Codice di Procedura Penale art. 619 - Rettificazione di errori non determinanti annullamento.

Vincenzo Tutinelli

Rettificazione di errori non determinanti annullamento.

1. Gli errori di diritto nella motivazione e le erronee indicazioni di testi di legge non producono l'annullamento della sentenza impugnata, se non hanno avuto influenza decisiva sul dispositivo. La corte tuttavia specifica nella sentenza le censure e le rettificazioni occorrenti [130].

2. Quando nella sentenza impugnata si deve soltanto rettificare la specie o la quantità della pena per errore di denominazione o di computo, la corte di cassazione vi provvede senza pronunciare annullamento.

3. Nello stesso modo si provvede nei casi di legge più favorevole all'imputato [2 c.p.], anche se sopravvenuta dopo la proposizione del ricorso, qualora non siano necessari nuovi accertamenti di fatto.

Inquadramento

Si tratta di previsione ispirata, per quanto riguarda le previsioni di cui al primo e secondo comma, a mere esigenze di celerità processuale.

In particolare, La disposizione in commento trova la sua “ratio” nell'esigenza di scongiurare l'annullamento della decisione impugnata tutte le volte in cui la Corte di cassazione, rimanendo nell'ambito della sua funzione istituzionale e nel rispetto del fatto come ritenuto dal giudice di merito, possa ovviare a errori di diritto, insufficienze motivazionali o cadute di attenzione da parte del giudice “a quo”, lasciando inalterato l'essenziale del contesto decisorio assunto con la sentenza esaminata (Cass. S.U., n. 9973/1998).

I casi di rettificazione elencati nell'art. 619, commi 1 e 2, non sono tassativi ed è quindi suscettibile di rettificazione ogni altro erroneo enunciato contenuto nella sentenza impugnata, del quale sia palese e pacifica la riconoscibilità, qualora non comporti la necessità dell'annullamento. Tale «regola» discende dai principi dell'«economia», dell'«efficienza processuale» e della «massima semplificazione nello svolgimento del processo con eliminazione di ogni atto ed attività non essenziale» (Cass. I, n. 35423/2014).

È possibile procedere alla rettificazione degli errori di cui all'art. 619, comma 2, solo quando il ricorso per Cassazione sia ammissibile, condizione che non si verifica quando esso sia stato proposto esclusivamente per ottenere la rettificazione della specie della pena, errata nella denominazione (Cass. IV, n. 4114/2014).

In tal caso, infatti, residua la possibilità di una correzione di errore materiale ai sensi dell'art. 130 c.p.p. davanti al giudice del merito.

Maggiori problemi applicativi riserva la previsione di cui al terzo comma, in cui le esigenze di celerità si associano ad una necessaria concretizzazione del principio del favor rei. La S.C. ha specificato in risalente pronuncia che la Corte può provvedere senza annullamento all'applicazione di una legge sopravvenuta più favorevole all'imputato, ma, qualora l'identificazione della legge applicabile alla fattispecie concreta richieda una valutazione di fatto, detta possibilità è circoscritta ai casi in cui le disposizioni più favorevoli siano entrate in vigore dopo la deliberazione del provvedimento impugnato. In caso contrario, l'eccezionale esercizio della giurisdizione di merito da parte della Cassazione è precluso, e la valutazione di fatto necessaria per l'eventuale applicazione dello ius novum spetta al giudice di merito, salva la possibilità di provocare il successivo sindacato del giudice dell'impugnazione (anche sotto il profilo dell'omessa comparazione tra le leggi succedutesi nel tempo), e sempre che la questione sia posta ad oggetto dei relativi motivi di gravame (Cass. VII, n. 46630/2004).

Quanto poi alla individuazione della disposizione più favorevole, le Sezioni Unite hanno più volte posto l'accento sul fatto che, ai fini dell'individuazione della violazione più grave da prendere come base per il calcolo delle pene, occorre riferirsi alle valutazioni astratte compiute dal legislatore, ossia occorre aver riguardo alla pena prevista dalla legge per ciascun reato, di tal che la violazione più grave va individuata in quella punita dalla legge più severamente (Cass. S.U., n. 4901/1992) con la conseguenza che la violazione più grave va individuata in astratto in base alla pena edittale prevista per il reato ritenuto dal giudice in rapporto alle singole circostanze in cui la fattispecie si è manifestata e all'eventuale giudizio di comparazione fra di esse (Cass. S.U., n. 25939/2013).

Casistica

Calcolo della pena

In caso di errore materiale o di calcolo, la Corte di Cassazione può direttamente ricondurre nei limiti legali la sola sanzione inflitta in misura illegale, tale essendo la pena diversa, per specie, da quella che la legge stabilisce per un determinato reato, ovvero inferiore o superiore, per quantità, ai relativi limiti edittali. (Fattispecie in cui la Corte, sul presupposto che la pena irrogata rientrava, per specie e quantità, nei limiti edittali previsti per il reato considerato, ha provveduto alla rettifica della motivazione della sentenza diversamente indicando la pena base. (Cass. V,  n. 32347/2018; Cass. II, n. 12991/2013).

L'eventuale divergenza tra dispositivo e motivazione della sentenza non può essere sempre risolta ricorrendo al criterio della prevalenza del primo sulla seconda, atteso che la motivazione conserva la sua funzione di spiegazione e chiarimento delle ragioni per cui il giudice è pervenuto alla decisione e pertanto ben può contenere elementi certi e logici che facciano ritenere errato il dispositivo o parte di esso (Cass. VI, n. 24157/2018); tuttavia, qualora la difformità presenti profili di merito non valutabili in sede di legittimità non potrà trovare applicazione la procedura di rettificazione prevista dall'art. 619 (Cass. VI, n. 44874/2018).

