Codice di Procedura Penale art. 683 - Riabilitazione 1 .Riabilitazione1. 1. Il tribunale di sorveglianza [677], su richiesta dell'interessato, decide sulla riabilitazione [178, 179 c.p.], anche se relativa a condanne pronunciate da giudici speciali, quando la legge non dispone altrimenti , e sull'estinzione della pena accessoria nel caso di cui all'articolo 179, settimo comma, del codice penale. Decide altresì sulla revoca [180 c.p.] della riabilitazione, qualora essa non sia stata disposta con la sentenza di condanna per altro reato [193 att.; 33 reg.]2. 2. Nella richiesta sono indicati gli elementi dai quali può desumersi la sussistenza delle condizioni previste dall'articolo 179 del codice penale. Il tribunale acquisisce la documentazione necessaria. 3. Se la richiesta è respinta per difetto del requisito della buona condotta, essa non può essere riproposta prima che siano decorsi due anni dal giorno in cui è divenuto irrevocabile il provvedimento di rigetto. [2] L'art. 1, comma 4, lett. g) num. 1) e 2) l. 9 gennaio 2019, n. 3, in vigore dal 31 gennaio 2019, dopo le parole: «quando la legge non dispone altrimenti» ha aggiunto le seguenti: «, e sull'estinzione della pena accessoria nel caso di cui all'articolo 179, settimo comma, del codice penale» e dopo le parole: «sulla revoca» ha inserito le seguenti: «della riabilitazione». InquadramentoGli aspetti procedimentali dell’istituto della riabilitazione trovano nella disciplina dettata dall’art.683 il loro perimetro di agibilità. La competenza funzionale della magistratura di sorveglianza, sia su iniziativa di parte che d’ufficio, può avere ad oggetto, anche in forza dei poteri istruttori attribuiti, tanto l’eventuale concessione della stessa, – anche con riferimento a condanne pronunciate da giudici speciali, salva diversa disposizione – quanto il diniego per difetto di buona condotta. Dall’irrevocabilità del rigetto – essendo lo stesso impugnabile – devono decorrere due anni – pena l’inammissibilità – prima della proposizione di un nuovo esame. Modifiche introdotte dalla l. 9 gennaio 2019, n. 3In seguito all'introduzione della pena accessoria perpetua dell'incapacità a contrattare con la pubblica amministrazione (art. 317-bis c.p.) in relazione ai “reati di cui agli articoli 31, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, comma 1, 320, 321, 322, 322-bis e 346-bis” – pena che può essere fatta oggetto di specifico negozio tra le parti nel caso del patteggiamento (artt. 444, comma 3-bis e 445 comma 1-ter c.p.) - si è reso necessario raccordare tale istituto con quello della riabilitazione. L'art. 179, comma 7, c.p. – anch'esso introdotto con la medesima legge – statuisce, difatti, che “la riabilitazione concessa a norma dei commi precedenti non produce effetti sulle pene accessorie perpetue” ma, una volta decorso “un termine non inferiore a sette anni dalla riabilitazione” anche esse possono essere dichiarate estinte “quando il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta”. Proprio alla luce delle rilevanti innovazioni introdotte e del raccordo delle stesse con la riabilitazione il legislatore ha sentito l'esigenza di circoscrivere lo spettro della possibile revoca di quest'ultima, atteso che la stessa esula dalla speciale estinzione che prende ad oggetto la pena accessoria perpetua di cui all'art. 317-bis c.p. Il procedimento applicativoVanno premesse le osservazioni in tema di competenza e procedimento di sorveglianza svolte in sede di commento agli artt. 677 e 678, nonché 666 e 667, comma 4, in quanto richiamati. Con particolare riferimento alla riabilitazione, l'istanza può essere proposta dal solo interessato, come ritenuto in dottrina (Tranchina-Di Chiara, 900) presso il tribunale di sorveglianza competente per il luogo di