Codice di Procedura Penale art. 625 bis - Ricorso straordinario per errore materiale o di fatto 1 .

Vincenzo Tutinelli

Ricorso straordinario per errore materiale o di fatto 1.

1. È ammessa, a favore del condannato, la richiesta per la correzione dell'errore materiale o di fatto contenuto nei provvedimenti pronunciati dalla corte di cassazione.

2. La richiesta è proposta dal procuratore generale o dal condannato, con ricorso presentato alla corte di cassazione entro centottanta giorni dal deposito del provvedimento. La presentazione del ricorso non sospende gli effetti del provvedimento, ma, nei casi di eccezionale gravità, la corte provvede, con ordinanza, alla sospensione.

3. L'errore materiale di cui al comma 1 può essere rilevato dalla corte di cassazione, d'ufficio, in ogni momento e senza formalità. L’errore di fatto può essere rilevato dalla corte di cassazione, d’ufficio, entro novanta giorni dalla deliberazione 2.

4. Quando la richiesta è proposta fuori dell'ipotesi prevista al comma 1 o, quando essa riguardi la correzione di un errore di fatto, fuori del termine previsto al comma 2, ovvero risulta manifestamente infondata, la corte, anche d'ufficio, ne dichiara con ordinanza l'inammissibilità; altrimenti procede in camera di consiglio, a norma dell'articolo 127 e, se accoglie la richiesta, adotta i provvedimenti necessari per correggere l'errore.

 

[1] Articolo inserito dall'art. 6, comma 6, 26 marzo 2001, n. 128.

[2] Le parole da «e senza» a «deliberazione» sono state aggiunte dall’art. 1, comma 68, l. 23 giugno 2017, n. 103. Ai sensi dell’art. 1, comma 95, l. n. 103, cit., la stessa legge entra in vigore il trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (G.U. n. 154 del 4 luglio 2017).

Inquadramento

La norma in commento è stata introdotta con la l. n. 128/2001 e ha permesso di superare il principio della irrevocabilità e della immodificabilità della sentenza della Corte di Cassazione in tutti i casi in cui si palesi necessaria l'eliminazione di errori interni al giudizio di Cassazione in quanto di indubbia essenzialità rispetto alla posizione del condannato perché ricorrente sul contenuto della decisione ma attinenti ai presupposti di fatto della decisione stessa e aventi natura “percettiva”.

L'origine della norma risale di fatto a una non troppo risalente pronuncia della Corte Costituzionale, chiamata a valutare una vicenda in cui la Corte non si era avveduta della effettiva presenza di una procura speciale nel novero degli atti del proprio fascicolo e aveva dichiarato l'inammissibilità del ricorso (Corte cost. n. 395/2000); situazione non emendabile attraverso la procedura della correzione di errore materiale. I giudici costituzionali, pur nel contesto di una pronuncia di inammissibilità, segnalò la necessità di un'interpretazione adeguatrice del sistema, di fatto prospettando la necessità di superare il dogma del giudicato fino ad ammettere la possibilità di modificare il contenuto essenziale della decisione pur di rimediare agli "errori di fatto" addebitabili alla stessa Cassazione. La indisponibilità della giurisprudenza di legittimità all'epoca prevalente di estendere il rimedio dell'art. 130 c.p.p. ad ambiti che avrebbero imposto una modifica del contenuto decisorio del provvedimento ha portato di fatto alla nascita della norma in commento.

Successivamente, l'esperibilità del ricorso straordinario in oggetto è stata estesa anche a fattispecie del tutto eterogenea quale il gravame avverso le sentenze rese de plano da parte della stessa Corte di Cassazione. La natura del tutto eterogenea di tale previsione ne determina una sostanziale eccezionalità in relazione alla determinazione del requisito della legittimazione ad agire posto che in tal caso - e solo in tal caso - la legittimazione appare sganciata dalla qualifica di condannato (Cass., III, n. 30609/2022).

La disposizione in esame cumula due rimedi che hanno presupposti e contenuto eterogeneo. La ragione della previsione di una medesima normativa per due tipi di errore così diversi deve plausibilmente individuarsi nel fatto che l'art. 625-bis c.p.p. è stato modellato sull'analoga disciplina contenuta nell'art. 391-bis c.p.c., pur dovendosi tenere presenti le puntuali considerazioni -riferite all'art. 391-bis c.p.c. ma sicuramente estensibili all'art. 625-bis c.p.p.- contenute nella sentenza della Corte Costituzionale (Corte Cost. n. 119/2018), che, nel dichiarare l'incostituzionalità della disposizione in cui è previsto un termine per la proposizione dell'istanza di correzione degli errori materiali delle sentenze della Corte di Cassazione, ha sottolineato la diversità dell'errore materiale dall'errore di fatto, precisando che per il primo, e solo per esso, l'esistenza di un termine di decadenza contrasta col canone di ragionevolezza (in questi termini Cass. S.U. 16103/2002).

