Tale portata risulta di fatto implicito nella ratio della norma che risulta finalizzata a dare stabilità alle pronunce che istituzionalmente sono finalizzate a comporre precedenti incertezze interpretative e contrasti interni alla giurisprudenza della Corte stessa e a evitare che il contrasto possa riproporsi. Il principio di diritto espresso dalle sezioni unite e le considerazioni da cui tale principio è scaturito vengono dunque a assumere una rilevanza che trascende la specifica vicenda processuale affrontata in sentenza e vengono a determinare un vincolo generale gravante sulle sezioni semplici che – successivamente – si trovino ad affrontare la medesima questione di diritto e che potranno soltanto scegliere tra uniformarsi al dictum delle sezioni unite ovvero rimettere nuovamente la questione.

È indiscusso che tale vincolo sussista anche con riferimento alle decisioni intervenute precedentemente all'entrata in vigore della nuova disposizione (Cass. S.U., n. 36072/2018) come in ampia parte ribadito in molteplici pronunce che hanno evidenziato che il vincolo sussiste anche in relazione alla soluzione di questioni processuali in cui venga espresso un principio di diritto contrario a quello precedentemente dominante cui il giudice a quo si era attenuto (cfr. Cass. II, n. 44678/2019).

La fattispecie della c.d. rimessione obbligatoria pone ulteriori problemi per quanto attiene alle sanzioni ricollegabili alla mancata osservanza.

Se infatti non vi è sanzione espressa o ricollegabile alla sistematica degli artt. 178 ss. e 191 c.p.p. (tanto da doversi escludere la presenza di alcun vizio del provvedimento che non ottemperi a tale obbligo) ampiamente condivisa è la ipotizzabilità di una responsabilità civile e/o disciplinare dei componenti del collegio decidente (che non abbiano espresso il dissenso nei modi previsti dagli artt. 125 c.p.p.e art. 131 c.p.c.). La stessa più attenta dottrina [LUPO] segnala inoltre, secondo la giurisprudenza della Corte di Strasburgo, i contrasti giurisprudenziali all'interno della Corte di legittimità sono idonei a concretizzare violazioni della regola del processo equo (art. 6 Cedu) e, nella materia penale, anche della legalità della pena (art. 7 Cedu) con la conseguenza che la decisione dissenziente dal principio di diritto delle Sezioni unite, eventualmente emanata da una sezione semplice, potrebbe essere prospettata come fonte di responsabilità dello Stato per violazione della Cedu, che la parte interessata potrebbe fare valere davanti alla apposita Corte europea; previsione che, perlomeno nelle cause che rientrino nel suo ambito di applicazione, risulterebbe rafforzata dall'art. 51 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'UE, in ciò potendosi individuare una fattispecie di violazione del diritto dell'Unione, la quale, se ritenuta manifesta, risulta fonte anche di responsabilità civile del magistrato ai sensi dell'art. 2, comma 3-bis, l. n. 117/1988 per come modificato dalla l. n. 18/2015.

Tale tesi risulta però minoritaria nella dottrina penalistica e di fatto esclusa da recente pronuncia della Sezione prima (oggetto di puntuale segnalazione in recente relazione dell'Ufficio del Massimario della stessa Corte (rel. n. 12 del 2021) che ha affermato che, in difetto di una specifica previsione, la violazione dell'obbligo di rimessione previsto dall'art. 618, comma 1-bis, c.p.p. non comporta alcuna sanzione, escludendo che tale assetto «sia da considerarsi come il risultato di una scelta normativa incompleta o contraddittoria o, comunque, contrastante con i principi costituzionali in materia di giurisdizione» posto che la previsione di sanzioni di carattere processuale avrebbe comportato l'introduzione di un elemento distonico nel rapporto fra le Sezioni della Corte di legittimità, «rapporto non necessitante per il suo dispiegarsi di controlli e sanzioni, in quanto fondato sulla consapevole e partecipata condivisione culturale degli organi della Corte circa il riconoscimento del valore del precedente come principio operante nel circuito interno del giudizio di legittimità» (Cass. I, n. 464/2020).

La decisione delle sezioni unite deve in ogni caso enunciare il principio di di diritto fondante la decisione (art. 173 comma 3 disp. att. c.p.p.); enunciazione che avviene in relazione al quesito posto dalla sezione semplice, salva la possibilità della Corte di estendere la valutazione oltre i rigidi limiti della questione proposta, delineandone i confini ed analizzandone, in funzione nomofilattica, le possibili implicazioni anche con riguardo a questioni non specificamente devolute, per far sì che la regula iuris enucleata possa orientare, senza lasciare insorgere dubbi, le future decisioni (Cass. V, n. 1757/2021).

Il riferito vincolo ha portata esclusivamente interna alla Corte di Cassazione. Di conseguenza, il giudice di rinvio è tenuto ad uniformarsi al principio di diritto dalla Corte enunciato anche qualora questo contrasti con un principio in precedenza espresso dalle Sezioni Unite sulla medesima questione oggetto di decisione., atteso che, in difetto della previsione di alcuna specifica sanzione per l'eventuale violazione dell'obbligo di rimessione obbligatoria, il principio di diritto contenuto nella sentenza di annullamento, in quanto immodificabile e sottratto ad ulteriori mezzi di impugnazione, acquista autorità di giudicato interno. Siffatta autorità del principio osta anche a che la Corte di cassazione, chiamata a decidere del ricorso avverso la sentenza rescissoria del giudice di rinvio, investa a sua volta le Sezioni Unite. (Cass. I, 464/2021; cfr. Cass. S.U., n. 4460/1994).

Profili di costituzionalità

È stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 610, comma 2, che riconosce al Procuratore Generale e ai difensori la facoltà di eccitare i poteri del Presidente per l'assegnazione di un ricorso alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, escludendo la legittimazione personale della parte, sollevata in riferimento all'art. 24 Cost. Da un canto, infatti, il diritto di difesa non è assoluto ed esente da ogni limitazione, ma deve armonizzarsi con altri principi e situazioni meritevoli di tutela; dall'altro, esaurita la fase preliminare di assegnazione del ricorso, che è di competenza del Presidente, alla parte ricorrente è riconosciuta personale legittimazione a sollecitare il potere presidenziale di assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite dall'art. 618. (Cass. V, n. 4192/1994).

Bibliografia

Bargi, Il ricorso per Cassazione, in Gaito, Le impugnazioni penali, II, Torino, 1998, 568; Cadoppi, Il valore del precedente nel diritto penale. Uno studio sulla dimensione in action della legalità, Torino, 1999, 226; Pisani, Breve storia delle sezioni unite penali, Riv. it. dir. e proc. pen., 2010, 1537; Pollera, Le sezioni unite penali e il principio di diritto, Cass. pen. 2019, 4546; Bassi, Il giudizio per cassazione ad un anno dall'entrata in vigore della riforma Orlando, Cass. pen., 2018, 4043; Dinacci, Il difficile rapporto giudice-legge nel giudizio di cassazione tra accentuata nomofilachia e poteri di merito, Cass. pen. 2019, 874; Lupo, La funzione nomofilattica della Corte di cassazione e l'indipendenza funzionale del giudice, in Cass. Pen. 2020, 911.

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