Codice di Procedura Penale art. 657 - Computo della custodia cautelare e delle pene espiate senza titolo.

Enrico Campoli

Computo della custodia cautelare e delle pene espiate senza titolo.

1. Il pubblico ministero [655], nel determinare la pena detentiva da eseguire [738], computa il periodo di custodia cautelare [284-286, 722] subita per lo stesso o per altro reato, anche se la custodia è ancora in corso [285 3]. Allo stesso modo procede in caso di applicazione provvisoria di una misura di sicurezza detentiva [312, 313], se questa non è stata applicata definitivamente.

2. Il pubblico ministero computa altresì il periodo di pena detentiva espiata per un reato diverso, quando la relativa condanna è stata revocata [637, 643 3], quando per il reato è stata concessa amnistia [151 c.p.] o quando è stato concesso indulto [174 c.p.], nei limiti dello stesso.

3. Nei casi previsti dai commi 1 e 2, il condannato può chiedere al pubblico ministero ministero o, in caso di condanna alla pena del lavoro di pubblica utilità sostitutivo, al giudice 1(1) che i periodi di custodia cautelare e di pena detentiva espiata, operato il ragguaglio, siano computati per la determinazione della pena pecuniaria [18 c.p.] o della pena 2(2) sostitutiva 3(3) da eseguire [661]; nei casi previsti dal comma 2, può altresì chiedere che le pene4 (4) sostitutive espiate siano computate nelle pene5 (4) sostitutive da eseguire per altro reato.

4. In ogni caso sono computate soltanto la custodia cautelare subita o le pene espiate dopo la commissione del reato per il quale deve essere determinata la pena da eseguire.

5. Il pubblico ministero provvede con decreto [194 att.], che deve essere notificato al condannato e al suo difensore [655 5].

 

[1] Le parole « o, in caso di condanna alla pena del lavoro di pubblica utilità sostitutivo, al giudice » sono state inserite dall’art. 38, comma 1 lett. b) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, in vigore dal 30 dicembre 2022, ai sensi dell’art. 99-bis d.ls., n. 150, cit., inserito dall’art. 6 d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199.

[2] La parola « pena » è stata sostituita alla parola « sanzione » dall’art. 38, comma 1 lett. b) d.lgs. n. 150, cit. Per l’entrata in vigore del citato decreto, v. nota 1.

[3] V. artt. 53 s. l. 24 novembre 1981, n. 689.

[4] La parola « pene » è stata sostituita alla parola « sanzioni » dall’art. 38, comma 1 lett. b) d.lgs. n. 150, cit. Per l’entrata in vigore del citato decreto, v. nota 1.

[5] La parola « pene » è stata sostituita alla parola « sanzioni » dall’art. 38, comma 1 lett. b) d.lgs. n. 150, cit. Per l’entrata in vigore del citato decreto, v. nota 1.

Inquadramento

Sin dalla rubrica l’art. 657 si occupa di convogliare nel calcolo della pena da espiare,  calcolo svolto dal pubblico ministero a mezzo di decreto da notificare alle parti interessate, quanto già sofferto cautelarmente (come custodia in carcere e/o arresti domiciliari ovvero con misura di sicurezza detentiva non definitiva) dal condannato in relazione a quello specifico reato ovvero ad altro. Il diritto di imputazione del condannato, fermo restando il divieto di computo dei periodi successivi alla commissione del reato per cui è stata pronunciata la condanna da eseguire (comma 4) , ha ad oggetto anche il pre-sofferto cautelare relativo a reati estinti per amnistia o per indulto ovvero a reati per i quali è stato concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena. Il medesimo principio si applica in ordine ai reati permanenti ed a quelli unificati dal vincolo della continuazione in sede esecutiva con la necessità di scindere il cumulo per individuare i reati cui imputare il pre-sofferto.