Come più volte specificato dalle stesse Sezioni unite della Corte di Cassazione, l'efficacia del giudicato penale nasce dalla necessità di certezza e stabilità giuridica, propria della funzione tipica del giudizio, ma anche dall'esigenza di porre un limite all'intervento dello Stato nella sfera individuale, sicché si esprime essenzialmente nel divieto di « bis in idem », e non implica l'immodificabilità in assoluto del trattamento sanzionatorio stabilito con la sentenza irrevocabile di condanna nei casi in cui la pena debba subire modificazioni necessarie imposte dal sistema a tutela dei diritti primari del condannato (Cass. S.U. , n. 42858/2014). Non va dimenticato che, nell'introdurre tale previsione, il legislatore italiano si è uniformato dal principio enunciato dall'art. 4, § 2, settimo protocollo aggiuntivo della Cedu che — proprio in quest'ottica — prevede la possibilità di riapertura del processo qualora un vizio fondamentale della procedura antecedente abbia potuto condizionare l'esito del caso.

In quest'ottica, la previsione della esperibilità d'ufficio del rimedio nel termine di 90 giorni introdotta dalla novella del 2017 (l. n. 103/2017) va considerata come finalizzata a ulteriormente garantire — in tempi rapidi e comunque rigorosamente circoscritti — la verifica della correttezza dei propri procedimenti da parte della stessa Corte. Non casuale il fatto che il termine di rilevabilità dell'errore corrisponda al termine massimo di legge di deposito dei provvedimenti.

Di fatto, l'errore verificatosi nel giudizio di legittimità e oggetto del rimedio previsto dall'art. 625-bis  c.p.p. consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall'influenza esercitata sul processo formativo della volontà, che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso (Cass. II, n. 41782/2015). L'errore non valutativo così conformato dovrà avere inoltre il carattere della decisività, tale dunque da avere materialmente condotto ad una pronunzia diversa da quella che sarebbe stata adottata se esso non si fosse verificato (Cass. VI, n. 14296/2014).

Rientra invece nell'ambito applicativo della diversa previsione dell'art. 130 c.p.p. quello attinente la sola documentazione grafica quale mezzo di manifestazione della volontà giudiziale, regolarmente formatasi senza l'influenza perturbatrice di quell'errore, tant'è che l'applicazione dell'art. 130 c.p.p. è stata considerata del tutto compatibile col principio dell'inoppugnabilità delle decisioni della Corte di Cassazione, proprio perché rigorosamente circoscritta alla categoria degli errori materiali che non determinano nullità e sono eliminabili senza una modificazione essenziale del provvedimento (Cass. S.U. n. 16103/2002). Sono altresì estranei all'ambito di applicazione dell'istituto gli errori di interpretazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, ovvero la supposta esistenza delle norme stesse o l'attribuzione ad esse di una inesatta portata, anche se dovuti ad ignoranza di indirizzi giurisprudenziali consolidati.

Deve però rilevarsi come rimanga sindacabile il profilo dell'applicabilità delle norme o della qualificazione giuridica che siano conseguenza dell'errore di percezione: la Corte ha ad esempio ritenuto ricorrere errore percettivo — rilevante ai sensi dell'art. 625-bis, ed influente sulla qualificazione del fatto quale delitto di peculato anziché di appropriazione indebita — nella considerazione da parte del collegio della natura pubblica dei fondi oggetto di appropriazione da parte dell'imputato, laddove emergeva, inequivocabilmente, dalle risultanze processuali la natura privata degli stessi (Cass. II, n. 41782/2015).

Rimangono inoltre rilevanti ai fini della applicazione della norma in esame gli errori percettivi in cui sia incorso il giudice di merito, dovendosi questi ultimi far valere — anche se risoltisi in travisamento del fatto — soltanto nelle forme e nei limiti delle impugnazioni ordinarie. Inoltre, l'operatività del ricorso straordinario non può essere limitata alle decisioni relative all'accertamento dei fatti processuali, non risultando giustificata una simile restrizione dall'effettiva portata della norma in quanto l'errore percettivo può cadere su qualsiasi dato fattuale (Cass. S.U. , n. 16103/2002).