Anche in tema di patteggiamento, è consentito alla Corte di Cassazione provvedere direttamente alla rettifica della pena erroneamente riportata nel dispositivo dal giudice di merito quando essa non sia coincidente con quella che risulti dall'accordo intercorso tra le parti (Cass. II, n. 2214/2013).

Di conseguenza, quando, nelle more del giudizio di cassazione, sopravvenga l'abolitio criminis per uno di tali reati, in relazione al quale la pena non sia stata determinata nell'accordo recepito dal giudice di merito e non sia stata proposta impugnazione, il giudice di legittimità può rimuovere, ai sensi dell'art. 619, comma terzo, la confisca di valore eventualmente disposta in relazione al predetto reato, se precisamente determinata nell'ammontare, mentre non può procedere ad operazioni correttive della pena principale, in assenza di atti che consentano di farlo senza compiere accertamenti di fatto; ne deriva che compete al giudice della esecuzione, instaurato il contraddittorio tra le parti che stipularono l'originario accordo, la pronuncia in ordine alla sopravvenuta irrilevanza penale del fatto e la conseguente eliminazione della pena relativa al reato oggetto di abolitio criminis, che lo stesso giudice è tenuto a determinare  (Cass. S.U., n. 40256/2018 Cass. III, n. 38732/2016).

Allo stesso modo, il dispositivo in cui sia omessa la enunciazione del concordato beneficio della sospensione condizionale della pena, è suscettibile di rettificazione integrativa da parte della Corte di Cassazione, trattandosi di una statuizione obbligatoria e conseguenziale alla pronuncia che non implica l'esercizio di un potere discrezionale da parte del giudice (Cass. VI, n. 20819/2013).

Va comunque precisato che – nelle ipotesi in cui la rettificazione della pena sia effettuata contestualmente alla dichiarazione di inammissibilità dei motivi di ricorso riguardanti l'accertamento di responsabilità dell'imputato - ne consegue l'irrilevanza del decorso del termine di prescrizione in quanto la rettifica della pena ex art. 619, comma 2, c.p.p. costituisce attività di mero computo non attinente al contenuto decisorio della sentenza e il giudizio sul reato contestato risulta interamente esaurito, con conseguente formazione del giudicato (Cass. V, n. 32347/2018).

Pene accessorie

La Corte di Cassazione può porre rimedio all'omessa applicazione di una pena accessoria, obbligatoria e predeterminata ex lege in specie e durata, con la procedura di correzione prevista dall'art. 619 (Cass. II, n. 38713/2015).

Erronea indicazione in tema di trasmissione degli atti

L’erronea statuizione della trasmissione diretta degli atti al giudice (anziché al P.M.) competente (Cass. IV, n. 1526/2013) ovvero l’omessa statuizione inerente alla restituzione degli atti conseguente ad annullamento senza rinvio (Cass. III, n. 38716/2018) non attinge il contenuto decisorio espresso dal dispositivo ma soltanto una disposizione strumentale ed è perciò rimediabile, da parte della Corte di Cassazione, attraverso la procedura di rettifica prevista dall’art. 619.

Misure di sicurezza

La misura di sicurezza dell'allontanamento dal territorio dello Stato del cittadino di uno Stato membro dell'Unione europea, condannato alla reclusione per un tempo superiore a due anni, deve essere disposta anche in caso di sentenza di patteggiamento, ma sempre previo accertamento in concreto della pericolosità sociale. (La S.C. Corte ha affermato, in motivazione, che in caso di omessa statuizione sull'allontanamento, la sentenza non può essere oggetto di rettifica ex art. 619., ma deve essere annullata con rinvio per la valutazione in concreto circa la pericolosità del condannato, da effettuarsi innanzitutto in sede di cognizione e solo successivamente in sede esecutiva — Cass. IV, n. 43459/2015).

Pena illegale pro reo

In tema di determinazione di pena, ove il giudice abbia inflitto una pena in contrasto con la previsione di legge ma in senso favorevole all'imputato, si realizza un errore al quale la Corte di Cassazione, in difetto di specifico motivo di gravame da parte del P.M., non può porre riparo né con le formalità di cui agli artt. 130 e 619., perché si versa in ipotesi di errore di giudizio e non di errore materiale del computo aritmetico della pena, né in osservanza all'art. 1 c.p. ed in forza del compito istituzionale proprio della Corte di Cassazione di correggere le deviazioni da tale disposizione, ciò in quanto la possibilità di correggere in sede di legittimità la illegalità della pena, nella specie o nella quantità, è limitata all'ipotesi in cui l'errore sia avvenuto a danno e non in vantaggio dell'imputato, essendo anche in detta sede non superabile il limite del divieto della reformatio in peius (Cass. VI, n. 49858/2013).

Bibliografia

Bargi, Il ricorso per Cassazione, in Gaito, Le impugnazioni penali, II, Torino, 1998, 568; Iacoviello, La motivazione della sentenza penale e il suo controllo in Cassazione, Milano, 1997, 279; Nappi, Il sindacato di legittimità nei giudizi civili e penali di Cassazione, Torino, 2006, 245, 273; ; Santalucia, Commento art. 619 in LATTANZI – LUPO C.p.p.. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, Milano, 2017, 678 ss.

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