 Con la riforma Cartabia, atteso il profondo intervento innovativo operato in tale materia con la stessa, anche la condanna alla pena del lavoro di pubblica utilità sostitutivo può, su richiesta di parte, essere computato dal giudice al fine di determinare la parte di pena (sostitutiva) ancora da scontare.

Tale innovazione – in seguito al decreto legge n. 162/2022 che ha ritardato l’entrata in vigore della riforma Cartabia al 30/12/2022 – ha immediata efficacia attesa l’incidenza favorevole riguardo al trattamento del condannato.

La fungibilità e il divieto del credito di libertà o di pena

L'istituto della fungibilità, ossia della sostituibilità tra pena e custodia cautelare o detenzione o internamento, è funzionale a ridurre al minimo i casi di detenzione senza titolo, e per questo motivo è previsto che in presenza di una pena detentiva definitivamente inflitta e bisognosa di esecuzione, si detraggano dalla misura di essa, indicata nella sentenza irrevocabile, i periodi di detenzione sofferta dal condannato definitivamente o provvisoriamente senza titolo, specificamente indicati dalla norma, oppure sofferta in custodia cautelare in relazione allo stesso reato per cui è stata inflitta la pena da eseguire.

La ragione per cui la fungibilità è limitata ai periodi di detenzione senza titolo sofferti dal condannato dopo la commissione del reato in ordine al quale gli è stata inflitta la pena da eseguire, consiste nella necessità di evitare che il condannato, avendo patito detenzione senza titolo in precedenza, possa determinarsi a commettere reati successivamente, sicuro di non essere ulteriormente punito in grazia del “credito di libertà o di pena” spettantegli per l'ingiusta detenzione pregressa.

Sul punto, la dottrina ha chiarito che la possibilità di recuperare la detenzione patita senza titolo in assenza di collegamento con la pregressa commissione di altro reato si configurerebbe come un incentivo a delinquere (Tranchina-Di Chiara, 871).

Pertanto, il periodo di detenzione senza titolo patita dal condannato in epoca precedente alla commissione del reato per cui è stata pronunziata condanna non può in nessun caso essere computata nella pena da eseguire (Cass. I, n. 4999/2018 ), ma può essere oggetto, in caso di assoluzione, ove non ricorrano cause ostative, di riparazione per l'ingiusta detenzione, prevista dall'art. 3140, o in caso di revisione o revoca della sentenza di condanna, di riparazione dell'errore giudiziario, prevista dall'art. 643.

La fungibilità tra pena detentiva e misura di sicurezza, detentiva e no

La misura di sicurezza detentiva è fungibile con la pena detentiva esclusivamente quando essa sia stata provvisoriamente applicata ma non lo sia stata poi in via definitiva, dal momento che, come precisato in giurisprudenza, diversamente opinando si perverrebbe alla sovrapposizione tra l'internamento definitivo e l'espiazione della pena (Cass. I, n. 38336/2014).

Non è invece ammessa la fungibilità tra pena detentiva e misura di sicurezza non detentiva, poiché quest'ultima, pur imponendo obblighi al sottoposto, non equivale alla custodia cautelare (Cass. I, n. 4740/2011).

La fungibilità della custodia cautelare sofferta ad altro titolo in caso di sospensione condizionale della pena

Nel caso in cui il condannato abbia sofferto custodia cautelare in relazione ad altro reato, per il quale abbia patito condanna irrevocabile a pena condizionalmente sospesa, la sospensione condizionale determina la fungibilità di tale custodia cautelare con la pena da eseguire, perché nel caso in cui il quinquennio trascorra senza violazioni, essa resterà priva di titolo, mentre nel caso in cui il beneficio sia revocato, la pena dovrà essere eseguita di per sé (Cass. I, n. 13583/2009), analogamente a quanto previsto per il caso in cui la custodia cautelare sia stata sofferta, o sia ancora in corso di applicazione, in relazione ad un diverso reato in ordine al quale non è stata ancora pronunziata sentenza definitiva (Cass. I, n. 2351/2000).