Indiscusso è l'assunto per cui soltanto il ricorso straordinario per errore di fatto ha natura di vero e proprio mezzo di impugnazione, come è confermato dalla circostanza che il quarto comma dell'art. 625-bis, nel disporre che la Corte, « se accoglie la richiesta, adotta i provvedimenti necessari per correggere l'errore», prefigura l'immediata pronuncia della nuova decisione, in luogo di quella viziata dall'errore di fatto, ovvero, se necessario, la sola caducazione di questa e la celebrazione del nuovo giudizio nelle forme dell'udienza pubblica o della camera di consiglio con la conseguente possibilità che il momento rescindente e quello rescissorio, pur restando concettualmente sempre distinguibili, possano essere unificati o separati, secondo il prudente apprezzamento della Corte, in relazione alle peculiari connotazioni delle :singole situazioni processuali (Cass. S.U. , n. 16103/2002). Per converso, il ricorso relativo all'errore materiale rappresenta null'altro che uno strumento di correzione, speciale rispetto a quella prevista dall'art. 130 c.p.p., senza alcuna incidenza sul contenuto della decisione e con funzione di mera rettifica della forma espressiva della volontà del giudice., (ibid.).

Legittimazione a ricorrere

In primis , ad eccezione dell'ipotesi di impugnazione di sentenza resa de plano ai sensi dell'art. 61 comma 5-bis (cfr. Cass.. III, n. 30609/2022, cit),  legittimato al ricorso è il condannato, dovendosi al proposito precisare che la nozione di “condannato”, di cui al citato articolo 625-bis, ricomprende anche il soggetto titolare della facoltà di chiedere la revisione della condanna, in quanto il rigetto o la dichiarazione di inammissibilità del ricorso contribuisce alla “stabilizzazione” del giudicato (Cass. S.U., n. 13199/2016).

In particolare, il condannato è legittimato al ricorso straordinario anche quando sia stato assolto e liberato a seguito di accoglimento della richiesta di revisione da parte della Corte d'appello, con provvedimento non definitivo, e proponga ricorso straordinario per errore di fatto contro la sentenza della Corte di cassazione che abbia definito in senso negativo il precedente procedimento di revisione sussistendo un interesse ai fini della riparazione di cui all'art. 643 in quanto la dimostrazione dell'errore di fatto in cui sia incorsa la pronuncia impugnata consentirebbe di escludere che l'errore giudiziario sia dipeso da dolo o colpa grave del ricorrente (Cass. S.U., n. 13199/2016).

Legittimato al ricorso è inoltre il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione (Cass. V, n. 40171/2009) in quanto titolare di un interesse alla corretta applicazione della legge. 

Può proporre il ricorso il difensore munito di procura speciale (Cass. IV, n. 34923/2002). La presenza di una procura speciale è decisiva e imprescindibile, trattandosi di impugnazione di carattere straordinario, riservata ex art. 625-bis, comma 2, esclusivamente al condannato, con la conseguenza che, in tal caso, è inapplicabile il disposto di cui all'art. 571, comma 3, (Cass. IV, n. 13918/2011) e non ammette equipollenti qualora il deposito sia curato personalmente dall'imputato in quanto la legittimazione ad impugnare riguarda la proposizione e non la presentazione dell'impugnazione (Cass. I, n. 12595/2015).

Radicalmente da escludersi — quindi — la legittimazione della persona offesa (Cass. VI, n. 91/2013, Cass. IV, n. 32989/2012) ed è stata ritenuta manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell'art. 625-bis, in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., per la parte in cui non annovera tra i legittimati alla proposizione del ricorso straordinario la parte civile, in quanto il titolare di una situazione giuridica di natura civilistica ha la facoltà di ricorrere alla tutela giurisdizionale senza necessità di intervento nel processo penale (Cass. III, n. 39179/2014); ad identiche conclusioni la Corte è giunta in relazione alla legittimità costituzionale della esclusione dell'indagato con riferimento ad un errore rilevato nell'ambito di procedure incidentali (Cass. V, n. 15368/2016) e anche se  a carico di costui  siano  state disposte misure cautelari (Cass. II, n. 42518/2021).

La regola per cui l'unica parte privata legittimata a proporre il ricorso straordinario è il condannato trova un'eccezione nell'ipotesi di riparazione per ingiusta detenzione. E' infatti ammissibile il ricorso straordinario per errore materiale o di fatto proposto dall'imputato assolto avverso la sentenza della Corte di cassazione di rigetto del ricorso presentato contro l'ordinanza di reiezione della richiesta di riparazione per ingiusta detenzione, non essendo la legittimazione ad agire, ai sensi dell'art. 625-bis cod. proc. pen., circoscritta al solo condannato, ma potendosi estendere anche a chi, pur condannato, sia stato successivamente assolto a seguito di revisione del processo (Cass., III, n. 25653/2022).

