Codice di Procedura Penale art. 628 - Impugnabilità della sentenza del giudice di rinvio.

Vincenzo Tutinelli

Impugnabilità della sentenza del giudice di rinvio.

1. La sentenza del giudice di rinvio può essere impugnata con ricorso per cassazione [606] se pronunciata in grado di appello e col mezzo previsto dalla legge se pronunciata in primo grado.

2. In ogni caso la sentenza del giudice di rinvio può essere impugnata soltanto per motivi non riguardanti i punti già decisi dalla corte di cassazione ovvero per inosservanza della disposizione dell'articolo 627 comma 3.

Inquadramento

Gli ulteriori profili di impugnabilità della sentenza del giudice di rinvio possono riguardare la mancata applicazione del principio di diritto enunciato nella sentenza di annullamento ovvero profili ulteriori e non già esplicitamente trattati o implicitamente disattesi dalla Corte di legittimità. Tale previsione trova fondamento, secondo la stessa Corte di legittimità, nella finalità di delimitare sempre più l’oggetto del giudizio secondo lo schema del giudicato progressivo e non consentono una protrazione «ad libitum» del processo, garantendo, piuttosto, che gli strumenti di conoscenza utilizzati dal giudice nel rispetto delle regole procedurali avvicinino quanto più possibile la «verità processuale» alla «verità materiale», il cui accertamento rappresenta tendenzialmente il fine ultimo del processo penale (Cass. V, n. 36080/2015).

In sostanza, la cognizione del giudice è limitata ai punti della decisione già dedotti nel precedente ricorso e non esaminati dalla Corte di cassazione, ovvero a circostanze che, aggiungendosi ad elementi già valutati nel provvedimento annullato, ne modifichino la fisionomia in modo significativo (Cass. IV, n. 52672/2014). Specularmente, in caso di annullamento parziale ex art. 624, la sentenza emessa dal giudice del rinvio è suscettibile di ricorso in cassazione, oltre che per inosservanza dell'obbligo di uniformarsi alla decisione di annullamento, anche in relazione ai "punti" annullati, a quelli in rapporto di connessione essenziale con essi e a quelli non decisi dalla Corte di cassazione, in quanto ritenuti assorbiti nel motivo di ricorso accolto (Cass. VI, n. 25181/2012).

E’ stata quindi ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 627, comma 3, e 628, comma secondo, sollevata in relazione al principio di ragionevole durata del processo di cui all'art. 111 Cost., in quanto tali norme, seguendo lo schema del "giudicato progressivo", perseguono l'obiettivo di delimitare sempre più l'oggetto del giudizio e non consentono una protrazione "ad libitum" del processo, garantendo, piuttosto, che gli strumenti di conoscenza utilizzati dal giudice nel rispetto delle regole procedurali avvicinino quanto più possibile la "verità processuale" alla "verità materiale", il cui accertamento rappresenta tendenzialmente il fine ultimo del processo penale (Cass. V, n. 36080/2016).

Fa eccezione l’ipotesi di abolitio criminis che deve necessariamente essere dichiarata anche quando l'annullamento non ha attinto i punti della decisione riguardanti i presupposti della condanna (Cass. VI, n. 41683/2010).

Di recente, la Corte ha ritenuto che il carattere inderogabile del vincolo gravante sul giudice di rinvio rispetto al principio di diritto espresso dalla Corte di cassazione trovi una ulteriore eccezione nel caso in cui, nelle more, sia sopravvenuta una sentenza della Corte di Giustizia europea che abbia dichiarato l'incompatibilità con il diritto comunitario della norma nazionale da cui dipenda l'applicazione della norma incriminatrice, come ad esempio è avvenuto quando il mutamento di giurisprudenza investa le conseguenze processuali (Cass. VI, n. 18715/2012; Cass. VI n. 9028/2010; contra Cass. I, n. 4049/2012).

Del tutto peculiare rimane invece l’ipotesi in cui nel precedente giudizio di annullamento vi sia stato i un errore percettivo che abbia determinato l’ applicazione di un principio di diritto incompleto in conseguenza del mancato esame di alcuni motivi dell’originario ricorso per cassazione. In tal caso rimane inapplicabile il rimedio previsto dall'art. 625-bis  e la sentenza resa in sede di rinvio dovrà essere annullata senza rinvio (Cass. III, n. 19992/2011).

Casistica

 

Motivi di ricorso proponibili avverso la sentenza resa in sede di rinvio

Risulta inammissibile il ricorso avverso la sentenza pronunciata dal giudice del rinvio in conformità alla decisione della Corte di Cassazione eventualmente finalizzata a far valere pretesi errori di fatto incidenti sul precedente giudizio di legittimità (Cass. VI, n. 19238/2014).

Residua invece la possibilità di gravare con ricorso la sentenza del giudice di rinvio in relazione ai « punti » in rapporto di connessione essenziale con essi e a quelli non decisi dalla Corte di Cassazione, in quanto ritenuti assorbiti nel motivo di ricorso accolto (Cass. VI, n. 25181/2012).

Omessa applicazione dell'effetto estensivo ai coimputati non impugnanti

Controverse le conseguenze qualora il giudice di rinvio, pur sussistendone i presupposti, non abbia citato i coimputati non ricorrenti e non abbia estensivamente applicato gli effetti favorevoli dell'annullamento disposto dalla Corte di cassazione. Secondo parte della giurisprudenza (Cass., IV, n. 47323/2014 cit.; Cass., I, n. 45576/2010), si tratta di fattispecie che determina l'annullamento della sentenza medesima con ulteriore rinvio. Secondo altra parte della giurisprudenza, il rimedio spettante ai soggetti pretermessi consiste nell'incidente di esecuzione, fondando tale diverso orientamento sull'assunto per cui costoro, in quanto non citati, non sono “parti” del giudizio di rinvio e che il giudice dell'esecuzione è titolare del potere di intervenire sul titolo esecutivo, e di rivedere la condanna, eliminandola o ridimensionandola sulla scorta del citato effetto estensivo della più favorevole decisione assunta (Cass. ,I, n. 1454/2013). È però comunque inammissibile il ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza di rinvio dall'imputato che non aveva impugnato la sentenza precedentemente annullata dalla Corte di cassazione (nella specie, per vizio di motivazione), in quanto l'effetto estensivo dell'accoglimento di un motivo comune implica esclusivamente il diritto del condannato originariamente non impugnante di partecipare al giudizio per evitare giudicati contrastanti, ma non anche una restituzione del termine, essendo ormai irrevocabile la decisione nei suoi confronti (Cass., VI n. 4602/2013).

Bibliografia

Canzio, Il ricorso per Cassazione, in AA.VV., Le impugnazioni, a cura di Aimonetto, Torino, 2005, 462.

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