La contestazione aperta ed il reato permanente

Nel caso in cui debba valutarsi la fungibilità in relazione a sentenze di condanna pronunziate in relazione a contestazioni aperte, prive di specifica indicazione della data o del periodo di cessazione del reato permanente, l'accertamento va condotto nel merito, non già arrestandosi al principio secondo cui la cessazione della permanenza coincide con la data della pronunzia della sentenza di condanna di primo grado.

Occorre verificare, a cura del pubblico ministero e, in caso di contestazioni, del giudice dell'esecuzione, quando la permanenza sia cessata secondo la ricostruzione del fatto svolto nella sentenza di condanna, come opportunamente chiarito in giurisprudenza (Cass. I, n. 6905/2015), con esclusione dell'applicazione della fungibilità con riferimento a reati proseguiti oltre la cessazione del periodo di detenzione senza titolo, in ordine ai quali è vietata la scomposizione del reato permanente in singole condotte (Cass. I, n. 6072/2018).

La fungibilità nei reati unificati in continuazione

Quando più reati sono unificati sotto il vincolo della continuazione, anche in fase esecutiva, al fine di valutare quali siano i periodi di detenzione, internamento o custodia cautelare fungibili, deve aversi riguardo alla data di commissione di ciascuno dei singoli reati unificati in continuazione, sicché il cumulo deve essere scisso ed alla pena inflitta per ciascun reato unificato va attribuita in fungibilità la quota di detenzione sofferta in epoca successiva a ciascuno di essi, come opportunamente chiarito in giurisprudenza (Cass. I, n. 45259/2013) e ritenuto in dottrina (Caprioli, 176).

La scissione del cumulo della pena irrogata per il reato continuato comporta la necessità, nel caso in cui il reato ostativo coincida con un reato satellite, di avere quale riferimento la pena inflitta in concreto a titolo di continuazione atteso che, una volta formatosi il giudicato, la pena fissata per l'esecuzione è solo quella che il giudice della cognizione ha stabilito in ciascuna frazione  (Cass., I, n. 17143/2016).Il cumulo giuridico delle pene irrogate per il reato continuato è scindibile laddove il condannato abbia già espiato per intero la pena relativa ai reati ostativi e, qualora quest'ultimo coincida con un reato satellite andrà tenuta in considerazione la pena in concreto inflitta in continuazione e non la sanzione minima prevista per tale fattispecie in astratto  (Cass., I, n. 37848/2016). Ai fini del computo della fungibilità di cui all'art. 657, comma 4, nel caso di riconoscimento della continuazione tra reati commessi e giudicati in tempi diversi, l'esecuzione di pena o custodia cautelare avvenuta per uno di essi è valutata con esclusivo riferimento al singolo reato cui detta esecuzione si riferisce e non al trattamento determinato per effetto della continuazione Cass. I, n. 18308/2018).

La custodia cautelare sofferta all'estero

Nel caso in cui il condannato abbia patito custodia cautelare all'estero per lo stesso reato per il quale è stato condannato in Italia, essa custodia cautelare va detratta dalla pena inflitta, ma nel caso in cui il reato sia unificato in continuazione con altri, la detrazione può riguardare esclusivamente la pena inflitta per il reato posto a base della detenzione estera, e non anche tutti gli altri unificati in continuazione (Cass. I, n. 6734/2014). Analogamente, in tema di mandato d'arresto europeo, laddove sia deliberata l'espiazione in Italia della pena inflitta con sentenza estera, la custodia cautelare sofferta in relazione al mandato di arresto europeo va integralmente detratta in sede di determinazione della pena da eseguire (Cass. VI, n. 3255/2013).

La fungibilità straordinaria dell'obbligo di dimora con prescrizioni

Le misure cautelari non custodiali sono escluse dalla fungibilità con la pena detentiva, secondo la lettera dell'art. 657.