Residua infine la possibilità di una rilevazione d'ufficio dell'errore percettivo, esplicitamente ammessa dal comma terzo della disposizione in commento. Tale previsione – tra l'altro – risulta essere stata integrata dalla novella del 2017 (l. 103/2017). Secondo il testo più recente, la correzione d'ufficio dell'errore materiale potrà essere svolta “senza formalità” e quindi senza previa fissazione di una udienza ad hoc. Diversa previsione riguarda l'errore di fatto che risulta invece rilevabile nel termine di 90 giorni dalla deliberazione e per cui risulta necessaria la formale fissazione di un'udienza ad hoc risultando necessaria instaurazione di un contraddittorio sul punto.

Provvedimenti ricorribili

Proprio in relazione a tali caratteristiche, risulta evidente il fatto che - ad eccezione dell'ipotesi di cui al comma 5 bis dell'art. 610 - oggetto di tale ricorso possano essere solo le sentenze e i provvedimenti che rendono definitiva una sentenza di condanna e non altre fattispecie di provvedimenti, resi in procedimenti incidentali, rispetto a cui risulta possibile svolgere altri rimedi (Cass. V, n. 1821/2016; Cass. S.U., n. 16103/2002).

Tale statuizione sfavorevole consegue anche alla condanna al solo risarcimento dei danni in favore della parte civile, a patto che l’imputato prospetti un errore di fatto nella decisione della Corte di cassazione relativamente al capo specificamente e rimanendo esclusa la prospettiva degli effetti civili, di decisione assolutoria emessa in sede di merito non idonee a far ritenere sussistente in capo all’imputato la qualifica soggettiva di « condannato » (Cass. III, n. 45031/2015; Cass. S.U., n. 28719/2012). Proprio per la mancanza di tale qualifica, risulterebbe invece inammissibile il ricorso straordinario proposto dall’imputato avverso le decisioni rese in via incidentale nel corso del procedimento di legittimità (Cass. VI, n. 42530/2013), ovvero dall’imputato assolto avverso la sentenza di rigetto del ricorso presentato contro l’ordinanza di reiezione della richiesta di riparazione per ingiusta detenzione (Cass. III, n. 41071/2015) o ancora quando la Corte abbia dichiarato l’inammissibilità della richiesta di rimessione del processo, condannandolo al pagamento delle spese processuali e a sanzione in favore della cassa delle ammende, non potendo essere considerato “condannato” il soggetto destinatario solo di sanzioni processuali accessorie (Cass. IV, n. 39817/2012). La legittimazione alla proposizione del ricorso straordinario per cassazione a norma dell’art. 625-bis spetta anche alla persona condannata nei confronti della quale sia stata pronunciata sentenza di annullamento con rinvio limitatamente a profili che attengono alla determinazione del trattamento sanzionatorio (Cass. S.U., n. 28717/2012) mentre deve essere esclusa quando il giudice di legittimità abbia pronunciato sentenza di annullamento con rinvio che non consente di ritenere avvenuto l’accertamento della responsabilità (Cass. VI, n. 46066/2014). È invece ammissibile contro le decisioni della Corte di cassazione conclusive di un giudizio di revisione, posto che « condannato » è anche il soggetto titolare della facoltà di introdurre il procedimento di revisione (Cass. I, n. 1776/2014; Cass. S.U., n. 13199/2016).

Rimane comunque inammissibile il ricorso straordinario di cui all’art. 625-bis proposto, prima del deposito della motivazione, avverso il solo dispositivo del provvedimento impugnabile, dovendo ritenersi operanti per tale mezzo di impugnazione, oltre alle cause di inammissibilità previste direttamente dal suddetto art. 625-bis, quelle generali di cui all’art. 591 (Cass. III, n. 48468/2015).

