Codice di Procedura Penale art. 657 bis - Computo del periodo di messa alla prova dell'imputato in caso di revoca 1 .

Enrico Campoli

Computo del periodo di messa alla prova dell'imputato in caso di revoca1.

1. In caso di revoca o di esito negativo della messa alla prova, il pubblico ministero, nel determinare la pena da eseguire, detrae un periodo corrispondente a quello della prova eseguita. Ai fini della detrazione, tre giorni di prova sono equiparati a un giorno di reclusione o di arresto, ovvero a 250 euro di multa o di ammenda.

 

[1] Articolo inserito dall'art. 4, l. 28 aprile 2014, n. 67 .

Inquadramento

La disciplina dell’art. 657-bis si è resa necessaria con l’introduzione nel nostro sistema penale (l. n. 67 del 28 aprile 2014) dell’istituto della messa alla prova (artt. 464 bis e ss.), istituto  che presenta caratteri comuni con quello analogo previsto per i minorenni (Giostra, 342).

La messa alla prova prevede una dettagliata scansione applicativa dei tempi processuali nel corso dei quali, ovvero all’esito degli stessi, è regolamentata sia la possibilità di una valutazione negativa della prova sia una revoca (anche d’ufficio) dell’ordinanza ammissiva. Il processo, in tali ultimi casi, riprende il suo corso “dal momento in cui era stato sospeso” e sorge, quindi, la necessità di ragguagliare quanto svolto dall’imputato e quanto ciò possa, e vada, ad incidere sulla pena da eseguire.

La messa alla prova fallita e la rideterminazione della pena

La necessità, da parte del pubblico ministero, di provvedere alla rideterminazione della pena da eseguire subentra sia in presenza dell’ordinanza di revoca all’ammissione del beneficio che nel caso in cui la valutazione del giudice in merito ad essa sia stata negativa.

Nel caso della revoca dell’ordinanza ammissiva – che, a differenza della valutazione sull’esito della prova, può essere assunta dal giudice anche d’ufficio – occorre attendere che decorra il termine per l’impugnazione ovvero che essa sia divenuta, in seguito al ricorso per cassazione, definitiva essendo solo a ciò collegata la ripresa del processo e, nell’eventualità, la fase esecutiva. 

La detraibilità dei periodi di prova eseguiti

La rideterminazione della “pena da eseguire” è affidata funzionalmente alla competenza del pubblico ministero, fatta sempre salva la facoltà per l’interessato di proporre sul punto incidente di esecuzione dinanzi al giudice.

Il Legislatore si è preoccupato, anche in questo caso, come già nell’art. 657, di scomputare dalla pena da eseguire il periodo di messa alla prova svolto dal condannato, e poi oggetto di revoca o di valutazione negativa.

Va da sé che in caso di revoca all’ammissione del periodo di prova, subentrando essa, anche d’ufficio, nel corso del suo svolgimento gli effetti non possono che avere decorrenza dal giorno della emissione mentre nei casi di valutazione negativa, non andando essa ad interrompere un preciso periodo è affidato discrezionalmente al giudice il compito di individuarne la concreta incidenza sulla pena da eseguire.

Fungibilità dei periodi di prova e monetizzazione degli stessi

L'istituto della fungibilità, ossia della sostituibilità tra pena e custodia cautelare o detenzione o internamento, è funzionale a ridurre al minimo i casi di detenzione senza titolo, e per questo motivo è previsto che, in presenza di una pena detentiva definitivamente inflitta e bisognosa di esecuzione, si detraggano dalla misura di essa, indicata nella sentenza irrevocabile, i periodi di detenzione sofferta dal condannato definitivamente o provvisoriamente senza titolo, specificamente indicati dalla norma, oppure sofferta in custodia cautelare in relazione allo stesso reato per cui è stata inflitta la pena da eseguire.

Ai fini del ragguaglio tra giorni di messa alla prova  e giorni di reclusione/arresto o di importi per multa/ammenda è stato sancito per i primi il rapporto di uno a tre (tre giorni di messa alla prova = un giorno di reclusione/arresto) e per i secondi quello generale di euro 250.

 

La ragione per cui la fungibilità è limitata ai periodi di detenzione senza titolo sofferti dal condannato dopo la commissione del reato in ordine al quale gli è stata inflitta la pena da eseguire, consiste nella necessità di evitare che il condannato, avendo patito detenzione senza titolo in precedenza, possa determinarsi a commettere reati successivamente, sicuro di non essere ulteriormente punito in forza del “credito di libertà o di pena” spettategli per l'ingiusta detenzione pregressa. Pertanto, il periodo di detenzione senza titolo patita dal condannato in epoca precedente alla commissione del reato per cui è stata pronunziata condanna non può in nessun caso essere computata nella pena da eseguire.

Casistica

n tema di procedimento minorile, nel caso di esito negativo della messa alla prova non è applicabile l’art. 657 bis in ragione sia del dato testuale, – non essendo tale disposizione richiamata nel procedimento minorile –, sia per le significative differenze – sul piano strutturale e funzionale – dei due istituti applicabili, rispettivamente, ai soggetti minorenni e maggiorenni – (Cass., I, n. 37035/2019).

Bibliografia

Giostra, Il processo penale minorile. Commento al d.p.r. 448/1988, Milano, 2009.

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