Tuttavia, in giurisprudenza si è ritenuto che nel caso in cui la misura cautelare coercitiva dell'obbligo di dimora sia imposta con la prescrizione del divieto di allontanarsi da casa per l'intera giornata, ne deriva una misura cautelare del tutto sovrapponibile agli arresti domiciliari dal punto di vista degli obblighi gravanti sul sottoposto, sicché in tal caso essa deve ritenersi una forma impropria di custodia cautelare domiciliare, come tale fungibile con la pena (Cass. II, n. 44502/2015). Al di fuori di tale ipotesi, in ogni caso, l'obbligo di dimora, anche arricchito di prescrizioni, non è fungibile (Cass. I, n. 47428/2007).

La fungibilità della custodia cautelare oggetto di riparazione per ingiusta detenzione

L'art. 314 prevede che la persona che abbia patito custodia cautelare e non sia stata poi definitivamente condannata può richiedere, ove ne ricorrano i presupposti e non sussistano cause ostative, una equa riparazione per l'ingiusta detenzione. La stessa norma, al quarto comma, prevede che i periodi di custodia cautelare che siano stati computati per la determinazione di pena definitivamente inflitta ad altro titolo non siano suscettibili di riparazione, perché la detenzione ha perso il carattere di ingiustizia, compensandosi il credito di libertà della persona con il suo debito di libertà per la pena inflitta ad altro titolo e non espiata.

Tuttavia, la regola non opera in entrambi i sensi, per cui nel caso in cui la persona abbia richiesto ed ottenuto la riparazione per l'ingiusta detenzione in relazione ad un determinato periodo di custodia cautelare patita senza titolo, resta titolare del diritto di chiedere ed ottenere l'attribuzione dello stesso periodo di detenzione in fungibilità di pena detentiva definitivamente inflittagli ad altro titolo, come ritenuto in giurisprudenza (Cass. S.U., n. 31416/2008), dal momento che la tutela della libertà personale ha rilievo costituzionale superiore alla tutela del patrimonio dello Stato, che può agire per ottenere la restituzione di quanto ingiustamente versato, in sede di ripetizione dell'indebito o di azione per ingiustificato arricchimento.

Non esiste in capo al soggetto interessato una facoltà di scelta tra il ristoro pecuniario offerto dall’art. 314 e lo scomputo della custodia cautelare ingiustamente sofferta dalla pena da espiare stante l’inderogabile principio della fungibilità della detenzione solo con l’analogo regime detentivo sofferto in custodia preventiva – (Cass., IV, n. 33671/2016).

La riparazione dell’errore giudiziario attiene non solo ai pregiudizi derivati dalla espiazione della pena definitiva ma anche a quelli conseguenti alla detenzione a titolo di custodia cautelare sofferta in via preventiva – (Cass., IV, n. 10236/2020).

La fungibilità mista

Il periodo di detenzione fungibile può essere anche computato in parte in fungibilità di pena detentiva ed in parte in fungibilità di pena pecuniaria, se ciò corrisponde all'interesse del condannato, come può accadere nel caso in cui egli abbia interesse a godere nella misura massima possibile dell'indulto (Cass. I, n. 52473/2017).

 

La fungibilità della custodia cautelare con la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale p.s.

Applicazione analogica generalmente accettata è quella per cui dal periodo di durata della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza vada detratto il periodo di custodia cautelare patito dal sottoposto a condizione che il fatto per il quale è stata applicata la custodia cautelare sia stato commesso prima della sottoposizione alla misura di prevenzione (Cass. I, n. 43682/2007). Così opinando, tuttavia, rischia di generarsi un credito di libertà dalla prevenzione, perché il soggetto che abbia patito custodia cautelare per un fatto commesso prima della sottoposizione alla misura di prevenzione ben potrebbe deliberare, cessata la custodia cautelare, di dare luogo a comportamenti che denotano pericolosità sociale ai fini di prevenzione, onde potere poi compensare il proprio credito di libertà dalla prevenzione con il proprio debito di prevenzione. Tale orientamento dovrebbe dunque essere abbandonato e sostituito con l'esegesi per cui la custodia cautelare è fungibile con la sottoposizione alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza esclusivamente nella parte in cui la custodia medesima è stata sofferta dopo la sottoposizione della persona alla sorveglianza speciale.