Da escludersi la possibilità di ricorrere avverso l’errore di fatto contenuto in provvedimenti di applicazione di misure di prevenzione, per la quale è previsto il distinto rimedio della revoca e per la mancanza del necessario requisito della definitività del provvedimento impugnato (Cass. II, n. 41363/2015), nei confronti di un ordine di esecuzione della pena emesso prima del deposito della sentenza della Corte di cassazione (Cass. VI, n. 33234/2015), avverso un’ordinanza della Corte di cassazione che ha dichiarato l’inammissibilità’ di un ricorso proposto dall’imputato nei confronti di una sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione del reato, essendo il citato rimedio tassativamente previsto unicamente a favore del condannato. (Cass. VI, n. 49874/2012) contro un provvedimento di rigetto di un’istanza di rimessione in termini, dovendosi escludere la possibilità di estendere in via analogica l’applicabilità dell’istituto, attesa la sua natura eccezionale, ai sensi dell’art. 14 disp. prel. c.c. (Cass. II, n. 23762/2015), nei confronti di una decisione intervenuta in tema di esecuzione della pena (Cass. II, n. 29163/2013), o di estradizione (Cass. II, n. 7946/2007) ovvero, ancora, avverso la sentenza della Corte di cassazione in materia di misure cautelari reali, trattandosi di pronuncia di legittimità che non ha reso irrevocabile una sentenza di condanna. (Cass. I, n. 47932 /2012). Allo stesso modo deve ritenersi inammissibile il ricorso straordinario per errore di fatto avverso una decisione della Suprema Corte in tema di sequestro e confisca, e di restituzione dei beni all’avente diritto (Cass. VI, n. 20684/2016).

Limiti di ammissibilità

Di conseguenza, non risulterà deducibile ai sensi dell’art. 625-bis la mancata disamina di doglianze non decisive, o che debbono essere considerate implicitamente disattese, in quanto incompatibili con la struttura e con l’impianto della motivazione, nonché con le premesse essenziali, logiche e giuridiche, che compendiano la « ratio decidendi » della sentenza medesima; ne deriva che è onere del ricorrente dimostrare che la doglianza era invece decisiva, per cui il suo omesso esame è conseguenza di un sicuro errore di percezione (Cass. VI, n. 16287/2015). Allo stesso modo, l’omesso scrutinio di particolari deduzioni, contenute in un motivo di ricorso per cassazione esaminato e trattato dal giudice di legittimità, non dà luogo ad errore di fatto rilevante a norma dell’art. 625-bis, dovendosi ritenere tali deduzioni implicitamente valutate e disattese dalla Corte (Cass. I, n. 46981/2013); o ancora errori di lettura, comprensione o valutazione di atti processuali riconducibili al giudizio di merito e non a quello di legittimità e che avrebbero dovuto essere tempestivamente denunciati attraverso gli specifici mezzi di impugnazione, proponibili avverso le relative decisioni (Cass. VI, n. 25121/2012). Il ricorso straordinario ex art. 625-bis è, ancora, inammissibile quando viene dedotto un erroneo vaglio delibativo di aspetti del compendio storico-fattuale, essendo in tal caso prospettato un errore non di fatto, bensì di giudizio (Cass. VI, n. 37243/2014) potendo tale rimedio avere ad oggetto l’omessa considerazione di una prova esistente, ma non il travisamento della stessa (Cass. III, n. 26635/2013) ovvero l’errore derivante da una valutazione giuridica relativa a circostanze di fatto correttamente percepite (Cass. VI, n. 46065/2014).

Va da subito precisato che anche l’omesso esame, da parte delle Corte di cassazione, di motivi di ricorso non manifestamente infondati dà luogo ad errore di fatto rilevante a norma della disposizione in commento fermo restando tuttavia che tra i criteri di selezione dell'errore emendabile ex art. 625-bis non può trascurarsi il disposto dell'art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p., secondo cui "nella sentenza della Corte di Cassazione i motivi di ricorso sono enunziati nei limiti strettamente indispensabili per la motivazione", sicché non è consentito supporre che ogni argomento prospettato a sostegno delle censure e non analiticamente riprodotto in sentenza non sia stato considerato piuttosto che implicitamente disatteso perché ritenuto non rilevante (Cass. II, n. 33483/2019). Tale rilevanza sussiste anche quando i motivi pretermessi siano da rigettare, poiché tale evenienza assume rilevanza ai fini sia della regolamentazione delle spese, sia, soprattutto, della possibile prescrizione del reato (Cass. IV, n. 17178/2015; Cass. VI, n. 4195/2014). Rimane comunque fermo il limite per cui in tanto l’errore materiale potrà avere ad oggetto una questione rilevabile di ufficio in quanto la Corte di cassazione, nell’esaminare i motivi di ricorso, possa imbattersi, sia pure incidentalmente, nella questione non dedotta (Cass. VI, n. 11030/2012) dovendosi invece escludere la possibilità di rilevare d’ufficio una nullità qualora essa abbia natura relativa e si sia sanata in appello per non essere stata eccepita con uno specifico motivo d’impugnazione (Cass. IV, n. 41407/2013) o la possibilità di procedere a riqualificazione giuridica di un fatto, già deciso con sentenza passata in giudicato, in applicazione di una normativa più favorevole sopravvenuta alla decisione di legittimità (Cass. VI, n. 49877/2013).