residenza dell'interessato (Catelani, 465), e il tribunale di sorveglianza è competente a decidere circa la richiesta di riabilitazione anche con riferimento a sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti, che sono equiparate in punto di efficacia alle sentenze di condanna (Cass. I, n. 43751/2011), sicché deve ritenersi abbandonato un precedente orientamento che riteneva competente il giudice dell'esecuzione (Cass. I, n. 10028/2004). È necessaria la richiesta, che deve essere formulata dal condannato e non già da terzi, né dai suoi eredi. Il tribunale di sorveglianza è titolare di poteri istruttori ufficiosi, sicché l'istanza non può essere respinta per carenza di prove che il giudice avrebbe potuto assumere (Cass. I, n. 3092/2015), salvo che l'istruttoria sia impossibile senza il contributo, carente, dell'istante (Cass. III, n. 25832/2013). La dottrina si è interrogata sulla forma del provvedimento decisorio, poiché alcune voci avevano sottolineato che la legge fa riferimento alla sentenza di riabilitazione, ma il procedimento di esecuzione si conclude ordinariamente con ordinanza. La risposta attuale della dottrina è nel senso che il provvedimento ha forma di ordinanza, il che non muta né il contenuto né l'efficacia della decisione, che ha efficacia costitutiva (Catelani, 466). Avverso l'ordinanza del tribunale di sorveglianza in materia di riabilitazione l'unica impugnazione ammessa, anche in caso di declaratoria di inammissibilità dell'istanza, è l'opposizione innanzi allo stesso tribunale, sicché il ricorso per cassazione erroneamente proposto va convertito in opposizione e trasmesso al competente tribunale di sorveglianza per la decisione (Cass. I, n. 13342/2015). La riabilitazione in ordine alle e condanne dei giudici specialiIl tribunale di sorveglianza è competente, salvo diversa disposizione di legge, a decidere circa l'istanza di riabilitazione proposta in relazione a condanne pronunziate da giudici speciali, tra cui anche il tribunale militare (Cass. I, n. 20906/2010), dal momento che il tribunale militare di sorveglianza è competente esclusivamente in relazione alla riabilitazione militare. Il tribunale per i minorenni è competente per la sola riabilitazione speciale prevista dall'art. 24 r.d. 20 luglio 1934, n. 404: tale decisione non è appellabile (Cass. I, n. 45776/2008). È sottratta altresì al tribunale di sorveglianza la competenza circa la riabilitazione nella materia della prevenzione, attribuita dall'art. 15 l. 3 agosto 1988, n. 327, alla Corte d'appello del distretto cui apparteneva il giudice che dispose l'applicazione dell'ultima misura di prevenzione (Cass. I, n. 39916/2007). A conferma del principio da ultimo menzionato la Suprema Corte, Cass. I, n. 17631/2019 – ha avuto modo di precisare che v'è differente competenza funzionale tra domanda di riabilitazione avente ad oggetto condanna penale, da attribuirsi in via generale al Tribunale di sorveglianza, ex artt. 178 c.p. e 683 c.p.p. e quella conseguente a misura di prevenzione, quest'ultima attribuita dalla legge (art. 70, comma 1, d.lgs. n. 159/2011) alla Corte di Appello sulla base del principio che “la misura di prevenzione personale non può essere equiparata ad una condanna penale. CasisticaNon è sufficiente a fondare il rigetto dell'istanza di riabilitazione la mera citazione dell'esistenza di un ordine di demolizione non osservato dal condannato, se il tribunale di sorveglianza non abbia motivato circa la specifica incidenza di tale condotta omissiva in relazione alla valutazione della buona condotta (Cass. I, n. 37829/2014). BibliografiaCatelani, Manuale dell'esecuzione penale, Milano, 2002; Tranchina-Di Chiara, L'esecuzione, in Siracusano-Galati-Tranchina-Zappalà, Diritto processuale penale, Milano, 2013. |