 

L'infungibilità dell'isolamento cautelare con l'isolamento diurno

Il regime speciale di isolamento cautelare in carcere previsto dall'art. 41-bis l. n. 354/1975, non è fungibile con la pena dell'isolamento diurno aggiunta alla pena dell'ergastolo, che costituisce pena autonoma, diversa dalla reclusione (Cass. I, n. 52624/2018).

L'infungibilità della custodia cautelare con la custodia cautelare

Si è da talune parti sostenuto che l'art. 657 possa applicarsi anche alla custodia cautelare, al fine di consentire l'attribuzione alla custodia cautelare in corso di esecuzione di custodia cautelare patita ad altro titolo, così anticipando la scadenza dei termini previsti dagli artt. 303 ss.

La giurisprudenza ha escluso tale fungibilità, osservando che la custodia cautelare in corso di applicazione si fonda su una pericolosità attuale della persona sottopostavi che non consente di ascrivere rilevanza all'intervenuta sottoposizione a custodia cautelare senza titolo per altra causa (Cass. I, n. 20010/2013).

 

Le modalità di adozione del decreto di computo

Il decreto di computo della custodia cautelare e delle pene espiate senza titolo non è automatico e può essere adottato anche separatamente e successivamente rispetto all'ordine di esecuzione, avendo natura amministrativa. La richiesta di computo va proposta al pubblico ministero e non già al giudice dell'esecuzione, a pena di inammissibilità (Cass. I, n. 26343/2001), fermo restando il diritto di proporre incidente di esecuzione avverso il decreto del pubblico ministero, nel qual caso il giudice dell'esecuzione deve provvedere al computo e non può rimetterne l'esecuzione al pubblico ministero (Cass. I, n. 5353/2000).

 

La revocabilità del decreto di computo

Il decreto di fungibilità, di natura amministrativa, può essere in ogni tempo revocato dal pubblico ministero ove riconosca l'erroneità, anche parziale, del computo eseguito, con riferimento alla determinazione della pena risultante dai periodi attribuiti (Cass. I, n. 10366/2004), ferma restando l'impugnabilità della revoca mediante incidente di esecuzione.

 

Casistica

In tema di stupefacenti, sussiste l’interesse del condannato ad ottenere la rideterminazione “in executivis” della pena divenuta illegale a seguito della sentenza della Corte cost. n. 32/2014 qualora,  pur interamente espiata la pena detentiva, non sia stata ancora eseguita quella pecuniaria contestualmente irrogata in quanto, ai sensi dell’art. 30 della legge n. 87/1953, il rapporto esecutivo si esaurisce solo con l’estinzione di entrambe le pene – (Cass., I, n. 13072/2020).

In tema di reati di competenza del giudice di pace, il periodo di custodia cautelare presofferto può essere detratto dalla pena dell’obbligo di permanenza domiciliare, in quanto l’art. 58 d. lgs. n. 274/2000 equipara, ad ogni effetto giuridico, detta sanzione alla pena detentiva della specie corrispondente a quella della pena originaria – (Cass., I, n. 4103/2020).

Bibliografia

Catelani, Manuale dell'esecuzione penale, Milano, 2002; Caprioli, L'esecuzione delle sentenze di condanna a pena detentiva, in Caprioli-Vicoli, Procedura penale dell'esecuzione, Torino, 2011; Tranchina-Di Chiara, L'esecuzione, in Siracusano-Galati-Tranchina-Zappalà, Diritto processuale penale, Milano, 2013.

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