Qualora invece qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio, come tale escluso dall’orizzonte del rimedio previsto dall’art. 625-bis (Cass. S.U., n. 18651/2015; Cass. S.U., n. 37505/2011; più recentemente, in fattispecie assolutamente particolare, Cass. V, n. 28676/2016).

Ancora, del tutto al di fuori dell’ambito di applicazione della norma in esame l’interpretazione di norme e prassi che regolano lo svolgimento delle udienze dinanzi a sé, fondata su dati correttamente rilevati e valutati e non basata su una fuorviata rappresentazione percettiva (Cass. VI, n. 44637/2013).

Allo stesso modo, deve ritenersi palesemente esclusa l’applicabilità del rimedio straordinario di cui all’art. 625-bis, in tutti i casi in cui venga invece in considerazione un errore riguardante soltanto la documentazione grafica della volontà della Corte, senza alcuna incidenza sul contenuto della decisione con funzione di mera rettifica della forma espressiva; fattispecie in cui invece si verte in tema di errore materiale. In tal caso residua la possibilità di procedersi a correzione dell’errore con procedura « de plano » cui si potrà ricorrere nel caso in cui si tratti di emendare l’errore che riguardi esclusivamente la formulazione letterale del testo del provvedimento nella sua forma espositiva e non di procedere a modificazione concreta e sostanziale della decisione che rimanga invece del tutto inalterata rispetto alle situazioni giuridiche regolate (Cass. I, n. 48206/2013).

Il ricorso deve, a pena di inammissibilità, indicare specificamente l’elemento materiale od il fatto erroneo ed allegare gli atti processuali da cui risulti l’errore e quindi risulta inammissibile qualora il ricorrente non alleghi al ricorso il verbale contenente le dichiarazioni che lamenti essere state erroneamente apprezzate dalla Corte di cassazione (Cass. II, n. 11806/2011).

Termini di presentazione e deposito

Il termine di centottanta giorni, fissato dal comma secondo dell'art. 625-bis per la presentazione del ricorso straordinario per errore materiale o di fatto contenuto in un provvedimento della Corte di cassazione, decorre dal momento del suo deposito, a nulla rilevando il momento in cui la parte interessata ha avuto effettiva conoscenza del contenuto del provvedimento medesimo (Cass. II, n. 29050/2014) ed è soggetto, al pari degli altri mezzi di impugnazione, alla generale sospensione dei termini processuali nel periodo feriale a norma dell'art. 1 l. n. 742/1969 (Cass. S.U., n. 32744/2014).

Può essere presentato personalmente dal condannato personalmente, presso la cancelleria della Corte di cassazione ovvero, entro lo stesso termine, presso la cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo in cui il ricorrente si trova, in quanto l'art. 625-bis non contiene alcuna deroga alla disposizione di carattere generale dell'art. 582 (Cass. S.U., n. 32744/2014). Il deposito potrà essere effettuato anche dal difensore di fiducia munito di procura speciale, senza che sia possibile da parte di quest'ultimo la delega ad altri il deposito del ricorso (Cass. VI, n. 28713/2012) o da persona incaricata dalla parte personalmente purché tale qualità risulti o da una esplicita delega rilasciata dal titolare del diritto di impugnazione rimanendo inammissibile l'impugnazione straordinaria presentata da un «incaricato» su delega orale del difensore del condannato (Cass. S.U., n. 32744/2014).

La proposizione del ricorso non sospende l'esecutività del provvedimento, tranne i casi di eccezionale urgenza in cui la Corte di Cassazione può provvedere con ordinanza in relazione al complesso della vicenda processuale (Cass. I, n. 33533/2010).

Esiti

Poiché l'art. 625-bis, comma 4, dispone che la Corte di cassazione, se accoglie la richiesta, adotta i provvedimenti necessari per correggere l'errore, l'esito del procedimento camerale conseguente alla proposizione di tale mezzo straordinario di impugnazione va individuato di volta in volta in relazione alle peculiari connotazioni delle singole situazioni processuali. Ne consegue che, pur restando il momento rescindente e quello rescissorio sempre distinguibili concettualmente, la definizione della procedura non deve necessariamente articolarsi nelle due distinte fasi della immediata caducazione del provvedimento viziato e della successiva udienza per la celebrazione del rinnovato giudizio sul precedente ricorso per cassazione, e può ben avvenire con l'immediata pronuncia della decisione (Cass. IV, n. 17178/2015, Cass. III, n. 29285/2015; Cass. S.U., n. 16103/2002).

Deve quindi essere dichiarato inammissibile «de plano», a seguito di delibazione preliminare e senza la necessità di fissazione dell'udienza camerale, ai sensi dell'art. 625-bis, comma 4, il ricorso straordinario nei casi in cui l'inammissibilità sia evidente (Cass. III, n. 39179/2014) e che risulti manifestamente infondato in quanto proposto avverso una sentenza della Corte di cassazione priva di errore materiale (Cass. III, n. 51013/2013). Al rigetto o alla dichiarazione di inammissibilità consegue la definitività del provvedimento.

Fermo restando che l'accoglimento del ricorso straordinario impone l'adozione del provvedimento più idoneo alla correzione dell'errore e non necessariamente la revoca della precedente sentenza di legittimità (Cass. VI, n. 49079/2013), quando accoglie il ricorso, la Corte di cassazione può immediatamente pronunciarsi sul merito del ricorso originario (Cass. VI, n. 36192/2014) ovvero può legittimamente disporre l'immediata caducazione del provvedimento viziato e fissare una successiva udienza per la celebrazione del rinnovato giudizio sul ricorso, poiché, laddove occorre procedersi alla sostituzione della decisione inficiata dall'errore, la procedura di correzione deve articolarsi in due fasi distinte. (Cass. V, n. 685/2014).

Il provvedimento finale ha natura di ordinanza in caso di rigetto, inammissibilità o accoglimento della richiesta di correzione dell'errore materiale mentre, in tutti gli altri casi, il provvedimento dovrà assumere la forma della sentenza (ancora Cass. S.U., n. 16103/2002, cit).

Riproponibilità del ricorso straordinario

A seguito di sentenza dichiarativa della inammissibilità di un ricorso straordinario ex art. 625-bis, ne è proponibile uno nuovo, solo se fondato su errori materiali o di fatto non dedotti nel ricorso precedente. (Cass. II, n. 21216/2014). Deve escludersi invece la proponibilità di un nuovo ricorso straordinario ex art. 625-bis, fondato sui medesimi asseriti errori materiali o di fatto, avverso la decisione con cui la Corte di cassazione abbia dichiarato inammissibile un precedente e analogo ricorso straordinario (Cass. VI, n. 46635/2014).

Casistica

Risultano deducibili attraverso il ricorso straordinario l'errore di fatto compiuto dalla Corte di cassazione e consistito nella notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza al difensore in precedenza revocato dall'imputato, anziché a quello nominato in sua sostituzione (Cass. V, n. 40275/2014); l'omessa applicazione di ufficio della sospensione condizionale della pena, o del beneficio della non menzione della condanna, da parte del giudice d'appello ai sensi dell'art. 597, sollecitato a tal proposito dalla parte interessata, dedotta con specifico motivo di ricorso (Cass. I, n. 34661/2015); l'omessa dichiarazione di morte del reo avvenuta prima della pronuncia, in quanto la tardiva conoscenza di tale evento è equiparabile ad un errore materiale o di fatto, incombendo, su tutti i giudici penali un obbligo, non codificato ma permanente, di accertare lo stato in vita dell'imputato come condizione di procedibilità (Cass. VI, n. 12841/2012).

Il ricorso straordinario per errore di fatto è stato ritenuto l'unico strumento idoneo per pervenire alla sostituzione di una pronuncia emessa in violazione al principio del ne bis in idem (Cass. I, n. 24602/2004); così come è stata ritenuta integrare un errore percettivo suscettibile di formare oggetto del ricorso straordinario de quo l'omessa conversione del ricorso per Cassazione in appello in violazione dell'articolo 580 (Cass. III, n. 22311/2011).

Salvo quanto si dirà infra in sede di commento dell'art. 628-bis introdotto dal D. Lgs. 150/2022, vi sono da registrare alcune applicazioni dell'istituto per “correggere” alcune precedenti decisioni della Corte di Cassazione alla luce di successive pronunce della Corte Europea dei diritti dell'uomo (In particolare, nella vicenda Scoppola — Cass. V, n. 16507/2010 — e nella vicenda Drassich — Cass. II, n. 37413/2013). In quei casi, ha affermato la Corte che, in caso di inosservanza delle disposizioni della Cedu in tema di compiuta e corretta contestazione all'imputato dell'accusa mossa nei suoi confronti, qualora tale inosservanza risulti essersi verificata nell'ambito del giudizio di legittimità, tramite il rimedio dell'art. 625-bis è possibile reimmettere l'interessato in una situazione equivalente a quella nella quale si sarebbe trovato se non vi fosse stata un'inosservanza della medesima Convenzione.

Ha invece escluso che fosse riconducibile nell'ambito del rimedio di cui all'art. 625-bis la qualificazione come « lettera » di un verbale di dichiarazioni rese al difensore, reputandola un lapsus calami inidoneo ad influire sul processo formativo della volontà della Corte di cassazione (Cass. II, n. 2241/2013); ha parimenti ritenuto irrilevante l'erronea indicazione del ricorrente quale intestatario di una polizza assicurativa rinvenuta sul veicolo oggetto di ricettazione, poiché la sostanziale riferibilità della polizza e dell'autovettura all'imputato risultava da circostanze ulteriori, debitamente considerate nella decisione impugnata (Cass. VI, n. 14296/2014) o la mancanza di regolare notifica al difensore dell'avviso di cui all'art. 610, quando dalla sentenza impugnata si evinceva che la Corte aveva desunto « aliunde » la conoscenza legale da parte di questi della data dell'udienza (Cass. V, n. 7469/2013).

Inammissibile è stato dichiarato il ricorso straordinario proposto dal difensore cui era stato conferito un mero mandato alle liti ai fini della rappresentanza e della difesa nel relativo procedimento e non la procura speciale a proporre il ricorso in questione, ex art. 122 (Cass., IV, n. 13918/2011) così come l'impugnazione straordinaria presentata da un « incaricato » su delega orale del difensore del condannato (Cass,. S.U. , n. 32744/2014 ).

Inammissibile è stato ritenuto il ricorso straordinario fondato sulla richiesta di rinnovata valutazione della questione relativa alla concessione delle attenuanti generiche (Cass. VI, n. 35239/2013), del mancato riconoscimento di un alibi, fondato su testimonianze e messaggi sms già valutati nella decisione impugnata (Cass. VI, n. 28269/2013), della valenza probatoria riconosciuta ad una testimonianza. (Cass. III, n. 26635/2013) .

La Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso quando si fosse eccepita l'assoluta mancanza della motivazione da parte del giudice di primo grado in ordine alla subordinazione della sospensione condizionale della pena alla demolizione del manufatto, non censurata in appello ed eccepita per la prima volta in sede di legittimità (Cass. IV, n. 41407/2013) o — ancora quando — per effetto della l. n. 190/2012 — fosse stata chiesta la riqualificazione del reato di concussione nella nuova ipotesi di indebita induzione a dare o promettere utilità di cui all'art. 319-quater c.p. (Cass. VI, n. 49877/2013).

È stato inoltre ritenuto inammissibile per carenza d'interesse il ricorso straordinario per errore di fatto sull'assunto di un, quando tale contrasto investa un capo o un punto della decisione che non abbia formato oggetto dell'originario ricorso dell'interessato. (In motivazione la Corte ha precisato che l'eventuale correzione non potrebbe comunque risolversi a favore del ricorrente in via straordinaria, attesa la necessità di rispettare il principio devolutivo previsto, in via generale, dall'art. 597, comma 1, e, per il giudizio di cassazione, dall'art. 609, comma 1) (Cass. I, n. 14678/2014)

Peculiari i profili che riguardano la possibilità di proporre l'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato presentata alla Corte di Cassazione anche nel caso di ricorso straordinario per errore materiale o di fatto, in quanto la regola generale dettata dall'art. 93, comma 1, d.P.R. n. 115/2002, secondo cui, se procede la Corte di Cassazione, l'istanza è presentata all'ufficio del magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato, trova applicazione anche quando quest'ultimo sia stato emesso dalla Corte di legittimità in ragione dell'assenza di poteri istruttori in capo al giudice di legittimità e dell'esigenza di consentire all'interessato, in caso di rigetto dell'istanza, di proporre impugnazione. (Cass. III, n. 39875/2015).  

Bibliografia

Bargi, Controllo di legittimità ed errore di fatto nel giudizio di Cassazione, Padova, 2004; ; Bargis Belluta, La riforma delle impugnazioni tra carenze sistematiche e incertezze applicative, Torino, 2018; Conti, Le nuove norme sul giudizio di Cassazione, in AA.VV., Processo penale: nuove norme sulla sicurezza dei cittadini, Padova, 2001, 195; Mazza, Il ricorso straordinario per errore di fatto: un quarto grado di giudizio occasionale?, in Cass. pen. 2003, 3213; Zilletti, Rosso (a cura di), Il giudizio in Cassazione nel processo penale, Milano, 2011

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